Il
Ritorno
seconda parte
(da
5 a 7)
Alcuni
giorni dopo Oscar stava sellando il suo cavallo
preferito, Balthazar, uno splendido purosangue bianco.
Tese una mano ed accarezzò il muso dell'animale con
affetto. Era da molto tempo che non lo montava, ma quella
mattina aveva intenzione di farlo, di lasciarsi
trasportare lontano dai pensieri oscuri degli ultimi
tempi. Montò in sella ed uscì all'aperto, e mentre si
avviava verso il suo percorso preferito vide da lontano
un uomo in groppa ad un cavallo scuro. Si bloccò
immediatamente. Non riusciva a distinguerlo chiaramente,
ma sentiva che la stava aspettando. Sei tornato da me,
mio amico, mio compagno di sempre
Perché si sentiva il cuore in gola, mentre si avvicinava
a lui? Era così familiare
quella figura eretta,
quei capelli neri
era André Grandier. Ora lo vedeva
più chiaramente, teneva gli occhi fissi su di lei mentre
si avvicinava, e la guardava come ipnotizzato. Gli si
accostò, fermando il cavallo, e disse con finta
disinvoltura: "Signor Grandier, che sorpresa. Cosa
ci fa qui?"
"Buongiorno, Oscar François. Ecco, io
per la
verità era molto tempo che non andavo a cavallo, ma mi
ripromettevo sempre di farlo. E visto che stamattina non
avevo impegni urgenti ne ho approfittato per venire qui
"
"Ah, bene. Ne sono lieta" disse lei sforzandosi
di sorridere.
"Non è vero" pensò tra sé, "Invece
mi dispiace. Avrei preferito non vederti mai più. La tua
presenza mi turba, non so neanche io perché. Ed io ho
bisogno di pace, solo di pace
"
"Vedo che ha scelto il nostro Julius", aggiunse
"E' un cavallo difficile, sa? Non so se lei sia in
grado di
"
"Vuole mettermi alla prova?", la interruppe lui
sorridendo.
Oscar lo fissò. Quel sorriso la attirava come una
calamita, pensava stupita di sé stessa. "D'accordo,
mi segua allora", esclamò partendo al galoppo. Dopo
un attimo di sorpresa André si precipitò dietro di lei,
mettendosi subito sulla sua scia. Quella scintilla di
sfida che aveva letto nel suo sguardo
sapeva di
conoscerla, di averla già vista. E quando l'aveva vista
avvicinarsi sul suo cavallo, si era sentito paralizzato
da un'emozione inspiegabile. Quella figura elegante, quei
lunghi capelli biondi che ondeggiavano nel vento
parevano
venire da un altro luogo, un altro tempo
ma quale?
Riuscì ad affiancarsi a lei, mentre percorrevano una
lunga strada fiancheggiata da alberi.
Oscar guardava davanti a sé, ma sentiva la sua presenza
al suo fianco, sentiva che galoppava al suo stesso ritmo,
che era quasi una cosa sola con lei. Resta al mio
fianco per sempre
non abbandonarmi mai
Non ti abbandonerò mai
diceva una voce
nella testa di André, la mia ragione di vita è
questa
tu sei la luce, io sono l'ombra.
Oscar rallentò il passo, ansante, e sentì lui
rallentare accanto a lei. Proseguirono per un lungo
tratto così, senza parlare. Sentivano che non ce n'era
bisogno. In quel momento erano tutt'uno con il cielo
azzurro, il vento leggero, il rumore tra gli alberi.
Arrivati vicino ad un piccolo laghetto, Oscar fermò il
cavallo e scese.
"Meglio farli riposare un po", disse.
André scese anche lui e le si accostò.
"E' come se avessimo cavalcato insieme da sempre,
non è vero?", disse fissandola intensamente. Oscar
si sentiva la gola serrata. Avvertiva una strana
sensazione
quasi di paura, mentre gli occhi verdi di
lui la fissavano. Assurdo! Lei non aveva mai avuto paura
di nulla e di nessuno. Ma era come se qualcosa in lui le
ricordasse un dolore, un dolore lontano che preferiva non
conoscere.
"Non capisco, cosa vuol dire?", rispose
freddamente.
"Niente", rispose lui ritraendosi, e poi
aggiunse: "Si ricorda quando le parlai del quadro?
Quello con la donna che le assomigliava tanto?"
"Sì, e allora?"
"Ho fatto delle ricerche sui vecchi registri, ed ho
scoperto che fu acquistato dal Barone de Villiére. Sono
riuscito a contattarlo, ma lui l'aveva venduto cinque
anni fa"
"Mi dispiace per lei. A questo punto avrà lasciato
perdere, immagino"
"Neanche per idea. Lei non mi conosce bene, Oscar.
Io sono molto tenace. In tutto". Oscar sì sentì a
disagio sotto il suo sguardo, e tacque. Dopo un po
lui riprese: "Comunque sembra che l'abbia venduto ad
un mercante d'arte che conosco
continuerò a
seguirne le tracce!"
Oscar rimase ancora in silenzio. André sembrava
veramente ossessionato, pensava. D'altronde era
ossessionata anche lei dai suoi sogni, da quell'uomo
sconosciuto, da quel palazzo
"Sa che esiste un
palazzo che era di proprietà della mia famiglia, che non
ho mai visto?", gli disse impulsivamente.
"Davvero? E perché mai?"
"Non saprei
forse non sono abbastanza curiosa,
tutto qui"
Il palazzo
ne conosceva solo l'esterno. Suo padre
non aveva mai voluto che ci mettesse piede, e lei aveva
obbedito. E poi
che senso avrebbe avuto ammirare
qualcosa che non le apparteneva più? Forse la realtà
era che aveva paura. Paura di scoprire che era lo stesso
palazzo dei suoi sogni, e di scoprire il significato di
quell'ossessione, se mai ne avesse avuto uno.
André la guardava e pensava: "Vicino a te mi sento
in pace, Oscar. Mi sento come se fossi stato sempre al
tuo fianco
" Ora sarebbero tornati indietro, e
poi? Quale altra scusa avrebbe inventato per rivederla?
Doveva fare qualcosa, prima che quel momento passasse.
"Oscar, io volevo chiederle
" disse
facendosi coraggio "Verrebbe a cena con me? Le
assicuro che non so parlare soltanto di quadri, giuro che
non l'annoierò"
"E' meglio di no" pensò subito Oscar, "mi
sembra una pessima idea". Aprì la bocca per
rifiutare ma suo malgrado la sua voce disse: "Può
darsi
"
"Quando?"
"Non saprei
"
"Stasera?"
"Non posso"
"Domani, allora"
Oscar sorrise e disse: "Va bene, mi arrendo"
Mentre tornavano indietro si era già pentita. "In
fondo cosa so di lui? Niente, e allora perché ho
accettato?". Dì la verità, volevi rivedere quegli
occhi e quel meraviglioso sorriso, disse una voce dentro
di lei. Aveva quasi la sensazione di perdere il controllo
delle sue azioni, vicino a lui. E questo la spaventava.
Si voltò indietro quasi con rabbia e disse: "Domani
non venga a prendermi. Sono abituata a muovermi da sola.
Mi dica dov'è e ci vedremo lì", e partì al
galoppo.
André restò un attimo a guardarla e poi partì dietro
di lei. "Sarà forse il mio destino quello
d'inseguirti sempre?" pensò.
La sera successiva Oscar ed André stavano
camminando lungo la Senna, sfidando il vento freddo che
li avvolgeva. Durante la cena Oscar si era sorpresa a
spiare il viso di Andrè. Il modo in cui abbassava gli
occhi, il sorriso, i gesti, persino il modo di respirare,
tutto la turbava come un'emozione mai provata eppure al
tempo stesso terribilmente familiare. Avevano scoperto di
avere altre cose in comune, oltre alla passione per i
cavalli. Oscar era stata una campionessa di scherma, da
ragazzina, ed anche lui aveva vinto molte gare. Tutti e
due avevano un grande interesse per il '700,
particolarmente per il periodo di Luigi XVI, ed André
era un vero esperto dell'arte di quel tempo. Oscar era
una donna fiera ed indipendente, aveva capito André, ma
c'era anche dolcezza nei suoi occhi, ed una sorta di
strana tristezza. Il suoi occhi
sentiva di poter
leggere dentro di loro con una chiarezza sconcertante.
Era incredibile come si trovasse a suo agio in sua
compagnia, come gli sembrasse di conoscerla da sempre
"Qual è il tuo fiore preferito?" chiese lui
all'improvviso.
"Le rose, perché?"
"Di che colore?"
"Bianche"
"Lo sapevo!" esclamò lui sorridendo.
"A volte sei strano, sai?" disse lei
guardandolo. Perché sentiva quell'emozione così forte
vicino a lui? Perché non riusciva a distogliere gli
occhi dal suo viso? Abbassò lo sguardo e disse: "Mi
chiedevo
una volta che avrai trovato il tuo quadro,
che farai?"
"Chissà, forse deciderò di rubarlo, travestito da
cavaliere nero."
"Da chi?"
"Da cavaliere nero. Non dirmi che non conosci la
storia"
"Vagamente
"
"Si dice che prima della Rivoluzione terrorizzasse
le nobili famiglie di Parigi, derubandole e donando tutto
ai poveri. Da bambino spesso mi vestivo come lui!"
"Il cavaliere nero
non era quello con un occhio
solo?"
"No, non mi sembra"
"Avrò fatto confusione
" disse Oscar, ed
all'improvviso sentì un suono provenire dalla riva del
fiume, "Cos'è?" chiese.
"Sembra
una fisarmonica" disse André. Si
sporsero verso la riva e videro un uomo dall'aspetto
malandato che suonava una vecchia fisarmonica, cantando
una canzone.
"La conosci?" chiese lui "Mi sembra
".
Se avessi capito prima il tuo amore
se avessi
capito che anch'io amavo te
è per questo che
piango, che piango per te
dicevano le parole.
"E' molto triste" disse Oscar sentendosi
stringere il cuore "Andiamo via"
"Come vuoi". Dopo un po lui disse: "Il
palazzo della tua famiglia
com'è possibile che tu
non l'abbia mai visto?"
"Non so
mio padre mi proibì di metterci piede,
non accettava ancora l'idea di averlo perso,
probabilmente"
"Scommetto che era un ammiratore di Maria Antonietta!"
"Di Robespierre sicuramente no" disse lei
sorridendo, ed aggiunse: "Sai, ho visto alcuni
ritratti di Maria Antonietta insieme ai suoi figli, ed
era veramente molto bella. Sicuramente avrà fatto molte
scelte sbagliate, ma io la vedo più come una vittima.
Della sua immaturità, della persone che la circondavano
"
"Sicuramente la sua pena fu troppo crudele"
disse André "Chissà se qualcuno della tua famiglia
la conosceva"
"Penso di sì
" rispose lei persa nei suoi
pensieri. André sentiva l'impulso irrefrenabile di
prenderle la mano, ma non osava. Stava correndo troppo,
eppure
avvertiva l'urgenza disperata di toccarla,
sentire che quella donna era reale, e non l'immagine di
un sogno fatto da bambino. Arrivarono davanti ad una
piccola chiesetta, e lui alzò lo sguardo verso la
facciata. "Guarda
non l'avevo mai notata"
disse fermandosi.
"Non mi piace" disse lei.
"Perché'?"
"Non so
mi fa uno strano effetto". Oscar
si sedette sui gradini della chiesa e si sentì assalire
da una profonda tristezza. Perché, perché mi hai
abbandonato? Non è vero, non ti ho mai lasciato
Sentì
un inspiegabile desiderio di piangere.
"Oscar, cos'hai?" chiese André avvicinandosi a
lei. Lo guardò, e senza neanche accorgersene gli prese
la mano, sentendo la sua ansia placarsi.
"Niente, scusami. Forse abbiamo camminato troppo
".
Erano molto vicini, adesso. André sentiva la forza che
emanava da lei, la forza misteriosa che lo aveva attratto
dal primo momento. Voglio baciarti, pensava, lo voglio
da sempre
ma non ne aveva il coraggio. Temeva
che lei lo respingesse.
"Vuoi che ti accompagni a casa?" le chiese
gentilmente.
"I suoi occhi
" pensò lei, "potrei
guardarli per sempre, potrei stringere la sua mano per
sempre
" Per sempre, Oscar
ti amerò
per sempre
diceva una voce lontana. Da dove
veniva? Un lenzuolo bianco agitato dal vento
ed un
dolore, un dolore mai dimenticato. Perché pensava a
questo, adesso? Si rese conto che André la stava
fissando, ed agendo come in sogno alzò la mano e gli
accarezzò il viso. André sentì il cuore battergli con
forza, mentre un'emozione violenta si impossessava di lui.
Le afferrò la mano, chinò la testa e la baciò sulle
labbra. Oscar si lasciò sfuggire un gemito quasi di
dolore, mentre si stringeva a lui con tutta la sua forza.
Ti ho aspettato
ti ho aspettato tanto, ti ho
cercato nella luce e nel buio
André le passò
le mani nei lunghi capelli, desiderando disperatamente
diventare una cosa sola con lei, perdersi in lei
"Non ho mai provato questo prima", pensava
sentendo il corpo di lei tremare contro il suo. Mia
amata, mia unica e sola
diceva una voce nella
sua testa.
"Che sto facendo?" pensava Oscar incapace di
staccarsi da lui, mentre suo malgrado le sue mani lo
attiravano a sé.
"Voglio fare l'amore con te" pensava André
accarezzando il suo corpo "Più di ogni cosa al
mondo, anche se domani dovessi morire
" Non
posso morire adesso
non posso
Si sentì
improvvisamente disperato, mentre la spingeva verso il
muro della chiesetta. "Ti desidero" pensava lei
"Ti desidero come mai nessuno
oh Dio, ma che mi
succede?". Si staccò da lui all'improvviso,
tornando bruscamente alla realtà. Lui la guardò senza
parlare, ansante. Oscar non riusciva a sostenere il suo
sguardo, si sentiva avvampare per la vergogna.
"Oscar.." mormorò lui "Ti prego, guardami".
"Non posso", pensava lei desiderando scomparire.
"André, io
" disse con lo sguardo
abbassato "non so cosa mi accada. La verità è che
è stato uno sbaglio, è successo tutto troppo in fretta,
mi dispiace".
"Uno sbaglio?" disse lui prendendole il mento
con la mano "Guardami, ti prego. Come puoi dire che
è uno sbaglio?"
Oscar fissò i suoi occhi e si sentì mancare il respiro.
Doveva andarsene. E subito, prima di commettere altre
sciocchezze. "Sì" disse cercando di
controllare la sua voce "Non sono abituata ad andare
così in fretta. Non sono abituata a non controllare più
le mie azioni. E questo non mi piace".
"Va bene" disse lui allontanandosi leggermente
"Farò come vuoi. Da ora in poi rispetterò tutte le
tue regole. Va bene così?"
"Sì, ti ringrazio" disse lei spostandosi verso
il marciapiede. "Tutto troppo in fretta",
pensava Oscar sconvolta. Cosa c'era in quell'uomo che la
spingeva a comportarsi così? Non si riconosceva più.
Passò un taxi e lei alzò un braccio per fermarlo.
"Aspetta, ti accompagno io!" esclamò lui
stupito.
Il taxi si fermò , lei aprì la portiera e disse: "Preferisco
di no, davvero. Non preoccuparti. E' meglio così",
e sparì nella notte.
"Oscar, da cosa stai fuggendo?" pensò André
rimasto solo. Era quasi come se lei avesse paura. Di lui,
forse? Non aveva avuto intenzione di spaventarla, ma era
come se una parte di lui avesse atteso quel momento per
tutta la vita. "Mi sembra quasi di essere
prigioniero di un sogno", pensò allontanandosi.
Passò nuovamente vicino all'uomo con la fisarmonica. Ricorda,
ricorda il mio nome
diceva ora la canzone, un sogno
perduto, un sogno spezzato
Due
giorni dopo Oscar si trovava seduta alla sua scrivania,
nel suo ufficio. C'era del lavoro arretrato e la colpa
era sua, si era fatta distrarre da troppe cose,
ultimamente. Non era da lei. Aveva sempre avuto un
fortissimo senso del dovere, insegnatole da suo padre.
Aveva perso la madre da bambina, ed il padre aveva
provveduto alla sua educazione. Forse era stato troppo
severo a volte
era un uomo all'antica, fedele a
certe regole di comportamento un po rigide. Ma
Oscar sapeva che l'aveva amata molto, e che in fondo era
sempre stato fiero di lei, di quella figlia coraggiosa,
testarda ed indipendente. Ma quanta fatica per essere
all'altezza delle sue aspettative
quante
frustrazioni. "L'hai mai capito, papà'?", pensò
rattristandosi. Sospirò ripensando alla telefonata con Gérard
della sera prima. Gli aveva detto che era inutile
proseguire quella storia senza senso, e lui l'aveva presa
male. "Hai conosciuto un altro?" le aveva
chiesto "No! Assolutamente no." "Non so
Oscar
sei così cambiata, ultimamente. Ma forse è
meglio così. Ho sempre saputo che c'era una parte di te
che non mi apparteneva
per questo a volte eri così
fredda
" "Non è vero!" "Sì che
è vero! Sei una donna fredda Oscar, e probabilmente lo
sarai sempre" ed aveva riattaccato. Le sue parole
l'avevano ferita. Era vero
in tutte le sue storie
non era mai riuscita a darsi completamente, era come se
nessuno fosse riuscito a toccare davvero il suo cuore.
Era così sicura di sé nel suo lavoro, così
indipendente
e nei rapporti personali era un
disastro. Si sentiva sempre impacciata, come se stesse
recitando una parte che non era la sua, come se qualcosa
le impedisse di abbandonarsi alla sua natura di donna.
Poco femminile
anche quello si era sentita dire, a
volte. Certo non era il tipo fragile ed apparentemente
insicuro che molti sembravano cercare, ma di questo in
fondo era felice. André
aveva cercato di non
pensare a lui. Era ancora profondamente turbata da quello
che era accaduto due sere prima. Con lui non era stato
così, era stato tutto naturale, istintivo
come se
non avesse atteso altro tutta la vita. Aveva sentito di
poter essere se stessa per la prima volta, e questo in
fondo le faceva paura. Non aveva mai provato un desiderio
così forte per qualcuno, per quanto le costasse
ammetterlo; ed era quasi fuggita. Probabilmente non
l'avrebbe cercata mai più, ne era certa, pensava
giocherellando con una matita. Assolutamente certa.
Cominciò a tracciare dei segni su un foglio bianco
un volto. Capelli scuri
lineamenti regolari
assomigliava ad Andrè. Era Andrè, senza dubbio. Lo
guardò con occhio critico. Inutile, era proprio lui.
Incredibile come il volto di qualcuno potesse imprimersi
con tanta forza nella mente
se solo fosse riuscita
a capire chi le ricordava
Appallottolò il foglio e
lo lanciò nel cestino. Ecco, era meglio che restasse lì,
tanto avrebbe scommesso qualunque cosa che non l'avrebbe
più chiamata
Squillò il telefono. "Pronto?"
"Oscar, sono André" "Oh, ciao"
rispose lei. Dio, le stava tremando la voce. "Scusami,
forse ti disturbo" "No, assolutamente",
Ecco, così andava meglio, pensò facendo un bel respiro.
Se solo il cuore avesse smesso di battere all'impazzata
"Come
stai?" "Bene
". Sembrava calmo e
indifferente, pensò lei sentendosi molto sciocca.
Probabilmente quello che era accaduto non doveva aver
significato poi molto, per lui. "Scusami
"
gli disse cercando di sembrare abbastanza fredda "Ho
molto lavoro, oggi. Cosa c'è?". Silenzio. Forse
aveva esagerato. Ma André era deciso a non farsi
scoraggiare. Dopo mezz'ora di rinvii aveva trovato il
coraggio di chiamarla, ed ora sarebbe andato fino in
fondo. "Ok", pensò guardando un foglio su cui
prima aveva disegnato il viso di lei,, "facciamoci
coraggio
". "Volevo raccontarti una cosa
incredibile
" disse con aria noncurante "ricordi
che l'altra sera abbiamo parlato del palazzo che
apparteneva alla tua famiglia?" "Sì, certo"
"Come sai è diventato un albergo esclusivo. Pare
che ci siano ancora molti oggetti interessanti, ed il
proprietario ha chiesto la mia consulenza per un pezzo in
particolare, un quadro. Mi ha invitato per domani".
Oscar taceva. Il palazzo
era incredibile. Perché
tutto sembrava volerla ricondurre lì? "Oscar, ci
sei?" "Sì, certo. Ti invidio, André, vorrei
tanto vederlo anch'io" "Ecco, appunto"
Trasse un profondo respiro "Volevo chiederti di
venire con me". Silenzio. Oddio, non era quello che
avrebbe voluto dire! "Cioè, intendevo
"
disse precipitosamente "Venire a vederlo, anche solo
per
poche ore. Io
io sarò impegnato con il
quadro, e tu
potresti approfittarne per conoscere
il palazzo della tua famiglia. Ma se hai da fare
"
ed attese torcendo il filo del telefono. Oscar rifletteva
furiosamente. Forse era giunto il momento di vedere quel
palazzo che la incuriosiva terribilmente, ma andarci
insieme ad André
non se la sentiva. "Ecco
mi
hai preso alla sprovvista" disse "Devo
confessare che sono molto curiosa, in effetti. Ma
credo che non sia una buona idea. Ho molte cose da fare,".
"Come vuoi, non insisto. Rispetto le tue regole,
ricordi?", disse lui con dolcezza. "Ti
ringrazio", "Allora
ti farò sapere com'è
andata, va bene?" "Sì, ciao" "Ciao".
Oscar
mise giù il ricevitore. Accidenti a lui! Sapeva che
voleva visitare quel luogo, e gliel'aveva proposto come
la cosa più innocente del mondo! Non posso, non posso
continuava a ripetersi. In fondo che male ci sarebbe? No!
Era impossibile, punto e basta. Strinse con forza la
matita, che si spezzò. La gettò via con rabbia. Lei ed
André insieme in quel palazzo
La nostra casa
Per un attimo le passò davanti agli occhi l'immagine di
un salone, e lei ed André accanto ad una finestra, con
una bianca luce accecante che li avvolgeva
"Basta
sogni ad occhi aperti", pensò tentando di
concentrarsi su una fattura che aveva davanti. Era sempre
stata capace di una disciplina ferrea, quando voleva.
"Sembri uscita da un'accademia militare
"
le avevano detto una volta.
Guardò
il telefono. Molto probabilmente l'aveva chiamata dal
negozio, ed il numero lei l'aveva ancora
Non se ne
parla. Si alzò ed andò alla finestra. Non aveva mai
fatto nulla d'irrazionale nella sua vita, e non avrebbe
certo cominciato adesso. Si, ma non l'avrebbe mai fatto prima
Assolutamente no. Ora sarebbe uscita e non avrebbe più
pensato a quella telefonata e
a tutto il resto.
André
stava osservando una pistola del 1810. Bella
ma la
sua mente vagava altrove. Oscar
sapeva che era una
follia chiederle di andare con lui, ma non aveva potuto
impedirselo. Cosa c'era in lei che lo spingeva a fare
cose assurde? Non si riconosceva più. Non era mai corso
dietro ad una donna in vita sua, non era il tipo. O
meglio
non lo era prima
L'immagine di
lei lo inseguiva come una musica e lo tormentava come un
problema. Si consolò pensando che l'innamorato che
conservi la ragione non obbedisce fino in fondo al suo
demone. L'innamorato. Chiaro, preciso e definito quel
pensiero si era formulato nella sua mente. "Io l'amo"
pensò puntando la canna della pistola sul suo cuore. Era
come sentire un proiettile penetrare nel petto. Rapido,
inesorabile. Strano, gli pareva quasi di avvertirne la
sensazione, pensava sentendo un brivido. A volte aveva
creduto che amare potesse essere quello che aveva provato
in qualche occasione, ed ogni volta aveva dovuto
ricredersi. Ma lei
aveva raggiunto immediatamente
il centro del suo essere, un prodigio sorprendente,
antico come il mondo. Quel bacio
erano due giorni
che non pensava ad altro. "Neanche fossi un
ragazzino
" pensò tristemente. La notte
precedente aveva fatto un sogno confuso, in cui la
baciava ancora, ma lei aveva uno strano vestito
e
c'erano alberi, alberi e lucciole tutt'intorno. Squillò
il telefono. Qualche seccatore, sicuramente. Non avrebbe
risposto. Continuò a squillare. Avrebbe potuto essere
suo padre... Se squilla un'altra volta rispondo, pensò.
Altro squillo. "Pronto?" "André, sono
Oscar". Accidenti a lui, si era augurata che non
rispondesse. Ma aveva fatto squillare il telefono sette
volte, e proprio quando stava per riattaccare, lui aveva
risposto. Silenzio "Ci sei?" "Certo che ci
sono" "Volevo dirti
ho controllato le mie
cose e
non sono così impegnata come credevo
e visto che in fondo mi piacerebbe molto vedere questo
famoso palazzo
" "Si?" "Pensavo
forse
non sarebbe una cattiva idea se venissi anch'io"
"Ah
" Silenzio "Hai cambiato idea,
André?" "No, no. Assolutamente no. Mi fa
piacere. Voglio dire
per te. Cioè: così potrai
vedere quel posto, finalmente" Silenzio "Infatti.
Ma riguardo al viaggio
" "Sì, lo so,
preferisci venire da sola" disse lui sorridendo e
guardò verso la strada. Gli stessi palazzi di sempre, le
auto, le persone
strano come tutto sembrasse
improvvisamente diverso.
-Fine
Seconda Parte-
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