Per Coloro Che Verranno

Capitolo ottavo
IL SACRIFICIO MORTALE

Shun è a terra. Un calcio violento lo ha colpito in viso.

"Fermi! Non un solo passo. Credo che la vostra corsa termini qui. Scansati saint di Cygnus. Ti impedirò di raggiungere la tua meta privando della vita colui che è chiave della tua missione".
Shun e Hyoga si voltano per capire chi ostacoli il loro cammino: una donna! Anzi… sembrerebbe proprio…
Di fronte hanno una maschera argentea incorniciata da una benda che stringe i capelli in un'unica voluta che ricade al centro della schiena, fin quasi all'altezza delle anche.
"Sei tu…", non riesce a trattenersi Shun, convinto di avere davanti la donna dai capelli di lucida notte, ma la vista, seppur inequivocabile, non è degna di fiducia. Lo sa bene chi è caduto vittima delle illusioni di uno dei generali degli abissi.
"No… non può essere lei… c'è un cosmo unito a questa donna… un cosmo gelato…".

"Ti ho detto di scansarti! Non ti lascerò andare al massacro".
La voce della donna tradisce inquietudine e dolore, ma è un momento, svelta riacquista la cattiveria iniziale e con un solo gesto delle due dita scaglia Hyoga contro una parete di roccia: non è ferito, ma la forza scoperta nell'avversario lo lascia per un istante attonito e così Shun è solo di fronte a lei.
Completamente inerme.
La osserva come a volerne comprendere le origini, le ragioni.
"Mi dispiace, saint di Andromeda. Hai finito il tempo: Atropo sta per tagliare il tuo filo esile".
La donna avvicina la mano destra serrata in pugno alla fronte, pronta a colpire. A morte.

Come ombra, una figura corre nel candore della neve, celandosi nei riflessi sottili della Luna tra i tronchi di alberi che -unici!- hanno vinto il gelo e preso vita anche qui.
Corre a piedi nudi sui ghiacci e lascia ad ogni tocco il bianco tinto di vermiglio. Nulla fuorché quei piedi lattei è visibile, tutto è avvolto in una cappa di oscurità. Nero che abbatte il bianco regno. Nulla è visibile, ma è facile comprendere che quella scia è scarlatta di sangue che scivola lentamente inesorabile dal corpo celato lanciato in una corsa che pare disperata.
Poi, d'improvviso, si ferma.
"Non lo farei".
"C… cosa? Chi ha parlato?".
La donna si volta verso il luogo di provenienza della voce e dai fusti gelati degli alberi la figura avanza: esatta corrispondenza tra le due figure, stessa apparenza di bende e bronzo a coprire la fisionomia di entrambe.
Se non fossero diversamente cinti i capelli, la nuova venuta li cinge in due onde laterali al volto inespressivo del metallo, e se sulla maschera non fossero incisi segni diversi da quelli mostrati dall'altra donna, davvero la vista ingannerebbe chiunque in illusoria specularità.
"Non lo farei"
"Febe!"
"Ilaira… non avrei voluto incontrarti in tale disgraziata occasione…".

Hyoga ha il viso rigato dalle lacrime dolci della gioia, definitivamente si è sciolto il gelido cuore del cigno nel ritrovare la donna amata, creduta persa per sempre
Shun ha il viso disperato di chi vorrebbe non essere causa di rischio per chi ha avuto, ha il suo amore. E l'animo colmo dell'emozione di conoscerne finalmente il nome: "Febe… cosa mi ricorda questo nome forse già udito per caso, che ora mi è dolcissimo perché suo?".

"Sei viva…"
"Già. Potrei dire lo stesso di te"
"Sono felice. Davvero. Ora però lasciami al mio impegno. Non capisco perché mi hai frenata"
"Ilaira… se leverai la mano su di lui, che pure è privo del cloth e non vuole combattere, dovrai affrontare me"
"Come? Tu hai voglia di scherzare. Non immischiarti: non è affare che ti possa coinvolgere"
"A tal punto ti hanno incattivita gli anni di solitudine… non hai più rispetto nemmeno della vita… ad ogni modo, mi dispiace, ma è affare mio più di quanto tu creda…"
"Sei qui per la mia stessa ragione!"
"Già. Quindi, se non c'è soluzione diversa, attaccami quando vuoi"
"Ma… ma…", la voce di Ilaira è spezzata dall'incertezza, ma alfine riporta il pugno alla fronte e, in un silenzio irreale, spinge poi la mano avanti a sé liberando la violenza del suo cosmo in un lampo luminoso e gelido.

"No! Non lo fare! Te ne prego…".
Shun grida e si lancia verso Febe mettendosi davanti a lei per difenderla dall'impeto di quel colpo tanto violento.
L'impatto genera la luce del giorno nella notte. È un istante. Esplosione di luce. Poi nulla. Calma assoluta. Come se alcun colpo fosse stato lanciato.

"Che hai fatto, saint?", domanda Ilaira in lacrime.
Shun non capisce. Il colpo non lo ha nemmeno sfiorato, è illeso.
"Che hai fatto…".
Febe sputa un grumo di sangue e da ogni parte del suo corpo prendono a scivolare rivoli di sangue, come causati da ferite non rimarginate. Crolla tra le braccia di Shun.
Ha capito. Il saint ha capito che ugualmente il colpo l'ha ferita: dal petto si espande una macchia rossa, dal cuore esce lenta la vita di Febe.
"Shun… -respira a fatica, mentre lui, stravolto e incapace di darsi risposte, le appoggia la testa al suo petto- …non mi sarei difesa. Non mi avrebbe colpito… eppure… eppure questo è il dono più grande che tu potessi concedermi e mi è giunto proprio un istante prima della morte. Inconsapevole, eri pronto a dare la tua vita per me… grazie…".
Con le ultime forze Febe copre Shun e se stesa con il suo mantello e nel buio incolmabile così creato, si sente lo scatto sordo del metallo e le sue labbra si uniscono a quelle di lui. Poi, svelta, si stacca da lui e si ode di nuovo il suono del bronzo.
Scivola il mantello, torna la luce.
"Febe… Febe… ti ho uccisa io, dunque… e ti amo… che pena, che pena insopportabile mi spetta per averlo osato, dolcissima vestale…".
In ultimo gesto pone la sua mano, rossa di sangue, sul cuore di lui e quando la discosta vi è impresso il disegno di una alfa greca, simbolo di vita, di inizio.
Poi più nulla.
Muore così, tra quelle braccia che l'hanno uccisa.

"Nooo!".
Il grido di dolore strazia il cielo e le stelle. Piega le ginocchia di Shun e persino Hyoga non riesce a rimanere indifferente all'atroce male dell'amico: gli occhi di ghiaccio del saint di Cygnus si velano di lacrime amare.
Ilaira si avvicina al corpo inerte di Febe e crolla sulle gambe.
"Che hai fatto, guerriero? -accusa Shun con la voce rotta dal pianto- Non si sarebbe ferita… il mio colpo era destinato a evitare il primo ostacolo che avesse incontrato per abbattersi in tutto il suo potere contro il secondo… frapponendoti tra me e lei… hai firmato la sua condanna… come hai potuto non capire? Come hai potuto credere che avrei colpito proprio lei, la mia amica di un'esistenza di dolore e abbandono… lei, la vestale di Artemide… la compagna… la mia compagna… mia… vestali di Atena e Artemide… l'hai uccisa… non avrai pace, non te lo permetterò… e ora forse vorresti rischiare anche la vita di Hyoga… mi dispiace. Termina davvero qui la tua vita".
Torna in posizione temibile di attacco, ma una mano si posa sul suo pugno rabbioso.
"Non costringermi a congelare le tue dita gentili, Ilaira…"
"Cosa fai?"
"Ti impedisco di uccidermi due volte… vedere l'amore di Shun cadere per un gesto di affetto pulito mi ha spezzato l'anima in due, se vedessi cadere anche mio fratello… non resisterei e smetterei di avere un motivo di vita…"
"Hyo…Hyoga…"
"Perdonami. Sei il solo motivo per cui il mio esistere ha un senso, Ilaira, ma non chiedermi di rinunciare al sangue che mi lega a quest'uomo, non chiedermi di non soffrire il suo dolore".
Ilaira abbassa il pugno e si getta tra le braccia di Hyoga: il saint rimane per un istante stordito da quel gesto, ma presto la stringe e sente il suo freddo cosmo entrargli nel cuore insieme alle lacrime di lei.
"…perdono… perdono anche a te, Shun… non avrei dovuto nemmeno lanciare il mio colpo verso Febe e invece… ora sono sola… quando la rabbia delle dee non più in pace si abbatterà su queste terre, io sarò sola, senza di lei… preparatevi ad una lotta terribile, saints. Laggiù, oltre quel dirupo, troverete i ghiacci eterni che custodiscono le sacre catene di Prometeo. Troverete due avversari temibili… cercate di tener loro testa finché io non sarò da voi con la vivente chiave di quel mito oscuro… andate!".
Hyoga le stringe le spalle e appoggia le labbra sul freddo metallo della sua maschera di saint: "Grazie -sussurra- ti aspetterò".
Ilaira lo spinge lontano: "Odiami, Hyoga! Odiami perché ho ucciso l'amore di tuo fratello! Odiami e vattene!".
Hyoga la osserva ferito dalle sue parole, poi si volta in direzione del luogo che lei le ha indicato: "Non posso odiarti…", dice ma non può essere udito tanto flebile è la sua voce.
Anche Shun si è alzato. I suoi vestiti sono macchiati dal sangue di Febe, lui ancora le stringe la mano ormai fredda: "Addio, piccola stella… non dimenticherò mai il tuo amore, la gioia che mi hai regalato… perdonami se ti abbandono qui…".
La mano di Shun abbandona lentamente quella inerte di Febe e anche il saint di Andromeda volge i passi dietro a Hyoga: qualcosa gli sfiora la spalla: "Perdonami…", supplica Ilaira e oltre la maschera Shun coglie le lacrime calde di lei.
"Non ho nulla da perdonarti. Il dolore che senti e mi mostri rivela il tuo affetto per lei… sono io che devo essere perdonato…".

Le sagome dei due saint si perdono nella nebbia pesante della notte gelida.
Ilaira è rimasta sola.

"Chi è? -pensa Ilaira- A chi appartiene questo cosmo così limpido, privo di paura, di peccato? Non esistono saint con tale potere se non… non può essere!"
"Sei qui a punire la morte di Febe, saint?", grida interrompendo i suoi medesimi pensieri e rimbomba la sua voce di suono gentile, fragile come cristallo di ghiaccio.
Cade in suono sordo, in ginocchio nella neve, pronta a subire il colpo senza tentare difese: "Sarebbe ugualmente inutile contro di lui", pensa.
Solo ora l'uomo percepito ma non visto, appare e, affannoso, si china sul corpo esanime, ormai privato della linfa vitale di Febe.
"Non fare durare a lungo la mia agonia, Mu… uccidimi. Svelto!".
Il saint della Prima Casa si volta solo ora a osservare Ilaira: le si avvicina e con violenza la afferra sotto il mento e le solleva il viso.
"Maledetta! Sai che non ti toglierò la vita! Nonostante quello che hai fatto… resti una vestale, l'altra vestale… e ora non è tempo di eliminarti… nemmeno lo desidero… nemmeno lei lo vorrebbe, lo vuole".
Ilaira sente la stretta di Mu farsi più violenta.
"Mu… -sussura da sotto la pesante maschera- Mu… tempo immemorabile l'ultima volta che ci siamo incontrati… e ora è questo il motivo del nostro ritrovarci…".
"Taci! -grida Mu colpendola in viso con violenza- Non parlare più. E ora vattene".
Con un solo cenno la scaglia contro un albero.

Raccolto il corpo di Febe, Mu si allontana.
"Perdona la mia violenza, Ilaira. Ora non posso spiegarti… non a te, soprattutto. Corri a salvare il tuo uomo da una fine certa e salva anche Shun… salvalo per lei, che possa rivederlo. Vestale di Atena… sii fedele al tuo giuramento. Che tu giunga in tempo al Santuario della Preservazione… ora andiamo via, Febe, dolce miele della mia vita… andiamo… hai vinto. A nulla è servito il mio tentare di fermarti ferendoti… hai raggiunto ugualmente Shun, pur dilaniata nel corpo, pur privata di molto sangue che non cessava di sgorgare dai tuoi tagli… andiamo sorellina".


CONTINUA...