Detusche Match

Capitolo 5
Le cose che hai amato di più


Quando non hai voglia di parlare
certe volte capita
non ti va di fare più domande
perchè conosci le risposte....
Capita a te... come capita a me... di piangere poi per niente...
Capita a te... come capita a me... di ritornare a ieri
e di capire che quello che è stato.... è certe volte meglio

No non rimpiangere mai... non illuderti mai
certe cose non tornano più
e non pensarci di più... tu non pensarci anche se...
son le cose che hai amato di più... e che restano lì..
camminare a piedi nudi .... ai bordi delle strade
quell'amare, amare, amare forte fino a non mangiare più
non dimentichi mai..... non dimentichi mai

Capita a te come capita a me... che poi d'improvviso passa
e di capire che a volte il destino ha più fantasia di noi

No non rimpiangere mai.. non illuderti mai
certe cose non tornano più
e non pensarci di più... tu non pensarci anche se...
son le cose che hai amato di più... e che restano lì
stare insieme almeno la vigilia di natale...
e non farlo mai più... no non farlo mai più
son le cose che hai amato di più
certe cose non tornano più...



Uno dei primi giorni del nuovo anno. 1982, un anno che avrebbe segnato profondamente il ragazzo che si stava avviando alla stazione. Stoccarda. Alexander Audrich, il suo nuovo capitano che sembrava odiarlo. Sarebbe stato questo il suo futuro? "Bella prospettiva." pensò.
- Ehi, Gen! - tre ragazzi lo raggiunsero correndo
- Kirk, Derek! Alexis! - esclamò sorpreso
- Ehi, che c'è? Credevi che non saremmo venuti a salutarti? - chiese Kirk, sentendo il tono di voce del suo -ormai- ex compagno di squadra.
- Già, prima Terry, poi tu... ci stanno decimando..! - rise Derek, anche se si avvertiva una nota di dispiacere nella sua voce. I ragazzi entrarono nella stazione.
- Gen, mi dispiace solo che tu non sia rimasto un po' di più. -
- Anche a me, Kirk. Mi dispiace, nonostante tutto mi sono affezionato molto a voi. E non è una cosa che capita spesso, sai? -
- Ci conosciamo da così poco... - Kirk fissò il ragazzo bruno - ...eppure è come se ti conoscessi da una vita... -
- Già, per me è lo stesso. Devo ringraziarvi per tutto quello che avete fatto per me... -
- E che cosa avremmo fatto, scusa? Siamo amici, no? -
- Certo, Kirk. -
"Mi trovo così bene qui con loro... Mi chiedo se sia giusto lasciare un posto sicuro in squadra, degli amici leali... per cosa, poi? Un'incognita, e da quello che ho potuto vedere non ci sono rosee previsioni..."
- Genzo, perchè non azzeri il 'preoccumometro' per un po'? - Kirk interruppe i suoi pensieri, vedendo il giapponese assorto.
- O-oh! Kirk il chiaroveggente, vi legge la mano, i fondi di caffè e i pensieri per pochi marchi. Amore, lavoro, salute e oroscopo. Prezzi modici e responsi assicurati. - disse caustico Genzo
- Ah, ma io ho ragione, lo sai... Io ho SEMPRE ragione! -
"E' vero Kirk, hai ragione. Stavo solo facendo delle supposizioni, ma lo sai,"
- Io non sono il tipo che molla per così poco, Kirk, mi deludi! - sorrise
- Comunque, Genzo, non ti preoccupare. Sono sicuro che con quell'Audrich andrà tutto bene. - gli mise una mano sulla spalla.
- Grazie amico. -
A quell'ora del mattino di solito la stazione era affollata da un viavai di persone, me essendo un giorno festivo era quasi deserta.
- Mi raccomando, scrivici. O telefona. Insomma, fatti vivo, non vogliamo rincontrarti solo alle prossime
nazionali! -
- Certo. -
- Vedrai che sarai accettato bene, lì. Non ti devi preoccupare. -
- Ok. -
- Tra breve soppianterai Aiken, stanne sicuro. -
- Sì, mamma. - Genzo e Kirk si guardarono negli occhi, poi si strinsero la mano.
- Genzo, buona fortuna. -
- Kirk, ti devo molto. -
"La grinta che mi hai trasmesso, la voglia di fare, la tua amicizia, il tuo carattere particolare..." Entrambi stavano pensando questo sul ragazzo che avevano di fronte.
<< In arrivo sul binario 1 il treno Kiel-Stoccarda con fermata ad Amburgo. In arrivo...>> Genzo guardò verso gli altoparlanti, come se quelli potessero dirgli qualcosa di rassicurante.
- Bene ragazzi, io devo andare. - i tre lo fissarono. Non poteva sopportare gli sguardi tristi dei suoi amici, all'improvviso ebbe la frenesia di andarsene immediatamente. Con passo spedito si avviò verso il binario, seguito dai suoi amici, ormai silenziosi e rassegnati. Il treno avrebbe stazionato lì per più di mezz'ora, ma lui voleva salirci subito. - Kirk, Derek - si girò prima di salire sul treno e sparire, tendendo di nuovo la mano - ciao. -
- Ciao, Gen. - entrambi gli strinsero la mano. Gen li guardò un attimo solo, poi si voltò e salì. Si sistemò in uno dei tanti scomparti vuoti, sedendosi con lo sguardo rivolto verso i suoi amici e verso ciò che lasciava.
"No." pensò, e cambiò posto, in modo che avrebbe visto ciò a cui andava incontro, verso Stoccarda e il suo futuro. "In pochi mesi è la seconda volta che faccio questo ragionamento, che strano. Spero che vada tutto bene... Terry, dove sei? Che stai facendo? Vorrei che tu fossi qui con me... Non lo vorrei ammettere, ma sono preoccupato. Tu sapresti che dirmi, che cosa fare... E poi il modo in cui ci siamo lasciati è stato bruttissimo, se ripenso a quando stavamo per baciarci... Ora vorrei averlo fatto. Non m'importa delle conseguenze, ora io lo farei. Purtroppo non l'ho fatto, stupido che sono. Ma tanto tu ormai sei lontana. Ora devo pensare solo a... concentrarmi su... Terry! Perchè ci siamo dovuti dividere così?"
<<Avvisiamo i gentili passeggeri che l'arrivo a Stuttgart-Mitte è previsto tra circa 20 minuti.>>
"Ancora venti minuti in balia di me stesso e dei rimorsi? Bene... Devo evitare di pensare a Terry, a Kirk, ad Audrich... è tutto inutile pensarci e ripensarci su..." Genzo riuscì a calmarsi un po' e a non tormentarsi troppo nei seguenti venti minuti. Dal finestrino vide le case e le strade infittirsi sempre di più, prima i grossi caseggiati grigi di periferia, poi il treno entrò velocemente nel cuore della città, capoluogo del Baden-Wurttemberg (sulla prima "u" di Wurttemberg ci andrebbe la dieresi, ma non so come si fa col WordPad ^^;;NdC).

"Finalmente sono arrivato!" fece un sospiro liberatorio, scendendo dal vagone e respirando a fondo:
- Ah, che bell'aria! - effettivamente il gelo e l'umidità della città da cui proveniva ormai erano un vago ricordo. Si avviò all'uscita della stazione, frugando nelle tasche del giubbotto cercando il foglietto dove aveva annotato l'indirizzo del signor Mikami. Fermò un taxi.
- Lenningerstrasse 121 - durante il tragitto osservò la città: gli antichi palazzi le conferivano un'aria austera, fu questa una delle prime impressioni di Genzo. L'auto si allontanò dal centro cittadino, addentrandosi in una tranquilla zona residenziale. Si fermarono davanti una villetta a tre piani.
- Siamo arrivati, signore. - Genzo pagò e scese, mentre il taxista gli scaricava le valige dal bagagliaio. Lo ringraziò e bussò alla porta. Non ottenne nessuna risposta. Riprovò. Ancora niente. A un tratto il suo sguardo cadde su un foglietto giallo, un post-it che probabilmente si era staccato dalla porta e che ora giaceva a terra. Era scritto in giapponese. Lo raccolse: <<Le chiavi sono sotto lo zerbino.>>
"Mikami non c'è?" Il ragazzo prese le chiavi da sotto lo zerbino ed aprì. La casa era tutta buia.
- Mikami? - chiese senza troppa convinzione. Silenzio... Si guardò intorno, alla ricerca di una traccia del suo tutore. Vide un grosso foglio vicino il telefono, lo prese e si sedette sul divano.
<< Caro Genzo, sono dovuto partire urgentemente per il Giappone, sono stato nominato supervisore della Nazionale Juniores, e questo impegno non mi permette di vivere lontano dal nostro Paese. >> "Lo sapevo che andava a finire così.." pensò Gen, rattristato <<Per cui ti lascio alcune istruzioni. Presentati alla Stuttgart Mannshaft col tesserino che trovi qui allegato, l'indirizzo del campo della squadra lo trovi là sopra. Per quanto riguarda la scuola, ti ho iscritto alla Mies Schule, l'autobus 12 ti ci porta giusto davanti. Vai a parlare col preside per sapere in che classe sei. Questo è tutto, per qualsiasi problema telefonami. FAI DEL TUO MEGLIO, Mikami.>>
Genzo fissò il soffitto, poi chiuse gli occhi. "Mikami, Mikami, va sempre a finire così..." Osservò il tesserino della squadra. Sorrise. "Me la caverò anche senza di te... come al solito." Fece un giro per la casa, sistemò la sua roba e si cambiò, indossando una tenuta sportiva e il suo solito cappellino. Uscì, diretto con fare deciso alla sede della Stuttgart.

"Voglio affrontarti subito, Audrich. Volente o nolente, dovrai accettarmi. Non m'importa di quello che pensi di me, anche se non so perchè lo pensi. Alexander Audrich, io sarò il prossimo numero uno della tua squadra." Camminava a passo spedito, chiedendo ogni tanto informazioni ai passanti.
"Lo devo ammettere, il periodo che ho trascorso a Kiel è stato un... una bella parentesi, ecco. Amici simpatici, una ragazza che mi piaceva... ma ora basta, Wakabayashi è tornato."
"Lo so, parlo così perchè Kirk e Derek sono all'altro capo del Paese, e Terry chissà dove in Italia. Bene, ho già detto addio, ora il presente è LA COSA PIU' IMPORTANTE. Non sarà tutto rose e fiori come a Kiel, qui dovrò sudarmi anche un briciolo di considerazione dal capitano. Capitano... quel tipo non sarà mai mio amico... certo non come Kirk." Continuò a ripetersi mentre era quasi arrivato a Plettembergstrasse, strada quasi di periferia dove erano situati vari campi sportivi, tra cui il campo e la palestra della Stuttgart. Vide in lontananza il campo, simile a quello di Kiel ma molto più grande. Si calcò per bene il cappello sulla testa, preparandosi a sfoderare tutta la sua grinta e determinazione.
Alex stava scherzando con un ragazzo non proprio altissimo, dai capelli biondi cortissimi e gli occhi azzurri. All'improvviso, avvertendo una strana sensazione, alzò lo sguardo. Il sorriso gli scomparve dal volto, gli occhi chiari si spensero di qualsiasi emozione. Era sparito persino quello sgomento che Genzo si ricordava d'aver visto un paio di settimane prima. Si alzò dalla panca dove era seduto, e un silenzio gelido calò sul campo. Tutti i giocatori fissavano i due ragazzi che si stavano per fronteggiare. Genzo attendeva Alexander con le mani sui fianchi.
"Mmh, quel tipo mi vuole fare concorrenza... " osservò con un sorrisetto il portiere Aubert Aiken, riferendosi più all'atteggiamento da sbruffone del nuovo venuto che non al fatto che il suo posto di titolare fosse in pericolo.
- Ehi, giapponese! - lo apostrofò Alexander, quando fu a 3 metri da lui - Tornatene a casa, qui non sei gradito. - disse secco.
- Audrich, sono venuto qui con l'intenzione di far parte di questa squadra ed è quello che farò. Il vostro mister mi ha proposto un ingaggio e io non mi lascerò sfuggire questa occasione. Non m'importa se la cosa non ti va. -
- Ehi, abbassa un po' la cresta, ragazzino! - urlò, cominciando a perdere la calma.
- Io parlo come mi pare, e tu faresti bene a non perdere la tua proverbiale freddezza... - replicò ironico Genzo.
- Senti un po', Wakabayashi, - disse Alexander avvicinandosi in due passi al ragazzo e afferrandogli il bavero della felpa - sei TU che mi devi portare rispetto, visto che fino a quando insisti a stare qui sono IO che comando qui! - lo sguardo gelato era proprio sparito, ora i suoi occhi lanciavano fiamme verso quelli di Genzo, alquanto divertito dalla situazione. "Bene bene, guarda come è sparita tutta quella freddezza..." si disse.
- Oh, questo vuol dire che resto? - chiese col solito tono ironico.
- No, mai!! - gli ringhiò contro.
- Ehi ehi ehi! Ragazzi calmi! - Aubert si intromise tra i due.
- Ma levati idiota, non sono affari che ti riguardano! - Alexander cercò di scostare il suo migliore amico, che però rimase dov'era (essendo molto più alto di entrambi i ragazzi).
- Ringrazia che ci sono io a dividervi, e non il mister! -
- Già... Forse lui non mi lincerebbe senza motivo... - rise Genzo.
- Il signor Muir non c'è oggi, e nemmeno Ralph, l'aiuto-allenatore. - gli spiegò Aubert.
- Uh, che fortuna... - Alex avrebbe voluto dare una bella lezione a quello sbruffone, che continuava a provocarlo.
- Senti, tu la devi smettere con questo atteggiamento! -
- No, senti tu, invece! Io sono venuto qui per avere un posto in squadra, non per farmi insultare senza motivo da te! -
"O mamma, ora ci siamo. 'Senza motivo...' E' la seconda volta che lo dice... Alex non esplodere!!" pregò Aubert. E invece di saltare addosso al giapponese, Alexander si calmò. Si rilassò e sorrise. Un sorriso gelido. Der Kalte. Questi occhi. Occhi di ghiaccio.
- Tsè... Ma chi ti credi di essere? Non sei nessuno. N-E-S-S-U-N-O. Cosa ne può sapere di calcio, uno come te? -
- Mettimi alla prova. - replicò Genzo.
- Sta' zitto, Wakabayashi. Non ne vali nemmeno un quarto. - disse piano Alexander, abbassando lo sguardo. Aubert lo guardò, incupendosi:
"Alex..."
Genzo notò quel cambio d'atteggiamento, quella tristezza che a tratti s'impadroniva del numer 9 tedesco, e si chiese cosa c'era sotto, cosa lo spingeva a odiarlo così tanto. Ci doveva essere un motivo... A questo punto si avvicinò anche Ander Cristen, il massiccio difensore.
- Capitano, non credo sia il caso di trattare così male questo ragazzo. In fondo... -
- In fondo CHE COSA, Ander?! Che cosa!! - riesplose il ragazzo biondo.
- Non ti ha fatto nulla! -
- Nulla? NULLA?! TU NON CAPISCI NIENTE, IDIOTA!! -
- Alex, sei stressato... - cominciò incerto Cristen.
- No, Ander, io non sono stressato! Non lo sono! Sai benissimo che cosa sono ora!! -
- Senti Alex, - cominciò a parlargli Aubert, con voce ferma - stiamo pensando tutti la stessa cosa, e non c'è dubbio che... aspetta, fammi finire! - lo prese per una spalla e lo costrinse a guardarlo negli occhi - Ma non puoi prendertela con LUI! Non c'entra niente! - Alexander lo guardò, trapassandolo.
- Tu lo hai dimenticato... tutti voi lo avete dimenticato. Non v'importa niente, non ve n'è mai importato. Ma io no, non posso permettere che Wakabayashi resti qui. -
- Alex, ora stai esagerando. Sai benissimo che non è così. -
Genzo osservava in silenzio la scena. Non c'era dubbio, c'era qualcosa che non andava, quello di Audrich non era odio gratuito, come aveva pensato nei primi momenti.
"Non posso stare con le mani in mano mentre decidono cosa fare di me!"
- Ehi, Audrich. Non so perchè ce l'hai con me, ma mettimi alla prova e solo dopo potrai cacciarmi! Io non me ne andrò senza aver combattuto, mettitelo bene in testa. -
- Umpf.. Non capisco a che ci serve un portiere, Aubert è uno dei migliori. - disse Alex acido.
- Se mi avete chiamato vuol dire che servo. -
- Io non ti ho MAI chiamato, mettitelo bene in testa! -
- Ehi voi due PIANTATELA! - fece con fare autoritario Aubert - Tu, - disse rivolto ad Alex - ti sforzerai di essere più conciliante e accetterai di mettere alla prova Genzo. E tu, - puntò il dito verso il giapponese - vai in porta e stai zitto. -
Ecco, Aubert era un attaccabrighe e un impulsivo un po' "matto", come la maggior parte dei portieri, ma quando voleva diventata anche una persona seria. Purtroppo succedeva molto, molto di rado.
- Io non sto aspettando altro, spero che il signorino qui sia d'accordo. -
- Wattafuck! - sibilò Alex
- Prego? - chiese Aubert incrociando le braccia.
- E va bene, ma sia chiaro, io non sono per niente d'accordo! -
- Cambierai opinione su di me, Audrich. - sospirò Genzo.
- Ma nemmeno se tu fossi Schumacher e Illgner messi insieme!! -
- Alexander Audrich, ora comincerò il test a questo ragazzo, che tu lo voglia o no. E... -
- Aubert, fanculo pure a te! -
- ... e non possiamo stare qui a seguire i tuoi capricci, ragazzino! Ora SMETTILA, e se proprio vuoi rompere le scatole a qualcuno comincia a fare qualche tiro a Wakabayashi! - lo sgridò pesantemente. Alex lo guardò, e disse con la voce tremante:
- A... Aubert... a-allora è vero... è vero che tu... che... -
- Alex IL PASSATO E' PASSATO! Smettila, per favore! - urlò esasperato.
- Aubert lo hai dimenticato! Non te ne importa proprio niente, NIENTE!! -
- Cristo Alex, lo sai meglio di me che non è così!! -
-.... - il capitano restò interdetto, di fronte a quella reazione, poi prese il pallone sotto il braccio e si avviò nell'area di rigore.
- E non ne voglio più sentir parlare di questa storia, intesi? -
- Mmmh... - mugugnò lui.
- INTESI? - ripetè spazientito Aiken.
- Il passato non si può dimenticare, Bert. - sussurrò in modo sibillino Alexander Genzo, sempre più confuso, andò vicino Aubert.
- Ma perchè ce l'ha con me? - gli chiese. Lui lo guardò, incerto se rispondere o no, data la vicinanza di Alexander.
- E' che... somigli a qualcuno che... preferiremmo dimenticare... - gli spiegò velocemente, correndo poi verso la porta.
"Grazie per l'esauriente spiegazione. Ho capito TUTTO..!" pensò sarcastico Genzo. E si avviò anche lui verso la porta, levandosi la felpa e rimanendo in T-shirt (ma lui non era quello perennemente in polo e maglione? Si sarà abituato al freddo umido di Kiel...), e indossando i guanti che Aubert gli aveva lanciato.
- Ehi, prima scocciavi tanto che volevi essere messo alla prova e ora che fai? T'addormenti per il campo? Muoviti, sacco di patate! - gli urlò Alex.
"Sacco di patate?!?" pensò arrossendo. "Questa poi... mica l'avevo mai sentita..!" Corse verso la porta.
- Bene Genzo. Per ora io e Alex ti facciamo qualche tiretto, ma domani organizziamo una partita. Non si può valutare la bravura di un portiere solo con dei simil-rigori, non sei d'accordo? - disse Aubert.
"Bè, con Kirk è stato così, più o meno, ma... erano altri tempi." pensò, come se da quel giorno fossero passati chissà quanti anni, invece di 3 mesi.
- Certo, hai ragione. - rispose, piazzandosi bene in porta. Il primo a tirare fu Aubert. I suoi furono dei tiri molto potenti, da portiere, ma poco precisi. Li parò senza problemi, anche perchè era abituato a quelli dirompenti di Kirk.

Una figura si fermò appena fuori dal campo. Fissò il ragazzo che era in porta, e per poco tutte le carte che aveva in mano non le caddero: "No, oddio mio..."

Poi fu la volta di Alex. Era caricato al massimo, doveva e voleva sfogare tutta la sua rabbia. Il numero 9 della Stuttgart non godeva certo di un tiro eccezionale come quello dell'attaccante della Kiel, le sue qualità erano ben altre e si vedevano in campo. Non il tiro o il gioco aereo, specialità di Kirk, bensì classe, tecnica, senso di gioco e tante altre cose che gli permettevano di essere considerato tra i "best 5" attaccanti tedeschi. E in quel momento Alexander Audrich era arrabbiatissimo, ergo molto, molto, molto pericoloso. Con le mani ai fianchi, valutò attentamente la posizione del portiere, poi cominciò a tirare a raffica. Tiri secchi e molto precisi. Sui primi Genzo restò interdetto, non conoscendo molto quel modo di tirare.
"No... ora basta, non posso darla vinta a questo stronzo. Genzo, calma e concentrazione. Ricorda gli insegnamenti di Mikami. Anticipa, anticipa..." si caricò il portiere.
Tiro di esterno destro. "A destra, in basso!" Pensarono entrambi. Tuffo, parata. Genzo sorrise impercettibilmente.
- Bella parata! - sorrise anche Aubert.
- EHI TU! All'udire di quella voce tutti i ragazzi si voltarono, compresi Aubert e Alex. Quest'ultimo sembrava... sollevato.
- Ehi, tu! Chi diavolo sei? Che vuoi? Vattene, non sei gradito qui! -
Dal bordo del campo una ragazza dai lunghi capelli rossi mossi e penetranti occhi blu lo stava fissando con odio.

CONTINUA...