DETUSCHE
MATCH
Capitolo 4
Incontro fatale
Ormai era
stato tutto chiarito. Quello che Genzo aveva visto, anzi,
che aveva creduto di vedere, era stato un abbraccio tra
amici, molto intenso poichè Terry aveva appena
confessato a Kirk che se ne sarebbe andata presto. Solo
quello. Solo un grosso equivoco. Ora, dopo un mese, era
tornato tutto come prima tra i ragazzi. Tra Terry e
Genzo, però, non era successo più niente da quel giorno.
Un pomeriggio di metà dicembre...
- Ragazzi, ho una notizia da darvi. - disse mister
Malthus, radunando tutti i ragazzi a bordocampo prima
dell'allenamento quotidiano - La prossima settimana vi ho
organizzato un'amichevole con una squadra illustre. La
Stuttgart. -
- La Stuttgart? Bene bene... - disse Derek
- Ragazzi, la Stuttgart non è una squadra qualsiasi...
dovremo allenarci molto! -
- Certo capitano! - risposero in coro i ragazzi
- Bene, al lavoro! - disse correndo verso il campo
- Che entusiasmo! - rise Terry, che ormai partecipava
quasi ogni giorno agli allenamenti dela squadra. Guardò
Genzo, che non era corso al campo insieme agli altri. -
La Stuttgart, Gen. - disse piano.
La Stuttgart. La squadra in cui Genzo sarebbe
probabilmente andato, dopo il Natale.
"Tra una settimana conoscerò i miei forse nuovi
compagni di squarda... Va tutto così in fretta... tra un
po' già mi trasferirò.... di nuovo... Farò bene?"
Genzo non vide lo sguardo preoccupato di Terry.
"Sono passati solo due anni... non credo che la
situazione sia migliorata..."
- Che coincidenza, eh? - disse Genzo
- Eh? Ah, sì, che coincidenza! - "Ma che
coincidenza e coincidenza, li ho chiamati io, quelli
della Stuttgart..."
"Se tu sapessi, Gen..."
Un
giorno vicino al Natale.
Il pullman bianco con le strisce gialle e
verdi si fermò davanti all'hotel. Il ragazzo dagli occhi
azzurro pallido scese dal pullman, mentre il vento gli
scompigliava i capelli biondi. Era dal giorno in cui
Terry gli aveva telefonato per proporgli di organizzare
un'amichevole con la Kiel che non si sentiva tranquillo.
Terry gli ricordava dolorosamente quello che era successo
due anni prima... Si sentì una mano sulla spalla: il
ragazzo coi capelli biondi nascosti da un berretto e gli
occhi castani gli sorrise:
- Non ti preoccupare, Alex. - lui sospirò
- Lo spero, Aubert. -
- Allora
ragazzi, - cominciò Kirk - Ci dobbiamo preoccupare di
tre ragazzi, nella Stuttgart. Il difensore Ander Cristen,
un armadio a muro. Il portiere Aubert Aiken, un matto
completo ma fortissimo. E il capitano, l'attaccante
Alexander Audrich. Questi ultimi due sono i più
pericolosi. - Kirk, il mister e i ragazzi della Kiel
erano riuniti nella palestra per studiare qualche schema
per contrastare la Stuttgart.
- Genzo, tu giocherai dal 1° minuto. - disse il mister.
La prima partita. Proprio contro la Stuttgart.
Terry era rimasta al campo, dove palleggiava oppure
correva. L'esercizio fisico la aiutava a pensare.
Alexander... qui, ora. Possibile che Genzo sarebbe andato
proprio alla Stuttgart? Aveva dovuto per forza chiamare
Alexander. Per Genzo. Questa sarebbe stata... una specie
di prova, ecco. Quello che era successo l'estate di due
anni prima... mentre lei era in vacanza proprio lì a
Stoccarda. Aveva conosciuto allora Alexander e i ragazzi
della Stuttgart... e in quei giorni... Troppe coincidenze.
Troppe. Aveva dovuto per forza farlo venire a Kiel.
"Mi dispiace, Alex. Non avrei voluto metterti
davanti a LUI così... ma lo faccio per te, e per Genzo."
Continuò a correre e a palleggiare per tutta la
giornata, fino a tarda sera.
Finalmente
il giorno dela partita.
I ragazzi della Kiel erano molto eccitati e
determinati: erano mesi che non giocavano con una squadra
così importante. Invece i ragazzi della Stuttgart erano
abbastanza seccati che l'incontro non sarebbe stato
arbitrato da un arbitro federale, ed erano sicurissimi di
vincere. Kirk e Derek si erano trattenuti all'entrata del
campo con Alexander Audrich e Aubert Aiken,
rispettivamente capitano e portiere avversari, per
discutere sulla modalità della partita. Terry li fissava
dagli spalti, sperando che tutto andasse per il meglio.
In quel momento Genzo uscì dallo spogliatoio,
infilandosi i guanti.
"Ti prego ti prego, fà che Alex..." Le
preghiere di Terry furono interotte: Alexander alzò lo
sguardo e vide Genzo, che lo salutò con la mano. In
quell'attimo sul volto di Alexander si dipinsero shock e
paura, ma soprattutto una freddezza glaciale. Fulminò
Genzo con i suoi occhi di ghiaccio, poi furioso cercò
con lo sguardo Terry. Quando la vide non disse niente, si
limitò a lanciarle un'occhiata da brividi, che disse
tutto.
"Non so se ho fatto bene a farlo venire qui, ma
prima o poi si sarebbero incontrati."
"Terry! Perchè?!"
Genzo osservò il capitano della squadra avversaria, che
lo squadrava con freddi occhi vuoti. Che cavolo aveva?
Gli sembrava che avesse assunto quell'atteggiamento
vedendolo. Ma no, lui non aveva mai visto prima quel tipo...
Un po' perplesso se ne andò verso la porta, ma durante
l'incontro ebbe spesso quella sensazione, e cioè che
l'attaccante della Stuttgart ce l'avesse proprio con lui.
Ventesimo
del secondo tempo: Audrich, dopo un'azione spettacolare
in cui aveva superato vari difensori, e si trovò faccia
a faccia con Genzo. Genzo vi lesse una freddezza e
un'intolleranza verso di lui che lo gelarono, sebbene
credesse di vedere anche tanta tristezza. Genzo era
profondamente turbato da quel ragazzo, che molto
probabilmente tra non molto sarebbe diventato il suo
capitano.
Goal. 1 a 0. Terry si alzò e andò via, non potendo
sopportare oltre la vista di Alexander ridotto in quello
stato per colpa sua.
"Sono un'idiota. Pensavo che avrebbe fatto bene a
entrambi incontrarsi prima, ma... che stupida sono stata!"
disse correndo via. Alexander vide Terry correre via dal
campo, così come Genzo. Dopo pochi minuti Kirk si trovò
nell'area avversaria, ma Aubert lo bloccò prima che
potesse tirare, perchè sapeva bene che non avrebbe
potuto pararlo facilmente. Pochi minuti dopo Alexander
segnò il secondo gol. La Kiel non riuscì più ad
entrare nell'area avversaria, gli attaccanti erano
efficacemente contrastati e ostacolati soprattuto da
Ander: un vero armadio. Poi il numero 9 della Stuttgart
segnò un altro gol ad un impotente Genzo.
La partità finì. I ragazzi si stringevano le mani, si
complimentavano fra loro.
A parte due di loro.
Alexander si avvicinò a Genzo, e con la massima
scostanza gli chiese:
- Ehi, tu - alla faccia della gentilezza - dove posso
trovare Terry? -
- Uh... io... -
- E' urgente. -
- Ok. Prova a Hiroshima Park. E' qui vicino. - Alexander
si voltò e se ne andò, senza nemmeno dire grazie.
"Ma che sta succedendo?" pensò Gen.
Alex si avviò, carico di rabbia. Anche se era
profondamente shockato, era riuscito a conservare la
calma con quel portiere ("Ed è anche un portiere!"
pensò con rabbia.) Pure troppa. Ma non poteva permettere
che quel tipo... Aveva paura, non voleva ricordare. Tutta
colpa di quel ragazzo. E di Terry.
Raggiunse il parco chiedendo informazioni ai passanti.
Varcò il cancello a passo spedito, dirigendosi verso il
terrazzamento col tempietto e la pagoda. Nonostante il
nome, il parco era molto romantico (non so se nel 1981
c'era già... NdC). Terry guardava il panorama con le
braccia conserte appoggiate sul muretto. Il vento le
scompigliava i capelli (Ma quanto vento che c'è a Kiel..?
NdC). Non vide Alexander, lo sentì arrivare, anche perchè
sapeva che la sarebbe venuta a cercare. Sospirò.
- Mi spiace, Alex. - si voltò verso il ragazzo biondo, e
sapeva che le sarebbe arrivato uno schiaffo.
- Ho dovuto, Alex. - disse tenendosi la guancia arrossata
- Come hai potuto? E' stato terribile. -
- Tra qualche tempo capirai tutto. - per ora poteva dirgi
solo questo.
- Pensavo fossi diversa. Non è stato umano quello che
hai fatto. - disse, e se ne andò, molto amareggiato.
"Ho dovuto, Alex, ho dovuto!!"
"Non
ha potuto comprendere le mie ragioni. Come potebbe? Ma
non posso dirglielo, complicherebbe solo la situazione
prima del tempo. Aah, che casino!!"
Terry però si sentiva terribilmente in colpa. Lei aveva
avuto l'intenzione di aiutare Alex a conoscere Genzo, in
modo che fosse più facile il suo inserimento a Stoccarda...
Ma Alexander non l'aveva presa bene. Si era comportato
esattamente come temeva. Il comportamento freddo e
apatico del ragazzo contrastava così tanto con il
ricordo di quello di due anni prima: allegro e solare...
Ma in fondo Terry non gli era stata vicina nei momenti
difficili, dopo che...
"Mi sento in colpa..."
"Alex, scusami, credevo di poter aiutare entrambi..."
"Perchè io voglio bene a tutti e due, anche se amo
Genzo. Eppure non mi ricordo particolarmente... No, è
stato qualcos'altro ad attrarmi in Gen. Fatto sta che è
tutta colpa mia."
In realtà Terry non avrebbe cambiato molto la
situazione, il suo tentativo non avrebbe conciliato nè
complicato i futuri rapporti tra Alexander e Genzo.
Ma lei quella sera andò a letto con quella terribile
convinzione, cioè quella di essersi intromessa in
qualcosa che non le avrebbe dovuto interessare.
E di averlo rovinato per sempre.
"Ma
che avrà contro di me quell'Alexander? Ma che gli ho
fatto? Nemmeno mi conosceva, appena mi ha visto mi ha
guardato in quel modo... Sarà mica razzista? No, non è
questo, eppure... sento che quel suo comportamento ha
qualcosa a che fare col fatto che sono giapponese. Ma che
dico, che c'entra..! E quello... quello sarà il mio
futuro capitano? Se continua così, sai che bello spirito
di squadra..!! Mah... io comunque non rinuncerò al mio
sogno, accidenti, la Stuttgart è fortissima! Però...
Alexander sembrava conoscere Terry, e oggi lei era strana...
Questa gente ha troppi misteri! Non sono ancora riuscito
a scoprire che cosa mi nasconde Ter, e ora salta fuori
questo Audrich, che guarda caso è il capitano dellia mia
futura squadra... ci vorrebbe Sherlock Holmes, qui. La
città dei misteri. Bha..."
Il pullman
percorreva la strada per tornare a Stoccarda, e Alexander
guardava la campagna fuori il finestrino.
"Perchè, Terry, perchè hai fatto una cosa così
crudele? Eppure non credevo fossi così, potevo dire di
conoscerti bene, anche solo dopo quelle poche settimane
estive." Era scattato qualcosa tra loro, una
inspiegabile sintonia, che in Terry aveva fatto breccia
nel cuore ancora gelato dalla morte della mamma. Aveva
sorriso molto in quel periodo, cosa che non faceva da un
anno, anche grazie ad Alexander. Ma poi... poi... Terry
non aveva retto a QUELLO. Era dovuta scappare via, senza
quasi salutare il suo salvatore, lasciandolo nel momento
più buio. Perchè era solo una bambina. Un giorno
ricambierò il tuo aiuto, Alex, ma ora non posso. Ti devo
molto. Addio. Gli aveva detto solo prima di tornare a
casa. In seguito avrebbe ripensato a quella estate come
una grande lezione di vita, che le ricordava spesso
quanto la vita fosse al tempo stesso così bella e
sorridente come Alex e così fragile come la morte di una
persona cara. Col tempo Terry aveva imparato a non
piangere più per sua madre (anche se in realtà qualche
volta lo faceva), e in parte questo lo doveva ad Alex. Ma
poi... Genzo era piombato nela sua vita, ricordandole,
tra le altre cose, molte cose che avrebbe voluto
disperatamente dimenticare e che nel contempo
costituivano uno scoglio, un faro, a cui lei si
aggrappava, altrettanto disperatamente, quando i ricordi
di una voce gentile, un abbraccio dolce e di una mano
ferma la assalivano, e purtroppo questi erano frequenti,
alimentati da troppa legna buttata ad ardere da chi,
maledizione, di lei non aveva il minimo rispetto.
Tutto questo Alex lo sapeva, diamine, lo aveva sempre
saputo, da QUEL maledetto giorno. Ma perchè, PERCHE',
accidenti, non riusciva a trovare una spiegazione
plausibile al perchè lei aveva voluto che incontrasse
quel ragazzo! Perchè era ovvio che era per questo che lo
aveva invitato a Kiel, certo, conosceva bene molti lati
del carattere di quella ragazza, che lui aveva incontrato
quando era sola, triste, vulnerabile e scoperta a
qualsiasi emozione. Quello era una delle mille
sfaccettature del carattere della Terry-calciatrice.
Quando aveva a che fare con il calcio Terry diventava
un'altra persona. La ragazza buona, dolce e gentile
diventava ferma e convinta, determinata, ribelle e
arrogante. Senza perdere la sua bontà e la sua allegria
e correttezza. Era anche una fredda calcolatrice,
soprattutto per quanto riguardava le questioni
psicologiche. Per questo Alex pensava che non c'entrasse
per niente l'amichevole, no, lei lo aveva chiamato lì
per qualche altro motivo. Che a questo punto doveva per
forza avere attinenza con il giapponese. Non poteva
essere un caso, e se lo fosse stato ora lui non si
sarebbe trovato in quel pullman e su quella strada, ora.
"Non m'importa il motivo," si disse "non
m'importa nemmeno lontanamente. Io non avrei fatto una
cosa del genere a lei per niente al mondo." Assorto
com'era nei suoi pensieri non vide i due volti che lo
fissavano preoccupati dal riflesso del finestrino.
- Lo capisco. Secondo te com'è possibile che Terry gli
abbia fatto questo? Anzi, com'è possibile che CI abbia
fatto questo? - sussurrò il vigoroso Ander al suo
vicino, spaparanzato sul sedile, con lo sguardo altrove,
fisso su un invisibile punto sullo schienale del sedile
avanti a lui.
- Non sono il tipo che dà giudizi affrettati. - "Idiota,
ma se litighi anche con uno sconosciuto, appena
dice qualcosa che non ti va." obiettò mentalmente
Ander - Ma se lo ha fatto avrà avuto un motivo. E
intendo un BUON motivo. E i buoni motivi di Terry sono
sempre questioni serie. - disse Aubert, con una voce
quasi noncurante e volutamente alta, perfettamente
udibile da Alexander nonostante questo fosse ancora
assorto nei suoi ricordi. Si girò, guardando il portiere
con uno sguardo quasi vuoto.
- Conosco questo sguardo, Alex. E io te lo farò passare
dagli occhi, stanne certo. - Aubert era un ragazzo
schietto e sfacciatamente sincero, cosa che gli procurava
guai a non finire e la fama, giustissima, di
attaccabrighe. Sorrise provocatoriamente, prendendo così
apertamente le difese di Terry.
23 dicembre 1981
Terry era fnalmente riuscita ad
addormentarsi, e quando si svegliò nevicava. Lo intuì
dal silenzio esterno, che avvertì poichè era sola in
casa: i suoi zii infatti erano partiti per le vacanze.
Pensava ancora al suo passato, ad Alex e a Genzo... Già
di solito il Natale ispirava questi pensieri, poi ci si
metteva anche quello che era successo pochi giorni prima.
Da tre anni il Natale era un periodo che la deprimeva un
po'. Decise di uscire, voleva trovare un telefono
pubblico e telefonare a suo padre, in Italia. Le seccava
approfittare troppo dei suoi zii, anche se suo padre
mandava loro dei soldi per mantenerla e per gli studi,
cosa in cui lei non eccelleva in Italia figuriamoci in
Germania. Racimolò tutti i gettoni e le monete che trovò
in casa, li mise in una borsa e si avviò alla porta.
Girandosi, vide l'albero di Natale nel soggiorno: era
spento. Gli si avvicinò e con il piede accese
l'interruttore. Si accesero decine di luci colorate, che
scaldarono il cuore dela ragazza. Gli alberi di Natale
avevano questo fascino particolare, le ispiravano calore,
intimità, una famiglia... Terry rimase per molto tempo a
fissarlo affascinata, poi si voltò e uscì, mentre fuori
era ancora buio.
Kiel era una città sul mare, non nevicava spesso come
nelle altre città tedesche, nonostante questa fosse
molto al nord. Infatti era forse la quinta, sesta volta
che lei vedeva la neve da quando era lì. Camminava per
la strada alla ricerca di una cabina telefonica, dato che
aveva in programma una telefonata molto, molto lunga e
non voleva congelare. Si infilò in una cabina dalla
quale vedeva il faro sulla piattaforma a mare e sentiva
il continuo rumore dei rompighiaccio.
- Pronto, papà? Sì, sono io. Come va? -
- Anche a me. Anch'io. Sì, mi manchi molto. Senti... -
- Quando torno posso portare un ospite? Indovinato, sì...
un cane. Lupo. -
- No, non ti preoccupare. Stanotte ha nevicato, sai? Neve
alta un centimetro o due, credo. Come? Lì piove? -
- Non è che con questo tempo... ah, sì, ho capito.
Quindi verrai tra una settimana? -
- No, va bene. Eh? Come? Il tipo della lettera? Ehm,
tutto ok... ok. -
- Allora, tra una settimana? Passeremo il capodanno
insieme? - trapelava molta speranza dalla sua voce
- Che bello! Ok, ti do il numero dell'hotel dove stanno
gli zii. Sì, sono a sciare. Ah... - disse delusa
- ... Devi andare a lavoro? Sì, ok... a stasera? Non
puoi? Ah, in bocca al lupo, allora. Sì, a domani. Sì...
- e riattaccò. "Uffa." sbuffò. Uscì dalla
cabina sbattendo la porta. Si diresse verso il solito
Hiroshima Park. Arrivata al cancello, però, trovò una
brutta sorpresa. Era chiuso, e appeso al lucchetto c'era
un cartello: <<Chiuso per neve. Ci scusiamo con la
cittadinanza, renderemo possibile al più presto
possibile l'accesso al parco.>>
- Capitano tutte a me! - si lamentò ad alta voce
- Già. - intervenne una voce alle sua spalle - Capitano
tutte a noi. - Terry si girò stupefatta - A quanto pare
noi due ci incontriamo sempre qui, eh? - Genzo la guardò
sorridendo.
- E così
te ne vai subito dopo Capodanno? Ce ne andiamo quasi
insieme, allora. Io subito prima. - stavano passeggiando
al molo, circondati dal frastuono dei rompighiaccio e dal
lampeggiare del faro, che illuminava quella tetra mattina.
- E' strano, sono appena arrivato qui e già devo partire.
E' un po' un controsenso, no? -
- E' un controsenso, certo. Sapessi in Italia quante
volte ho cambiato città, per il lavoro di mio padre... e
quando ero piccola anche per quello di mia madre. I miei
facevano i salti mortali per mettersi d'accordo su dove
andare. - Genzo era molto curioso, avrebbe voluto sapere
il mestiere dei genitori di Terry, ma non chiese niente
per il suo carattere discreto e perchè non voleva
toccare l'argomento della mamma.
- Cambiando argomento, che fai domani sera? - chiese lei.
La domanda prese un po' alla sprovvista Genzo.
- Oh.. Ecco io non sono cristiano, non ho l'abitudine di
festeggiare il Natale, anche se i miei hanno sempre
cercato di farmelo fare. - "Perchè le dico queste
cose? Non c'è bisogno che le racconti tutto di me."
- Senti... Kirk, Derek e Alexis saranno coi loro
familiari... I miei zii sono in vacanza... E io non
voglio passare la vigilia da sola. Vuoi venire a cena da
me? - lui divenne tutto rosso, un colore perfettamente di
moda nel periodo natalizio.
- Ehm, io... - Terry lo guardava speranzosa - Sì, con
vero piacere. Ok. -
- Grazie. Bè, allora io vado al comune a fare un paio di
servizi. Ci vediamo domani sera, ok? Vieni pure verso le
otto. -
- Va bene... A domani! -
Genzo guardò
Terry allontanarsi.
"Non avei duvuto accettare, non posso permettermi di
affezionarmi a lei ancora di più... Però è vero, anche
se non sono cristiano non mi piace passare da solo la
vigilia di Natale... di solito venivano a trovarmi i miei
genitori... Ma quest'anno c'è Terry."
Camminando passò davanti un negozio di articoli sportivi.
Controllò i soldi che aveva nel portafoglio ed entrò,
mentre ricominciava a nevicare.
24 pomeriggio.
Terry cominciò a prepararsi molto presto, scegliendo con
cura i vestiti.
"Mi dispiace molto che non lo vedrò più. Mi ci
sono affezionata, nonostante tutto. Non avrei dovuto, ma...
ormai mi sono abituata all'idea, è sempre così...
quando mi affeziono a qualcuno poi lo devo sempre
abbandonare, è il mio destino..."
Gironzolava per la casa senza meta, aspettando che Genzo
arrivasse.
"Forse non l'avrei dovuto invitare, ma passare la
vigilia da sola sarebbe stato proprio triste..."
Driiin. Il campanello suonò. Terry si diede una
sistemata ai capelli nello specchio, fece un grosso
respiro ed aprì.
- Buon Natale, Gen. -
- Buon Natale, Ter. - Genzo aveva una grossa busta
colorata - E' molto scortese presentarsi senza un regalo.
Per te. - disse tirando fuori dalla busta un grosso pacco
rosso con un fiocco dorato. Terry aveva gli occhi
scintillanti
- Ma dai! Non dovevi! -
- Allora me lo riporto a casa... - scherzò lui
- No no no, poi sembra brutto... molla il pacco! -
- Tieni, piccola. Con tanti auguri. - Terry si buttò sul
pacco, strappando la carta come una bambina impaziente.
Da sotto la carta rossa e i disegni dorati emerse la
scritta di una famosa casa produttrice di articoli
sportivi.
- Cavoli Gen! - disse, inruendo quello che c'era nella
scatola.
- Visto che l'altra volta hai usato una divisa tutta
scassata recuperata dai magazzini dela Kiel... -
- Una divisa! Maglia numero 10, pantaloncini, calzettoni...
bianca e blu, stupenda! - instintivamente lo abbracciò
- Grazie, penserò a te ogni volta che la indosserò. -
"In realtà ho molte divise, tra cui anche un paio
da portiere, ma questa è SPECIALE." Genzo però si
staccò da quell'abbraccio, allontanando Terry, tenendola
per le braccia:
- Senti, non credo sia... il caso, ecco. Mi renderebbe la
partenza molto triste, lasciarti. Non che ora non lo sia,
ma... Mi capisci? - chiese preoccupato
- Certo. - disse abbassando lo sguardo
"Certo che capisco, ma vorrei così tanto almeno
stare un po' abbracciata a te..."
If you believe in love tonight
No need to worry there's no doubt
If you believe, if you belive
Don't worry
- Gen, lo capisco benissimo... -
- Bene, allora... -
- ...Ma non è detto che lo accetti. - lo guardò neglio
occhi.
- Io.... - "Non desidero altro che stare con te"
- ...Non, non posso... non possiamo... - balbettò.
- Genzo, - sospirò lei - io sono abituata a cambiare
spesso città... tutti quelli a cui mi affeziono poi li
devo sempre lasciare... e io sono molto, MOLTO
affezionata a te. - Genzo le si avvicinò
- Anch'io... è affezionato è dir poco. - le si avvicinò
ancora... e poi... le sue labbra, così belle, così...
vicine.... Le mise una mano tra i capelli "Al
diavolo, come posso rinunciare a te...?".....
Driin driin. Il telefono squillò. I due si guardarono
negli occhi e scoppiarono a ridere.
- Che scocciatore! - Driin driin. Terry si alzò e andò
rispondere:
- Ciao papà, volevo sentirti al più presto ma non ora!
No, dai, scherzo... Sto... Come?? Ah. Sì, certo ce sono
contenta... sì, molto. Lo sai come sono fatta, no? Ho già
sistemato tutto, quindi... ok, buon Natale. A dopodomani.
- riagganciò, sospirando. Tornò in soggiorno.
- Qualche problema? - chiese Genzo vedendo la sua faccia.
Lei si sedette sconsolata sul divano.
- Parto dopodomani. -
- Oh. Terry, io... -
- Non dire niente, ti prego. - Genzo le si avvicinò e la
strinse a sè, ma stavolta fu Tery a scostarsi.
- Gen... un giorno... è troppo poco per stare insieme ma
abbastanza per soffrire. -
- Va bene. - pese il giubotto e le diede un bacio sulla
guancia - Allora è meglio che me ne vada. -
Terry si alzò e l'abbracciò
- Addio, Gen. -
- Addio. - disse chiudendosi la porta alle spalle,
uscendo dalla vita di Terry, per sempre....
"Addio Gen, addio... " continuò a fissare la
porta per molto, me le lascrime le scendevano senzache
lei potesse fermarle.
"Addio, Terry... L'attimo in cui ti ho visto per la
prima volta è stato il più bello della mia vita, ho
sognato per un po', ma poi... Se non mi fossi tormentato
tanto, forse avremmo potuto stare insieme per un mese...
ma ho avuto una paura pazzesca... Solo ora rimpiango di
non aver mai fatto niente, in tutto questo tempo...
Stupido stupido stupido, non me lo perdonerò tanto
facilmente."
"Ma ormai quello che è fatto è fatto."
Accellerò il passo, e si ritrovò a correre per le
strade deserte, mentre le lacrime e la neve gli bagnavano
il viso.
CONTINUA...
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