Trasferte,
Donne e Guai per lo Shohoku
Capitolo 23
Coraggio
Quando Yuki arrivò davanti alla portiera
del pullman, si riposò un attimo per riprendere fiato.
La vettura era parcheggiata molto più lontano di quanto
le fosse sembrato e per di più anche in un luogo
piuttosto solitario. Dopo gli avvenimenti della sera
prima non si sentiva molto tranquilla e cosí decise di
sbrigarsi il prima possibile, dato che stava anche
morendo di freddo. Non c'era molta luce e lei faticò
abbastanza per trovare la chiave giusta ; quando la trovò
e la inserí, però, questa non ne volle sapere di girare
e fare il suo dovere.
"Accidenti, ci mancava solo una serratura bloccata
!" borbottò facendo un altro tentativo, ma la
situazione non cambiò . Le cose erano due : o il
proprietario le aveva dato le chiavi sbagliate oppure la
serratura era tremendamente dura. Si soffiò sulle mani
congelate, nel tentativo di riscaldarle, e poi tentò di
nuovo di smuovere quella maledetta chiave.
Era cosí concentrata nello sforzo che non si accorse
della persona dietro di lei, fino a quando una voce
profonda non le disse :
"Ti serve una mano ?"
Lei sobbalzò e si girò di scatto, aspettandosi di
essere nuovamente circondata dai teppisti della sera
prima. Quando invece si trovò di fronte Mitsui, chiuse
gli occhi e sospirò di sollievo.
"Oh, meno male che sei tu" disse e lui fece un
sorrisino di scusa
"Mi dispiace, non volevo farti paura" le
rispose e poi indicò la porta "Se vuoi posso
provarci io".
Yuki si scostò subito e gli diede il mazzo di chiavi,
sorridendo riconoscente.
"Te ne sarei molto grata
saranno dieci minuti
che sto provando ad aprire senza successo questa dannata
portiera " disse stringendosi le braccia per il
freddo.
"Le serrature di questo tipo di vetture sono
piuttosto complicate
bisogna prima premere e poi
girare" le spiegò lui e in un attimo la aprì. Yuki
lo ringraziò ancora, poi entrò nel pullman prese il
tanto sospirato maglione e finalmente lo indossò,
sentendosi subito di umore migliore. Dopo aver richiuso
la vettura i due si incamminarono verso il ryokan.
"Sei arrivato proprio al momento giusto
un
altro po' e avrei iniziato a prendere a calci tutto ! Ti
ha mandato in mio soccorso il proprietario del pullman ?"
chiese sorridendo Yuki.
"No, anche se lo scopo era comunque lo stesso. E'
stato Akagi che mi ha detto di seguirti
non voleva
che girassi da sola dopo ieri e in effetti aveva ragione.
Non si sa mai quello che frulla per la testa di quei
balordi" rispose lui accigliandosi.
Anche se Akagi non gli avesse dato il permesso lui
l'avrebbe seguita in ogni caso
aveva cominciato a
preoccuparsi non appena l'aveva vista prendere le chiavi
dal gestore del ryokan. Uscire da sola, di notte per
andare in un parcheggio deserto
sarebbe stato
impossibile non pensare a dei guai in arrivo. Ma a quanto
pare Yuki era piuttosto coraggiosa e sicuramente questa
era una delle cose che lui apprezzava di più.
"Pensavo che fossero tutti fuori gioco dopo il
vostro trattamento !" rise Yuki e lui la
osservò ridere, affascinato. Non dimostrava alcun
ribrezzo, nessun giudizio negativo per quello che avevano
fatto
anzi riusciva anche a scherzarci sopra. Quella
ragazza era davvero unica.
"Già, ma è meglio non sottovalutare il loro
desiderio di vendetta. Non piace a nessuno tornare a casa
coperto di lividi e con i tagli in faccia" disse e
poi rimase in silenzio per un po'.
"Anche a me capitava spesso, ti ricordi ?" le
chiese alla fine di quella lunga pausa.
Yuki trattenne involontariamente il fiato nel sentirsi
coinvolta così direttamente nel ricordo del suo passato,
ma poi si fece forza e si rilassò un pochino. Dopotutto
era stata lei che per prima aveva tirato fuori quel
discorso nel pomeriggio. E poi sapeva che avrebbero
parlato di quell'argomento, quindi non poteva certo dirsi
stupita.
"Non credo di averti mai visto in condizioni così
gravi" rispose con cautela "Anche se forse i
capelli lunghi potevano mascherarle un po'" aggiunse
poi guardandolo con la coda dell'occhio. Lui si passò
una mano sulla testa e sorrise leggermente.
"Già
i capelli. Non pensavo che tagliandoli
avrei cambiato aspetto così tanto" disse guardando
verso il cielo. Seguì un altro lungo silenzio, che Yuki
non osò interrompere. Mitsui sembrava assorto nei suoi
pensieri e lei era certa che stesse ricordando tutto quel
periodo doloroso.
"Avevo davvero un'aria così terribile ?" le
chise infine, dandole le spalle.
Il tono era molto amaro ma lei percepì in quella domanda
una sfumatura di insicurezza e di fragilità che le fece
molta tenerezza ma che allo stesso tempo la rattristò
molto. Quanto doveva essere stata profonda la sua
solitudine
Yuki sapeva che a provocarla era stato il
dolore di non poter più giocare a basket, un dolore
talmente grande da spingerlo a voltare le spalle a tutti
i suoi amici, ma anche se quell'isolamento era stato
volontario la sofferenza di sentirsi evitato da tutti
doveva comunque essere stata tremenda. E la voglia
frustrata di poter tornare ad essere una persona normale
doveva aver pesato come un macigno.
Quella domanda somigliava molto ad una richiesta di aiuto
e di consolazione e Yuki decise di prendere il coraggio a
due mani. Fece il giro e gli si mise davanti, guardandolo
negli occhi.
"Non ho mai avuto paura di te, se questo è quello
che mi stai chiedendo. I capelli lunghi non ti stavano
male, ma ti davano un'aria
triste. Triste come un
giocatore espulso alla metà di una partita fondamentale"
terminò dopo aver cercato un'esempio calzante.
Mitsui la guardò negli occhi e lei vi lesse un profondo
stupore.
"Era proprio così che mi sentivo
per uno
stupido eccesso di orgoglio e di fiducia nelle mie
possibilità avevo perso l'opportunità di un grande
avvenire e non mi davo pace. Proprio come un giocatore
costretto a seguire dalla panchina la vittoria dei suoi
compagni senza poter muovere un dito, come hai detto tu"
disse guardandola intensamente. Si mise le mani in tasca
e ricominciò a parlare. "Me la presi con il mondo
intero. Ero infuriato con me stesso e iniziai a sfogare
la mia rabbia su chiunque mi capitasse a tiro
avevo
già perso l'unica cosa che mi importava veramente,
quindi cos'altro avevo da perdere ? Non mi fregava più
niente del resto
la famiglia, la scuola, gli amici
niente.
Se non potevo giocare ero solo un fallito".
Mitsui continuava a parlare senza sosta, mentre piano
piano tutto quello che si era tenuto dentro in quegli
anni usciva fuori senza che lui se ne rendesse conto. Non
gli era mai riuscito confidarsi con altre persone, ma con
lei sembrava tutto facile e naturale .
"Un giorno incrociai per caso una banda di teppisti
: io ero da solo, come sempre di pessimo umore e loro
iniziarono a prendersi gioco di me. Non avevo mai fatto a
botte in vita mia, ma avevo accumulato così tanta rabbia
che senza neanche pensare mi buttai a testa bassa contro
il capo. Ero così inferocito che stesi quasi metà della
banda venuta in suo aiuto prima che lui mi mettesse a
tappeto
poi, quando restai privo di forze ai suoi
piedi, mi guardò, si accese una sigaretta e mi propose
di unirmi a loro. E' stato così che ho conosciuto Tetsuo"
fece una pausa, ripensando all'amico, poi scosse la testa.
"Da quel momento iniziò la mia vita da teppista.
All'inizio trovai divertente fare tutte quelle cose
proibite
mi dava anche una certa soddisfazione e
poi in quel modo potevo sfogare tutta quell'amarezza che
mi rodeva l'anima. Ma alla fine mi resi conto che anche
quello non avrebbe risolto i miei problemi e allora
iniziai ad odiare il basket e tutto ciò che lo
riguardava, perché era da lì che era nato tutto. Ma
questo contrastava terribilmente con i miei veri
sentimenti e mi faceva stare male ; mi facevo talmente
schifo da non riuscire neanche a guardami allo specchio
la mattina. Mi sentivo un mostro, evitato da tutti e per
questo sempre più carico di risentimento per un mondo
che io stesso avevo rifutato
che bel caso clinico,
eh ?" fece sorridendo amaramente.
Nel frattempo erano arrivati al limite del giardino del
ryokan e Yuki guardò ansiosamente in giro ; aveva paura
che qualcuno potesse venire ad interromperli o li potesse
ascoltare e lei non voleva assolutamente che questo
succedesse. Non sapeva se era un momentaneo e
involontario attacco di sincerità oppure una precisa
scelta, ma Mitsui le stava dicendo cose talmente private
che lei stessa stentava a credere che si stesse
confidando così tanto con lei. Però, anche se non
capiva la ragione, ne era estremamente felice.
Si incamminò verso il giardino e lui la seguì,
pensieroso. Lei non era ancora riuscita a capire il suo
ruolo in tutta quella dolorosa analisi del suo turbolento
passato, ma non voleva interromperlo con domande
inopportune : probabilmente lui aveva solo bisogno di
parlare con qualcuno in grado di ascoltarlo seriamente e
per qualche motivo doveva aver deciso che lei poteva
fornirgli quel tipo di conforto. Era un po' diverso dal
tipo di discorso che si era immaginata e che aveva temuto
così tanto, ma le andava bene comunque perché in ogni
caso le permetteva di conoscerlo meglio
e poi era
indubbiamente una dimostrazione di fiducia.
"E così
è per questo che mi sembravi sempre
così triste" disse. Era una constatazione
incredibilmente stupida, ma Yuki non sapeva che altro
dire per invogliarlo ad andare avanti con il suo racconto.
Infatti lui non sembrò farci caso ; si inchinò, prese
un sassolino e lo gettò nello stagno che aveva davanti.
"Disperato è la definizione più adatta.
Una disperazione e un senso d'impotenza così profonde
che non avrei mai sperato di poter un giorno rivedere la
luce" rispose lui fissando le onde concentriche che
si allargavano nell'acqua scura.
"C'era soltanto una cosa che per un certo tempo rese
meno dura la mia prigione d'odio" disse Mitsui
voltandosi a guardarla "Il sorriso di una ragazza
incontrata per strada"
Yuki, presa alla sprovvista, non comprese subito. Poi,
quando realizzò che stava parlando di lei, rischiò un
infarto per la brusca accelerata dei battiti cardiaci e
uno scompenso circolatorio perché impallidì e poi
arrossì fino alla punta dei capelli nel giro di tre
secondi. Per fortuna la scarsa illuminazione le risultò
molto utile a mascherare lo shock.
"I-io ?" riuscì ad articolare alla fine, con
voce malferma. Le sarebbe piaciuto tanto fargli tutta una
serie di domande, ma questa fu l'unica che la sua mente
ancora in subbuglio riuscì a formulare.
Mitsui sorrise di fronte all'espressione confusa e
incredula di lei. "Già. Credevi che non mi
ricordassi dei tuoi sorrisi ?"
"Non pensavo neanche che notassi me,
figuriamoci i sorrisi" rispose Yuki riguadagnando un
minimo di sangue freddo, che immediamente riperse quando
lui si mise a ridere.
Era la prima volta che lo vedeva ridere così, con tutto
il cuore, e Yuki rimase quasi ipnotizzata a guardarlo.
"Oh no, ti avevo notato eccome
eri l'unica
persona che mi faceva ancora sentire un essere umano. E
ti ho riconosciuto quasi subito da quando quel giorno sei
entrata in palestra"
"Davvero ?" chiese lei in un soffio. Dopo
quella frase tutti i suoi buoni propositi di mantenere un
certo contegno in quella stranissima conversazione erano
totalmente svaniti
ma come poteva restare
indifferente ad una simile affermazione ? Le aveva appena
detto che era stata importante per lui in quel periodo e
che per questo si ricordava di lei
ed era molto più
di quanto lei si fosse mai aspettata.
"Si, davvero. Ti vedevo tornare ogni giorno a casa
con la borsa sulle spalle e i capelli ancora umidi per la
doccia
mi sembravi così piena di vita !" disse
lui avvicinandosi e guardandola negli occhi. "Proprio
com'ero io quando facevo le medie" aggiunse poi.
Quella frase fece dissolvere come una nuvola lo stato
confusionale in cui Yuki si trovava fino ad un secondo
prima ; se Mitsui non l'avesse pronunciata lei sarebbe
stata già tra le sue braccia in quel momento, ma ora la
cosa prendeva un altro significato. Dunque era per quello
che gli aveva fatto così tanta impressione da ricordarsi
di lei dopo così tanto tempo
per una semplice
questione di immedesimazione. Gli ricordava se stesso nei
tempi migliori, con tutto l'entusiasmo di un promettente
futuro a portata di mano, quindi non c'era da stupirsi se
gli appariva così importante. Ma non era quel tipo di
importanza che Yuki desiderava avere nella sua vita. Fece
un passo indietro e distolse lo sguardo. Anche se sapeva
che era un comportamento irrazionale, non riusciva a fare
a meno di pensare che Mitsui in lei rivedesse soltanto il
suo passato. Certo, si stava confidando con lei in
maniera incredibile ma
perché ? Cosa avrebbe potuto
spingerlo a farlo se non la sensazione di parlare con se
stesso ? Forse era meglio avviare quella chiaccherata ad
una conclusione prima che venissero fuori altre
implicazioni ancora più dolorose.
"Probabilmente è solo per questo che ti sei
ricordato di me" gli disse con un debole sorriso.
Poi si sfregò le braccia, infreddolita. "Ehi,
comincia a fare freddo anche così
che ne dici di
rientrare ?" disse incamminandosi verso il portico
del ryonan.
"No". Con un rapido movimento lui la seguì e
le prese una mano, bloccandola.
"Non ti lascerò fuggire di nuovo"
Yuki arrossì, un po' per il ricordo di come l'aveva
lasciato, senza una minima spiegazione, proprio quel
pomeriggio e un po' per quella stretta, che non si
aspettava.
"Ma
" inziò esitante, indecisa se
insistere ancora sulla scusa della rigida temperatura. In
effetti quello era l'unico modo che le fosse venuto in
mente per giustificare l'improvviso mutamento di umore da
parte sua e adesso si rendeva conto che come motivazione
non era un gran che, anche se plausibile. La frase però
le morì sulle labbra quando vide Mitsui togliersi il
maglione che portava e metterlo tra le sue braccia.
"Tieni, indossalo. Così possiamo continuare a
parlare" le disse. Aveva un'aria seria e lei si sentì
ad un tratto molto stupida. Chinò la testa, stringendo
l'indumento tra le mani. Mitsui aveva ragione, stava
scappando un'altra volta e questa non era certo una cosa
da lei. Da quando era diventata così vigliacca da
rifugiarsi dietro giustificazioni così patetiche ? Per
quale motivo aveva così tanta paura di continuare quella
conversazione ? Non voleva forse sapere quello che
rappresentava veramente per lui ?
In realtà la risposta a quelle domande la conosceva
benissimo : era innamorata di lui. E ora che lo aveva
capito aveva paura di perderlo, scoprendo che la sua
attrazione per lei era contenuta solo nel ricordo. Era
buffo : Mitsui le aveva appena detto tutte quelle cose
che lei aveva sempre desiderato sapere su di lui, come il
suo passato, i suoi sentimenti e le sue paure e lei,
anziché esserne felice, si sentiva triste perché in
tutto quel discorso non le sembrava di ricoprire una
parte attiva. Sospirò, dandosi mentalmente della stupida.
Come poteva essere diventata così egoista ?
Ma l'amore era fatto così : non ci si accontentava mai
di aver raggiunto un risultato
subito dopo si voleva
sempre qualcosa di ancora più profondo e significativo.
Ma da quel momento Yuki decise che avrebbe lasciato
andare le cose senza troppa fretta. Se per lui
rappresentava soltanto una parte perduta di se stesso,
allora avrebbe iniziato proprio da quello. Dopotutto era
già qualcosa.
Si infilò il maglione, sentendosi un po' in colpa per
averlo costretto a restare in camicia nel freddo umido
del giardino. D'altra parte non poteva fare altrimenti :
rifiutare quell'offerta a quel punto avrebbe soltanto
peggiorato la sua posizione, gli avrebbe dato
l'impressione di voler ancora fuggire e avrebbe intaccato
il suo orgoglio.
Il maglione era ancora caldo e aveva il suo profumo ;
Yuki chiuse per un attimo gli occhi, assaporando quelle
sensazioni. Si sentiva improvvisamente bene, protetta e
avvolta da quel calore che sembrava riscaldarle anche il
cuore
non sapeva perché ma sembrava che le
infondesse anche coraggio. Quel coraggio che, dopo una
lunga e silenziosa battaglia, aveva trovato in fondo alla
paura.
Lo guardò e senza dire una parola tornò indietro verso
il fondo del giardino, dove prima stavano parlando. Ora
sapeva che il momento della famosa "chiaccherata"
era finalmente giunto.
CONTINUA...
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