Per Coloro Che Verranno

Capitolo settimo
FUOCO SUI GHIACCI ETERNI

Il vento gelido della Siberia accoglie il saint di Cygnus modulandone il moto dei capelli, mentre il mantello pesante gli copre le spalle.
In lontananza si scorge una figura esile, quasi inghiottita fra le nevi: trascina con sé il pesante scrigno di bronzo che depone ai piedi di Hyoga non appena lo raggiunge.
"Non ce ne era ragione. Di portare il cloth con me, intendo".
"Non essere sciocco. C'è un motivo per cui vuoi fare sempre il buono?", Hyoga si volge a Shun con espressione impassibile, ma vedendo il sorriso nato sulle labbra dell'amico, non riesce a trattenere una risata spassionata.
Quanto tempo! Quanto tempo che i due fratelli non ridevano insieme prendendosi in giro reciprocamente, dimenticandosi del loro destino di saints, come semplici uomini legati dal sangue e dall'affetto.
"Lo sai, devo fare il buono… così tu puoi fare il cattivo!", scherza in risposta Shun.
Un frammento di serenità, al fine, tocca anche a loro.
Hyoga torna improvvisamente serio: "Ormai è notte. Riposiamoci. Ho casa, qui. Partiremo domani".
"D'accordo".

La luce è accecante in Siberia, i ghiacci la riflettono amplificata e va a colpire in viso il saint di Cygnus: apre gli occhi e si volta verso Shun. C'è sofferenza. Hyoga vorrebbe conoscerne la ragione. Ma non osa chiedere.
Shun si sveglia di scatto, nervosamente e Hyoga gli indica i cloth: "Dobbiamo indossarle".
"Fai come credi. Io lascerò qui il mio cloth".
"Ora smettila! -grida Hyoga sferrando un destro violento sul muro accanto a Shun- Perché sei così stupido?".
"È una promessa".
La rabbia sul viso di Hyoga scema vedendo la determinazione dell'amico.

Per le impervie foreste della Taiga camminano, l'uno a fianco dell'altro due uomini: l'uno indossa il cristallino cloth di Cygnus, l'altro, privo di difese, si ripara dal gelo con un mantello di pelliccia bruno.
"Ma conosci la via, Hyoga?"
"Seguimi. Ripercorriamo la via che le leggende dei ghiacci indicano come quella che conduce al tesoro di Prometeo".
Ripercorre luoghi noti, Hyoga.

"Manca molto? Non ho più consapevolezza di dove ci troviamo…".
Shun si volta a cercare l'amico: Hyoga è a terra, in ginocchio, come impietrito il suo sguardo rivolto al suolo lo ferisce con lacrime subito di ghiaccio.
"Hyo… Hyoga! Che ti succede?"
"Fermati, compagno. Arresta il tuo cammino. Non posso proseguire, ora. I ricordi mi piegano le ginocchia".
Shun si avvicina a Hyoga, non osa pronunciare nemmeno una parola, colpito dal dolore che traspare dalla voce dell'amico: aspetta. Forse è giunto il tempo in cui anche Hyoga, l'algido, insensibile saint delle energie fredde, racconti la sua storia e colmi il vuoto lasciato nel suo animo da eventi di cui non ha mai osato raccontare.
"Là. Da quello spuntone di roccia gelata guardai per la prima volta la desolazione di questi ghiacci eterni circondati dai venti e scoprii il prodigio di alberi che riuscirono a vivere anche qui, alberi dalle radici così vigorose da penetrare la neve rappresa.
"Avevo solamente otto anni, allora.
"Oh, Shun… come puoi immaginare ciò che io ho vissuto per ottenere al fine questo cloth argenteo?
"È regione deserta questa e io vi trovai ad attendermi Camus, l'amato maestro preposto alla mia educazione.
"Fu allora che conobbi l'odio e quanto esso può essere padre di forza e distruzione: Camus non smise mai, lo sai bene, di spingermi al disprezzo nei confronti di qualsiasi emozione. Anche dopo che ottenni il cloth, il mio maestro ebbe modo di educarmi all'indifferenza, all'odio, al gelo dell'anima, dapprima facendo precipitare la nave in cui riposa mia madre negli abissi più profondi, poi costringendomi ad affrontarlo in una lotta mortale.
"Non ho mai dimenticato. Il dolore per aver privato della vita Camus mi incattivì ancora di più. Decisi che non mi sarei lasciato mai più trasportare dai sentimenti, decisi che non avrei più avuto sentimenti. Per nessuno.
"Poi sono tornato qui, in Siberia, alla fine della lotta contro Ades.
"Credevo che la desolazione di questi luoghi mi avrebbe permesso di rimanere fedele al mio proposito. La solitudine cui queste lande costringono mi avrebbe impedito di provare amore.
"Un giorno, sette anni fa, camminavo in questo stesso luogo, era freddo, solo ghiaccio intorno a me, allora come ora. Sentivo le forze lasciarmi, ero come snervato dal peso di anni di battaglie, credevo fosse il tempo del riposo eterno… avevo perduto ogni motivazione per la vita e, nella notte senza stelle di quel giorno, mi lasciai cadere nella neve accogliente.
"Sentii le forze lente scivolare lontano da me e svanivano con loro i ricordi, la gioia, il dolore. Ogni cosa scemava mentre il gelo entrava nel mio corpo.
"Poi… poi tutto lasciò il posto ad un calore sconosciuto, accogliente.
"Qualcuno fece rotolare il mio corpo su un fianco e mi trovai con il volto cinto da dita gentili di donna.
""Chi sei?", riuscii a sussurrare, ma non ebbi risposta, di fronte a me solo una maschera senza espressione di sacerdotessa, una maschera uguale a tutte le altre se non per un disegno inciso in corrispondenza degli occhi: una croce del Nord… la mia croce.
"Sentivo il calore di quelle mani e, senza pensare, le cinsi i fianchi avvicinandola a me: scivolò lungo le sue gambe e si accoccolò su di me, seduta sul mio addome.
"Credo mi guardasse dritto negli occhi…
"Un cosmo colmo di sentimenti… non saprei descrivere con altre parole.
"Io ancora non so, dopo tutto questo tempo, raccontare la forza delle mie emozioni di allora… eppure la dolce saint, che mi aveva salvato da una morte forse desiderata, se ne andò veloce da me dopo aver risvegliato il mio desiderio di vita. Se ne andò lasciandomi solo la speranza di non averla perduta.
"Iniziò la mia sofferenza. Ogni giorno trascorreva nel desiderio di poter di nuovo gioire di quelle dita gentili, calde tra le mie. Ogni giorno andava senza di lei.
"Svanita. A nulla valse il mio peregrinare per le foreste eterne della Siberia, il mio cercarla con l'animo, speranzoso di percepire di nuovo il suo cosmo.
"Poi… una notte, dopo molto tempo, quando ormai credevo di averla perduto bussò alla mia porta: quanto era bella, amico mio! Di una bellezza che non aveva bisogno di altro per renderla completa! Assurdo questo… non vedevo nulla di lei, era avvolta in un mantello che oscurava ogni cosa, il volto incappucciato, i capelli nascosti, le mani invisibili per le lunghe maniche, ma… lei era lì. Lei non aveva bisogno di mostrarmi il suo viso o il colore dei suoi capelli. Io vedevo, perché il volto dell'anima non conosce ostacoli.
"Non disse nulla.
"Non rispose alle mie domande né me ne fece. Silenzio. Eppure il suo stringere la mia mano e condurmi senza meta sulla neve era sufficiente.
"Iniziarono giorni felici, di una gioia pulita come non avevo mai provato, nemmeno quando riuscii vittorioso in lotte terribili.
"Era semplicemente la gioia di saperla vicino.
"Dalla notte in cui mi cercò per stringere semplicemente le mie dita, fummo sempre l'uno accanto all'altra nell'oscurità della Luna, vivendo l'uno del calore dell'altra, credo.
"E in una notte in cui le stelle confortavano il mio animo sempre insofferente lei mi lasciò solo. O cosi almeno credetti.
"Pensai mi avesse detto di nuovo addio… non sapevo nulla di lei, in fondo, e non avevo modo di conoscerne i pensieri: se io le raccontavo la mia storia, ricevevo solo calore e silenzio.
"La mia porta tornò a schioccare sotto il suo pugno la stessa sera seguente.
""Ilaira. Io mi chiamo Ilaira, Hyoga".
"Ilaira. Questo era il suo nome. Per la prima volta udii la sua voce.
"Già… dovetti attendere settimane, forse mesi, perché mi parlasse, ma la sua vicinanza era per me uguale motivo di gioia: Ilaira mostrava un indugio alla dolcezza e ai sentimenti che non avevo mai avvertito in nessun altro… all'infuori di te, Shun… un indugio che con il correre dei giorni mi scopriva ogni ora più incapace di tacitare i moti del mio cuore; non mi ritenevo capace di soffocare l'amore, i sentimenti. Peccato fatale per chi, come me, voleva cancellarli e controllarli per l'eternità…
"Ilaira non aveva casa, credo… trascorrevamo insieme le notti e di giorno svaniva, leggera, imprevedibile, scivolava silenziosa tra la neve, pareva nemmeno toccarla tanto il suo passo era sussurrato.
"Più scorrevano i giorni, minori erano le mie speranze di annientarmi emozionalmente.
"Ricordo una notte, già tutti i miei ricordi di lei di legano all'oscurità, quasi temesse di mostrarsi alla luce… una notte, di quelle gelide, mortali, che solo qui sono possibili.
"Ilaira non mi aveva ancora raggiunto.
"Abbandonai il mio ricovero, bisognoso di solitudine e silenzio, e volsi i miei passi verso l'oceano. "Fu allora che vidi, proprio qui dove ci troviamo ora, una figura e insieme, incredibile miracolo, un fuoco avvampare sui ghiacci. Riconobbi Ilaira.
"Cosa notevole, questa, considerando che la sapevo donna semplicemente dalla sua voce: il suo corpo era sempre completamente celato da una pesante cappa, nulla mi era visibile di lei fuorché i piedi gentili. Priva di calzature marciava Ilaira, nulla era di ostacolo a che il gelo si insinuasse nella sua carne, eppure era come se lei non lo avvertisse, come se i suoi piedi fossero insensibili alla neve.
"La riconobbi, ad ogni modo.
"Al mio arrivo nel punto in cui ai miei occhi era possibile discernere i contorni della sua maschera, si voltò e il fuoco, improvviso, si spense senza lasciare segno della sua esistenza.
"Mi avvicinai. Per una forza incontenibile, irrazionale che mi conduceva a lei.
"Non manifestò fastidio per la mia venuta, semplicemente si sedette e attese che io facessi lo stesso. Era come se prevedesse che sarebbe giunto il tempo in cui non avrei più saputo trattenere le domande e così si accomodò sull'acqua solidificata e attese.
""Dimmi da dove vieni, sacerdotessa…".
""Dal luogo in cui fiorisce l'ulivo odoroso della dea", disse soltanto, con quella voce dal suono tintinnante dei ghiacci. Risposta vaga eppure io mi sentii completo.
"Mi invitò così a sedere sulla neve accanto a lei: non appena il mio corpo fu appoggiato alla neve, straordinario ossimoro, percepii un calore meraviglioso in ogni punto del mio corpo.
""Come è possibile un simile prodigio, Ilaira? -chiesi- come è possibile che io senta questo tepore foriero di serenità e pace mentre siedo sulle nevi?"
"Lo senti, dunque? Senti l'energia calda, saint".
"C'era una gioia sicura in quelle sue parole, come se avesse avuto dimostrazione di ciò che già sapeva. Non risposi. Rimasi in silenzio ad assaporare quella sensazione irripetibile di cui mi era concesso godere. Non chiesi più nulla di lei, non da dove provenisse realmente, non dove fosse diretta. E lei mi spiegò.
""Vedi, Hyoga… questo caldo che attraversa il tuo corpo e gli impedisce di ibernarsi… siamo noi. È il frutto del mio cosmo di donna che si combina con il tuo e colpisce profondamente la natura stessa dell'elemento che tu, negli anni dell'addestramento, hai imparato a controllare.".
"In quella notte, ebbi risposta a molte mie domande.
""Ascolta bene, guerriero.
"Sei giunto, ormai nove anni fa, per la prima volta per divenire padrone delle energie fredde.
"Dal primo giorno ti è stato insegnato che il solo modo per riuscire era abbandonare le debolezze umane dei sentimenti, lasciando che il loro posto fosse colmato dall'odio più puro.
"M a tu… tu, Hyoga, non ti sei mai piegato di fronte ad esso. Lo so. Inutili sono i tuoi sforzi per nascondermi il tuo cuore: cristallino come l'acqua appari. La tua stessa investitura a saint… l'hai avuta perché noi hai cercato di governare i ghiacci con la fredda indifferenza, ma osservandone le forme, le inclinazioni.
"Non usasti forza, né rancore nella tua istruzione eppure… il tuo cuore è nobile… è vero: il ghiaccio lo circonda… eppure è un cuore di animo buono.
"Ricordo perfettamente queste parole di Ilaira, parole serene, di gioia, in fondo.
"Si accostò a me: "Fino a questo momento io ho trasmesso a te il mio calore… ora ho freddo. Tocca a te.".
"E si appoggiò al mio corpo. Fu allora che compresi appieno la sua natura femminile, in quel suo abbandonarsi di fronte a me ne vidi le debolezze che mi apparvero forza meravigliosa. Ripensando a quella notte, sento ancora addosso il suo peso gentile, il cuore ancora mi opprime il petto e sanguina dolente.
""Perché sei qui, Ilaira?", chiesi in un sussurro.
""Non ha importanza il motivo per cui sono qui".
"Non seppi altro di lei dalle sue parole, quella notte.
"Non ho altri ricordi di quella notte.
"Quella donna misteriosa, di cui saprei dipingere perfettamente i piedi immacolati che sfuggivano ai segreti del suo mantello, destò in me il più puro sentimento mai concesso all'umanità. Fin dal primo momento avvertii per lei e in lei un'emozione straziante e unica insieme, ma solo in quell'occasione la compresi completamente. Ero eletto a provare la meraviglia più grande: l'amore.
"Amore!
"Quale altra parola è più infinita?
"Accolto a quello splendido privilegio, avrei dovuto rifiutarlo.
"Ciò che per tutti è motivo di gioia, per me era motivo di debolezza e ignominia.
"Il sentimento più violento non mi era permesso.
"Avrei dovuto cancellare dallo specchio del mio animo quelle sensazioni, ma io, stolto!, non ne fui capace: Ilaira mi dava una ragione di vita con la sua sola presenza; rinfrancava il mio spirito nella nostalgia e nel dolore con una semplice frase.
"Da quella notte di fuoco sui ghiacci, ogni volta che le tenebre scendevano a tacitare i suoni di questo luogo, lei riprese a condurmi con sé.
"Camminavamo nuovamente ore nella neve, talvolta parlando, più spesso in silenzio, colmati ognuno dalla presenza dell'altro. Nei passi Ilaira sempre cercava la mia mano: "È vita", diceva portandola all'altezza del cuore e cingendola tra le sue dita esili, fragili.
"Poi una di quelle notti, erano ormai mesi che ci trovavamo in questa terra, Ilaira mi condusse al luogo dove divampò il prodigioso fuoco e lì… qui, dove ho ora i miei passi… mi fece sedere: "Devo andare. Devo lasciarti, dolce saint… il tempo concessomi è scaduto. Devo andare.".
"Sentivo le parole rotte da lacrime che non potevo vedere e il dolore si impadronì anche di me. "Ilaira rimase immobile un istante ed io… non so. So solamente che slacciai il pesante mantello di pelliccia con il quale si proteggeva dai venti freddi della Siberia: la cappa si aprì e mi mostrò le sue mani, il suo corpo. Era un corpo di latte coperto pudicamente da una garza leggera, corpo di donna con le sue forme accoglienti e morbide; ricordo qualcosa, un piccolo segno dipinto sulla sua anca, ma non ebbi modo di osservarlo con attenzione e tuttora non so cosa rappresentasse; un piccolo segno simile nelle dimensioni a questo che io porto all'altezza del cuore.
"Già… mi strinse le mani regalandomi un'emozione che mai più ebbi il dono di provare e mi concesse di vedere il suo volto: la maschera scivolò gentile dal suo viso mostrandomi due occhi d'ebano che mi davano vita accompagnati dall'ondeggiare morbido dei suoi capelli color del ghiaccio. Le sue labbra accoglienti si posarono proprio qui, dove ora ancora mi brucia la carne…
"Al fine mi concesse un bacio che sapeva di fiele e disperazione e, in un istante, si alzò… era da subito troppo lontana.
"Piansi.
"Per non aver saputo tenere vicina a me la donna che amavo… che amo.
"Ecco la sola cosa che mi porto addosso di lei -dice infine il giovane, sfiorandosi il cuore con le dita- un piccolo segno… una alfa, il segno dell'inizio…
"Non avrò mai nemmeno una risposta… cosa vorrà dire?
"Ora… ora mi è sufficiente considerarlo un dono".

Shun ha ascoltato il racconto dolente dell'amico, fratello impuro di sangue.
Come appare fragile, ora, Hyoga, piccolo uomo di erbe intrecciate che si piegano al vento gelido.
Si è frantumato alfine il ghiaccio eterno che aveva ucciso il cuore del cigno. E il dolore che ha dovuto sopportare mentre lentamente gocciolava via è stato troppo violento, ha piegato le difese erette in un'esistenza intera: chi ha vissuto intriso della sua razionalità, soffocando ogni moto dell'anima, uccidendo i sentimenti, non può sopportare l'improvvisa lacerante emersione se non con una partecipazione tale da tramutarsi in dolore.

"È stata la lezione più importante della mia esistenza. Anche se ho perduto il maestro. Forse è il mio destino".
"Già -pensa Shun- hai perso anche Camus, fratello. Ma anche io ho perduto. Lei. Ed io senza nemmeno conoscerne il nome".

Rimane un'alfa. Per entrambi i fratelli, dal destino di amori sciagurati.
Il segno dell'inizio.
Inizio.




CONTINUA...