Captain Tsubasa:
Love Stories



Chi Arriva-Chi ritorna

La prima luce del giorno penetrò dalla finestra aperta, insieme con una leggera brezza fresca...
Patricia socchiuse gli occhi, gonfi dal pianto, e li coprì dalla luce... Dov'era? E da quanto dormiva?
Camera sua... Come c'era tornata?
L'ultima cosa che ricordava...

- Oh mamma mia!- esclamò in un sussurro, alzandosi di scatto dal letto - Holly!-

Il ragazzo riposava accanto al suo letto, sulla comoda poltrona di solito di rimpetto al letto... Sembrava sereno e disteso... Cos'era successo?

La lettera. Helena.
Ricordava...
Le parole di sua sorella...

E poi era arrivato Oliver... Si era addormentata stremata tra le sue braccia?
Un rossore improvviso le colorò le guance...
L'aveva portata a casa in braccio?

Si sedette sul letto, proprio di fronte ad Oliver... Poi, il suo sguardo si spostò sul comodino... La lettera...
Sua sorella le aveva fatto un grande regalo... Sapeva cosa doveva fare...
Poi, d'improvviso, il suo sguardo percorse il tratto tra la lettera e il portafoto, e per poco non sobbalzò... La foto di lei e Oliver alla premiazione del campionato nazionale!
Che sciocca! L'aveva lasciata lì e lui l'aveva vista...

Di nuovo, le sue guance cambiarono di colore...

- Patty...-

Per la seconda volta, sobbalzò.

- Sì?- mormorò, temendo si fosse già svegliato.
Ma Holly dormiva e parlava nel sonno.

Patricia tirò un lieve sospiro di sollievo e sorrise.
Holly sembrava un angelo.. Il suo angelo custode... Sorrise. Helena aveva ragione, come sempre. Reagire, ricominciare... Ma dopo tutto, non poteva neppure tornare indietro...

Bisognava iniziare con un passo avanti...
E, dopotutto, era stato Oliver ad esserci, il giorno precedente...

Lentamente, si avvicinò al viso sorridente e beato del ragazzo e, come non le succedeva da tanto, avvicinò le sue labbra a quelle dell'amico.

Oliver si mosse appena. Non se n'era accorto.
Il primo bel ricordo della nuova Patricia.

Sollevandosi, sorrise, poi prese la foto sul comodino e la chiuse nel cassetto del mobile, recuperò silenziosamente dei vestiti dall'armadio e andò a cambiarsi nel bagno adiacente.
Quando tornò, Oliver dormiva ancora. Posò gli abiti scuri al loro posto, poi, guardando per l'ultima volta il volto addormentato del ragazzo che aveva attirato, tre anni e mezzo prima, la sua attenzione, chiuse la porta dietro di sè e scese a preparare la colazione.



Chapter 1.1
Alex & Kim

Aereoporto di Tokyo. Uscita dal volo 410 dalla Francia, Parigi. 7:30 di mattina

Affardellata da un bagaglio a mano, un borsone a tracolla e tracinando due valige, una ragazza dai lunghi e ricci capelli biondi, e dagli occhi blu, "come il mare più profondo", le avevano detto, arrancava verso l'uscita dei voli esteri, seguita da una ragazza identica a lei, che portava soltanto una grossa cartella da disegno e uno zainetto sulle spalle... L'unica differenza, tra le due, era il colore deglio occhi. La seconda ragazza aveva infatti gli occhi di un azzurro che ricordava molto il cielo più terso...

- Sorellina? Se anche non ti agiti tanto... Vuoi che ti dia una mano con le valige?
- Quindici ore. Quindici ore di ritardo! E' troppo anche per me! Ma siamo pazzi! Come minimo faccio denuncia alla compagnia aerea!
- Ma Alexandra, era uno sciopero dei controllori di volo!
- Lo so perfettamente. E non chiamarmi Alexandra, lo sai che non lo sopporto!
- Ok Alex... Vediamo, cosa intendi fare adesso? Non hai neppure avvisato lo zio, come intendi arrivare a Fujisawa?-
- Treno, taxi.. o tutti e due, va bene?- sbottò furibonda l'altra...
- Ma tu sei mia sorella sul serio? Hai un caratteraccio...-
- Kimberly, ti pare il caso?- sbottò la sorella.
- Scusa, stavo scherzando... Però hai davvero un caratteraccio...-

Alexandra le lanciò una sguardo infuocato, mentre Kimberly rideva a squarciagola...

- Ok, ok, ho un caratteraccio, va bene?- sua sorella, con la limpidità delle sue parole e affermazioni, era l'unica persona capace di ricondurla alla ragione...
- OK! Lascia che ti aiuti- aggiunse poi Kimberly, prendendo dalla mano della sorella una delle due valige.
- Anch'io avrei voluto essere qui ieri, per lei - aggiunse poi.
- Già. L'abbiamo lasciata sola un'altra volta- mormorò Alexandra sconsolata.
- Ci faremo perdonare, ok, Alex?- la rincuorò la sorella sorridendole.
- D'accordo. Ma adesso sbrighiamoci a trovare un taxi. Dopo tutte queste ore, non ho voglia di scarrozzare le valige per ogni dove. Anche mi dovesse costare un capitale.-
- Dovvesse costare un capitale a papà, volevi dire.-
- E a mamma.- aggiunse la sorella.
- A mamma? Alex, hai preso dei soldi da mamma? Ma, eravamo d'accordo che...-
- Non ti preoccupare, Kim, i nostri genitori sono talmente preoccupati a sentirsi in colpa per il divorzio, che non si fanno certo di questi problemi. E poi sappiamo bene che mamma guadagna il quadruplo di papà - ed è dire poco- e si fa pure pagare gli alimenti. Ed è colpa sua se io vivo con lei in Germania, e tu a Parigi con papà!-
- Hai ragione, hai ragione...-
- Io ho sempre ragione!- sentenzio'
- Taxi?- fece la sorella, fingendo di non sentirla.



Patricia entrò silenziosamente nella propria stanza, tra le mani un vassoio carico di biscotti e due tazze di latte. Avanzando lentamente, cercando di non rovesciare nulla, colse il proprio riflesso nello specchio: Jeans corti, maglietta rossa dalle maniche lunghe e un po' scollata, a "elle". I capelli legati da un nastro rosso. Era tanto che non si sentiva così carina.
I suoi genitori erano addormentati sul divano, suo zio era assieme a loro. Maggie e Maicol, probabilmente, erano tornati a casa. E questo voleva dire... Le guance si imporporarono, e per poco non le cadde il vassoio. Holly era rimasto lì per lei!

Posò il vassoio sul letto e, delicatamente, scosse Holly dal suo sonno.

- Hmnnn?- grugnì lui, aprendo un occhio.
- Buongiorno- sussurò lei - ben svegliato- aggiunse sorridendo.
- Patty-
- Sì-
- Dove? O cavoli, scusami io...- disse, rosso in volto, alzandosi di scatto, e ritrovandosi così, di fronte e molto, molto vicino, alla ragazza.
- Non ti preoccupare- rispose lei, calma. Anche quello, era un dono di Helena.
- Ho preparato la colazione- aggiunse.
- Wow, non ti dovevi preoccupare io...-
- Siediti- mormorò lei, con un tono tranquillo e rilassato, ma che aveva in sè qualcosa che ricordava molto un ordine parentorio.
- Grazie- sussurò lui, imbarazzatissimo, mentre lei gli porgeva un tazza.
- Sono io che devo ringraziare te- soggiunse lei, cercando di usare un tono distratto, e voltandosi a prendere qualche biscotto - per ieri- aggiunse.
- Figurati- rispose lui. C'era un silenzio tesissimo e imbarazzatissimo.

- Sono buonissimi- disse Holly, dopo qualche minuto, gustando appetitosamente i biscotti dalle forme più svariate.
- Grazie- rispose lei sorridendo.
- Li hai fatti tu?- esclamò Holly sorpreso.
- Non so fare solo panini- rispose Patricia, con un largo sorriso e un tono ironico.
- Ah, già- mormorò lui, ricordandosi di quella volta che lei gli aveva portato dei panini come pranzo e avevano iniziato a parlare... sino a quando lui non aveva detto qualcosa che non andava...

- Ora stai bene- chiese poi, inaspettatamente.
- Eh?- fece lei, fingendo di non capire.
- Ieri sera sembravi sconvolta io....-
- Sto bene, sì. Vuoi sapere perché ero così?-
- No, se non vuoi non devi io...-
- E se volessi dirtelo? -
- Vuoi dirmelo?- chiese lui, guardandola attentamente per la prima volta. Lo sconvolse. Si chiese se l'avesse mai vista prima. Era così.. diversa. Dalla Patty che c'era prima.. ma l'aveva mai guardata davvero? D'istinto, senza neanche sapere perché, si alzò.
Anche Patty lo fece. Si ritrovarono uno di fronte all'altra.

- Voglio dirtelo- rispose lei - Ma ho paura di dirtelo. -
- Davvero, perché?-
- Perché, non te l'ho mai detto prima, e avrei dovuto.-
- E' tanto importante?-
- Potrebbe esserlo. Potresti odiarmi-
- Come potrei? Tu sei... - si bloccò per un istante. Cosa voleva dire?- Patty. Ci conosciamo da un sacco di tempo, come potrei odiarti?-

Anche se non voleva, le lacrime ricominciarono a scenderle dalle guance.
Non era la prima volta che sentiva quelle parole.

"Tu sei Patricia, la mia migliore amica, ti conosco un sacco di tempo, da sempre, praticamente. Come potrei odiarti?" e poi, qualcos'altro, qualcosa di diverso...

D'istinto, Holly l'abbracciò. Anche se non sapeva come consolarla, ci provò.

Rimasero abbracciati per un po'.

Patricia si asciugò le lacrime con la manica della maglietta, poi alzò il volto per dire qualcosa. E trovò quello di Holly a due centrimentri dal suo. Il cuore correva ai duemila all'ora. Stava per esserci, lo sapeva. Il Bacio. Chiuse gli occhi e...

DLINDLON.
Si staccarono di colpo, entrambi imbarazzatissimi Per la spinta, Holly cadde sulla poltrona, ribaltandosi.

- Tu.. tutto bene?- domandò Patricia.

DLINDLONDLINDLONDLINDLONDLINDLONDLINDLON

- Arrivo!- urlò, e uscì dalla stanza con un - Scusami-

Holly rimase sul pavimento, a fissare il letto di Patricia. Più che il letto, il vuoto.



Scese le scale con il volto ancora arrossato. Con un sospiro profondo, decisa a fermare quel "dlindlon" che continuava all'impazzata da quasi un minuto, aprì la porta con furia. Si bloccò appena in tempo per dire qualche strafalcione. Tutto quello che riuscì a dire, fu:
- Che ci fate voi qui?-



- Grazie- rispose acida Alexandra entrando - davvero un'ottima accoglienza- Posò pesantemente i bagagli sul pavimento.
- Scusala- aggiunse Kimberly -Sai, volevamo essere qua ieri, ma l'aereo ha avuto un ritardo mostruoso. E' nervosissima- quest'ultima frase, mormorata sottovoce, sembrò scuoterla.
- Che ci fate qui?- chiese di nuovo.

- Ma cosa...? Alex, Kimberly!- esclamò una voce femminile dalla porta che si apriva sull'entrata.
- Zia Meimi! Che bello vederti!- disse Kimberly, gettandosi tra le braccia della zia.
- Chi è, cara?- chiese una voce dall'interno della stanza.
- Indovina?- rispose Alex.
- Alexandra. Kimberly! Praticamente le mie nipoti preferite!- esclamò George abbracciando la seconda nipote.
- Quando siete arrivate?-
- Oggi, l'aereo aveva un sacco di ritardo... e comunque, zio George, noi siamo le tue uniche nipoti!-
- Hai ragioni... la mia Alex... sei cresciuta un sacco, sai?-
- Ci credo, sono passati cinque anni!- esclamò Kimberly.
- Patricia, ma non vieni a salutare le tue cugine?-
- Ciao.- rispose Patty, dalla porta, fredda. non le erano mai piaciute troppo le "sorprese" di Alex, e poi.. era ancora sconvolta per poco prima.

Nemmeno a dirlo, in quell'istante, scese Holly.

- Patty...?- chiese, guardando sbalordito la "discreta" scenetta familiare.
- Holly...- non sapeva, imbarazzatissima, cosa rispondere.
- Io vado...- disse, scendendo gli ultimi gradini e arrivandole a fianco
- Ok, - rispose lei - ci sentiamo più tardi?-

Holly annuì in silenzio, aprendo la porta.

- Grazie Oliver, per ieri sera- disse la signora Meimi
- Si figuri- rispose, arrossendo e guardando Patty.
- Già, grazie- rispose lei. Era davvero in imbarazzo.

Con un silenzio imbrazzante e Alexandra - l'aveva colto con la coda dell'occhio- che stava per dire una delle sue-, Patricia non sapeva propr io che fare...

- E' meglio che vada.-
- A presto- rispose lei. Holly annuì e varcò la porta.
- Carino- asserì Alex, quando Patricia ebbe chiuso la porta. - Ma è veramente un po' smorto. Non è il mio tipo, comunque.-
- Per fortuna- sbottò Patricia, con un velo ironico tutto particolare.
- Bentornate cugine- aggiunse poi, avvicinandosi ad abbracciarle.
- Bentornata a te- rispose Kim, abbracciandola insieme alla sorella
- Già... Siamo tornate, per restare.- aggiunse Alex.
- Per sempre?- Chiese Patricia- Come un tempo?-
- Per sempre, come un tempo-

Arrivare e ritrovare


Chapter 1.2
Mondo piccolo

-Un'altra Tom!- esclamò Benji Price, al centro della porta da calcio nel campo del grande giardino di casa sua. Della sua, grandissima e fastosa villa in stile occidentale.
Le nuvole, in cielo, poche e pigre, non toccavano il sole. Il calore di quel giorno estivo però, era contrapposto al venticello fresco che faceva frusciare le foglie degli alberi nel parco della villa.
Benji era concentratissimo. Era un'ora che si allenava con Tom, che era venuto a stare da lui, fino al termine della loro permanenza in Giappone. Cercava di concentrarsi, ma ripensava al giorno prima, quando aveva visto Holly e l'amico gli aveva raccontato della storia di Roberto... incredibile... Roberto, il brasiliano, zio di Patty...
- Certo che il mondo è proprio piccolo- disse, pensando ad alta voce, proprio mentre la potente palla lanciata da Tom gli passava accanto. Bloccata appena in tempo. Ma per un pelo, era un goal certo, se non fosse stato per la sua prontezza di riflessi.

Dietro di lui, una voce.

- Il saggio dice, la maggiore qualità dell'uomo saggio è la concentrazione.-

Tirò un pesante sospiro, conosceva quella voce ironica, fin troppo bene.

- Sì, lo so...- iniziò a dire quando, una seconda voce, sempre da dietro di lui, esclamò:

- Tom!- Vide nel volto del suo amico Tom Becker uno strano cambiamento di colorito, tendente al rosso, e si voltò, proprio mentre due persone si avvicinavano loro...

"Non ho bevuto" si disse "né ho mai preso droghe... perché ci vedo doppio?"

- Tom!- ripetè la seconda voce. Il sorriso sul volto dell'amico si allargò.
- Kim? Sei proprio tu?- chiese, stupito.
- Certo!- esclamò quella, gettandosi tra le braccia del numero uno della nazionale juniores giapponese.
- Che bello!- esclamò Tom, abbracciandola a sua volta. -Che ci fai qui?-
- Sono qui per mia cugina, così ho pensato di passare a trovarti...-
- Hai fatto bene!- rispose il ragazzo. Kimberly gli era mancata moltissimo. Poi, vedendo che Benji era sbiancato, aggiunse - Benji, lei è-
- Mia sorella- , aggiunse una voce dietro Benji-
- Alex!?!?!?- esclamò il portiere, esterrefatto e- Tom quasi ci avrebbe giurato, spaventato, intimorito.
- Esattamente- rispose una ragazza che- ora Tom lo vedeva bene- era identica a Kimberly- Non sei felice di vedermi?- chiese la ragazza, in tono ironico.
- C'è una spiegazione- disse Benji- alzando le mani in segno di pace.
- Bene, mi piacerebbe sentirla- rispose secca Alex.
- Ehi,- li interruppe Kimberly- voi vi conoscete... E' lui quello che allenavi in Germania?-
- Sì- risposero insieme Alex e Benji, decisamente sul piede di guerra, guardandosi malissimo.
- Entriamo?- chiese Tom con un sorriso poco convinto


- E così, tua sorella è l'allenatrice del mio amico Benji?-
- Già- rispose Kimberly, prendendo un vassoio sul quale Tom posò quattro bicchieri e una bottiglia di bibita.
- Certo che è davvero una bella coincidenza... Come mai tua sorella...?- chiese, avviandosi verso il salotto.
- E' la migliore. E' davvero un ottimo portiere. Freddy, il vostro mister, prima di allenare Benji allenò Alex, e poi lei... beh, girò un po' tutto il mondo, sfidando giocatori a destra e a manca... finché è diventata la migliore... Quando Benji si è trasferito in Germania con il signor Marshall, lui ha subito cercato Alex, sapeva che lei era lì, così...-
- E' diventata l'allenatrice di Benji... Ma perché litigano tanto?-
- Ah, non lo so... lei ha parlato di un torto...-
- Capisco, cmq, è meglio sbrigarci, non mi va di lasciarli troppo da soli, non so perché...-
- Oh, quando conoscerai meglio mia sorella, capirai perché!- esclamò Kimberly ridendo, e sistemando una ciocca di lunghissimi capelli biondi dietro l'orecchio.


- Eh così, Tom ha conosciuto tua sorella a Parigi?- domandò Benji, cercando di dare un termine all'atmosfera terrificante che c'era nella stanza già da una decina di minuti. Alex osservava fuori dalla porta-finestra il giardino. Tirò un sospiro.
- Sì, mio padre è andato a lavorare lì, ha conosciuto il padre di Tom, anche lui giapponese, hanno fatto amicizia e hanno mandato i figli a scuola assieme. Ecco tutto.- rispose secca lei.
- Mi avevi detto che eravate gemelle ma... non pensavo vi assomigliaste COSI' tanto...-
- Siamo gemelle- rispose di nuovo lei, esplicitamente seccata.
- Già... senti, io...-
- Non una parola. Sono venuta in Giappone per mia cugina, e a casa tua perché mia sorella vedesse il suo amico Tom. Noi due non abbiamo più nulla a che vedere l'uno con l'altra.- rispose, meccanica, secca, crudele.
- Cosa?- si stupiì il ragazzo alzandosi dalla poltrona su cui si era comodamente stravaccato...- Tu... non mi allenerai più?-
- Mi sembra il minimo- rispose lei, sempre guardando fuori dai vetri.
- Perché? Non mi sembra...-
- Perché??!?!?! Sei più stupido di quanto credessi!-
- Alex! - la fermò la sorella, appena entrata- sei ospite, ti sembra il caso di...?-
- Non immischiarti Kim-
- Ma.. qualsiasi cosa abbia fatto non sarà poi così grave da sentirsi insultato... in casa propria!-

Alex le lanciò un'occhiata gelida. E Kimberly conosceva quell'occhiata. Alex era davvero arrabbiata.

- Io vado- disse soltanto, voltandosi per la prima volta e dirigendosi verso la porta che conduceva all'atrio.

- Potresti almeno degnarti di spiegarmi?- era Benji, questa volta, ad essere seccato.
- Non ci arrivi da solo?-
- Potreste dirlo a noi?- s'intromise Tom ,cercando di mettere pace tra i due... Benji era un suo amico, ed Alex la sorella di quella che era stata la sua migliore amica nell'ultimo anno e mezzo.
- Diglielo- rispose secca Alexandra.
- Me ne sono andato dalla Germania e sono venuto qua- rispose Benji, voltando lo sguardo.
- Senza avvisare- concluse Alex, lanciando un'occhiataccia in direzione del ragazzo - Senza neanche preoccuparsi di farmelo sapere! Se non fosse per Karl, che me l'ha detto, chiacchierando e per puro caso!-
- Non c'era motivo per dirtelo. Non sei mia madre né-
- Sono il tuo allenatore e, se non sbaglio, quando ho accettato di allenarti, tu mi hai promesso di prendere la cosa sul serio!- rispose lei, risposta che si avvicinava moltissimo ad un grido.
- Non sono tenuto a fare proprio nulla. E poi gli allenamenti erano opprimenti, ero stanco e avevo voglia di allenarmi sul serio, con i miei amici, e non con qualcuno che non capisce nulla di me e degli stimoli di cui ho bisogno io... Ero stufo di fare del lavoro assolutamente inutile!-
- Inutile? E' questo che pensi? Beh, sappi che senza questi tre anni, tu, ai mondiali, non avresti neppure visto i tiri della riserva della riserva di Schneider!- sbottò lei, offesissima, andandosene.

Benji si risedette sul divano buttando con violenza il proprio berretto contro il muro opposto e sbattendo i pugni sul tavolino.

Kimberly e Tom - lui con ancora in mano il vassoio- si guardarono, sgomenti.

Arrivare e perdere



Chapter 2.1
Sally


Capiva perfettamente un'ora. Può succedere, in una città come Tokyo è il minimo. Anche un'ora e mezza... Due, diventavano già troppo. Ma il culmine, lo aveva toccato a tre ore. Eppure, suo cugino era sempre stato un ragazzo puntuale, preciso. Forse un po' goffo.
Si guardò allo specchio del bagno della stazione. I capelli rosso-castani lunghi le ricadevano in ciocche sopra gli occhi verdi. Sospirò di nuovo, sciolse il nastro verde che li legava, aprì l'acqua e la lasciò scorrere, rinfrescandosi i polsi, prima di immergervi il volto. Si tiò su, si asciugò con una salvietta e poi legò nuovamente i capelli. Per grazia ricevuta, aveva dei libri dietro.
Comunque, suo cugino era un uomo morto, si disse, fissandosi nello specchio un'altra volta. La canuttiera verde scuro- lo stesso colore dei suoi occhi- e i pantaloncini dello stesso colore, erano leggeri e, per fortuna, l'aiutavano a sopportare il calore nella stazione.
Uscì dal bagno e si sedette nuovamente sulla panchina, accanto alle valige.
Sua madre e sua zia, la madre di suo cugino, erano partite per un "viaggio per sole donne", lasciandola in balia di suo padre che, ovviamente, doveva partire per un'importante operazione in America. "Sai che novità" pensò. Suo padre, oncologo chirurgo di fama, era sempre richiestissimo, non era mai a casa. E sua sorella? Era rimasta in Inghilterra... Un tempo, quando suo padre lavorava solo a Londra, lei abitava sola con sua madre, mentre sua sorella e Gilbert...
Scosse il pensiero assieme al capo. Il caldo e l'attesa la stavano portando proprio dove NON voleva.

"Ma, si disse, questa volta Danny è morto"



- Cosa? Tua cugina? Quella racchia psicopatica di Sally?-
- Mark, ti prego!-
- No, Danny, non posso proprio...-
- Mark, il mio esame per riottenere la borsa di studio durerà ancora un bel po'... sono già in ritardo di almeno un'ora e mezza... Sally mi ucciderà, e io non posso andare, o mi buttano fuori... e se lo fanno, sarà mia madre ad uccidermi!- esclamò il ragazzino rivolgendosi supplichevole verso il suo abbronzatissimo capitano. - Mark, ti prego!-
- Ma Danny, l'ultima volta che è stata qui...-
- Tre anni fa Mark, quasi quattro a dir la verità! E' un po' cresciuta in questo periodo, non credi?-
- Non saprei... me la ricorda, brutta, acida, scorbutica e...-
- Mark! Io DEVO rientrare per l'esame!-
- Ok, ok....- rispose il ragazzo - lo faccio ma...-
- Mark, ti adoro!- sbottò Danny, aprendo la porta alle sue spalle, nella quale lo aspettavano gli insegnanti esaminatori, ed entrandovi richiudendola prima che Mark potesse aggiungere nulla.
- Mi ha fregato- disse fra sè il "bel tenebroso" del calcio giapponese.

Si diresse, sospirando a metà tra lo scocciato e l'arrabbiato, verso l'uscita della scuola, accorgendosi solo dopo essersi allontanato di una decina di metri dal cancello che Danny Mellow non gli aveva detto in QUALE stazione sarebbe arrivata la cugina. Lo maledisse ancora una volta.



Tre ore e quarantacinque. Iniziava davvero a pensare di farsi adottare da un'altra famiglia. Sarebbe dovuta stare da suo zio per almeno un mese. Moriva dalla voglia di trascorrere l'estate con Danny e quei cretini dei suoi amici... soprattutto quello sbruffone di Mark Lenders, non lo sopportava proprio. Per fortuna, se così si poteva dire, la sua migliore amica, Alexandra, che non vedeva da almeno cinque anni, le aveva telefonato una settimana prima per comunicarle il suo arrivo, insieme alla sorella, in Giappone... Non certo per un bel motivo, però... Ripensò ancora una volta perché era lì a Tokyo e non a Fujisawa, con le sue amiche, da un'amica.
Mentalmente, rielencò i motivi. Quel giorno, era il compleanno di suo zio. Doveva essere a Tokyo il giorno prima, ma c'era stato lo sciopero dei treni. Sua madre voleva che almeno passasse un giorno con lo zio ed il cugino, pena... Meglio non pensare alla pena.

Ormai, erano quasi quattro ore... Avesse almeno saputo dove vivevano gli zii! Ma no, avevano traslocato dall'ultima volta che lei era stata a casa loro e sua madre si era dimenticata tutto, prima di partire: indirizzo, numero di telefono... Aveva cercato sull'elenco, nulla... Logico, avevano cambiato casa da solo due mesi... Aveva anche cercato suo padre- sua madre era inrintracciabile- ma le avevano detto che stava operando, poi la linea era caduta. Si stiracchiò lentamente. Quanto ancora avrebbe dovuto aspettare?

- Sally?!?!??- chiese una voce, a lei completamente sconosciuta, alla sua sinistra.

Arrivo è attesa


Chapter 2.2
Cambiati- Cresciuti

- Mark?!?!!- chiese la ragazza, stupita.. davanti a lei stava un bel ragazzo scuro, i capelli lunghi, la pelle abbronzata... assomigliava molto all'amico di suo cugino, ma no, non poteva essere...
- Allora sei davvero tu!- esclamò il ragazzo, sedendosi accanto a lei col fiatone. Correva sempre e molto anche per lavoro ed essendo un calciatore, ma una corsa come quella, non l'aveva mai, mai fatta.
- Cosa ci fai qua?- chiese, lei, incuriosita da quel strano ragazzo, che si ricordava così diverso.
- Danny mi ha mandato a prenderti... è una storia lunga!- esclamò il ragazzo stremato.
- Perché ha mandato te?- chiese lei.
- Lui aveva un esame per la riassegnazione della borsa di studio, l'ha saputo solo ieri e... me l'ha detto solo due ore e mezzo fa-
- Solo? Io sono quattro ore che aspetto- disse Sally, sarcastica.
- Lo so, scusa- "scusa??!?!?! Ma è lo stesso Mark di tre anni fa?"- Ma non mi ha detto in che stazione eri e... Non mi hanno lasciato entrare in sessione di esame!-
- Quel cretino!- esclamò Sally..- è proprio un vizio di famiglia...-
- Eh?-
- No, nulla- disse lei, sospirando, poi, aggiunse- Che si fa ora? Io non ho la minima idea di dove vivono gli zii, hanno traslocato da soli due mesi...-
- Non ti preoccupare. Lo so io, e ho anche le chiavi di casa- disse il ragazzo, tirandole fuori dalla tasca dei jeans neri.
- Si è dimenticato di dirti la stazione ma non di darti la chiave di casa?- domandò lei, con un pizzico di ironia.
- No, è che in questo periodo che la scuola è chiusa... Mia madre e i miei fratelli sono via, sono riuscito a mandarli in vacanza, così Danny mi ospita.
- Bene! Non potremmo andarci subito? Sono qua da quattro ore e pagherei per una doccia!- esclamò la ragazza stiracchiandosi lentamente.

Mark l'aveva notato subito, Sally era molto cambiata. Era diventata molto carina. Si pentì subito di quel pensiero. Tutta colpa di Philip, gli aveva messo delle strane idee in mente, a Parigi. Però, era davvero cambiata.

Si alzò, e fece per prendere le due valige della ragazza. Si stupì, credeva che una donna, per passare in un posto tutta l'estate, prendesse dietro almeno quattro velige... Invece Sally aveva una valigia, un borsone da palestra e uno zaino.

- Non preoccuparti- disse Sally, bloccandolo. - faccio io.. tu sei già stato gentile a venirmi a prendere!-
- Beh, ma sono quattro ore che sei qua, sarai stanchissima, no?-

Mark, Sally se ne era accorta, faceva il duro ma, in realtà, non lo era affatto... anche il suo finto-distaccato tono di voce lo faceva capire...

- Ok, hai ragione, facciamo così...Una borsa a testa e la terza assieme, ok?-
- Sei ancora un testarda!- esclamò Mark, sorpreso dall'ostinazione della ragazza.
- Già- rispose lei, sorridendo.

Se ne andarono dalla stazione, assieme, portando la valigia in due.

Arrivare è incontrare le persone cambiate


Chapter 3.1
Jennifer


Il venticello muoveva i rami degli alberi, il loro fruscio era una musica deliziosa per lei... era come la colonna sonora di quei luoghi tanto cari... Nel vialetto, il sole penetrava tra una foglia e l'altra... Ricordava quell'attimo, un anno e un mese prima quando... Sospirò, non importava, era di nuovo lì, era solo quello che contava... era lì, grazie a suo fratello... Se lui non avesse convinto sua madre... E se la migliore amica di sua madre, non le avesse offerto ospitalità.... E poi, aveva chiamato Kimberly, la sua migliore amica, per dirle di tornare in Giappone, per Patricia.... E da quello, era partito tutto... Suo fratello era riuscito a convincere sua madre in meno di tre giorni. Incredibile. E la signora Plange aveva fatto il resto. Tokyo era sempre più vicina di San Francisco. Sospirò. Era tornata per Patricia, no? Troppo tardi comunque... E poi, non le sarebbe neppure piaciuto presentarsi dalle amiche con l'ansia di andare via. Meglio togliersi il "dente" prima... Prese l'aria a pieni polmoni. Moriva dalla voglia di essere lì.. con lui... eppure, per la fretta, non l'aveva ancora avvisato del suo arrivo... un po', voleva anche fargli una bella sorpresa... un regalo di compleanno, tra l'altro!
Davvero un bel 21 giugno!

Con il volto di lui in mente, prese a correre per il vialetto, finchè gli alberi non terminarono, e comparve la scuola...

Si diresse direttamente al campo di calcio tanto conosciuto.

"Eccoli!" pensò. I suoi vecchi compagni di squadra. E là, Grace, alla panchina, che porgeva loro gli asciugamani... In realtà, non si aspettava che fossero ad allenarsi, non in pieno Giugno, con le vacanze ormai iniziate...

Poi Grace si voltò verso di lei, e, anche se lei non la sentiva per la distanza, pronunciava il suo nome e tutta la squadra si girava nella direzione indicata da Grace, la sua. Si avvicinò. Ma l'aveva già visto, nonostante la distanza. Lui non era lì.



Come tutti i giorni, tornato da Parigi, osservava il laghetto. Si ricordava un anno e mezzo prima. Quando l'aveva vista volteggiare su quel lago, completamente ghiacciato, il giorno di Natale. Era rimasto sbalordito dalla sua bravura, nonostante non si fosse ancora "accorto" di lei, non almeno nel modo in cui...
Ogni giorno di più, sentiva il vuoto. Stringeva in pugno la lettera di lei- aveva già risposto- di una settimana prima... Le poste, così a lunga distanza, erano davvero lentissime... Non gli bastava più. E quanto era passato? Un soffio...
A Parigi, aveva capito quanto gli mancava.. .vedendo tante coppie insieme nel parco della Tour Eiffell... E il tramonto rispecchiarsi nella Senna...



Lo osserva da almeno dieci minuti... Era così bello, concentrato sulla sua lettera e ad osservare il lago... lei, ricordava perfettamente il giorno di Natale dell'anno passato. Avevano pattinato insieme. Come poteva dimenticarlo? Era stato quel giorno che aveva capito di non potersene andare così.

Si avvicinò lentamente, giusto un fruscio, e lui si risvegliò dal mondo in cui era immerso.

- Capitano- disse solo.

Silenzio.
Un secondo.
Due.

Era tra le sue braccia.

- Jenny- mormorò lui, affondando il naso tra i capelli di lei e stringendola, per non lasciarla mai andare via. Mai, mai più.

Ritornare è ritrovare


Chapter 3.2
Maicol

Era stato un bellissimo pomeriggio. Lei e Julian non ne avevano mai passati di così belli assieme. Forse perché c'era sempre una barriera tra loro... Di che natura, Amy ora lo sapeva.. Era il suo segreto... Erano le sue paure... Ma da quando avevano parlato, Julian era diventato davvero dolce e pieno di attenzioni. Quel giorno, avevano persino camminato mano nella mano per un piccolo tratto.

Erano andati al parco, in centro... Avevano mangiato una coppa di gelato- alla soia per lui- in un bar delizioso e tranquillo su un laghetto. Si sentiva davvero tranquilla e rilassata.

- Allora, i tuoi sono a cena da me?- gli richiese Amy, non sicura di aver capito bene.
- Sì- rispose lui- li hanno invitati i tuoi genitori... non ho capito bene perché.- rispose Julian.
- Te l'hanno detto quando?-
- Quando ho chiamato a casa per dire che tardavo un po'... perché?-
- A me non hanno detto nulla- rispose lei, pensierosa.
- Mia madre ha detto che avevate un ospite importante-
- Un ospite importante?!?!?!- si stupì Amy, non ne sapeva assolutamente nulla.
- Magari è arrivato dopo che sei venuta stamattina per gli allenamenti-
- Può darsi, ma è strano...- era sempre più dubbiosa e pensierosa...
- Allora, - riprese Julian cambiando discorso- domani andiamo a Fujisawa?-
- Sì, ma non devi sentirti costretto a...-
- Non ti preoccupare. Mi fa piacere venire con te e poi vedrò Holly e gli altri!-
- Sì ma.. niente allenamenti alle mie spalle! - esclamò lei ridendo, con uno scherzoso tono intimatorio.

Erano ormai arrivati a casa. Amy aprì la porta e trovò la governante nel mezzo dell'atrio, che correva trafelata dal piano inferiore con delle lenzuola pulite e stirate a quello superiore.

- Nanny, ma che succede?-
- Signorina Amy! E' tornata finalmente... Sono già arrivati da un sacco di tempo!- rispose la governante, affannata.
- I signori Ross?- chiese la ragazza, lanciando un'occhiataccia a Julian che ridacchiava della governante.
- Ma no, i signori sono appena arrivati! Sono i signorini che sono arrivati da un po'... li aspettavamo per domani, capisce, devo preparare le stanze degli ospiti!-
- I signorini? I miei fratelli????- chiese Amy, con una nota di sgomento nella voce.
- O no, no, signorina Amy, i fratelli York!-
- Cosa? Jenny è qua?- era sbiancata.
- Jenny è andata via, tornerà per cena... Ma suo fratello è di là con...-

Nanny non finì la frase. Amy piantò Julian e si catapultò nel salotto spalancando la porta.

- Amy, ma cosa?- disse sua madre, mentre le attenzioni degli altri tre adulti nella stanza si spostarono dall'aperitivo a lei, e Julian la raggiungeva. Ma Amy non si accorse di nulla. I suoi occhi erano rivolti sulla figura alla porta-finestra che osservava il tramonto. E che si era girata appena lei era entrata.

- Maicol!- esclamò, la voce che le tremava.
- Amily- rispose lui, in un dolce, soave, accento inglese.
- Visto che bella sorpresa Amy? Jenny starà qua per tutta l'estate e Maicol l'ha accompagnata dagli USA... E' da un sacco che non vi vedete voi, eh? Amy?- sua madre parlava ai muri. Lei non la sentiva. Non poteva sentirla. I suoi occhi azzurri l'avevano catturata.
Di nuovo.

- Un sacco di tempo, eh?- disse lui con la sua voce cristallina, l'intonazione che lei conosceva alla perfezione.
- Già- riuscì a scandire... tremava.
- Sei riuscita a diventare ancora più bella.- aggiunse solo.

Amy si girò, senza neppure guardare Julian in viso, e lasciò la stanza.


Tornare è far soffrire



continua...