Il viaggio nel tempo non durò molto.
In pochi istanti le guerriere raggiunsero la meta.
Nessuna di loro sorrideva; neanche il meraviglioso
spettacolo della gigantesca luna che si rifletteva sulle
torri del Crystal Palace le fecero dimenticare il motivo
di tale missione.
Nessuna diceva niente; tutte pensavano alle loro amiche,
prigioniere di chissa quale nemico e in chissà quali
condizioni.
Dalla città addormentata non proveniva
nessun suono; il silenzio era rotto soltanto dal rumore
dei passi sulla strada principale della città, quella
che conduceva al palazzo.
Era veramente bellissimo da vicino. La luce lunare veniva
riflessa in straordinarie sfumature che conferivano
all'edificio una specie di aura multicolore.
Ma tutto era troppo silenzioso: la rigogliosa Crystal
Tokyo sembrava una città fantasma; un silenzio luttuoso
aleggiava sulla città.
Le guerriere erano curiose quanto
preoccupate: ma non dovettero attendere molto per sapere
cosa stava accadendo.
Bastò loro varcare l'ingresso monuntale del palazzo per
vedere due feretri argentei situati nel centro del
maestoso atrio. In fondo alla stanza, il re Endymion
contemplava piangendo le due bare: il suo viso era
cosparso di rughe e i capelli erano sbiancati; la
fiugura, un tempo aitante e regale, appariva ora come un
vecchio trasandato; era talmente scosso che non si
accorse degli ospiti.
Le ragazze non ebbero il coraggio di avvicinarsi. Hotaru
iniziò a piangere, cercando conforto fra le braccia di
Setsuna. Tutte piangevano; solo -haruka era rimasta
impassibile ma era chiaro che stava soffrendo come le
altre, anche se il suo orgoglio le impediva di esternare
il suo dolore.
Fu lei a porre fine a quel momento di agonia per tutte:"Noi
cambieremo il futuro! Acquisiremo il nuovo potere e
libereremo Usagi e Chibiusa!" La sua voce tremava ma
il suo tono autoritario scosse le altre ragazze.
I gatti s'incamminarono seguiti dalle
guerriere. Salirono scale, attraversarono giardini,
percorsero corridoi fino ad arrivare ad una maestosa
porta intarsiata: era gigantesca e bellissima, ricca di
lune incise con abile maestria.
Luna toccò delicatamente la porta che si spalancò come
guidata da una forza magica, permettendo alle ragazze di
ammirare una meraviglio quanto gigantesca stanza: vetrate
di mille colori alleggerivano le pareti e illuminavo la
stanza mentre in fondo, in cima ad una scalinata era
posto un altare sormontato da una luce.
Le ragazze entrarono: uno straordinario
senso di pace invase i loro cuori.
Tutto il dolore che avevano provato sembrava essersi
dissolto sotto l'effetto della luce benefica che
proveniva dall'altare.
Più si avvicinavano più l'oggetto misterioso assumeva
consistenza e forma: aveva la forma di una coppa dorata e
poggiava su un piedistallo fucsia.
Lo stupore e l'incredulità delle guerriere aumentò non
appena riconobbero in quell'oggetto così benefico e
tranquillizzante la leggendaria Coppa Lunare.
Luna e Artemis salirono la breve scalinata: le lune che
avevano sulla fronte iniziarono a brillare; anche la
leggendaria reliquia si illuminò fino a quando si aprì
emettendo un bagliore talmente forte da accecare le
ragazze.
L'effetto del bagliore durò a lungo: le
guerriere non vedevano più nulla.
Sentivano solo un'infinita pace dentro di loro finchè
non riaprirono gli occhi.
Tutto era cambiato: la meravigliosa stanza in cui erano
state si era dissolta come per magia; sotto di loro una
gigantesca pittaforma circolare; di fronte a loro otto
scalinate che conducevano ad altrettanti passaggi
illuminati; dietro di loro una scalinata più grande
delle altre, talmente alta che non se ne vedeva la cima;
tutto il resto, vuoto.
Il benefico effetto della Coppa Lunare si era esaurito e
lo sgomento tornò a riempire i cuori delle guerriere
anche se sentivano qualcos'altro dentro di loro: una voce
che le guidava e diceva loro di salire quelle scale.
Nessuna disse nulla: salirono le scalinate e
s'inoltrarono nei varchi luminosi scomparendo.
Luna e Artemis si voltarono, si guardarono e fecero un
cenno con la testa dopodichè salirono velocemente la
scalinata maggiore scomparendo nel nulla.
Fine cap. 3
|