Captain Tsubasa:
Love Stories
Chi Arriva-Chi ritorna
La prima luce del giorno penetrò dalla
finestra aperta, insieme con una leggera brezza fresca...
Patricia socchiuse gli occhi, gonfi dal pianto, e li coprì
dalla luce... Dov'era? E da quanto dormiva?
Camera sua... Come c'era tornata?
L'ultima cosa che ricordava...
- Oh mamma mia!- esclamò in un sussurro, alzandosi di
scatto dal letto - Holly!-
Il ragazzo riposava accanto al suo letto, sulla comoda
poltrona di solito di rimpetto al letto... Sembrava
sereno e disteso... Cos'era successo?
La lettera. Helena.
Ricordava...
Le parole di sua sorella...
E poi era arrivato Oliver... Si era addormentata stremata
tra le sue braccia?
Un rossore improvviso le colorò le guance...
L'aveva portata a casa in braccio?
Si sedette sul letto, proprio di fronte ad Oliver... Poi,
il suo sguardo si spostò sul comodino... La lettera...
Sua sorella le aveva fatto un grande regalo... Sapeva
cosa doveva fare...
Poi, d'improvviso, il suo sguardo percorse il tratto tra
la lettera e il portafoto, e per poco non sobbalzò... La
foto di lei e Oliver alla premiazione del campionato
nazionale!
Che sciocca! L'aveva lasciata lì e lui l'aveva vista...
Di nuovo, le sue guance cambiarono di colore...
- Patty...-
Per la seconda volta, sobbalzò.
- Sì?- mormorò, temendo si fosse già svegliato.
Ma Holly dormiva e parlava nel sonno.
Patricia tirò un lieve sospiro di sollievo e sorrise.
Holly sembrava un angelo.. Il suo angelo custode...
Sorrise. Helena aveva ragione, come sempre. Reagire,
ricominciare... Ma dopo tutto, non poteva neppure tornare
indietro...
Bisognava iniziare con un passo avanti...
E, dopotutto, era stato Oliver ad esserci, il giorno
precedente...
Lentamente, si avvicinò al viso sorridente e beato del
ragazzo e, come non le succedeva da tanto, avvicinò le
sue labbra a quelle dell'amico.
Oliver si mosse appena. Non se n'era accorto.
Il primo bel ricordo della nuova Patricia.
Sollevandosi, sorrise, poi prese la foto sul comodino e
la chiuse nel cassetto del mobile, recuperò
silenziosamente dei vestiti dall'armadio e andò a
cambiarsi nel bagno adiacente.
Quando tornò, Oliver dormiva ancora. Posò gli abiti
scuri al loro posto, poi, guardando per l'ultima volta il
volto addormentato del ragazzo che aveva attirato, tre
anni e mezzo prima, la sua attenzione, chiuse la porta
dietro di sè e scese a preparare la colazione.
Chapter
1.1
Alex & Kim
Aereoporto di Tokyo. Uscita dal volo
410 dalla Francia, Parigi. 7:30 di mattina
Affardellata da un bagaglio a mano, un borsone a tracolla
e tracinando due valige, una ragazza dai lunghi e ricci
capelli biondi, e dagli occhi blu, "come il mare più
profondo", le avevano detto, arrancava verso
l'uscita dei voli esteri, seguita da una ragazza identica
a lei, che portava soltanto una grossa cartella da
disegno e uno zainetto sulle spalle... L'unica
differenza, tra le due, era il colore deglio occhi. La
seconda ragazza aveva infatti gli occhi di un azzurro che
ricordava molto il cielo più terso...
- Sorellina? Se anche non ti agiti tanto... Vuoi che ti
dia una mano con le valige?
- Quindici ore. Quindici ore di ritardo! E' troppo anche
per me! Ma siamo pazzi! Come minimo faccio denuncia alla
compagnia aerea!
- Ma Alexandra, era uno sciopero dei controllori di volo!
- Lo so perfettamente. E non chiamarmi Alexandra, lo sai
che non lo sopporto!
- Ok Alex... Vediamo, cosa intendi fare adesso? Non hai
neppure avvisato lo zio, come intendi arrivare a
Fujisawa?-
- Treno, taxi.. o tutti e due, va bene?- sbottò
furibonda l'altra...
- Ma tu sei mia sorella sul serio? Hai un caratteraccio...-
- Kimberly, ti pare il caso?- sbottò la sorella.
- Scusa, stavo scherzando... Però hai davvero un
caratteraccio...-
Alexandra le lanciò una sguardo infuocato, mentre
Kimberly rideva a squarciagola...
- Ok, ok, ho un caratteraccio, va bene?- sua sorella, con
la limpidità delle sue parole e affermazioni, era
l'unica persona capace di ricondurla alla ragione...
- OK! Lascia che ti aiuti- aggiunse poi Kimberly,
prendendo dalla mano della sorella una delle due valige.
- Anch'io avrei voluto essere qui ieri, per lei -
aggiunse poi.
- Già. L'abbiamo lasciata sola un'altra volta- mormorò
Alexandra sconsolata.
- Ci faremo perdonare, ok, Alex?- la rincuorò la sorella
sorridendole.
- D'accordo. Ma adesso sbrighiamoci a trovare un taxi.
Dopo tutte queste ore, non ho voglia di scarrozzare le
valige per ogni dove. Anche mi dovesse costare un
capitale.-
- Dovvesse costare un capitale a papà, volevi dire.-
- E a mamma.- aggiunse la sorella.
- A mamma? Alex, hai preso dei soldi da mamma? Ma,
eravamo d'accordo che...-
- Non ti preoccupare, Kim, i nostri genitori sono
talmente preoccupati a sentirsi in colpa per il divorzio,
che non si fanno certo di questi problemi. E poi sappiamo
bene che mamma guadagna il quadruplo di papà - ed è
dire poco- e si fa pure pagare gli alimenti. Ed è colpa
sua se io vivo con lei in Germania, e tu a Parigi con papà!-
- Hai ragione, hai ragione...-
- Io ho sempre ragione!- sentenzio'
- Taxi?- fece la sorella, fingendo di non sentirla.
Patricia entrò silenziosamente nella propria stanza, tra
le mani un vassoio carico di biscotti e due tazze di
latte. Avanzando lentamente, cercando di non rovesciare
nulla, colse il proprio riflesso nello specchio: Jeans
corti, maglietta rossa dalle maniche lunghe e un po'
scollata, a "elle". I capelli legati da un
nastro rosso. Era tanto che non si sentiva così carina.
I suoi genitori erano addormentati sul divano, suo zio
era assieme a loro. Maggie e Maicol, probabilmente, erano
tornati a casa. E questo voleva dire... Le guance si
imporporarono, e per poco non le cadde il vassoio. Holly
era rimasto lì per lei!
Posò il vassoio sul letto e, delicatamente, scosse Holly
dal suo sonno.
- Hmnnn?- grugnì lui, aprendo un occhio.
- Buongiorno- sussurò lei - ben svegliato- aggiunse
sorridendo.
- Patty-
- Sì-
- Dove? O cavoli, scusami io...- disse, rosso in volto,
alzandosi di scatto, e ritrovandosi così, di fronte e
molto, molto vicino, alla ragazza.
- Non ti preoccupare- rispose lei, calma. Anche quello,
era un dono di Helena.
- Ho preparato la colazione- aggiunse.
- Wow, non ti dovevi preoccupare io...-
- Siediti- mormorò lei, con un tono tranquillo e
rilassato, ma che aveva in sè qualcosa che ricordava
molto un ordine parentorio.
- Grazie- sussurò lui, imbarazzatissimo, mentre lei gli
porgeva un tazza.
- Sono io che devo ringraziare te- soggiunse lei,
cercando di usare un tono distratto, e voltandosi a
prendere qualche biscotto - per ieri- aggiunse.
- Figurati- rispose lui. C'era un silenzio tesissimo e
imbarazzatissimo.
- Sono buonissimi- disse Holly, dopo qualche minuto,
gustando appetitosamente i biscotti dalle forme più
svariate.
- Grazie- rispose lei sorridendo.
- Li hai fatti tu?- esclamò Holly sorpreso.
- Non so fare solo panini- rispose Patricia, con un largo
sorriso e un tono ironico.
- Ah, già- mormorò lui, ricordandosi di quella volta
che lei gli aveva portato dei panini come pranzo e
avevano iniziato a parlare... sino a quando lui non aveva
detto qualcosa che non andava...
- Ora stai bene- chiese poi, inaspettatamente.
- Eh?- fece lei, fingendo di non capire.
- Ieri sera sembravi sconvolta io....-
- Sto bene, sì. Vuoi sapere perché ero così?-
- No, se non vuoi non devi io...-
- E se volessi dirtelo? -
- Vuoi dirmelo?- chiese lui, guardandola attentamente per
la prima volta. Lo sconvolse. Si chiese se l'avesse mai
vista prima. Era così.. diversa. Dalla Patty che c'era
prima.. ma l'aveva mai guardata davvero? D'istinto, senza
neanche sapere perché, si alzò.
Anche Patty lo fece. Si ritrovarono uno di fronte
all'altra.
- Voglio dirtelo- rispose lei - Ma ho paura di dirtelo. -
- Davvero, perché?-
- Perché, non te l'ho mai detto prima, e avrei dovuto.-
- E' tanto importante?-
- Potrebbe esserlo. Potresti odiarmi-
- Come potrei? Tu sei... - si bloccò per un istante.
Cosa voleva dire?- Patty. Ci conosciamo da un sacco di
tempo, come potrei odiarti?-
Anche se non voleva, le lacrime ricominciarono a
scenderle dalle guance.
Non era la prima volta che sentiva quelle parole.
"Tu sei Patricia, la mia migliore amica, ti conosco
un sacco di tempo, da sempre, praticamente. Come potrei
odiarti?" e poi, qualcos'altro, qualcosa di diverso...
D'istinto, Holly l'abbracciò. Anche se non sapeva come
consolarla, ci provò.
Rimasero abbracciati per un po'.
Patricia si asciugò le lacrime con la manica della
maglietta, poi alzò il volto per dire qualcosa. E trovò
quello di Holly a due centrimentri dal suo. Il cuore
correva ai duemila all'ora. Stava per esserci, lo sapeva.
Il Bacio. Chiuse gli occhi e...
DLINDLON.
Si staccarono di colpo, entrambi
imbarazzatissimi Per la spinta, Holly cadde sulla
poltrona, ribaltandosi.
- Tu.. tutto bene?- domandò Patricia.
DLINDLONDLINDLONDLINDLONDLINDLONDLINDLON
- Arrivo!- urlò, e uscì dalla stanza con un - Scusami-
Holly rimase sul pavimento, a fissare il letto di
Patricia. Più che il letto, il vuoto.
Scese le scale con il volto ancora arrossato. Con un
sospiro profondo, decisa a fermare quel "dlindlon"
che continuava all'impazzata da quasi un minuto, aprì la
porta con furia. Si bloccò appena in tempo per dire
qualche strafalcione. Tutto quello che riuscì a dire, fu:
- Che ci fate voi qui?-
- Grazie- rispose acida Alexandra entrando - davvero
un'ottima accoglienza- Posò pesantemente i bagagli sul
pavimento.
- Scusala- aggiunse Kimberly -Sai, volevamo essere qua
ieri, ma l'aereo ha avuto un ritardo mostruoso. E'
nervosissima- quest'ultima frase, mormorata sottovoce,
sembrò scuoterla.
- Che ci fate qui?- chiese di nuovo.
- Ma cosa...? Alex, Kimberly!- esclamò una voce
femminile dalla porta che si apriva sull'entrata.
- Zia Meimi! Che bello vederti!- disse Kimberly,
gettandosi tra le braccia della zia.
- Chi è, cara?- chiese una voce dall'interno della
stanza.
- Indovina?- rispose Alex.
- Alexandra. Kimberly! Praticamente le mie nipoti
preferite!- esclamò George abbracciando la seconda
nipote.
- Quando siete arrivate?-
- Oggi, l'aereo aveva un sacco di ritardo... e comunque,
zio George, noi siamo le tue uniche nipoti!-
- Hai ragioni... la mia Alex... sei cresciuta un sacco,
sai?-
- Ci credo, sono passati cinque anni!- esclamò Kimberly.
- Patricia, ma non vieni a salutare le tue cugine?-
- Ciao.- rispose Patty, dalla porta, fredda. non le erano
mai piaciute troppo le "sorprese" di Alex, e
poi.. era ancora sconvolta per poco prima.
Nemmeno a dirlo, in quell'istante, scese Holly.
- Patty...?- chiese, guardando sbalordito la "discreta"
scenetta familiare.
- Holly...- non sapeva, imbarazzatissima, cosa rispondere.
- Io vado...- disse, scendendo gli ultimi gradini e
arrivandole a fianco
- Ok, - rispose lei - ci sentiamo più tardi?-
Holly annuì in silenzio, aprendo la porta.
- Grazie Oliver, per ieri sera- disse la signora Meimi
- Si figuri- rispose, arrossendo e guardando Patty.
- Già, grazie- rispose lei. Era davvero in imbarazzo.
Con un silenzio imbrazzante e Alexandra - l'aveva colto
con la coda dell'occhio- che stava per dire una delle sue-,
Patricia non sapeva propr io che fare...
- E' meglio che vada.-
- A presto- rispose lei. Holly annuì e varcò la porta.
- Carino- asserì Alex, quando Patricia ebbe chiuso la
porta. - Ma è veramente un po' smorto. Non è il mio
tipo, comunque.-
- Per fortuna- sbottò Patricia, con un velo ironico
tutto particolare.
- Bentornate cugine- aggiunse poi, avvicinandosi ad
abbracciarle.
- Bentornata a te- rispose Kim, abbracciandola insieme
alla sorella
- Già... Siamo tornate, per restare.- aggiunse Alex.
- Per sempre?- Chiese Patricia- Come un tempo?-
- Per sempre, come un tempo-
Arrivare e ritrovare
Chapter 1.2
Mondo piccolo
-Un'altra Tom!- esclamò Benji Price, al
centro della porta da calcio nel campo del grande
giardino di casa sua. Della sua, grandissima e fastosa
villa in stile occidentale.
Le nuvole, in cielo, poche e pigre, non toccavano il sole.
Il calore di quel giorno estivo però, era contrapposto
al venticello fresco che faceva frusciare le foglie degli
alberi nel parco della villa.
Benji era concentratissimo. Era un'ora che si allenava
con Tom, che era venuto a stare da lui, fino al termine
della loro permanenza in Giappone. Cercava di
concentrarsi, ma ripensava al giorno prima, quando aveva
visto Holly e l'amico gli aveva raccontato della storia
di Roberto... incredibile... Roberto, il brasiliano, zio
di Patty...
- Certo che il mondo è proprio piccolo- disse, pensando
ad alta voce, proprio mentre la potente palla lanciata da
Tom gli passava accanto. Bloccata appena in tempo. Ma per
un pelo, era un goal certo, se non fosse stato per la sua
prontezza di riflessi.
Dietro di lui, una voce.
- Il saggio dice, la maggiore qualità dell'uomo saggio
è la concentrazione.-
Tirò un pesante sospiro, conosceva quella voce ironica,
fin troppo bene.
- Sì, lo so...- iniziò a dire quando, una seconda voce,
sempre da dietro di lui, esclamò:
- Tom!- Vide nel volto del suo amico Tom Becker uno
strano cambiamento di colorito, tendente al rosso, e si
voltò, proprio mentre due persone si avvicinavano loro...
"Non ho bevuto" si disse "né ho mai preso
droghe... perché ci vedo doppio?"
- Tom!- ripetè la seconda voce. Il sorriso sul volto
dell'amico si allargò.
- Kim? Sei proprio tu?- chiese, stupito.
- Certo!- esclamò quella, gettandosi tra le braccia del
numero uno della nazionale juniores giapponese.
- Che bello!- esclamò Tom, abbracciandola a sua volta. -Che
ci fai qui?-
- Sono qui per mia cugina, così ho pensato di passare a
trovarti...-
- Hai fatto bene!- rispose il ragazzo. Kimberly gli era
mancata moltissimo. Poi, vedendo che Benji era sbiancato,
aggiunse - Benji, lei è-
- Mia sorella- , aggiunse una voce dietro Benji-
- Alex!?!?!?- esclamò il portiere, esterrefatto e- Tom
quasi ci avrebbe giurato, spaventato, intimorito.
- Esattamente- rispose una ragazza che- ora Tom lo vedeva
bene- era identica a Kimberly- Non sei felice di vedermi?-
chiese la ragazza, in tono ironico.
- C'è una spiegazione- disse Benji- alzando le mani in
segno di pace.
- Bene, mi piacerebbe sentirla- rispose secca Alex.
- Ehi,- li interruppe Kimberly- voi vi conoscete... E'
lui quello che allenavi in Germania?-
- Sì- risposero insieme Alex e Benji, decisamente sul
piede di guerra, guardandosi malissimo.
- Entriamo?- chiese Tom con un sorriso poco convinto
- E così, tua sorella è l'allenatrice
del mio amico Benji?-
- Già- rispose Kimberly, prendendo un vassoio sul quale
Tom posò quattro bicchieri e una bottiglia di bibita.
- Certo che è davvero una bella coincidenza... Come mai
tua sorella...?- chiese, avviandosi verso il salotto.
- E' la migliore. E' davvero un ottimo portiere. Freddy,
il vostro mister, prima di allenare Benji allenò Alex, e
poi lei... beh, girò un po' tutto il mondo, sfidando
giocatori a destra e a manca... finché è diventata la
migliore... Quando Benji si è trasferito in Germania con
il signor Marshall, lui ha subito cercato Alex, sapeva
che lei era lì, così...-
- E' diventata l'allenatrice di Benji... Ma perché
litigano tanto?-
- Ah, non lo so... lei ha parlato di un torto...-
- Capisco, cmq, è meglio sbrigarci, non mi va di
lasciarli troppo da soli, non so perché...-
- Oh, quando conoscerai meglio mia sorella, capirai perché!-
esclamò Kimberly ridendo, e sistemando una ciocca di
lunghissimi capelli biondi dietro l'orecchio.
- Eh così, Tom ha conosciuto tua sorella
a Parigi?- domandò Benji, cercando di dare un termine
all'atmosfera terrificante che c'era nella stanza già da
una decina di minuti. Alex osservava fuori dalla porta-finestra
il giardino. Tirò un sospiro.
- Sì, mio padre è andato a lavorare lì, ha conosciuto
il padre di Tom, anche lui giapponese, hanno fatto
amicizia e hanno mandato i figli a scuola assieme. Ecco
tutto.- rispose secca lei.
- Mi avevi detto che eravate gemelle ma... non pensavo vi
assomigliaste COSI' tanto...-
- Siamo gemelle- rispose di nuovo lei, esplicitamente
seccata.
- Già... senti, io...-
- Non una parola. Sono venuta in Giappone per mia cugina,
e a casa tua perché mia sorella vedesse il suo amico Tom.
Noi due non abbiamo più nulla a che vedere l'uno con
l'altra.- rispose, meccanica, secca, crudele.
- Cosa?- si stupiì il ragazzo alzandosi dalla poltrona
su cui si era comodamente stravaccato...- Tu... non mi
allenerai più?-
- Mi sembra il minimo- rispose lei, sempre guardando
fuori dai vetri.
- Perché? Non mi sembra...-
- Perché??!?!?! Sei più stupido di quanto credessi!-
- Alex! - la fermò la sorella, appena entrata- sei
ospite, ti sembra il caso di...?-
- Non immischiarti Kim-
- Ma.. qualsiasi cosa abbia fatto non sarà poi così
grave da sentirsi insultato... in casa propria!-
Alex le lanciò un'occhiata gelida. E Kimberly conosceva
quell'occhiata. Alex era davvero arrabbiata.
- Io vado- disse soltanto, voltandosi per la prima volta
e dirigendosi verso la porta che conduceva all'atrio.
- Potresti almeno degnarti di spiegarmi?- era Benji,
questa volta, ad essere seccato.
- Non ci arrivi da solo?-
- Potreste dirlo a noi?- s'intromise Tom ,cercando di
mettere pace tra i due... Benji era un suo amico, ed Alex
la sorella di quella che era stata la sua migliore amica
nell'ultimo anno e mezzo.
- Diglielo- rispose secca Alexandra.
- Me ne sono andato dalla Germania e sono venuto qua-
rispose Benji, voltando lo sguardo.
- Senza avvisare- concluse Alex, lanciando
un'occhiataccia in direzione del ragazzo - Senza neanche
preoccuparsi di farmelo sapere! Se non fosse per Karl,
che me l'ha detto, chiacchierando e per puro caso!-
- Non c'era motivo per dirtelo. Non sei mia madre né-
- Sono il tuo allenatore e, se non sbaglio, quando ho
accettato di allenarti, tu mi hai promesso di prendere la
cosa sul serio!- rispose lei, risposta che si avvicinava
moltissimo ad un grido.
- Non sono tenuto a fare proprio nulla. E poi gli
allenamenti erano opprimenti, ero stanco e avevo voglia
di allenarmi sul serio, con i miei amici, e non con
qualcuno che non capisce nulla di me e degli stimoli di
cui ho bisogno io... Ero stufo di fare del lavoro
assolutamente inutile!-
- Inutile? E' questo che pensi? Beh, sappi che senza
questi tre anni, tu, ai mondiali, non avresti neppure
visto i tiri della riserva della riserva di Schneider!-
sbottò lei, offesissima, andandosene.
Benji si risedette sul divano buttando con violenza il
proprio berretto contro il muro opposto e sbattendo i
pugni sul tavolino.
Kimberly e Tom - lui con ancora in mano il vassoio- si
guardarono, sgomenti.
Arrivare e perdere
Chapter 2.1
Sally
Capiva perfettamente un'ora. Può succedere, in una città
come Tokyo è il minimo. Anche un'ora e mezza... Due,
diventavano già troppo. Ma il culmine, lo aveva toccato
a tre ore. Eppure, suo cugino era sempre stato un ragazzo
puntuale, preciso. Forse un po' goffo.
Si guardò allo specchio del bagno della stazione. I
capelli rosso-castani lunghi le ricadevano in ciocche
sopra gli occhi verdi. Sospirò di nuovo, sciolse il
nastro verde che li legava, aprì l'acqua e la lasciò
scorrere, rinfrescandosi i polsi, prima di immergervi il
volto. Si tiò su, si asciugò con una salvietta e poi
legò nuovamente i capelli. Per grazia ricevuta, aveva
dei libri dietro.
Comunque, suo cugino era un uomo morto, si disse,
fissandosi nello specchio un'altra volta. La canuttiera
verde scuro- lo stesso colore dei suoi occhi- e i
pantaloncini dello stesso colore, erano leggeri e, per
fortuna, l'aiutavano a sopportare il calore nella
stazione.
Uscì dal bagno e si sedette nuovamente sulla panchina,
accanto alle valige.
Sua madre e sua zia, la madre di suo cugino, erano
partite per un "viaggio per sole donne",
lasciandola in balia di suo padre che, ovviamente, doveva
partire per un'importante operazione in America. "Sai
che novità" pensò. Suo padre, oncologo chirurgo di
fama, era sempre richiestissimo, non era mai a casa. E
sua sorella? Era rimasta in Inghilterra... Un tempo,
quando suo padre lavorava solo a Londra, lei abitava sola
con sua madre, mentre sua sorella e Gilbert...
Scosse il pensiero assieme al capo. Il caldo e l'attesa
la stavano portando proprio dove NON voleva.
"Ma, si disse, questa volta Danny è morto"
- Cosa? Tua cugina? Quella racchia psicopatica di Sally?-
- Mark, ti prego!-
- No, Danny, non posso proprio...-
- Mark, il mio esame per riottenere la borsa di studio
durerà ancora un bel po'... sono già in ritardo di
almeno un'ora e mezza... Sally mi ucciderà, e io non
posso andare, o mi buttano fuori... e se lo fanno, sarà
mia madre ad uccidermi!- esclamò il ragazzino
rivolgendosi supplichevole verso il suo abbronzatissimo
capitano. - Mark, ti prego!-
- Ma Danny, l'ultima volta che è stata qui...-
- Tre anni fa Mark, quasi quattro a dir la verità! E' un
po' cresciuta in questo periodo, non credi?-
- Non saprei... me la ricorda, brutta, acida, scorbutica
e...-
- Mark! Io DEVO rientrare per l'esame!-
- Ok, ok....- rispose il ragazzo - lo faccio ma...-
- Mark, ti adoro!- sbottò Danny, aprendo la porta alle
sue spalle, nella quale lo aspettavano gli insegnanti
esaminatori, ed entrandovi richiudendola prima che Mark
potesse aggiungere nulla.
- Mi ha fregato- disse fra sè il "bel tenebroso"
del calcio giapponese.
Si diresse, sospirando a metà tra lo scocciato e
l'arrabbiato, verso l'uscita della scuola, accorgendosi
solo dopo essersi allontanato di una decina di metri dal
cancello che Danny Mellow non gli aveva detto in QUALE
stazione sarebbe arrivata la cugina. Lo maledisse ancora
una volta.
Tre ore e quarantacinque. Iniziava davvero a pensare di
farsi adottare da un'altra famiglia. Sarebbe dovuta stare
da suo zio per almeno un mese. Moriva dalla voglia di
trascorrere l'estate con Danny e quei cretini dei suoi
amici... soprattutto quello sbruffone di Mark Lenders,
non lo sopportava proprio. Per fortuna, se così si
poteva dire, la sua migliore amica, Alexandra, che non
vedeva da almeno cinque anni, le aveva telefonato una
settimana prima per comunicarle il suo arrivo, insieme
alla sorella, in Giappone... Non certo per un bel motivo,
però... Ripensò ancora una volta perché era lì a
Tokyo e non a Fujisawa, con le sue amiche, da un'amica.
Mentalmente, rielencò i motivi. Quel giorno, era il
compleanno di suo zio. Doveva essere a Tokyo il giorno
prima, ma c'era stato lo sciopero dei treni. Sua madre
voleva che almeno passasse un giorno con lo zio ed il
cugino, pena... Meglio non pensare alla pena.
Ormai, erano quasi quattro ore... Avesse almeno saputo
dove vivevano gli zii! Ma no, avevano traslocato
dall'ultima volta che lei era stata a casa loro e sua
madre si era dimenticata tutto, prima di partire:
indirizzo, numero di telefono... Aveva cercato
sull'elenco, nulla... Logico, avevano cambiato casa da
solo due mesi... Aveva anche cercato suo padre- sua madre
era inrintracciabile- ma le avevano detto che stava
operando, poi la linea era caduta. Si stiracchiò
lentamente. Quanto ancora avrebbe dovuto aspettare?
- Sally?!?!??- chiese una voce, a lei completamente
sconosciuta, alla sua sinistra.
Arrivo è attesa
Chapter 2.2
Cambiati- Cresciuti
- Mark?!?!!- chiese la ragazza, stupita..
davanti a lei stava un bel ragazzo scuro, i capelli
lunghi, la pelle abbronzata... assomigliava molto
all'amico di suo cugino, ma no, non poteva essere...
- Allora sei davvero tu!- esclamò il ragazzo, sedendosi
accanto a lei col fiatone. Correva sempre e molto anche
per lavoro ed essendo un calciatore, ma una corsa come
quella, non l'aveva mai, mai fatta.
- Cosa ci fai qua?- chiese, lei, incuriosita da quel
strano ragazzo, che si ricordava così diverso.
- Danny mi ha mandato a prenderti... è una storia lunga!-
esclamò il ragazzo stremato.
- Perché ha mandato te?- chiese lei.
- Lui aveva un esame per la riassegnazione della borsa di
studio, l'ha saputo solo ieri e... me l'ha detto solo due
ore e mezzo fa-
- Solo? Io sono quattro ore che aspetto- disse Sally,
sarcastica.
- Lo so, scusa- "scusa??!?!?! Ma è lo stesso Mark
di tre anni fa?"- Ma non mi ha detto in che stazione
eri e... Non mi hanno lasciato entrare in sessione di
esame!-
- Quel cretino!- esclamò Sally..- è proprio un vizio di
famiglia...-
- Eh?-
- No, nulla- disse lei, sospirando, poi, aggiunse- Che si
fa ora? Io non ho la minima idea di dove vivono gli zii,
hanno traslocato da soli due mesi...-
- Non ti preoccupare. Lo so io, e ho anche le chiavi di
casa- disse il ragazzo, tirandole fuori dalla tasca dei
jeans neri.
- Si è dimenticato di dirti la stazione ma non di darti
la chiave di casa?- domandò lei, con un pizzico di
ironia.
- No, è che in questo periodo che la scuola è chiusa...
Mia madre e i miei fratelli sono via, sono riuscito a
mandarli in vacanza, così Danny mi ospita.
- Bene! Non potremmo andarci subito? Sono qua da quattro
ore e pagherei per una doccia!- esclamò la ragazza
stiracchiandosi lentamente.
Mark l'aveva notato subito, Sally era molto cambiata. Era
diventata molto carina. Si pentì subito di quel pensiero.
Tutta colpa di Philip, gli aveva messo delle strane idee
in mente, a Parigi. Però, era davvero cambiata.
Si alzò, e fece per prendere le due valige della ragazza.
Si stupì, credeva che una donna, per passare in un posto
tutta l'estate, prendesse dietro almeno quattro velige...
Invece Sally aveva una valigia, un borsone da palestra e
uno zaino.
- Non preoccuparti- disse Sally, bloccandolo. - faccio io..
tu sei già stato gentile a venirmi a prendere!-
- Beh, ma sono quattro ore che sei qua, sarai
stanchissima, no?-
Mark, Sally se ne era accorta, faceva il duro ma, in
realtà, non lo era affatto... anche il suo finto-distaccato
tono di voce lo faceva capire...
- Ok, hai ragione, facciamo così...Una borsa a testa e
la terza assieme, ok?-
- Sei ancora un testarda!- esclamò Mark, sorpreso
dall'ostinazione della ragazza.
- Già- rispose lei, sorridendo.
Se ne andarono dalla stazione, assieme, portando la
valigia in due.
Arrivare è incontrare le persone cambiate
Chapter 3.1
Jennifer
Il venticello muoveva i rami degli alberi, il loro
fruscio era una musica deliziosa per lei... era come la
colonna sonora di quei luoghi tanto cari... Nel vialetto,
il sole penetrava tra una foglia e l'altra... Ricordava
quell'attimo, un anno e un mese prima quando... Sospirò,
non importava, era di nuovo lì, era solo quello che
contava... era lì, grazie a suo fratello... Se lui non
avesse convinto sua madre... E se la migliore amica di
sua madre, non le avesse offerto ospitalità.... E poi,
aveva chiamato Kimberly, la sua migliore amica, per dirle
di tornare in Giappone, per Patricia.... E da quello, era
partito tutto... Suo fratello era riuscito a convincere
sua madre in meno di tre giorni. Incredibile. E la
signora Plange aveva fatto il resto. Tokyo era sempre più
vicina di San Francisco. Sospirò. Era tornata per
Patricia, no? Troppo tardi comunque... E poi, non le
sarebbe neppure piaciuto presentarsi dalle amiche con
l'ansia di andare via. Meglio togliersi il "dente"
prima... Prese l'aria a pieni polmoni. Moriva dalla
voglia di essere lì.. con lui... eppure, per la fretta,
non l'aveva ancora avvisato del suo arrivo... un po',
voleva anche fargli una bella sorpresa... un regalo di
compleanno, tra l'altro!
Davvero un bel 21 giugno!
Con il volto di lui in mente, prese a correre per il
vialetto, finchè gli alberi non terminarono, e comparve
la scuola...
Si diresse direttamente al campo di calcio tanto
conosciuto.
"Eccoli!" pensò. I suoi vecchi compagni di
squadra. E là, Grace, alla panchina, che porgeva loro
gli asciugamani... In realtà, non si aspettava che
fossero ad allenarsi, non in pieno Giugno, con le vacanze
ormai iniziate...
Poi Grace si voltò verso di lei, e, anche se lei non la
sentiva per la distanza, pronunciava il suo nome e tutta
la squadra si girava nella direzione indicata da Grace,
la sua. Si avvicinò. Ma l'aveva già visto, nonostante
la distanza. Lui non era lì.
Come tutti i giorni, tornato da Parigi, osservava il
laghetto. Si ricordava un anno e mezzo prima. Quando
l'aveva vista volteggiare su quel lago, completamente
ghiacciato, il giorno di Natale. Era rimasto sbalordito
dalla sua bravura, nonostante non si fosse ancora "accorto"
di lei, non almeno nel modo in cui...
Ogni giorno di più, sentiva il vuoto. Stringeva in pugno
la lettera di lei- aveva già risposto- di una settimana
prima... Le poste, così a lunga distanza, erano davvero
lentissime... Non gli bastava più. E quanto era passato?
Un soffio...
A Parigi, aveva capito quanto gli mancava.. .vedendo
tante coppie insieme nel parco della Tour Eiffell... E il
tramonto rispecchiarsi nella Senna...
Lo osserva da almeno dieci minuti... Era così bello,
concentrato sulla sua lettera e ad osservare il lago...
lei, ricordava perfettamente il giorno di Natale
dell'anno passato. Avevano pattinato insieme. Come poteva
dimenticarlo? Era stato quel giorno che aveva capito di
non potersene andare così.
Si avvicinò lentamente, giusto un fruscio, e lui si
risvegliò dal mondo in cui era immerso.
- Capitano- disse solo.
Silenzio.
Un secondo.
Due.
Era tra le sue braccia.
- Jenny- mormorò lui, affondando il naso tra i capelli
di lei e stringendola, per non lasciarla mai andare via.
Mai, mai più.
Ritornare è ritrovare
Chapter 3.2
Maicol
Era stato un bellissimo pomeriggio. Lei e
Julian non ne avevano mai passati di così belli assieme.
Forse perché c'era sempre una barriera tra loro... Di
che natura, Amy ora lo sapeva.. Era il suo segreto...
Erano le sue paure... Ma da quando avevano parlato,
Julian era diventato davvero dolce e pieno di attenzioni.
Quel giorno, avevano persino camminato mano nella mano
per un piccolo tratto.
Erano andati al parco, in centro... Avevano mangiato una
coppa di gelato- alla soia per lui- in un bar delizioso e
tranquillo su un laghetto. Si sentiva davvero tranquilla
e rilassata.
- Allora, i tuoi sono a cena da me?- gli richiese Amy,
non sicura di aver capito bene.
- Sì- rispose lui- li hanno invitati i tuoi genitori...
non ho capito bene perché.- rispose Julian.
- Te l'hanno detto quando?-
- Quando ho chiamato a casa per dire che tardavo un po'...
perché?-
- A me non hanno detto nulla- rispose lei, pensierosa.
- Mia madre ha detto che avevate un ospite importante-
- Un ospite importante?!?!?!- si stupì Amy, non ne
sapeva assolutamente nulla.
- Magari è arrivato dopo che sei venuta stamattina per
gli allenamenti-
- Può darsi, ma è strano...- era sempre più dubbiosa e
pensierosa...
- Allora, - riprese Julian cambiando discorso- domani
andiamo a Fujisawa?-
- Sì, ma non devi sentirti costretto a...-
- Non ti preoccupare. Mi fa piacere venire con te e poi
vedrò Holly e gli altri!-
- Sì ma.. niente allenamenti alle mie spalle! - esclamò
lei ridendo, con uno scherzoso tono intimatorio.
Erano ormai arrivati a casa. Amy aprì la porta e trovò
la governante nel mezzo dell'atrio, che correva trafelata
dal piano inferiore con delle lenzuola pulite e stirate a
quello superiore.
- Nanny, ma che succede?-
- Signorina Amy! E' tornata finalmente... Sono già
arrivati da un sacco di tempo!- rispose la governante,
affannata.
- I signori Ross?- chiese la ragazza, lanciando
un'occhiataccia a Julian che ridacchiava della governante.
- Ma no, i signori sono appena arrivati! Sono i signorini
che sono arrivati da un po'... li aspettavamo per domani,
capisce, devo preparare le stanze degli ospiti!-
- I signorini? I miei fratelli????- chiese Amy, con una
nota di sgomento nella voce.
- O no, no, signorina Amy, i fratelli York!-
- Cosa? Jenny è qua?- era sbiancata.
- Jenny è andata via, tornerà per cena... Ma suo
fratello è di là con...-
Nanny non finì la frase. Amy piantò Julian e si
catapultò nel salotto spalancando la porta.
- Amy, ma cosa?- disse sua madre, mentre le attenzioni
degli altri tre adulti nella stanza si spostarono
dall'aperitivo a lei, e Julian la raggiungeva. Ma Amy non
si accorse di nulla. I suoi occhi erano rivolti sulla
figura alla porta-finestra che osservava il tramonto. E
che si era girata appena lei era entrata.
- Maicol!- esclamò, la voce che le tremava.
- Amily- rispose lui, in un dolce, soave, accento inglese.
- Visto che bella sorpresa Amy? Jenny starà qua per
tutta l'estate e Maicol l'ha accompagnata dagli USA... E'
da un sacco che non vi vedete voi, eh? Amy?- sua madre
parlava ai muri. Lei non la sentiva. Non poteva sentirla.
I suoi occhi azzurri l'avevano catturata.
Di nuovo.
- Un sacco di tempo, eh?- disse lui con la sua voce
cristallina, l'intonazione che lei conosceva alla
perfezione.
- Già- riuscì a scandire... tremava.
- Sei riuscita a diventare ancora più bella.- aggiunse
solo.
Amy si girò, senza neppure guardare Julian in viso, e
lasciò la stanza.
Tornare è far soffrire
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