Schegge di Vetro
Capitolo 2
" I'd like a piece of cake, and an orange juice"
Quest'ora di inglese non passa più.
" Well Done, Claudio. Good job".
L'ennesimo bel voto. Bravo Claudio, forse dovresti venire
ad aiutarmi a casa, a volte
poi magari possiamo prendere un tè freddo.
" Sara!"
Meglio qualcosa di forte, non sia mai che ti lasci andare
però
che begli occhi
"Sara! It's your turn, now!"
chissà Claudio come pronuncia "love"
perché
non traduciamo mai le canzoni d'amore
caspita
"Sara! Come here, please"
In classe cominciò a sentirsi un leggero brusio, che ben
presto eruppe in una risata generale, quando Sara cominciò
a canticchiare "Always" di Bon Jovi, senza
nemmeno accorgersi che la professoressa Wilcox, nota per
la stazza e l'alito altrettanto pesante, era diventata
paonazza dalla rabbia.
"SARA ORA ALZATI ED ESCI FUORI!"
La risata della classe cessò di colpo. Sara finalmente
si accorse che la Wilcox parlava con lei da dieci minuti.
Si cominciò a sentire un'atmosfera tesa. Le facce dei
compagni di Sara si rabbuiarono. Anche la Wilcox non
parlava più.
Sara sorrise, chiese scusa e guardò male chi non rideva
più. "Dai, ragazzi, animo! Che vi prende?
Professoressa, mi scusi. Esco subito".
"Sara, ascoltami, io
"
"Professoressa, non ho problemi. Sembra che ne
abbiano gli altri. Parli con loro".
Sara chiese a Claudio, ancora in piedi per
l'interrogazione, di spostarle il banco, in modo che
potesse uscire facilmente con la sedia a rotelle.
Sì, Sara non poteva camminare. Con due o tre spinte alle
ruote, arrivò in mezzo al corridoio, ed aspettò che
finisse l'ora di inglese.
Non aveva mai sopportato gli sguardi tristi, o
compassionevoli. In quei casi la carrozzella diventava
sempre più pesante. Era proprio quando la gente la
guardava con solidarietà (che Sara chiamava "la
pietà dei perbenisti"), che si sentiva peggio.
Anzi, si sentiva diversa.
Proprio per il semplice fatto che Sara non aveva mai
camminato, sentiva la sua situazione del tutto normale.
Non a caso, grazie ad una famiglia tra le più ricche
della Germania, non si era mai fatta mancare nulla, dalla
vita. O meglio, non l'avrebbe mai privata di nulla suo
padre, unico superstite di un incidente in montagna
quando le era ancora neonata, e sua madre cadde in un
crepaccio rimettendoci la pelle per salvarle la vita, ma
non le gambe. Per uno strano senso del dovere nei suoi
confronti, non smetteva mai di curare il suo corpo.
Sara era stupenda. I capelli leggermente mossi, castano
scuro ed ordinatissimi, sfioravano appena le spalle del
suo dolcevita a collo alto blu. Un fisico asciutto e
tonico, nonostante le difficoltà, tenuto costantemente
sotto controllo non solo dai medici, ma da lei stessa.
Gli occhi neri, leggermente a mandorla, e la pelle
bianca, senza alcuna imperfezione, che dava ancor più
risalto al nero pece del suo sguardo. Sara si voleva
bene? Non era stato sempre così, però sapeva di aver
conquistato tanto, e di esser molto più fortunata di
tutte le sue amiche del corso di riabilitazione motoria,
che vivevano col fantasma del passato. E nonostante
tutto, voleva ancora conquistare, ed ottenere, la cosa più
importante.
L'indifferenza.
La stessa che notava tra la gente che faceva la fila alla
posta, o che si incrociava casualmente per strada.
La stessa indifferenza con cui la gente apre porte, sale
sul tram, si appoggia al bancone del bar. O piscia. Si,
perché Sara, nella civilissima Germania, proprio quella
nazione che voleva cancellare la discriminazione degli
anni bui, non poteva pisciare da sola. Non sempre,
beninteso. Quasi tutti i locali avevano i servizi per
handicappati. Belli, lucidissimi, puliti. Talmente puliti
che capì seduta sul water la propria diversità. Quando
mai un cesso pubblico è stato così pulito?
Così, immersa nei suoi pensieri, la campanella suonò.
Uno sciame di ragazzi festosi e urlanti si dirigeva verso
il parco antistante la scuola. Era terminata un'altra
giornata.
***
"Previsioni del tempo: in tutta la Germania è
previsto tempo incerto e possibilità di piogge,
specialmente in prossimità delle località marittime
"
click.
"Alfred!!! Preparami un impermeabile ed un ombrello
pioverà
ed ho il corsooo!"
"Signorina Sara, è sicura di non voler essere
accompagnata in macchina, almeno per oggi?"
"No, Al
sai come la penso. Grazie lo stesso."
"Ma sono stato incaricato di occuparmi di Lei,
quando suo padre è a lavoro
e badare alla sua
salute rientra tra i miei compiti
"
Sara si fece seria.
La sua pelle bianca si fece rosata.
"Perché?" chiese. Ma non era una domanda. Era
una provocazione.
"
"
"Perché è il tuo lavoro, Al. Sono anni che stai
qui, non devi spiegarmi come funziona. Il lavoro ti dà
il pane, Al. E non puoi permetterti di perdere il pane.
Allora non dire stronzate, se mi ammalo, il pane lo avrai
comunque
"
"Signorina, non può dirmi così."
"Lo dico eccome. Non stai facendo opere pie. Fai il
tuo dovere, allora non metterla come se ti preoccupassi
davvero."
Ciò detto, lasciò Alfred, maggiordomo di Villa Gasser
da decenni, strappandogli ombrello e incerata dalle mani,
ed uscì dalla sua villa, bianca, imponente. Praticamente
un sepolcro.
Nel passato, Sara era rimasta chiusa lì dentro per
giorni interi, senza la voglia di uscire mai
E
quelle giornate duravano troppo, ma le notti venivano
troppo in fretta. E le notti duravano troppo, ma troppo
in fretta spuntava l'alba
Giorni e notti si accalcavano, si confondevano, ed il
tempo correva veloce, ma le giornate non passavano mai.
Tanto, non aveva bisogno di nulla, figuriamoci del tempo.
Tutto le era facile da ottenere: cibi raffinati, vini
nobili, vestiti e accessori, ultimi ritrovati della
tecnologia.
"Sara, guarda che ti ho portato da Parigi!"
"Grazie Papà"
"Provalo, è di uno stilista di grido"
Sara entrava in camera e lo provava. Ma non riusciva mai
a capire come gli stessero gli abiti, da dietro. Allora
li tagliava, li strappava con rabbia, e ricominciava a
guardare la finestra.
Le finestre enormi della sua camera si affacciavano sulla
strada. Vedeva il mondo muoversi da lì.
Solite facce, solita indifferenza che tanto desiderava.
Ed un ragazzo.
Un ragazzo che corre e sbuffa.
Ogni giorno. Pioggia Sole Vento e Neve.
Indosso, un cappello rosso bordeaux con una curiosa
scritta sulla visiera : "W.Genzo". Una felpa
grigia e pantaloni di cotone neri.
Quel corridore scandiva i suoi tempi.
Metà mattina. Tramonto. Poi cominciavano gli incubi. E i
suoi pensieri. E la voglia di avere altre vesti da
ridurre a brandelli. Un ragazzo che corre, senza sapere
perché. Come se fosse normale. Solo per sport. Roba da
matti.
In una calda giornata primaverile il ragazzo, forse perché
stanco, forse perché si sentiva osservato, si fermò e
guardò la villa. Ed il parco antistante, dove avrebbe
visto bene una porta da calcio. Ripensò al Giappone e
alla villa a Fujisawa. Alzò gli occhi verso una amplia
finestra, ed una ragazza, seduta, lo fissava. Con una
sorta di strano entusiasmo, al pensiero che qualcuno lo
guardasse, lui che si sentiva inguardabile, Benji salutò,
sventolò il berretto, si asciugò la fronte e fuggì via.
Per Sara fu il colmo. Decise da allora di incontrarlo ed
umiliarlo. Lei, che voleva indifferenza, era stata notata
dal mondo
e non per la sua paralisi, ma perché
fissava dalla finestra. Inconcepibile. Sara aveva deciso
di affrontarlo, di batterlo, di riportarlo al mondo di
tutti, quell'ipocrita.
Allora ricominciò la scuola, ricominciò ad uscire,
ricominciò le sedute di terapia, senza mai chiedere
aiuto a nessuno, e dimostrando rancore contro chiunque si
mostrasse gentile e premuroso, a meno che non fosse
direttamente lei a chiederlo.
Ripensò a tutti quei mesi passati così, Sara, uscendo
dalla porta.
Aprì l'ombrello, lo attaccò allo schienale della
carrozzella, e partì verso il centro di riabilitazione
motoria, pensando tra sé e sé: "Speriamo che ti
bagni, stupido ragazzo
"
Nel frattempo, da una radiolina in lontananza si sentiva:
"Previsioni del tempo: in tutta la Germania è
previsto tempo incerto e possibilità di piogge,
specialmente in prossimità delle località marittime
".
Continua....
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