DETUSCHE MATCH
Capitolo 6
Solo esseri umani

La ragazza fissava Genzo con odio, un odio ancora più forte di quello di Audrich.
"Ma ce l'hanno con me?!" Osservò la ragazza dai capelli rossi, che erano leggermente mossi e le arrivavano alla vita. Aveva circa 16 anni, ed era abbastanza alta. Indossava una gonna dello stesso colore dei suoi occhi, il blu, e si intravedeva una camicetta bianca da sotto il cappotto, anch'esso blu. Ma ciò che lo colpì fu la sua espressione: la stessa che aveva visto sul volto di Alexander poco prima.
- Herika, lui è... - cominciò a balbettare Aubert, che temeva molto di più la reazione della ragazza che non quella del suo capitano.
- Io sono stato ingaggiato come secondo portiere. Mi chiamo Genzo Wakabayashi. -
- Secondo portiere? Alex, ma che...? - la ragazza era piuttosto sconvolta.
- Non dirlo a me, Herika, non dirmelo... -
- Se ne deve andare IMMEDIATAMENTE! Deve sparire dalla mia vista! -
- Scusa, ma chi diavolo ti credi di essere? - si arrabbiò Genzo. La ragazza lo squadrò.
- Si da il caso che io sia Herika von Bérénsky, e sono la figlia del maggiore azionista di questa squadra. - Alexander fece una smorfia: "E sono la figlia del maggiore azionista." Imitò mentalmente il tono di voce di Herika. "Oca."
- Di' pure che sei la figlia del benefattore di questa squadra, senza il signor von Bèrènsky non riusciremmo a coprire nemmeno la metà delle spese. -
- Appunto, ed è per questo che posso decidere che questo... tizio se ne vada. Per cui, giapponese, preparati le valige. -
- Ehi, Herika! Non puoi parlare così a una persona! - si arrabbiò Aubert.
- Non m'importa chi sei, io non me ne andrò da qui. - Herika lo squadrò dalla testa ai piedi, poi senza nemmeno salutare i suoi amici si voltò e se ne andò. Quando fu abbastanza lontana da non udire la sua voce, Aubert si avvicinò a Genzo e gli disse:
- Errr...... Genzo, ti chiedo scusa da parte sua. E' fatta così, non ti devi preoccupare, il signor von Bérénsky non le darà mai ascolto... - Genzo alzò le spalle.
- Fa niente, ormai mi ci sto abituando... - disse, lanciando un'occhiata ad Alex, che sussurrò:
- E così siamo in due a non volerlo... Già, Herika, mi sembra ovvio... forse, chissà, potremo tornare amici, io e lei... - non si accorse che stava pensando ad alta voce. Aubert restò interdetto, non sapendo se era meglio andarlo a consolare oppure lasciarlo a crogiolare nel suo dolore, giusta punizione per aver trattato così male Genzo.
- Eeeehii!! - una figura si avvicinò velocemente al campo. Era una ragazza dai lunghissimi capelli castani, raccolti in una coda, e con due grandi e dolci occhi blu. Aveva circa 19 anni.
- Lieschen! Ciao! - la salutò un po' sorpreso Aubert.
- Anf... Ciao. Ho appena visto Herika, aveva una faccia... le ho chiesto che c'era e mi ha detto di venire qui... che è successo? Qual'è il problema? - chiese, ansimante per la corsa.
- Ecco... - cercò di spiegare il portiere biondo. Lo aiutò Alex.
- QUELLO è il problema! - disse, indicando col pollice Genzo. Lo sguardo di Lieschen si spostò curioso sul ragazzo indicato da Alex, ma quando lo vide cambiò espressione. "Ci siamo, ecco un'altra che comincerà a urlarmi addosso..." pensò rassegnato Genzo. E invece, Lieschen rimase a fissarlo imbambolata.
- Han... - sussurrò tremante.
- Lieschen... - sussurrò Aubert.
- Ah... o-ora capisco. - deglutì. Aveva gli occhi lucidi. Si voltò verso Alex.
- Alex... Spero tu non ti stia comportando come Herika. - lui la guardò stupito.
- Ma come? A te va bene che resti? Proprio a te? - si astenne dal dire 'anche tu lo hai dimenticato?' perchè, se c'era una persona a cui non poteva proprio dirlo, quella era Lieschen.
- Bè... - sorrise a stento - Questo ragazzo non ha fatto nulla di male, e poi il passato è passato. -
"Qualcuno vorrebbe spiegarmi..?" il ragazzo in questione cominciò a spazientirsi. Lieschen lo guardò.
- Ciao. - gli tese la mano - Io sono Lieschen von der Hurnen. - si strinsero la mano. - E suppongo che tu voglia delle spiegazioni. - gli sorrise.
- Eh... questa mica è una cattiva idea..! -
- Bene... - si rivolse ai ragazzi della squadra - Ragazzi, io vado a fare un giro con... con? -
- Genzo Wakabayashi, molto piacere. -
- Piacere mio, Genzo. Vieni, andiamo a fare un giro, ti racconto qualcosa. -
- Grazie. - lui e Lieschen si avviarono verso altri campi di calcio, molto numerosi in quella zona. Lieschen fece un grosso respiro.
- Allora... E' una cosa... difficile... per me è raccontarlo... - cominciò. Genzo rimase in silenzio, non sapeva che dire e non voleva rinunciare a un chiarimento. - Il fatto è che tu.. assomigli moltissimo a un ragazzo... Han... era il portiere della squadra prima di Aubert. -
- Era? -
- Sì. E'... è morto 2 anni fa, ha sbattuto la testa contro il palo mentre parava un tiro di Alex. -
- Ah.... ecco perchè mi tratta così. Deve sentirsi in colpa. -
- Non so. Han era suo fratello. -
- Oh... Ora capisco, il suo comportamento mi sembra giusto... - la ragazza si girò verso di lui.
- No! Il passato è passato, e nessuno lo può cambiare! Bisogna accettarlo! Io e i ragazzi della squadra ci siamo riusciti, Alex no. -
- E quella ragazza, Herika von Bérénsky? -
- Herika... ci era molto affezionata... -
- Era la sua ragazza? - Lieschen non si aspettava quella domanda.
- No no! Herika era sua sorella! - Genzo era molto confuso.
- Scusa, ma è anche sorella di Alex? -
- Vedi, dopo la morte di Han i loro genitori si sono separati. Han era l'unico ad assomigliare alla madre, giapponese, che ora vive con Herika e il suo nuovo marito, il signor von Bérénsky. Alex invece vive col padre. Chiaro adesso? -
- Ora sì... E questo Han...? -
- Aveva 17 anni... Era uno dei migliori. Fu lui a incoraggiare Alex a giocare... -
- Immagino che ora Alex si senta molto in colpa... Sì, insomma, per quel tiro... -
- Forse... - Lieschen si stava tormentando una ciocca dei suoi lunghi capelli. Genzo fece due più due.
- Lieschen... Han era il tuo ragazzo, vero? -
Lieschen non rispose.

Time has come to give my life up to those hands
Those hands that I've been praying to
Step inside your mind, and in time you will find
We live, we die, we fade into afterlife
Welcome to the sand, sea, land
I won't soon fell bad
When will you work it out, why can't you see for clouds
Sail on times we've had
It's something that that I've never been more scared of
In my whole life
Whole life
Whole life
I'm just a man who is dying
Time has come to give my life up to those hands
Those hands that I've been praying to
Step inside your mind, and in time you will find
We live, we die, we fade into the afterlife
Welcome to the end of all time
It's like a light, it's like a way I feel now
It's something that that I've never been more scared of
In my whole life
Whole life
Whole life
I'm just a man who is dying
Time has come to give my life up to those hands
Those hands that I've been praying to
Step inside your mind, and in time you will find
We live, we die, we fade into the afterlife
The light goes down but it's much harder now
To bring my face up from the ground to smile again
Time has come to give my life up to those hands
Those hands that I've been praying to
Step inside your mind, and in time you will find
We live, we die, we fade into the afterlife.
(Afterlife - Ultra)


- Credo che dovrai aspettare molto perchè Alex capisca. -
- Il suo è un comportamento razionale. Chiunque si comporterebbe così, al suo posto. -
- Forse... -
- Lieschen, siamo solo esseri umani, non macchine senza emozioni. -
- .... Ora devo andarmene, Genzo. Ci vediamo. - Gen non ebbe nemmeno tempo di salutarla che lei già era sparita.
"La situazione è più complicata del previsto... chissà come andrà a finire. Non so come comportarmi con Audrich e quella Herika..."

- Genzo! -
"Aubert? Che ci fa qui?" pensò, vedendo il numero uno della Stuttgart che correva verso di lui.
- Aiken! Che ci fai qui? -
- Niente, passavo di qui per caso... Volevo sapere come andava. -
- Ah, tutto ok. -
- Lieschen ti ha raccontato tutto, vero? -
- Sì. -
- E allora? Cosa hai intenzione di fare con Alex? -
- Bè, aspetto. D'altra parte il suo non è un comportamento da criticare. Voi avete superato la cosa, lui no, era il fratello. -
- Credimi, lo capisco. Anche per me è molto difficile... Han mi ha insegnato quasi tutto quello che so... Ma, vedi, io lo faccio anche per Alex. E' un ragazzo simpatico, allegro, ma appena pensa un attimo solo a suo fratello sembra non avere più nemmeno la forza di andare avanti. Deve superla questa cosa. - Genzo era titubante.
- Non sarà un po' troppo doloroso? - Aubert scosse la testa.
- Lieschen... lei amava sul serio Han. Non puoi immaginare come stava dopo la sua morte. O forse sì. Ma lei... non so come abbia fatto, ora ha accettato la cosa. Alex ed Herika devono riuscirci anche loro. Anche per loro. -
- Che significa? -
- Herika, Han e Alex. Han era il più grande, Herika la figlia di mezzo e Alex il minore. Si volevano bene, erano attaccatissimi. Poi... dopo quello che è successo... e la separazione dei genitori... Herika odia Alex, gli recrimina continuamente la morte del fratello. -
- Per quel tiro... - Aubert diede un calcio al tronco di un albero.
- Sì, maledizione! E Alex sta anche ad ascoltarla! Se ne da la colpa continuamente! Io sono convinto che non ci dorme di notte! -
- Herika dovrebbe smetterla di addossare tante responsabilità al fratello... - Aubert scosse la testa, pensieroso.
- Non so come far cambiare atteggiamento a quella ragazza. - disse imbronciato.
- ... -
- Khyaaa! Guidoooo! - urlò all'improvviso il portiere tedesco.
- Eh? - chiese inutilmente Genzo, visto che Aubert stava già correndo verso un ragazzo. A Genzo sembrò quello con cui Alexander stava parlando quando era arrivato, il ragazzo coi capelli biondi a spazzola.
- Giudo Lederberg, leggo nei tuoi occhi che mi vuoi offrire una pizza stasera! -
- Chee?! - chiese il malcapitato attaccante.
"Vai a capirlo, quell'Aubert!" si disse Genzo, osservando i due ragazzi mentre si allontanavano.

Genzo andò a casa pensando a varie cose. Come avrebbe fatto ad avere un po' di considerazioe in quella squadra? E anche se Audrich l'avesse accettato, come avrebbe potuto diventare titolare al posto di Aiken? In quanto a questo non aveva tante preoccupazioni, più che altro era una situazione nuova per lui. Certo, aveva vissuto la stessa cosa a Kiel... no, non era stata la stessa cosa a Kiel. Dopo un giorno aveva già fatto buna impressione al capitano, il mister era un vecchio amico di Mikami etc etc... No, non era stata per niente la stessa cosa. Qui veramente doveva ricominciare tutto daccapo. Non c'erano certo i presupposti per riuscirci facilmente... Certo che ora capiva tutto, a cominciare da quell'amichevole a Kiel... Terry conosceva bene la Stuttgart? Si ripromise di chiedere qualcosa sul suo conto ad Aubert. Ripensò ad Alexander ed Herika. Che casino... Lui non era certo abituato a conquistarsi qualcosa! Lui era nato con il numero uno appiccicato sulla schiena! In Giappone. Già, in Giappone era tutto completamente diverso... proprio lui, il Super Great Goal Keeper, ora si sentiva un po' spaesato. Era abituato ad avere il massimo rispetto dai compagni, ad essere sempre al centro dell'attenzione (anche suo malgrado)... ora avrebbe dovuto conquistarselo quel rispetto, col sudore, facendosi valere sul campo, cercando di imporsi.... Finora aveva giocato a calcio da protagonista. Ripensò alle riviste che leggeva, alle partite che vedeva in tv, ai prestigiosi stadi europei dove giocavano i più grandi clubs.
"Un giorno ci sarò anch'io."
Ma per ora doveva conquistare il posto di titolare in una squadra della Budesliga.
Anche se tutto congiurava contro di lui.
Ce l'avrebbe fatta, a qualsiasi costo.
Mise una mano nella tasca del jeans.
"Ma cos..?" nella tasca c'era un foglietto. Lo prese e lo lesse, c'era scritta solo una parola: FIGHT. Sorrise, sapeva chi ce l'aveva messo, magari entrando di soppiatto nello spogliatoio mentre lui si allenava, a Kiel. Una ragazza con gli occhi verdi.
"Non ti preoccupare Terry, non ho la minima intenzione di mollare. NON RINUNCERO' MAI AI MIEI SOGNI."

La mattina dopo. Il primo giorno di scuola a Stoccarda. Mies Schule.
- Ragazzi, non so se lo sapete già, ma da oggi avrete un nuovo compagno di classe. E' straniero e non parla benissimo il tedesco, quindi siate comprensivi. - Mentre il professore aveva detto distrattamente quelle poche parole Genzo era stato in piedi di fronte alla classe come un baccalà. Il prof non lo aveva nemmeno presentato. I suoi nuovi compagni di classe lo guardarono dapprima con curiosità, poi videro che non accenava a parlare o a sedersi, quindi persero interesse per il nuovo venuto, concentrandosi sulla copia last-minute dei compiti per casa.
- Ehi pinguino, vuoi sederti o no? - lo schernì a un tratto un ragazzino coi capelli biondi con la riga in mezzo tutti ingelatinati e gli occhi azzurri. Genzo lo guardò a bocca aperta: pinguino??
- Ehi..! -
- Ah-ah, Ludwing, quante note devo metterti quest'anno? - chiese ironicamente il professore.
- Ok prof, ok. - il ragazzino però continuò a fissare Genzo con un sorrisetto sardonico.
- Ludwing Kraft, perchè mi devi far perdere la pazienza fin dal primo mattino? -
- Oh, prof, com'è ripetitivo! -
- E tu Wakabayashi, va' a sederti e non ascoltare questo cretino di Ludwing Kraft. - Genzo si sedette all'unico posto libero, mentre Ludwing se la prendeva col professore:
- Cretino? E perchè mai, di grazia? - chiese con la voce da angioletto.
- Senti teppistello, perchè non vieni qui e mi fai vedere sei sei bravo in matematica come a rompere le scatole a me e ai tuoi compagni? -
- Aah, prof, ma che noioso che è lei..! -
- Prego? -
- Vengo... -
"Possibile che in questa città ci sia tutta gente strana?" pensò Genzo

"Ecco il capo della gente strana di questa città!" pensò Genzo arrivando al campo della Stuttgart, vedendo Aubert che correva slanciando le gambe.
- Geenzo!! - urlò.
- Ehi Aubert. - disse entrando nel campo.
- Ehi sei ancora qui? -
- Buongiorno Alexander. -
-Come mi chiamo io? -
- Audrich? Capitano? - ipotizzò Gen.
- Impara ad essere più rispettoso, giapponese, visto che nè io nè mia sorella ti possiamo cacciare. - Genzo lo guardò stupito - Sì, mia sorella, tanto lo so che Lieschen ti ha raccontato anche questo. - sorrise amaramente.
- Ahiai... - sussurrò Aubert. Il portiere si scosse, poi agguantò il suo amico - Ehi tu! Quella non è tua sorella , è una strega travestita da diciassettenne! -
- Hai detto bene, Bert, diciassette anni diciassette. Non è roba per te. -
- Eeh?!? Come ti saltano in mente certe cose?? -
- Si vede lontano un miglio che ti piace, cretino! -
- Ma stai zitto!! -
- Se se... Ehi tu, giapponese, non credere che mi sia scordato di te! Dato che insisti a stare qui, comincia a correre intorno al campo finchè te lo dico io! -
- Certo, capitano. -
- E poi vedi di raccattare tutti i palloni che ci sono in giro per il campo. -
- Agli ordini. -
- Giapponese... - Ormai Genzo si stava abituando al modo di fare del capitano, e anche al modo in cui lo chiamava.
Correva per il campo mentre una parola gli ronzava nel cervello: FIGHT!
FIGHT!
FIGHT!
COMBATTI GENZO, COMBATTI, NON MOLLARE MAI, NON MOLLARE!
Correva da venti minuti, più o meno. Ormai conosceva a memoria il campo. Chiuse gli occhi, e si ritrovò in uno stadio. Lo vide, Wembley e migliaia di tifosi sugli spalti, lui correva in porta, e le urla... il rumore, e la coppa che stringeva fra le mani...
- Ehi, ti sei addormentato? - la voce di Guido Lederberg lo destò dai tuoi sogni - Dormire e correre contemporaneamente... -
"Non stavo dormendo, Guido." rise e scattò come se avesse tutte le energie del mondo, sotto gli occhi dei suoi compagni sfiancati e altrettanto allibiti.

Ormai Alexander lo trattava così, duramente, non lo accettava ancora, ma almeno non gli dava addosso ogni volta che lo vedeva. Herika invece lo trattava come aveva fatto dal primo istante in cui l'aveva visto. Genzo si stupiva sempre di più della totale assenza del mister e del suo secondo, in quella squadra. Praticamente erano Alex e Aubert le menti della Stuttgart.

- Bene, - esordì Alex - da oggi cominceranno le cittadine. Gente, noi siamo una squadra importante, e ce la dobbiamo mettere tutta. Sapete vero chi è la nostra unica e vera rivale, in questa fase di campionato... - tutti i giocatori, escluso Genzo, annuirono. Alex si rivolse ad Aubert - Aiken, lei ci farà la cortesia di non litigare ancora con quel libero... -
- Devi dirlo a lui. - disse Aubert alzando le spalle.
- Hmmm.... Allora ragazzi - ritornò a parlare con la squadra - Formazione titolare: Aubert in porta, Aetius Bunche, Bernard Eisen e Ander in difesa. Christian Franzer, Daniel Hench, Friederich Latimer a centrocampo, Emanuel Huser al centro. Io, Guido e David Heinemann in avanti. Non fate quelle facce, lo so che è un modulo rischioso e un po' strano, ma dobbiamo provare. David indietreggerà spesso, e le due ali dovranno lavorare parecchio. -

Le selezioni cittadine cominciarono senza emozioni: la Stuttgart vinceva a destra e a manca e Genzo viveva tutto ciò da inutile comprimario. Continuava a ripetersi quella parola, fight, anche prima di andare a dormire, ma il mister non lo faceva entrare neanche quando stavano vincendo 5 a 0. E ogni tanto tornava anche Wembley, in quel febbraio del 1982, nei campetti in terra battuta che Genzo osservava dalla panchina, da sotto la visiera del berretto che in quel periodo senza sole era inutile quanto lui.
Erano più o meno a metà delle selezioni cittadine, quando la Stuttgart si scontrò per la prima volta con la famigerata "odiata rivale", che Genzo ancora non era riuscito a capire che squadra era. Entrò in campo la solita formazione, lui era relegato in panchina come al solito, Aubert ci scherzava su e Alex sorrideva, sperando che il giapponese non entrasse mai per fare il portiere della SUA squadra. Appena Genzo vide le maglie degli avversari capì subito chi erano.
La Mies Schule.
Il numero 26 portava al braccio la fascia da capitano.
Il libero Ludwing Kraft.

CONTINUA...