Il demone e le carte maledette


Una notte


Il monte Kemuri
Era una notte scura, e senza stelle. Un vento freddo, gelido soffiava nei pressi di una montagna enorme, a tratti anche misteriosa, che si disperdeva dolcemente con il resto del paesaggio, che non sembrava avere alcun contorno, ma soltanto di essere contemporaneamente parte integrante di cielo e terra, e che avrebbe potuto ipnotizzare chiunque fosse stato partecipe di quello spettacolo stupendo. Quello era il possente monte Kemuri, la meravigliosa "montagna solitaria", come solevano chiamarla coloro che abitavano nei suoi pressi, a causa dell'inesistenza di altri rilievi attorno ad esso. Montagna che si stagliava potente in tutta la sua maestosità a pochi chilometri da Satan City, ed era così alta che erano quasi uniche piuttosto che rare le zone della città da cui non si poteva scorgerne nemmeno un minimo sperone di roccia. Tantissime e vecchissime leggende, racconti millenari tratti dalla cultura delle popolazioni più antiche, ruotavano attorno ad esso. La gente degli anni passati l'aveva, infatti, sempre descritto come un luogo inospitale e maledetto, ogni uomo si guardava sempre bene prima di attraversarlo per viaggiare, o per visitarlo soltanto. Si diceva che, proprio sulla cima dell'imponente montagna, avesse trovato dimora un potente demone, il cui unico desiderio a cui fossero rivolti i suoi pensieri era quello di possedere il mondo e di rendere suoi schiavi tutti gli esseri umani. Anche se un giorno, narravano i vecchi saggi ai più piccoli, si diceva che gli dei si fossero vendicati della sua arroganza, della sua bramosia di diventare padrone assoluto di tutto, e l'avessero punito imprigionandolo nella sua stessa dimora, dove avrebbe dovuto soffrire la pioggia, il vento, la neve, e tutto ciò che da tempo interminabile affliggeva il monte che lui aveva fatto casa sua. Ma, con il passare del tempo, anche quelle piccole e grandi credenze popolari erano svanite. Erano poche le persone che erano a conoscenza di queste fantastiche e passate novelle, ma, nonostante questo, sapevano, o meglio, credevano di sapere, che erano soltanto stupidi racconti inventati dai più grandi per spaventare i bambini e per passare il tempo raccontandosi le fiabe più irreali attorno al fuoco. Era considerato ormai da tutti i cittadini soltanto una semplicissima montagna, un luogo tranquillo, piacevole, incapace di incutere paura persino ad un bambino piccolo; al contrario di quella che era la situazione di secoli prima, esso era addirittura visto da i cittadini come un specie di grande padre, che li proteggeva, ed, in qualche modo, vegliava anche su di loro. Ma quella notte…quella notte, una delle più scure che ci fosse mai stata…stranamente il Kemuri aveva un aspetto differente da quello che era stata la sua faccia pacifica fino a quel momento. Sembrava essere ritornato, a patto che lo fosse stato anche prima, una montagna fredda, spaventosa, da cui tenersi a debita distanza…forse perché si sentiva un debole ululato provenire da esso, anche se questo poteva sembrare normale per certi versi…ma qualcosa di strano c'era…era qualcos'altro…ed anche semplicemente inspiegabile…si udiva perfettamente il frusciare delle foglie, a causa del consueto vento che soffiava spesso lì, ma proprio le stesse foglie non si muovevano di un millimetro. Quella non sarebbe stata una notte tranquilla, e ciò si sentiva perfettamente anche nell'aria.

Ombre notturne
Una misteriosa figura si arrampicava, quella notte, faticosamente sulla montagna. Il volto e l'intero corpo erano completamente coperti, soltanto mani e piedi, che afferravano agili gli speroni della dura e scivolosa roccia, si riuscivano ad intravedere leggermente. Erano entrambi molto piccoli e delicati, ed era davvero inverosimile il fatto che essi riuscissero a resistere ad uno sforzo pari a quello che però stavano compiendo in quel preciso momento. Non poco faticosamente l'ombra saliva sempre di più per la ruvida parete rocciosa, ma, nonostante lo sforzo, la stanchezza che perfettamente si intuiva in quel piccolo corpo, l'unica sicurezza era quella che quell'ombra misteriosa non percepiva nemmeno lontanamente la più minima vertigine. La figura era molto determinata, sembrava fosse per essa un desiderio irrefrenabile quello di arrivare alla vetta, di raggiungerne la punta più alta. Ma ormai le innumerevoli fatiche che aveva sopportato, camminando per i tutti gli enormi sentieri che circondavano la montagna, arrampicandosi quando necessario per quelle ruvide pietre che graffiavano e facevano tanto di quel male, sarebbero diventati più nulla che avesse potuto importare qualcosa. Con un ultimo sforzo essa sarebbe arrivata alla zona più pianeggiante, quella che era l'immensa e vasta cima del "monte solitario". Perché non bisogna pensare che la vetta fosse piccola e stretta; è vero, essa di certo era la parte meno estesa della montagna, ma anch'essa si estendeva per parecchi metri attorno, da questo si vedeva quanto il monte fosse grandissimo. Alla cima di quel monte, più che un'ulteriore leggenda, era legato un mistero, ancora irrisolto, che sembrava proprio fosse attinente con la cultura dell'antica gente che viveva dove successivamente sarebbe sorta l'odierna Satan City. Erano stati trovati del manoscritti, infatti, che riportavano la descrizione di una cima appuntita, molto piccola, ed un monte parecchio più alto, addirittura troppo per pensare ad un semplice fenomeno naturale di erosione. Ma ancora mille e mille erano i misteri che circondavano il monte Kemuri, inenarrabili in un solo libro, misteriosi, fantasiosamente irreali, e, molto spesso, anche contraddittori...ma nessuno se ne interessava più ormai, forse perché, in fondo all'anima, a qualcuno piaceva che rimanessero semplicemente misteri, avvolti da quel fascino e da quella magia che solo i segreti non svelati riescono perfettamente a creare.
L'ombra si guardò intorno. Nulla sembrava essere cambiato in oltre mille anni. Tutto era uguale come il primo giorno, forse ancora nessuno osava avvicinarsi a quei luoghi sconosciuti. Ed in fondo era molto meglio così, sembrò pensare. Fece qualche passo leggermente incerto, per acquisire nuovamente quei posti nella sua memoria, ma anche per cercare il posto dove l'avevano rinchiuso…dove avevano rinchiuso il padrone a cui aveva perennemente prestato tantissima fedeltà…ma un ringhio la sorprese, dietro di lei. Si girò, forse però spaventata soltanto dal rumore che l'aveva distolta bruscamente dai suoi pensieri. Un lupo dal manto grigio e lucente, e con gli occhi rossi come il fuoco, le era davanti, inarcando la schiena e mettendo in mostra la sua affilata dentatura, con un terrorizzante sguardo famelico e minaccioso. L'ombra, per niente scossa da quella spaventosa visione si avvicinò freddamente all'animale, la cui saliva continuava a disegnare minuscole goccioline per terra, ed il cui corpo, magro a causa di diversi giorni di digiuno, continuava ad avvicinarsi affamato ad essa. La figura prese molto lentamente un bastone adagiato sull'ormai decimata erba vicino a lei, e, quando il lupo fece per saltare addosso ad essa per sbranarla senza avere la minima pietà, lei lo scaraventò via colpendolo con il pezzo di legno. L'animale non fu certo felice della reazione della sua preda, ma, nonostante questo, si mise nuovamente in posizione di attacco. La figura gettò noncurante il bastone per terra, e, molto delicatamente, si abbassò il cappuccio che le aveva coperto il viso fino a quel momento. Un viso piccolo e delicato, ma freddo nella perfezione dei suoi tratti, ne uscì fuori. Due occhi verdi, molto più intensi della la notte che li circondava, con una straordinaria e catturante forma a mandorla, fissavano l'animale, che, nonostante quella stupenda visione, non si mosse di un centimetro da quella che era la sua posizione prima di scoprire chi fosse quella donna. Nemmeno le sue orecchie leggermente appuntite riuscirono a distogliere l'attenzione dell'animale da quello che già pregustava suo futuro pasto. Ma ella non sembrò preoccuparsi di questo. Si avvicinò tranquillamente al lupo, si chinò, e gli mise una mano sulla fronte, mentre perfettamente sentiva l'alito caldo dell'animale che le scivolava lentamente sul braccio. Poi iniziò a fissarlo con i suoi profondi occhi verde smeraldo, fino a che essi non catturarono anche lo sguardo del lupo. Appena i due sguardi si incontrarono, il lupo incominciò immediatamente a divenire calmo come un semplice cane da compagnia. La donna continuava ad ipnotizzarlo; -…conducimi da lui…- furono le sue uniche parole, prima di alzarsi e farsi guidare dall'animale verso una caverna a pochi metri di distanza.

La rinascita del demone
La donna ed il lupo entrarono in quella caverna fredda ed umida, così grande che il rimbombo dei passi dei due erano di molto più potenti della fonte stessa. La donna si guardò intorno speranzosa di trovare qualcosa. Osservo prima il soffitto, e poi le pareti. La roccia era scura, e numerose crepe la attraversavano anche per più di un metro, da cui fuoriuscivano diversi fili d'erba dalle varie tonalità di verde e di giallo, confondibili fra di loro, però, a causa del buio che rendeva parecchio difficile distinguerli bene. La donna si avvicinò quasi con compassione vicino ad uno di quei ruvidi muri, ed accarezzò, lentamente e con la stessa dolcezza di quando si percorre con le mani il viso di una persona cara, quella che un tempo era stata la sua casa, mentre una piccola e trasparente lacrima di nostalgia scese dai bellissimi occhi a mandorla, cadendo per terra a pochi centimetri dai suoi piedi ancora insanguinati, mentre il lupo, accovacciato per terra, le continuava a stare accanto.
"…ricordi com'era bella la nostra casa, Raija…"
La donna si voltò di scatto. Quella voce l'aveva sorpresa all'improvviso, una voce che sembrava non avere provenienza alcuna, che proveniva da quella caverna e che rimbombando ritornava ad essa. Uno sguardo sorpreso le si dipinse sul volto, mentre si inginocchiava per terra e chinava umilmente il capo
-…padrone…
"Raija, finalmente la mia tortura è finita…per più di mille anni ho patito sofferenze che nemmeno immagini, ma adesso…l'incantesimo si è spezzato…l'incantesimo che mi ha costretto prigioniero di questa roccia...per così tanto tempo..."
Dopo aver udito la stessa voce di poco fa, Raija si piegò fino a terra, cominciando a piangere ancora più mestamente
-Padrone…è stata per me una vera agonia sapere di voi…della vostra sofferenza…
La voce continuò, forse per niente commossa dalla disperazione della donna
"Avvicinati allo sperone di roccia davanti a te…sai che sei l'unica di cui ho bisogno per ottenere di nuovo la libertà…e non voglio più aspettare…hai con te la pietra Yanagi e sai come usarla…"
La donna, dopo aver alzato il capo, annuì, alzandosi poi velocemente, e facendo quello appena indicatole dalla voce. Una volta avvicinatasi al grosso blocco di roccia umida e fredda che spuntava dal muro, si mise le mani dietro la testa e si tolse la sottile coroncina dorata che poco fa le ornava il capo, ed al cui centro pendeva un altrettanto minuto zaffiro color porpora, dotato di una luce che risplendeva fioca e opaca a causa dell'avanzata età. Quando la poggiò sulla massa gelida e increspata, una nuova e brillante luce usci da esso, che cominciò a divenire sempre più grande e lucente, tanto che Raija fu costretta ad indietreggiare ed a coprirsi gli occhi con la veste, mentre la terribile energia che iniziò a provenire dalla pietra la fece cadere per terra
-…la pietra Yanagi…- disse la donna al limite della resistenza, mentre il lupo che fino a quel momento le aveva fatto compagnia si nascose pochi metri fuori dalla caverna latrando spaventato. Un vortice potentissimo incominciò a ruotare attorno allo zaffiro, che, mano a mano avanzava il tempo, acquistava tonalità e intensità sempre più belle e sempre più diverse
"ECCOLA!!!!!!! FINALMENTE LA SENTO!!!!!!! È LA MIA LIBERTÀ, RAIJA!!!!!!!!!!!!!!"
La voce della caverna si fece ancora più potente, mentre il rumore causato dal vento aumentò di livello, e mentre le crepe che affliggevano le millenarie pareti si fecero ancora più lunghe e profonde
"ED ORA…SOLTANTO UN CORPO NUOVO…UN CORPO NUOVO DOVE DIVENIRE ESISTENTE…"
Raija, con non poca fatica a causa del vortice che la trascinava sempre più lontana da lì, prese dalla veste una strana e finissima polverina, mentre con l'altra mano si reggeva ad un arbusto dalle profonde radici, e la gettò verso la fonte di quell'energia mai vista prima d'ora
-…le ceneri di un cuore strappato ad un umano giovane e forte, padrone…saranno queste il suo nuovo aspetto…
La donna cercò di non respirare l'aria pesante che continuava a volarle attorno, che le graffiava la pelle e sembrava strapparle i lunghi capelli rossi, provocandole moltissimo dolore, anche se mai più di quello che aveva provato durante quei lunghissimi ed interminabili millenni d'attesa. Fino a che, finalmente, ci fu un ultima esplosione, fortissima, ed improvvisamente tutto cessò nello stesso modo in cui era cominciato. Un grosso nuvolone di polvere si alzò, coprendo la caverna per quasi tutto il suo volume, e rendendo scarsa, se non impossibile, la visuale. Il forte vento cessò, e gli incredibili fasci di luce che si erano formati poco prima furono ormai soltanto un ricordo. Quando ormai anche la polvere finì di volare impazzita per le pareti, e Raija finalmente riprese conoscenza, vide davanti a lei ciò che non si sarebbe mai più dovuta scordare per il resto della sua vita, una visione paradisiaca, che le riempì gli occhi di dolci lacrime di gioia. Un giovane uomo, dai ricchi abiti bianchi come la neve ed azzurri come il mare, dagli occhi nerissimi ed intensi e da capelli chiari simili per colore ad un vasto deserto, che incorniciavano un volto dai tratti ben delineati ed estremamente affascinanti, era davanti a lei, continuando a guardarla con un sorriso maligno dipinto sul volto. Ella non poteva avere alcun dubbio sull'identità di quell'uomo, di cui era estremamente sicura. Egli aveva infatti incastonata nella fronte la pietra Yanagi, che risplendeva, dopo anni e anni di silenzio, brillante più che mai nella luce della notte, luccicante di nuova vita, la nuova vita che aveva essa stessa creato regalando nuovamente la libertà a colui che in quel momento la stava possedendo, impressa nella propria carne.

Cambiamenti
Raija si gettò immediatamente ai piedi dell'uomo, circondandogli le gambe con le proprie braccia e baciandone senza sosta i sandali dorati, bagnando il terreno con le proprie calde lacrime che le rigavano il viso perfetto. L'uomo la lasciò fare tranquillamente, poggiandole imponente una mano sul capo
-Adorata Raija…mia fedele servitrice da millenni e millenni, figlia del vecchio e fedele Ginzensya…
Raija si piegò ancora di più verso di lui, continuando a piangere per la felicità che provava in quel momento
-Mio signore…principe Nadir…non immagina nemmeno la gioia che provo in questo momento nel
rivederla di nuovo, dopo il suo terribile castigo in questa maledetta montagna…
Le lacrime continuavano a scenderle copiosamente sul viso, e la felicità ad aumentarle nel cuore. Il ragazzo si chinò su di lei, carezzandole i folti capelli
-Su, alzati
La donna eseguì subito gli ordini del suo padrone, che intanto si andò a sedere sulla stessa roccia dove poco prima era accaduto tutto, guardando fuori il meraviglioso paesaggio che si prostrava davanti ai suoi occhi. La città rappresentava l'unica fonte luminosa nel raggio di chilometri. Le luci dorate disegnavano linee senza senso alcuno, eppure tanto belle quanto fantasiose e, soprattutto, molto, molto romantiche. Ma Nadir non fece certo caso a quello splendore che si protraeva dinanzi ad i suoi occhi. Raija si avvicinò pochi centimetri dietro di lui, che incominciò a parlare senza distogliere lo sguardo da quel villaggio ampiamente illuminato
-È cambiato molto dalla mia assenza…non ricordavo che i villaggi la notte fossero così pieni di fuochi…sembra proprio che vogliano superare lo stesso e maestoso Sole in brillantezza
Raija si avvicinò ancora di più, ammirando anch'essa il paesaggio davanti a lei
-Molte, innumerevoli cose sono mutate da quel maledetto giorno…non immagina neppure come i villaggi siano migliorati, oggi formano insieme un'unica città, padrone…portano tutti il nome di Satan City, adesso…
-Anche il monte che mi ha imprigionato ha cambiato il suo nome?
Il principe fece questa domanda rimanendo ancora con lo sguardo rivolto a quelli che erano i palazzi più alti della città
-No, padrone, per la gente esso porta ancora il nome di Kemuri
-Bene…
Furono queste le ultime parole che il principe Nadir rivolse alla città che si distendeva per chilometri e chilometri davanti a lui -Davvero molto bene…- disse poi, poco prima di alzarsi da quello che era stato per quel minimo lasso di tempo il suo appoggio
-Ho atteso tanto, ma finalmente la mia vendetta potrà compiersi…nessuno, nessuno degli abitanti della terra verrà risparmiato, per quanto gli umani possano essere cambiati in meglio…devono tutti soffrire quello che ho patito io…la mia vendetta verrà finalmente compiuta!
Poi si girò verso la sua serva, che continuava a stare dinanzi a lui con lo sguardo sommessamente rivolto verso il basso. Le si avvicinò con lentezza, sollevandole delicatamente il volto con due dita, fino a che il suo sguardo non incontrò i suoi occhi scuri ed affascinanti
-Dobbiamo ricostruire tutto Raija…la notte è ancora lunga ed ho bisogno delle conoscenze che hai appreso riguardo a tutti i cambiamenti di questi anni…mi aiuterai, come mi hai sempre aiutato…non è vero, schiava?
La voce di Nadir non lasciò trapassare nessuna emozione mentre chiamò la sua serva con il tanto fastidioso quanto per certi versi crudele nome di schiava, né la donna ne sembrò turbata. Annuì soltanto, mentre incominciava a perdersi nel nero degli occhi appartenenti all'uomo che le stava di fronte.

Dimora del diavolo
-Credo che sia un buon lavoro- commentò Nadir con la sua voce cupa e profonda, indietreggiando qualche passo per meglio ammirare il capolavoro che aveva appena creato. Dietro di lui, fedele nel seguirlo, come un'ombra, c'era Raija, il quale solito sguardo all'apparenza incapace di esprimere alcun sentimento, sembrò quasi illuminarsi per un istante alla vista di ciò che il suo padrone aveva costruito con i propri e finalmente ripristinati poteri. Alzando il capo, poté vedere uno degli spettacoli che più stava aspettando in tutti quei millenni, che più aveva sognato; un evento, anzi, un miracolo a cui, doveva ammettere, aveva rinunciato a credere una futura rinascita, lasciando posto soltanto ad una buia tristezza e ad una profonda malinconia. Invece adesso…ecco che erano lontane le umide caverne sperdute in boschi sconfinati, lontani gli aridi deserti e la vita misera che era stata costretta a vivere, finalmente, quella notte davanti a sé si era materializzata la reggia che per anni aveva preso posto sulla piatta cima del monte Kemuri…un castello enorme, colossale che per anni popoli ignari avevano scambiato per una cima alta ed appuntita, ignorando tutte quelle magnificenze che quella "punta" conteneva in abbondanza ma che un giorno, sparendo, aveva risucchiato con sé. Raija lo guardò meglio. Combaciava proprio con la descrizione del ricordo che lei aveva custodito nella sua mente, anche se, col tempo, si era comunque lentamente e leggermente sbiadito. Ma ormai, cosa importava più? Felice, Raija cercò di memorizzarne nuovamente ogni particolare, nonostante fosse sicura che questa volta non sarebbe più scomparso nulla, ed il suo padrone fosse finalmente riuscito a realizzare il suo desiderio di vendetta.
Il palazzo era altissimo; le pareti sembravano proseguire piatte fino alla parte più lontana del cielo, di cui a malapena si riusciva a vedere la fine, facendo perdere all'occhio di chi le osservava capacità di distinzione di ogni prospettiva, confondendolo ed allo stesso tempo meravigliandolo di tale magnificenza. Le mura avevano lo stesso colore della roccia, per meglio mimetizzarsi con l'intera montagna e con l'immensa cappa di nebbia che il più delle volte copriva per ordine del demone Nadir la fine falsa della montagna, ed alla base di ognuna delle pareti, partivano rotonde e sinuose ma soprattutto estremamente complicate decorazioni, ognuna che si perdeva tuffandosi e fondendosi con l'altra sottostante, e ritornando, ramificandosi, dalla stessa, per finire nuovamente ad incrociarsi con altre, che, mano a mano che si proseguiva diventavano sempre più difficili, sbalorditive e maestose. La figura di quell'aspetto della magnificenza, l'incontro fra natura e potenza sotto forma di materia, appariva, nonostante l'incombente e quasi soffocante impressione di peso che trasmetteva la struttura a chiunque l'avesse guardata, alta, più di quanto complicate regole architettoniche potessero concedere. Ma Nadir poteva fare tutto, nulla può fermare i demoni, nemmeno un alto palazzo del tutto privo di grosse fondamenta. Ed era tutto quel magico, quell'irreale, che rendeva tutto molto, estremamente più imponente, più grande e magnifico di quanto qualsiasi umano avesse mai potuto dire di aver visto. Nadir si voltò verso Raija, che, ipnotizzata, continuava a guardare, non riuscendo a staccare gli occhi nemmeno per un secondo quella magnifica dimora che lui aveva innalzato con piccola parte dei suoi poteri, sollevando semplicemente le mani e dirigendole verso il punto su cui sarebbe sorto tutto.
Nadir non rimase poi così tanto sorpreso da tutta quella grandezza così rara. In fondo lui era un demone potentissimo, e mai nessuno avrebbe dovuto dubitare dei suoi incredibili poteri "nemmeno quei dannati esseri umani, di cui diventerò presto padrone..." pensò fra sé e sé, mentre un sorriso maligno e privo di ogni pietà gli si dipinse in volto. Ad un tratto una tenue luce, che continuava appena percettibile a crescere, lo fece voltare di scatto verso est. Il sole stava sorgendo; guardò con attenzione l'astro dorato che lentamente si sollevava sovrastando tutta la città ancora addormentata, mentre lievemente il demone si mise una mano sulla fronte per far ombra sugli occhi. Ancora poco abituato alla luce del sole, che, nonostante fosse molto tenue, ugualmente gli provocava il più grande dei fastidi. Era la prima volta dopo mille anni che aveva di nuovo la possibilità di guardar sorgere la stella, la montagna non aveva occhi, non poteva vedere, e ugualmente come essa, anche lui era obbligato a possedere queste stesse caratteristiche. Era stata una tortura atroce, ma per dolore ed il tormento sarebbe stato un quarto di quello quelle che avrebbe infisso a tutti quelli di cui si voleva vendicare una volta per tutte. Sarebbe toccato questo a tutti coloro che lo avrebbero ostacolato, o almeno che avrebbero tentato di ostacolarlo. Nessuna pietà. Nessuna. Rivolse nuovamente lo sguardo verso Raija
-Ti piace, vero?
-…è…è magnifico…- balbettò a malapena la donna. Lui le si avvicinò -La nostra dimora…ed è qui che si compierà la mia vendetta, Raija. La dimora del Diavolo
-…l…la dimora del Diavolo…- sussurrò la donna sottovoce, prima di seguirlo per raggiungerne l'interno di quel luogo dove si sarebbe compiuta la più crudele e spietata rivincita di uno degli spiriti malvagi più potenti della Terra. Nadir si voltò di nuovo, un ultima volta verso il sole, e verso la città che si protraeva sotto di lui, sotto quell'immensa montagna.
-Ed ora…- sorrise crudele -mancano solo il mio esercito

Ci sono ancora molti sogni di cui nutrirsi
Violentemente il perfido demone si scagliò contro la sua fedele serva, mentre mille e mille scintille simili alle stelle del firmamento gli brillavano negli occhi come la rabbia prendeva ancor più violentemente possesso di lui
-COME SAREBBE A DIRE NON L'HAI TROVATA!?
Raija indietreggiò di qualche passo, spaventata dall'improvvisa reazione del principe -…i…io…- balbettò con voce rotta ed estremamente bassa, mentre il ragazzo la interruppe quasi subito -TI AVEVO DATO DEGLI ORDINI PRECISI PRIMA DI ESSERE PUNITO! SONO PASSATI ANNI, MA ME LO RICORDO ANCORA COME SE FOSSE IL GIORNO APPENA TRASCORSO, DANNAZIONE!- Nadir sembrava davvero arrabbiato, come se avesse potuto ucciderla tranquillamente da lì a pochi istanti. Con molta fatica, difficilmente la donna appena aggredita riuscì a continuare -…m…mio signore…è sparita completamente…l'ho cercata dappertutto, ma n…niente…- il ragazzo l'attaccò ancora di più, senza avere di lei alcuna pietà, e senza rivolgere il minimo pensiero a tutta la mortificazione che le si leggeva chiaramente nello sguardo -ALIA DEVE ESSERE TROVATA!!! NE VA DELLA MIA VITA, DELLA PIETRA YANAGI CHE È LA MIA ORIGINE! ESCLUSO COLUI CHE È STATO SCELTO, LEI È L'UNICA CHE PUÒ FERMARMI!!!! LO CAPISCI O NO, STUPIDA DONNA!?- dopo una breve pausa, però, il demone, quasi di scatto, si allontanò da lei, rivolgendo lo sguardo altrove, stringendo i pugni per cercare di sbollire come meglio poteva tutta la rabbia che provava dentro di sé in quel momento
-Maledetta…deve essersi nascosta approfittando di tutti quegli infimi esseri umani, azzerandomi la sua presenza…DANNATA!!!
Nadir, girandosi di scatto, fece cadere per terra una piccola pozione, da cui uscì un intenso e nauseante fumo verde, a cui però non diede molta importanza
-m…mi dispiace…padrone…
Il demone, tirando un profondo respiro e per quella volta lasciandola stare, tentò con qualche risultato di sbollire l'arrabbiatura come meglio poteva
-Fra poco il sole sarà completamente alto nel cielo, e non c'è più tempo…senza i poteri di Alia non posso distruggere la carta che potrebbe essere la stessa ed unica artefice della mia distruzione…ma- si girò verso di lei nuovamente -devo tentarci. Non credo che gli esseri umani siano cambiati di troppo in intelligenza, per quanto possano mutare sono pronto a scommettere che sono i medesimi superficiali di quando il mio corpo non aveva ancora conosciuto il dolore di qualsiasi castigo…hai le mie carte, vero?
Raija consegnò lui una piccola scatolina di legno, con sopra dipinte strane ed insensate decorazioni dorate, antiche e leggermente scheggiate dal tempo. Il principe soddisfatto, infilò una mano nella sua ampia stoffa dell'ancora più ampio abito regale, e ne cacciò fuori uno strano piccolo sacco contenente chissà quale sostanza magica e misteriosa
-Ho fame…a questa penseremo dopo- disse, poggiano il piccolo contenitore di iuta accanto a sé. Raija, ancora mortificata per tutto ciò che era successo prima, abbassò il capo per portare rispetto al suo padrone, e nel contempo rispose alla sua richiesta di cibo -i terrestri non hanno smesso di dormire. Ci sono ancora molti sogni di cui nutrirsi…- il volto e lo sguardo della donna si fecero ancora più cupi e crudeli -mio padrone…


"Fra poco il mondo sarà mio…il potere già mi appartiene, e non ci sarà scampo per nessuno…"


FINE I CAPITOLO


CONTINUA…