Il
demone e le carte maledette
Una
notte
Il monte Kemuri
Era una notte scura, e senza stelle. Un vento freddo,
gelido soffiava nei pressi di una montagna enorme, a
tratti anche misteriosa, che si disperdeva dolcemente con
il resto del paesaggio, che non sembrava avere alcun
contorno, ma soltanto di essere contemporaneamente parte
integrante di cielo e terra, e che avrebbe potuto
ipnotizzare chiunque fosse stato partecipe di quello
spettacolo stupendo. Quello era il possente monte Kemuri,
la meravigliosa "montagna solitaria", come
solevano chiamarla coloro che abitavano nei suoi pressi,
a causa dell'inesistenza di altri rilievi attorno ad esso.
Montagna che si stagliava potente in tutta la sua
maestosità a pochi chilometri da Satan City, ed era così
alta che erano quasi uniche piuttosto che rare le zone
della città da cui non si poteva scorgerne nemmeno un
minimo sperone di roccia. Tantissime e vecchissime
leggende, racconti millenari tratti dalla cultura delle
popolazioni più antiche, ruotavano attorno ad esso. La
gente degli anni passati l'aveva, infatti, sempre
descritto come un luogo inospitale e maledetto, ogni uomo
si guardava sempre bene prima di attraversarlo per
viaggiare, o per visitarlo soltanto. Si diceva che,
proprio sulla cima dell'imponente montagna, avesse
trovato dimora un potente demone, il cui unico desiderio
a cui fossero rivolti i suoi pensieri era quello di
possedere il mondo e di rendere suoi schiavi tutti gli
esseri umani. Anche se un giorno, narravano i vecchi
saggi ai più piccoli, si diceva che gli dei si fossero
vendicati della sua arroganza, della sua bramosia di
diventare padrone assoluto di tutto, e l'avessero punito
imprigionandolo nella sua stessa dimora, dove avrebbe
dovuto soffrire la pioggia, il vento, la neve, e tutto ciò
che da tempo interminabile affliggeva il monte che lui
aveva fatto casa sua. Ma, con il passare del tempo, anche
quelle piccole e grandi credenze popolari erano svanite.
Erano poche le persone che erano a conoscenza di queste
fantastiche e passate novelle, ma, nonostante questo,
sapevano, o meglio, credevano di sapere, che erano
soltanto stupidi racconti inventati dai più grandi per
spaventare i bambini e per passare il tempo raccontandosi
le fiabe più irreali attorno al fuoco. Era considerato
ormai da tutti i cittadini soltanto una semplicissima
montagna, un luogo tranquillo, piacevole, incapace di
incutere paura persino ad un bambino piccolo; al
contrario di quella che era la situazione di secoli
prima, esso era addirittura visto da i cittadini come un
specie di grande padre, che li proteggeva, ed, in qualche
modo, vegliava anche su di loro. Ma quella notte
quella
notte, una delle più scure che ci fosse mai stata
stranamente
il Kemuri aveva un aspetto differente da quello che era
stata la sua faccia pacifica fino a quel momento.
Sembrava essere ritornato, a patto che lo fosse stato
anche prima, una montagna fredda, spaventosa, da cui
tenersi a debita distanza
forse perché si sentiva
un debole ululato provenire da esso, anche se questo
poteva sembrare normale per certi versi
ma qualcosa
di strano c'era
era qualcos'altro
ed anche
semplicemente inspiegabile
si udiva perfettamente il
frusciare delle foglie, a causa del consueto vento che
soffiava spesso lì, ma proprio le stesse foglie non si
muovevano di un millimetro. Quella non sarebbe stata una
notte tranquilla, e ciò si sentiva perfettamente anche
nell'aria.
Ombre notturne
Una misteriosa figura si arrampicava, quella notte,
faticosamente sulla montagna. Il volto e l'intero corpo
erano completamente coperti, soltanto mani e piedi, che
afferravano agili gli speroni della dura e scivolosa
roccia, si riuscivano ad intravedere leggermente. Erano
entrambi molto piccoli e delicati, ed era davvero
inverosimile il fatto che essi riuscissero a resistere ad
uno sforzo pari a quello che però stavano compiendo in
quel preciso momento. Non poco faticosamente l'ombra
saliva sempre di più per la ruvida parete rocciosa, ma,
nonostante lo sforzo, la stanchezza che perfettamente si
intuiva in quel piccolo corpo, l'unica sicurezza era
quella che quell'ombra misteriosa non percepiva nemmeno
lontanamente la più minima vertigine. La figura era
molto determinata, sembrava fosse per essa un desiderio
irrefrenabile quello di arrivare alla vetta, di
raggiungerne la punta più alta. Ma ormai le innumerevoli
fatiche che aveva sopportato, camminando per i tutti gli
enormi sentieri che circondavano la montagna,
arrampicandosi quando necessario per quelle ruvide pietre
che graffiavano e facevano tanto di quel male, sarebbero
diventati più nulla che avesse potuto importare qualcosa.
Con un ultimo sforzo essa sarebbe arrivata alla zona più
pianeggiante, quella che era l'immensa e vasta cima del
"monte solitario". Perché non bisogna pensare
che la vetta fosse piccola e stretta; è vero, essa di
certo era la parte meno estesa della montagna, ma
anch'essa si estendeva per parecchi metri attorno, da
questo si vedeva quanto il monte fosse grandissimo. Alla
cima di quel monte, più che un'ulteriore leggenda, era
legato un mistero, ancora irrisolto, che sembrava proprio
fosse attinente con la cultura dell'antica gente che
viveva dove successivamente sarebbe sorta l'odierna Satan
City. Erano stati trovati del manoscritti, infatti, che
riportavano la descrizione di una cima appuntita, molto
piccola, ed un monte parecchio più alto, addirittura
troppo per pensare ad un semplice fenomeno naturale di
erosione. Ma ancora mille e mille erano i misteri che
circondavano il monte Kemuri, inenarrabili in un solo
libro, misteriosi, fantasiosamente irreali, e, molto
spesso, anche contraddittori...ma nessuno se ne
interessava più ormai, forse perché, in fondo
all'anima, a qualcuno piaceva che rimanessero
semplicemente misteri, avvolti da quel fascino e da
quella magia che solo i segreti non svelati riescono
perfettamente a creare.
L'ombra si guardò intorno. Nulla sembrava essere
cambiato in oltre mille anni. Tutto era uguale come il
primo giorno, forse ancora nessuno osava avvicinarsi a
quei luoghi sconosciuti. Ed in fondo era molto meglio così,
sembrò pensare. Fece qualche passo leggermente incerto,
per acquisire nuovamente quei posti nella sua memoria, ma
anche per cercare il posto dove l'avevano rinchiuso
dove
avevano rinchiuso il padrone a cui aveva perennemente
prestato tantissima fedeltà
ma un ringhio la
sorprese, dietro di lei. Si girò, forse però spaventata
soltanto dal rumore che l'aveva distolta bruscamente dai
suoi pensieri. Un lupo dal manto grigio e lucente, e con
gli occhi rossi come il fuoco, le era davanti, inarcando
la schiena e mettendo in mostra la sua affilata
dentatura, con un terrorizzante sguardo famelico e
minaccioso. L'ombra, per niente scossa da quella
spaventosa visione si avvicinò freddamente all'animale,
la cui saliva continuava a disegnare minuscole goccioline
per terra, ed il cui corpo, magro a causa di diversi
giorni di digiuno, continuava ad avvicinarsi affamato ad
essa. La figura prese molto lentamente un bastone
adagiato sull'ormai decimata erba vicino a lei, e, quando
il lupo fece per saltare addosso ad essa per sbranarla
senza avere la minima pietà, lei lo scaraventò via
colpendolo con il pezzo di legno. L'animale non fu certo
felice della reazione della sua preda, ma, nonostante
questo, si mise nuovamente in posizione di attacco. La
figura gettò noncurante il bastone per terra, e, molto
delicatamente, si abbassò il cappuccio che le aveva
coperto il viso fino a quel momento. Un viso piccolo e
delicato, ma freddo nella perfezione dei suoi tratti, ne
uscì fuori. Due occhi verdi, molto più intensi della la
notte che li circondava, con una straordinaria e
catturante forma a mandorla, fissavano l'animale, che,
nonostante quella stupenda visione, non si mosse di un
centimetro da quella che era la sua posizione prima di
scoprire chi fosse quella donna. Nemmeno le sue orecchie
leggermente appuntite riuscirono a distogliere
l'attenzione dell'animale da quello che già pregustava
suo futuro pasto. Ma ella non sembrò preoccuparsi di
questo. Si avvicinò tranquillamente al lupo, si chinò,
e gli mise una mano sulla fronte, mentre perfettamente
sentiva l'alito caldo dell'animale che le scivolava
lentamente sul braccio. Poi iniziò a fissarlo con i suoi
profondi occhi verde smeraldo, fino a che essi non
catturarono anche lo sguardo del lupo. Appena i due
sguardi si incontrarono, il lupo incominciò
immediatamente a divenire calmo come un semplice cane da
compagnia. La donna continuava ad ipnotizzarlo; -
conducimi
da lui
- furono le sue uniche parole, prima di
alzarsi e farsi guidare dall'animale verso una caverna a
pochi metri di distanza.
La rinascita del demone
La donna ed il lupo entrarono in quella caverna fredda ed
umida, così grande che il rimbombo dei passi dei due
erano di molto più potenti della fonte stessa. La donna
si guardò intorno speranzosa di trovare qualcosa.
Osservo prima il soffitto, e poi le pareti. La roccia era
scura, e numerose crepe la attraversavano anche per più
di un metro, da cui fuoriuscivano diversi fili d'erba
dalle varie tonalità di verde e di giallo, confondibili
fra di loro, però, a causa del buio che rendeva
parecchio difficile distinguerli bene. La donna si
avvicinò quasi con compassione vicino ad uno di quei
ruvidi muri, ed accarezzò, lentamente e con la stessa
dolcezza di quando si percorre con le mani il viso di una
persona cara, quella che un tempo era stata la sua casa,
mentre una piccola e trasparente lacrima di nostalgia
scese dai bellissimi occhi a mandorla, cadendo per terra
a pochi centimetri dai suoi piedi ancora insanguinati,
mentre il lupo, accovacciato per terra, le continuava a
stare accanto.
"
ricordi com'era bella la nostra casa, Raija
"
La donna si voltò di scatto. Quella voce l'aveva
sorpresa all'improvviso, una voce che sembrava non avere
provenienza alcuna, che proveniva da quella caverna e che
rimbombando ritornava ad essa. Uno sguardo sorpreso le si
dipinse sul volto, mentre si inginocchiava per terra e
chinava umilmente il capo
-
padrone
"Raija, finalmente la mia tortura è finita
per
più di mille anni ho patito sofferenze che nemmeno
immagini, ma adesso
l'incantesimo si è spezzato
l'incantesimo
che mi ha costretto prigioniero di questa roccia...per
così tanto tempo..."
Dopo aver udito la stessa voce di poco fa, Raija si piegò
fino a terra, cominciando a piangere ancora più
mestamente
-Padrone
è stata per me una vera agonia sapere di
voi
della vostra sofferenza
La voce continuò, forse per niente commossa dalla
disperazione della donna
"Avvicinati allo sperone di roccia davanti a te
sai
che sei l'unica di cui ho bisogno per ottenere di nuovo
la libertà
e non voglio più aspettare
hai con
te la pietra Yanagi e sai come usarla
"
La donna, dopo aver alzato il capo, annuì, alzandosi poi
velocemente, e facendo quello appena indicatole dalla
voce. Una volta avvicinatasi al grosso blocco di roccia
umida e fredda che spuntava dal muro, si mise le mani
dietro la testa e si tolse la sottile coroncina dorata
che poco fa le ornava il capo, ed al cui centro pendeva
un altrettanto minuto zaffiro color porpora, dotato di
una luce che risplendeva fioca e opaca a causa
dell'avanzata età. Quando la poggiò sulla massa gelida
e increspata, una nuova e brillante luce usci da esso,
che cominciò a divenire sempre più grande e lucente,
tanto che Raija fu costretta ad indietreggiare ed a
coprirsi gli occhi con la veste, mentre la terribile
energia che iniziò a provenire dalla pietra la fece
cadere per terra
-
la pietra Yanagi
- disse la donna al limite
della resistenza, mentre il lupo che fino a quel momento
le aveva fatto compagnia si nascose pochi metri fuori
dalla caverna latrando spaventato. Un vortice
potentissimo incominciò a ruotare attorno allo zaffiro,
che, mano a mano avanzava il tempo, acquistava tonalità
e intensità sempre più belle e sempre più diverse
"ECCOLA!!!!!!! FINALMENTE LA SENTO!!!!!!! È LA MIA
LIBERTÀ, RAIJA!!!!!!!!!!!!!!"
La voce della caverna si fece ancora più potente, mentre
il rumore causato dal vento aumentò di livello, e mentre
le crepe che affliggevano le millenarie pareti si fecero
ancora più lunghe e profonde
"ED ORA
SOLTANTO UN CORPO NUOVO
UN CORPO
NUOVO DOVE DIVENIRE ESISTENTE
"
Raija, con non poca fatica a causa del vortice che la
trascinava sempre più lontana da lì, prese dalla veste
una strana e finissima polverina, mentre con l'altra mano
si reggeva ad un arbusto dalle profonde radici, e la gettò
verso la fonte di quell'energia mai vista prima d'ora
-
le ceneri di un cuore strappato ad un umano
giovane e forte, padrone
saranno queste il suo nuovo
aspetto
La donna cercò di non respirare l'aria pesante che
continuava a volarle attorno, che le graffiava la pelle e
sembrava strapparle i lunghi capelli rossi, provocandole
moltissimo dolore, anche se mai più di quello che aveva
provato durante quei lunghissimi ed interminabili
millenni d'attesa. Fino a che, finalmente, ci fu un
ultima esplosione, fortissima, ed improvvisamente tutto
cessò nello stesso modo in cui era cominciato. Un grosso
nuvolone di polvere si alzò, coprendo la caverna per
quasi tutto il suo volume, e rendendo scarsa, se non
impossibile, la visuale. Il forte vento cessò, e gli
incredibili fasci di luce che si erano formati poco prima
furono ormai soltanto un ricordo. Quando ormai anche la
polvere finì di volare impazzita per le pareti, e Raija
finalmente riprese conoscenza, vide davanti a lei ciò
che non si sarebbe mai più dovuta scordare per il resto
della sua vita, una visione paradisiaca, che le riempì
gli occhi di dolci lacrime di gioia. Un giovane uomo, dai
ricchi abiti bianchi come la neve ed azzurri come il
mare, dagli occhi nerissimi ed intensi e da capelli
chiari simili per colore ad un vasto deserto, che
incorniciavano un volto dai tratti ben delineati ed
estremamente affascinanti, era davanti a lei, continuando
a guardarla con un sorriso maligno dipinto sul volto.
Ella non poteva avere alcun dubbio sull'identità di
quell'uomo, di cui era estremamente sicura. Egli aveva
infatti incastonata nella fronte la pietra Yanagi, che
risplendeva, dopo anni e anni di silenzio, brillante più
che mai nella luce della notte, luccicante di nuova vita,
la nuova vita che aveva essa stessa creato regalando
nuovamente la libertà a colui che in quel momento la
stava possedendo, impressa nella propria carne.
Cambiamenti
Raija si gettò immediatamente ai piedi dell'uomo,
circondandogli le gambe con le proprie braccia e
baciandone senza sosta i sandali dorati, bagnando il
terreno con le proprie calde lacrime che le rigavano il
viso perfetto. L'uomo la lasciò fare tranquillamente,
poggiandole imponente una mano sul capo
-Adorata Raija
mia fedele servitrice da millenni e
millenni, figlia del vecchio e fedele Ginzensya
Raija si piegò ancora di più verso di lui, continuando
a piangere per la felicità che provava in quel momento
-Mio signore
principe Nadir
non immagina
nemmeno la gioia che provo in questo momento nel
rivederla di nuovo, dopo il suo terribile castigo in
questa maledetta montagna
Le lacrime continuavano a scenderle copiosamente sul
viso, e la felicità ad aumentarle nel cuore. Il ragazzo
si chinò su di lei, carezzandole i folti capelli
-Su, alzati
La donna eseguì subito gli ordini del suo padrone, che
intanto si andò a sedere sulla stessa roccia dove poco
prima era accaduto tutto, guardando fuori il meraviglioso
paesaggio che si prostrava davanti ai suoi occhi. La città
rappresentava l'unica fonte luminosa nel raggio di
chilometri. Le luci dorate disegnavano linee senza senso
alcuno, eppure tanto belle quanto fantasiose e,
soprattutto, molto, molto romantiche. Ma Nadir non fece
certo caso a quello splendore che si protraeva dinanzi ad
i suoi occhi. Raija si avvicinò pochi centimetri dietro
di lui, che incominciò a parlare senza distogliere lo
sguardo da quel villaggio ampiamente illuminato
-È cambiato molto dalla mia assenza
non ricordavo
che i villaggi la notte fossero così pieni di fuochi
sembra
proprio che vogliano superare lo stesso e maestoso Sole
in brillantezza
Raija si avvicinò ancora di più, ammirando anch'essa il
paesaggio davanti a lei
-Molte, innumerevoli cose sono mutate da quel maledetto
giorno
non immagina neppure come i villaggi siano
migliorati, oggi formano insieme un'unica città, padrone
portano
tutti il nome di Satan City, adesso
-Anche il monte che mi ha imprigionato ha cambiato il suo
nome?
Il principe fece questa domanda rimanendo ancora con lo
sguardo rivolto a quelli che erano i palazzi più alti
della città
-No, padrone, per la gente esso porta ancora il nome di
Kemuri
-Bene
Furono queste le ultime parole che il principe Nadir
rivolse alla città che si distendeva per chilometri e
chilometri davanti a lui -Davvero molto bene
- disse
poi, poco prima di alzarsi da quello che era stato per
quel minimo lasso di tempo il suo appoggio
-Ho atteso tanto, ma finalmente la mia vendetta potrà
compiersi
nessuno, nessuno degli abitanti della
terra verrà risparmiato, per quanto gli umani possano
essere cambiati in meglio
devono tutti soffrire
quello che ho patito io
la mia vendetta verrà
finalmente compiuta!
Poi si girò verso la sua serva, che continuava a stare
dinanzi a lui con lo sguardo sommessamente rivolto verso
il basso. Le si avvicinò con lentezza, sollevandole
delicatamente il volto con due dita, fino a che il suo
sguardo non incontrò i suoi occhi scuri ed affascinanti
-Dobbiamo ricostruire tutto Raija
la notte è ancora
lunga ed ho bisogno delle conoscenze che hai appreso
riguardo a tutti i cambiamenti di questi anni
mi
aiuterai, come mi hai sempre aiutato
non è vero,
schiava?
La voce di Nadir non lasciò trapassare nessuna emozione
mentre chiamò la sua serva con il tanto fastidioso
quanto per certi versi crudele nome di schiava, né la
donna ne sembrò turbata. Annuì soltanto, mentre
incominciava a perdersi nel nero degli occhi appartenenti
all'uomo che le stava di fronte.
Dimora del diavolo
-Credo che sia un buon lavoro- commentò Nadir con la sua
voce cupa e profonda, indietreggiando qualche passo per
meglio ammirare il capolavoro che aveva appena creato.
Dietro di lui, fedele nel seguirlo, come un'ombra, c'era
Raija, il quale solito sguardo all'apparenza incapace di
esprimere alcun sentimento, sembrò quasi illuminarsi per
un istante alla vista di ciò che il suo padrone aveva
costruito con i propri e finalmente ripristinati poteri.
Alzando il capo, poté vedere uno degli spettacoli che più
stava aspettando in tutti quei millenni, che più aveva
sognato; un evento, anzi, un miracolo a cui, doveva
ammettere, aveva rinunciato a credere una futura
rinascita, lasciando posto soltanto ad una buia tristezza
e ad una profonda malinconia. Invece adesso
ecco che
erano lontane le umide caverne sperdute in boschi
sconfinati, lontani gli aridi deserti e la vita misera
che era stata costretta a vivere, finalmente, quella
notte davanti a sé si era materializzata la reggia che
per anni aveva preso posto sulla piatta cima del monte
Kemuri
un castello enorme, colossale che per anni
popoli ignari avevano scambiato per una cima alta ed
appuntita, ignorando tutte quelle magnificenze che quella
"punta" conteneva in abbondanza ma che un
giorno, sparendo, aveva risucchiato con sé. Raija lo
guardò meglio. Combaciava proprio con la descrizione del
ricordo che lei aveva custodito nella sua mente, anche
se, col tempo, si era comunque lentamente e leggermente
sbiadito. Ma ormai, cosa importava più? Felice, Raija
cercò di memorizzarne nuovamente ogni particolare,
nonostante fosse sicura che questa volta non sarebbe più
scomparso nulla, ed il suo padrone fosse finalmente
riuscito a realizzare il suo desiderio di vendetta.
Il palazzo era altissimo; le pareti sembravano proseguire
piatte fino alla parte più lontana del cielo, di cui a
malapena si riusciva a vedere la fine, facendo perdere
all'occhio di chi le osservava capacità di distinzione
di ogni prospettiva, confondendolo ed allo stesso tempo
meravigliandolo di tale magnificenza. Le mura avevano lo
stesso colore della roccia, per meglio mimetizzarsi con
l'intera montagna e con l'immensa cappa di nebbia che il
più delle volte copriva per ordine del demone Nadir la
fine falsa della montagna, ed alla base di ognuna delle
pareti, partivano rotonde e sinuose ma soprattutto
estremamente complicate decorazioni, ognuna che si
perdeva tuffandosi e fondendosi con l'altra sottostante,
e ritornando, ramificandosi, dalla stessa, per finire
nuovamente ad incrociarsi con altre, che, mano a mano che
si proseguiva diventavano sempre più difficili,
sbalorditive e maestose. La figura di quell'aspetto della
magnificenza, l'incontro fra natura e potenza sotto forma
di materia, appariva, nonostante l'incombente e quasi
soffocante impressione di peso che trasmetteva la
struttura a chiunque l'avesse guardata, alta, più di
quanto complicate regole architettoniche potessero
concedere. Ma Nadir poteva fare tutto, nulla può fermare
i demoni, nemmeno un alto palazzo del tutto privo di
grosse fondamenta. Ed era tutto quel magico,
quell'irreale, che rendeva tutto molto, estremamente più
imponente, più grande e magnifico di quanto qualsiasi
umano avesse mai potuto dire di aver visto. Nadir si voltò
verso Raija, che, ipnotizzata, continuava a guardare, non
riuscendo a staccare gli occhi nemmeno per un secondo
quella magnifica dimora che lui aveva innalzato con
piccola parte dei suoi poteri, sollevando semplicemente
le mani e dirigendole verso il punto su cui sarebbe sorto
tutto.
Nadir non rimase poi così tanto sorpreso da tutta quella
grandezza così rara. In fondo lui era un demone
potentissimo, e mai nessuno avrebbe dovuto dubitare dei
suoi incredibili poteri "nemmeno quei dannati esseri
umani, di cui diventerò presto padrone..." pensò
fra sé e sé, mentre un sorriso maligno e privo di ogni
pietà gli si dipinse in volto. Ad un tratto una tenue
luce, che continuava appena percettibile a crescere, lo
fece voltare di scatto verso est. Il sole stava sorgendo;
guardò con attenzione l'astro dorato che lentamente si
sollevava sovrastando tutta la città ancora
addormentata, mentre lievemente il demone si mise una
mano sulla fronte per far ombra sugli occhi. Ancora poco
abituato alla luce del sole, che, nonostante fosse molto
tenue, ugualmente gli provocava il più grande dei
fastidi. Era la prima volta dopo mille anni che aveva di
nuovo la possibilità di guardar sorgere la stella, la
montagna non aveva occhi, non poteva vedere, e ugualmente
come essa, anche lui era obbligato a possedere queste
stesse caratteristiche. Era stata una tortura atroce, ma
per dolore ed il tormento sarebbe stato un quarto di
quello quelle che avrebbe infisso a tutti quelli di cui
si voleva vendicare una volta per tutte. Sarebbe toccato
questo a tutti coloro che lo avrebbero ostacolato, o
almeno che avrebbero tentato di ostacolarlo. Nessuna pietà.
Nessuna. Rivolse nuovamente lo sguardo verso Raija
-Ti piace, vero?
-
è
è magnifico
- balbettò a malapena
la donna. Lui le si avvicinò -La nostra dimora
ed
è qui che si compierà la mia vendetta, Raija. La dimora
del Diavolo
-
l
la dimora del Diavolo
- sussurrò la
donna sottovoce, prima di seguirlo per raggiungerne
l'interno di quel luogo dove si sarebbe compiuta la più
crudele e spietata rivincita di uno degli spiriti malvagi
più potenti della Terra. Nadir si voltò di nuovo, un
ultima volta verso il sole, e verso la città che si
protraeva sotto di lui, sotto quell'immensa montagna.
-Ed ora
- sorrise crudele -mancano solo il mio
esercito
Ci sono ancora molti sogni di cui nutrirsi
Violentemente il perfido demone si scagliò contro la sua
fedele serva, mentre mille e mille scintille simili alle
stelle del firmamento gli brillavano negli occhi come la
rabbia prendeva ancor più violentemente possesso di lui
-COME SAREBBE A DIRE NON L'HAI TROVATA!?
Raija indietreggiò di qualche passo, spaventata
dall'improvvisa reazione del principe -
i
io
-
balbettò con voce rotta ed estremamente bassa, mentre il
ragazzo la interruppe quasi subito -TI AVEVO DATO DEGLI
ORDINI PRECISI PRIMA DI ESSERE PUNITO! SONO PASSATI ANNI,
MA ME LO RICORDO ANCORA COME SE FOSSE IL GIORNO APPENA
TRASCORSO, DANNAZIONE!- Nadir sembrava davvero
arrabbiato, come se avesse potuto ucciderla
tranquillamente da lì a pochi istanti. Con molta fatica,
difficilmente la donna appena aggredita riuscì a
continuare -
m
mio signore
è sparita
completamente
l'ho cercata dappertutto, ma n
niente
-
il ragazzo l'attaccò ancora di più, senza avere di lei
alcuna pietà, e senza rivolgere il minimo pensiero a
tutta la mortificazione che le si leggeva chiaramente
nello sguardo -ALIA DEVE ESSERE TROVATA!!! NE VA DELLA
MIA VITA, DELLA PIETRA YANAGI CHE È LA MIA ORIGINE!
ESCLUSO COLUI CHE È STATO SCELTO, LEI È L'UNICA CHE PUÒ
FERMARMI!!!! LO CAPISCI O NO, STUPIDA DONNA!?- dopo una
breve pausa, però, il demone, quasi di scatto, si
allontanò da lei, rivolgendo lo sguardo altrove,
stringendo i pugni per cercare di sbollire come meglio
poteva tutta la rabbia che provava dentro di sé in quel
momento
-Maledetta
deve essersi nascosta approfittando di
tutti quegli infimi esseri umani, azzerandomi la sua
presenza
DANNATA!!!
Nadir, girandosi di scatto, fece cadere per terra una
piccola pozione, da cui uscì un intenso e nauseante fumo
verde, a cui però non diede molta importanza
-m
mi dispiace
padrone
Il demone, tirando un profondo respiro e per quella volta
lasciandola stare, tentò con qualche risultato di
sbollire l'arrabbiatura come meglio poteva
-Fra poco il sole sarà completamente alto nel cielo, e
non c'è più tempo
senza i poteri di Alia non posso
distruggere la carta che potrebbe essere la stessa ed
unica artefice della mia distruzione
ma- si girò
verso di lei nuovamente -devo tentarci. Non credo che gli
esseri umani siano cambiati di troppo in intelligenza,
per quanto possano mutare sono pronto a scommettere che
sono i medesimi superficiali di quando il mio corpo non
aveva ancora conosciuto il dolore di qualsiasi castigo
hai
le mie carte, vero?
Raija consegnò lui una piccola scatolina di legno, con
sopra dipinte strane ed insensate decorazioni dorate,
antiche e leggermente scheggiate dal tempo. Il principe
soddisfatto, infilò una mano nella sua ampia stoffa
dell'ancora più ampio abito regale, e ne cacciò fuori
uno strano piccolo sacco contenente chissà quale
sostanza magica e misteriosa
-Ho fame
a questa penseremo dopo- disse, poggiano il
piccolo contenitore di iuta accanto a sé. Raija, ancora
mortificata per tutto ciò che era successo prima, abbassò
il capo per portare rispetto al suo padrone, e nel
contempo rispose alla sua richiesta di cibo -i terrestri
non hanno smesso di dormire. Ci sono ancora molti sogni
di cui nutrirsi
- il volto e lo sguardo della donna
si fecero ancora più cupi e crudeli -mio padrone
"Fra poco il mondo sarà mio
il potere già mi
appartiene, e non ci sarà scampo per nessuno
"
FINE I
CAPITOLO
CONTINUA
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