Il
Ritorno
prima
parte
(
da 1 a 4)
Parigi,
Gennaio 2000.
Oscar
Francois de Jarjayes camminava velocemente, incurante del
freddo pungente che stringeva la città in una morsa.
C'era del nevischio nell'aria, che si posava come un velo
sui suoi lunghi capelli biondi, ma lei pareva non
accorgersene, immersa com'era nei suoi pensieri. Le
piaceva camminare da sola, impadronirsi delle strade
della sua città, scoprire nuovi angoli. In fondo, la sua
era stata sempre un'indole solitaria. I suoi genitori
erano morti alcuni anni prima, lasciandole ben poco oltre
al titolo nobiliare.
"Siamo una famiglia ricca di storia Oscar, non
dimenticarlo mai", diceva spesso suo padre, nelle
lunghe sere passate a rievocare le gesta della famiglia
Jarjayes. Oscar sorrise ripensando al giudizio di suo
padre sulla rivoluzione del 1789: "Hanno distrutto
tutto ciò che c'era di bello e sano in questa nazione,
erano soltanto una banda di malfattori e delinquenti!".
Forse sul suo giudizio pesava anche il fatto che dopo la
rivoluzione le proprietà della famiglia Jarjayes fossero
state espropriate, e che il magnifico palazzo di famiglia
fosse ora diventato un albergo di lusso.
"Una vergogna!" tuonava suo padre inorridito.
In eredità le era toccato anche quel nome così inusuale
per una donna: Oscar. Era una tradizione della sua
famiglia quel nome, a cui suo padre aveva obbedito.
Pareva che tutto risalisse a prima della rivoluzione,
quando un tale Generale Jarjayes chiamò così una delle
sue figlie, educandola poi come un uomo. Oscar avrebbe
voluto saperne di più su quella sua antenata così
singolare, ma era come se fosse stata cancellata dalla
storia della famiglia. Non esisteva neanche un suo
ritratto, ed Oscar non sapeva neanche che aspetto avesse
avuto quella donna di cui portava il nome. Pare che si
fosse schierata dalla parte del popolo nel 1789, e che
avesse addirittura partecipato alla presa della Bastiglia.
Nella sua famiglia si preferiva pensare che non fosse mai
esistita, ma Oscar sentiva una profonda simpatia per
quella sua antenata che aveva vissuto come un uomo, così
diversa dalle donne del suo tempo. Oggi era diverso. Lei,
ad esempio, aveva sempre preferito abiti di taglio
maschile, nonostante la sua figura alta e sottile le
consentisse qualunque tipo di abbigliamento. Metteva
sempre i pantaloni ed ampie camicie, preferibilmente
bianche. Per il suo aspetto così singolare ed
affascinante, all'inizio le persone erano sempre un po
intimidite da lei, ma poi rimanevano inevitabilmente
conquistate dalla sua semplicità, dalla sua profonda
bontà d'animo, e dalla sua innegabile classe.
Dopo gli studi, Oscar aveva preferito dedicarsi alla sua
grande passione di sempre: i cavalli. Possedeva un
piccolo maneggio un po fuori Parigi a cui si
dedicava con amore, approfittando dei pochi momenti
liberi per lunghe cavalcate solitarie. Era in quei
momenti che si sentiva veramente in pace con se stessa.
Eppure
quando cavalcava, fin da piccola, a volte
sentiva come la presenza di un compagno invisibile
accanto a lei, qualcuno che condivideva la bellezza di
quei momenti, la stessa sensazione che aveva avvertito
spesso camminando da sola sulla spiaggia di Arres, un
luogo che amava particolarmente senza sapere perché. Fu
interrotta nei suoi pensieri dallo squillo del cellulare.
Odiava quell'aggeggio, ma le era indispensabile per il
suo lavoro. Guardò il numero: era Gérard. Decise di non
rispondere, e quando smise di squillare, lo spense. Gérard
una
storia senza senso, ormai. Doveva chiuderla
definitivamente. Neanche questa volta era riuscita a
sentirsi realmente coinvolta.
"Forse in me c'è qualcosa che non va, dopotutto"
pensava spesso. Aveva avuto poche storie, ed in ognuna
aveva sentito una parte di sé, la più profonda,
ritrarsi inevitabilmente. Spesso si sentiva come se
stesse aspettando, aspettando qualcuno
ma chi? Il
misterioso compagno invisibile? Già, quello che a volte
in sogno aveva udito chiamarla da lontano, senza mai
riuscire a vedere il suo viso. Peccato che non esistesse.
No, era solo un modo per fuggire la realtà, lo sapeva.
Ci teneva troppo alla sua libertà, alla sua
indipendenza, ed odiava sentirsi fragile ed indifesa.
Ormai aveva quasi trent'anni, e pensava di conoscersi
abbastanza bene.
"Una rosa sarà sempre una rosa
",
come continuava? Probabilmente era una vecchia poesia che
doveva avere letto da qualche parte, anche se non
ricordava mai dove. Quasi dimenticava perché fosse
uscita, quella mattina. Si frugò in tasca alla ricerca
dell'indirizzo. Eccolo. "Antoine Grandier -
Antiquario - Rue de Lunain, 8". Le avevano detto che
il signor Grandier era uno dei maggiori esperti sull'arte
francese del '700, che era un periodo che l'aveva sempre
affascinata. Magari avrebbe trovato qualcosa di non
eccessivamente costoso, per arredare il grazioso
appartamento dove viveva da sola. Grandier
eppure
quel cognome le ricordava qualcosa
o qualcuno? Era
abbastanza comune, dopotutto, ma non era quello. Forse un
vecchio compagno di scuola? No. Qualche amico di suo
padre? Non le sembrava. Eppure
dalla prima volta in
cui l'aveva sentito le era sembrato stranamente
familiare, come un vecchio ricordo che non sapeva
identificare. Ormai era quasi arrivata, Rue de Lunain era
un po più in là, e probabilmente il signor
Grandier era solo un vecchio signore che non aveva mai
avuto nulla a che fare con lei. "Andiamo a
conoscerlo", si disse Oscar, ed affrettò il passo.
Oscar
imboccò Rue de Lunain, che era una tranquilla strada
residenziale. "Numero 8
dove sarà? Ah, eccolo!".
Si fermò davanti alla vetrina del negozio. L'insegna
diceva: "Antoine Grandier - Antiquario".
Sembrava non ci fosse nessuno, dentro. Spinse la porta ed
entrò. Un vero disordinato, questo signor Grandier, si
disse guardandosi intorno. Gli oggetti più disparati
erano ammucchiati alla rinfusa, ed il suo occhio esperto
ne individuò subito alcuni di grande valore.
"C'è nessuno?" chiese ad alta voce.
"Sì, un attimo e sono da lei", rispose
qualcuno da una stanza sul retro.
"Dalla voce non si direbbe un vecchio" pensò
Oscar mentre attendeva.
Si voltò ad osservare una graziosa scatola di
porcellana, presumibilmente della fine del '600, ed
improvvisamente una voce dietro di lei disse: "Le
piace?". Oscar si voltò e si trovò di fronte un
giovane. Fu come se il tempo si fosse fermato. Lui aveva
i capelli neri, gli occhi verde intenso, era alto ed
elegante, e lei sapeva di averlo già visto prima.
Io ti conosco, disse una voce dentro di lei,
riconosco il tuo viso
il tuo sguardo su di me
mi
riconosci anche tu?
Per un istante che sembrò eterno rimasero a fissarsi,
poi lui lentamente, come riscuotendosi da un sogno, disse:
"Mi scusi, forse l'ho spaventata, mi dispiace".
"No, si figuri" disse lei ritrovando la voce.
"Volevo
vedere il signor Antoine Grandier, se
possibile" disse sentendosi un po sciocca.
Lui sorrise: "Antoine Grandier è mio padre, ma
adesso è in viaggio per affari, e quindi mi occupo di
tutto io. Sono André Grandier".
"Che meraviglioso sorriso" pensò lei, e si
accorse che lui la stava fissando intensamente.
"Mi scusi"
disse il giovane, "ma noi
non
ci siamo già conosciuti, per caso? Non mi fraintenda, ma
da quando l'ho vista ho come l'impressione
di averla
già incontrata".
"No, non credo" disse lei in tono volutamente
freddo, per nascondere l'inquietudine che l'aveva
assalita. Lui sorrise nuovamente, e questo la irritò, e
disse: "Allora, cerca qualcosa in particolare?".
"Sì, cerco qualche oggetto d'arredamento della
seconda metà del '700, come ad esempio quella coppia di
candelabri". Ed indicò due piccoli candelabri in
argento dietro di lui.
"Ah", disse lui prendendone uno in mano, "vedo
che ha un ottimo gusto. Questi sono databili a fine anni
'60. 1760", precisò con un sorriso malizioso.
"L'avevo capito!" scattò Oscar, ma subito si
pentì perché si accorse che lui la stava prendendo in
giro. Gli tolse di mano il candelabro, e cominciò ad
osservarlo attentamente, quando lui improvvisamente disse:
"Il quadro!". Lei lo guardò senza capire, e
lui aggiunse: "lei mi ricorda un quadro che avevamo
nel negozio, tanto tempo fa".
"Che quadro?" chiese lei.
"Oh, era un quadro bellissimo, che raffigurava una
giovane donna a cavallo, rappresentata come il dio della
guerra. Ricordo che aveva dei bellissimi capelli biondi
proprio
come i suoi. Da bambino passavo ore ad ammirarlo, ero
profondamente attratto da quel quadro, da quella donna
così fiera
confesso di esserne stato un po
innamorato!".
"Ma cosa c'entra con me?".
"Lei sembra la donna del quadro. Le somiglia
tantissimo
gli stessi occhi
gli stessi capelli
persino
la stessa espressione!".
"E dov'è ora questo quadro?".
"Purtroppo fu venduto molti anni fa, e da allora non
l'ho più visto, ma è rimasto perfettamente impresso
nella mia memoria".
"La memoria a volte gioca strani scherzi, sa? Non
bisognerebbe darle troppo credito. Sono passati molti
anni
e forse non ricorda bene", disse lei
allontanandosi con aria indifferente. In realtà si
sentiva turbata dal signor Grandier e dai suoi strani
discorsi, ma non voleva darlo a vedere. Improvvisamente
la sua attenzione fu attratta da una splendida spada,
posta in una vetrina. "Quella spada
posso
vederla?", chiese, e lui la prese con delicatezza.
"Questa è databile intorno al 1770, apparteneva ad
un nobile, sicuramente", disse André.
"Ma questo
è lo stemma della mia famiglia!"
disse Oscar stupita. "Sì, la famiglia de Jarjayes,
a cui appartengo!".
"Oh, allora ho davanti una fanciulla di nobili
natali!" disse lui sorridendo "sono davvero
colpito, madamigella", ed accennò un inchino.
"Divertente! Piuttosto
ci sono le iniziali del
proprietario, e sono proprio le mie: O.F.d.J, Oscar François
de Jarjayes".
"E allora?" disse lui, "potrebbero
significare tutt'altro
".
Oscar impugnò la spada, e disse: "Che strano,
sembra fatta proprio per me
per la mia mano. Forse
è appartenuta ad una mia antenata di cui so molto poco,
che si chiamava come me e visse in quel periodo. Pare che
fosse a capo dei soldati della Guardia".
"Cosa? Una donna a capo dei soldati della Guardia
nel '700? Mi prende in giro, vero?", disse André
scoppiando a ridere.
"La smetta!" esclamò Oscar indignata ".
"Va bene, va bene, mi perdoni", disse lui
alzando le mani in segno di pace, "però deve
ammettere che è un po strano
va bene la
smetto, non mi guardi così, la prego".
Improvvisamente squillò il telefono ed André andò a
rispondere. "Salvato in extremis", disse
ridendo. "Pronto? Ah, ciao Lucille, sei tu? Sì, ne
avrò ancora per un po
no, non molto credo
".
Oscar si allontanò con discrezione. "Sicuramente la
sua fidanzata", pensò, e fu stupita di avvertire
una fitta d'irritazione. "Che diavolo mi succede,
oggi? Questo negozio mi fa uno strano effetto
devo
andarmene".
André mise giù il ricevitore, e lei disse: "Allora,
signor Grandier, e se io volessi acquistare questa spada?".
"E' un oggetto molto raro e molto bello
e non
è in vendita", rispose lui fissandola.
"Perché?".
"Perché appartiene alla mia famiglia da anni, ed è
qui solo in esposizione". Oscar si sentì
irragionevolmente arrabbiata, e dominandosi a stento
disse: "Bene, la mia era soltanto curiosità, al
momento sono più indirizzata verso gli oggetti di
arredamento, come i due piccoli candelabri di prima, per
esempio". "Certo", rispose lui continuando
a sorridere. "Quelli posso venderglieli, la
valutazione si aggira intorno
", e disse un
prezzo ragionevole.
"Va bene", disse freddamente lei, "allora
li prendo".
"Solo che stiamo per chiudere
ed avrebbero
bisogno di essere puliti. Potrei chiamarla quando saranno
pronti
se lei mi lascia un suo recapito".
Oscar esitò, poi, dandosi della sciocca, gli porse un
suo biglietto da visita. Lui lo studiò un attimo, poi
disse sorridendo: "E' incredibile, lei si occupa di
cavalli! Lo sa che i cavalli sono sempre stati la mia
passione, fin da bambino?".
Oscar lo guardò con scetticismo.
"Davvero, sa? Appena ho un po di tempo libero,
la cosa che preferisco è cavalcare".
Ad Oscar passò rapidamente davanti agli occhi l'immagine
di lui a cavallo, nitida come un ricordo mai cancellato.
"E' sicuro di non essere mai venuto prima nel mio
maneggio, signor Grandier?", chiese all'improvviso.
"Sicuro, non l'avrei certamente dimenticato".
"No, è che mi sembrava
mi sarò sbagliata.
Bene, allora io vado, la ringrazio ed attendo sue notizie
",
disse lei porgendogli la mano.
Lui la strinse, e ad entrambi sembrò che una corrente li
percorresse. Dammi la tua mano ed io ti seguirò
ovunque, nella luce del sole e nel buio della notte
Oscar
si ritrasse come se si fosse scottata ed uscì, lasciando
André immobile a guardarla.
André si sedette. Quella donna
sembrava che tutta
la luce fosse andata via con lei. No, non era solo la sua
bellezza ad averlo colpito, ma la sensazione così forte
di averla già conosciuta. Non potrei mai dimenticare
la tua vera bellezza
cos'era, una poesia? Chissà.
Certo, la somiglianza con la donna del quadro era
incredibile, nonostante fossero passati tanti anni lo
ricordava perfettamente, aveva passato tante ore a
fissarlo. Eppure
gli sembrava di conoscere anche le
espressioni del suo viso, quei suoi splendidi occhi
apparentemente freddi, ma con una scintilla pronta ad
accendersi nel profondo. Si sentiva turbato, come se
avesse riascoltato una vecchia canzone ormai dimenticata,
e non riuscisse a capire dove e quando l'avesse udita.
Sapeva soltanto una cosa, pensava guardando il biglietto
che gli aveva lasciato: doveva rivedere quella donna.
Oscar,
Oscar
coraggio, vieni, chiamò la voce lontana.
Oscar si trovava nel bel palazzo che aveva visitato tante
volte in sogno, circondata da splendidi oggetti. Sapeva
di essere a casa. Ma era sola, come sempre. La voce
perché
non riusciva mai a raggiungerla? Ma questa volta era più
vicina, lo sentiva.
"Chi sei?" chiese "perché non riesco a
vederti?".
Sono qui, Oscar. Forse sei tu che non vuoi vedermi,
forse mi hai dimenticato.
"No! Non ti conosco nemmeno
come potrei averti
dimenticato?"
A volte i ricordi fanno male, Oscar
"Perché? Cos'è successo? Forse ti ho fatto del
male?" E si accorse di stare piangendo.
Non devi piangere. Io sono stato felice, credimi.
"Allora
ti ho reso felice? Davvero?"
Certo Oscar, mi bastava vedere il tuo sorriso...
E mentre udiva queste parole Oscar sentì una mano
prendere la sua, ed ora lui era davanti a lei, ma il suo
viso rimaneva indistinto
"Voglio vedere il tuo viso
ti prego, fammi
vedere il tuo viso
", disse stringendogli la
mano, ma lui si allontanò nell'ombra, lasciandola sola,
e lei si svegliò di soprassalto, sentendo il cuore
batterle furiosamente.
Ancora quel sogno. Ma stavolta era quasi riuscita a
vedere l'uomo del sogno, ad udire più chiaramente la sua
voce. Gli aveva preso la mano, l'aveva sentita viva nella
sua
ma lui era svanito ancora una volta, lasciandole
quell'amaro rimpianto che ormai conosceva così bene.
Quel sogno l'accompagnava da anni, ma negli ultimi tempi
si era fatto più frequente, più vivido
come un
ricordo sepolto che torni alla luce.
"Ma io non ho mai conosciuto quell'uomo, eppure mi
sembra così familiare
la sua voce sembrava quasi
quella
sì, quella di André Grandier!", pensò
Oscar stupita.
André Grandier
cosa c'entrava lui con
quell'immagine che la perseguitava? L'incontro con lui
l'aveva colpita stranamente, ma quel sogno era qualcosa
che le apparteneva fin da bambina, per quanto potesse
ricordare. Sentiva che c'era qualcosa che le sfuggiva
come
se tante tessere di un mosaico non riuscissero a trovare
il loro posto
"Basta, mi sto facendo suggestionare come una
sciocca. Domani tornerò nel negozio, e tutta questa
storia sarà finita". Si alzò e spalancò la
finestra, ma l'aria fresca del mattino non riuscì a
dissipare le ombre dei sogni della notte.
In quel momento anche André Grandier si svegliava,
turbato da un sogno. Non riusciva a ricordare bene. Gli
sembrava di aver sognato quella donna
Oscar François.
Nel sogno lei gli dava degli ordini, e lui obbediva.
Assurdo! Perché mai avrebbe dovuto obbedirle? Non lo
aveva mai fatto in vita sua! "Chissà, forse il mio
sogno segreto è sempre stato quello di essere comandato
da una donna", rise tra sé. Si affrettò ad alzarsi.
Lo aspettava una giornata molto impegnativa, avrebbe
anche dovuto incontrare Lucille, la sua fidanzata.
Ultimamente aveva capito che lei si aspettava qualcosa in
più da lui, un maggiore impegno. Ma per quanto le
volesse bene
sapeva di non amarla. Era inutile
continuare. Non si era mai innamorato davvero, forse solo
da bambino
della donna del quadro. "André,
smettila di fissare quel quadro! Quella donna, se mai è
esistita, sarà morta da almeno duecento anni!" gli
aveva detto suo padre un giorno, sorprendendolo per
l'ennesima volta a guardarlo affascinato. "Non è
vero, da qualche parte esiste, lo so!". Suo padre
aveva scrollato la testa rassegnato. "Sì, certo. E
quando l'avrai trovata che farai?". "La sposerò,
è chiaro!" aveva risposto lui con un gran sorriso.
Quanti anni aveva, allora? Forse otto, ma da allora
l'aveva cercata in ogni donna che aveva incontrato, senza
mai trovarla. O forse no? Oscar François
come le
assomigliava. Avrebbe voluto rivedere il quadro, per
esserne certo. Ma dov'era adesso? Aveva intenzione di
fare delle ricerche, da qualche parte dovevano esserci
ancora i vecchi registri
avrebbe chiesto a suo padre.
"Devo ordinare delle rose per Lucille, oggi",
pensò. Voleva farlo per farsi perdonare qualcosa
non
sapeva neanche bene cosa. Le avrebbe mandato delle rose
rosse. Lucille amava le rose rosse. Lui no, preferiva le
bianche, aveva sempre amato le rose bianche.
L'indomani Oscar camminava speditamente per Rue de
Lunain, diretta verso il negozio di André. "Stavolta
sarò rapida", pensava, "ci vorranno solo
cinque minuti, e poi il signor Grandier sarà solo un
ricordo". Giunta davanti alla vetrina, sentì il
cuore batterle come dopo una corsa. Che diavolo le
succedeva? Aprì la porta con decisione, ed un giovane
alzò gli occhi verso di lei. Non era André.
"Salve, desidera?" disse lui.
"Io
io dovrei ritirare dei candelabri. Sono
Oscar François de Jarjayes".
"Ah, sì, certo. Io sono Xavier. Oggi il signor
Grandier è impegnato, ma i suoi candelabri sono pronti.
Ora glieli prendo".
"Sì, e questo è l'assegno, grazie", disse lei
porgendoglielo. Perché si sentiva così delusa?
Probabilmente il signor Grandier non le aveva rivolto più
di un pensiero, da quando era uscita dal suo negozio. Era
meglio così. Eppure si sentiva inspiegabilmente depressa.
Mentre il giovane preparava il pacco, Oscar guardò la
spada nella vetrina. Era così bella
ed era
appartenuta alla sua famiglia. Probabilmente proprio a
quella sua antenata così misteriosa. Sentiva che doveva
averla. Ma non era in vendita, purtroppo. E poi non aveva
nessuna intenzione di tornare, non l'avrebbe più fatto.
In quel momento squillò il telefono, e Xavier si
precipitò a rispondere.
"Ah, è lei signor André, buongiorno. Sì, quel
pacco è arrivato, l'ho ritirato io
mentre il signor
Jacquart ancora non si è visto. C'è qui la signora de
Jarjayes, per i candelabri
sì, ora gliela passo",
e le porse il telefono "Il signor André vorrebbe
parlarle".
Oscar prese il microfono cercando di tenere a bada
l'agitazione che l'aveva presa. "Pronto?" disse
freddamente.
"Signorina de Jarjayes, mi dispiace che non mi abbia
trovato, oggi ero impegnato altrove, purtroppo". La
voce
quella voce sembrava quasi
no, non era
possibile, era ancora suggestionata dal suo sogno. Si
riscosse e disse:
"Non c'è problema, signor Grandier
è tutto a
posto". Sentì che lui esitava.
"Ecco, io
va bene, allora spero che tornerà a
trovarci presto. Me lo auguro".
"Se passerò ancora da queste parti
può darsi".
Lui rimase in silenzio, e poi disse: "Allora la
saluto, Oscar François de Jarjayes", "Arrivederci,
signor Grandier" disse lei, ed abbassò il
ricevitore. Oscar prese il pacco, salutò Xavier ed uscì.
"Sembrava dispiaciuto di non avermi incontrato
o
forse voleva solo essere gentile, tutto qui. La sua voce
è
assurdo, ma sembrava proprio
". Scrollò le
spalle ed affrettò il passo. Che importava? Tanto era
sicura che non avrebbe rivisto mai più il signor
Grandier in vita sua
André
stava parlando al telefono con suo padre Antoine, che si
trovava a Londra per affari.
"Comunque hai fatto benissimo ad acquistare quel secrétaire,
sono d'accordo con te", gli disse, e poi aggiunse:
"Senti papà, vorrei chiederti
i vecchi
registri, quelli risalenti ad almeno vent'anni fa
dove
sono?"
"Perché?"
"Così, vorrei controllare una cosa
la vendita
di un quadro"
"Che quadro?"
"Quello che mi piaceva tanto da bambino
la
donna bionda sul cavallo bianco".
"Non posso crederci, ancora quel quadro! Andrè,
sono passati più di vent'anni, e tu ancora ci pensi?"
"La mia era solo curiosità"
"No, è sempre stata una fissazione che non hai
perso con gli anni"
"Va bene, e se anche fosse? Stavolta però ho deciso
di andare a fondo. Voglio sapere dov'è finito il quadro"
"Per fare cosa?"
"Per vederlo".
Il padre sospirò rassegnato, poi disse: "Va bene,
fa come ti pare. I vecchi registri sono nel deposito di
Rue de Vaugirard. E spero di non sentire più parlare di
quel quadro!". "Non preoccuparti. Adesso ti
saluto, ci sentiamo presto. Ciao", disse André
posando il ricevitore. Si rilassò sulla poltrona,
guardando il cielo grigio aldilà della finestra che si
affacciava sulla Senna. Il quadro
se avesse potuto
vederlo avrebbe potuto verificare se davvero la donna
somigliava così tanto ad Oscar François de Jarjayes.
Non la vedeva da molti giorni ormai, ma il suo viso
continuava a perseguitarlo. "Oscar
che cosa
starai facendo adesso?", si chiese.
Oscar sedeva in un piccolo caffè all'aperto, vicino a
Place de la Bastille. Stava parlando con un vecchio amico
di suo padre, Pierre Queineau, che voleva chiederle una
consulenza su un purosangue appena acquistato.
"Oscar, sai che mi fido ciecamente del tuo giudizio",
stava dicendo lui. Oscar annuì e rimase ad ascoltare
solo con una parte della sua mente. La Bastiglia
la
vedeva incombere quasi minacciosamente su di loro, chissà
perché. Non esisteva da più di duecento anni, ormai.
Eppure osservarne le riproduzioni le aveva sempre fatto
uno strano effetto, da piccola ne aveva addirittura paura.
No, non era paura
piuttosto un'inquietudine, una
vaga angoscia. Si accorse che Pierre stava congedandosi,
e lo salutò con la promessa di passare a vedere il
cavallo il giorno dopo. Si alzò e si avviò verso il
centro della piazza. Perché, perché quell'inquietudine?
Si fermò in un punto preciso, sentendo la sua angoscia
aumentare, e in quel momento una colomba bianca volò
sopra di lei. Improvvisamente il tempo sembrò
rallentare, il volo della colomba le sembrò infinito, e
tutto intorno a lei sembrò sparire. Sentì una fitta nel
petto che le tolse il fiato, mentre tutto si faceva buio,
sempre più buio
"Ehi, ma quella donna si sente male! Presto,
aiutiamola!", sentì qualcuno gridare vicino a lei,
e capì di essere scivolata a terra. Sentiva delle voci
confuse risuonarle nella testa, e poi un'altra più
lontana, che diceva: toglietele quel sangue dal viso
e
spari
da dove venivano quegli spari? Si accorse che
qualcuno le stava delicatamente schiaffeggiando il viso,
ed aprì faticosamente gli occhi.
"Signorina, signorina, come vi sentite?" chiese
una giovane donna china su di lei. Oscar si raddrizzò e
la guardò: aveva un viso dolce e grandi occhi castani.
"Adesso meglio, grazie", rispose "ma cosa
è successo? Non ricordo più
"
"Ero vicino a voi e vi ho visto cadere
mi avete
fatto prendere uno spavento!"
"Vi ringrazio, ora mi sento meglio
credo di
farcela a camminare, è meglio che torni a casa"
"Ne siete sicura?"
"Sì, non preoccupatevi, è stato solo un momento".
Qualcuno dall'interno di un negozio gridò: "Rosalie,
che succede?". La giovane rispose: "Niente
mamma, vengo subito, non preoccuparti".
Oscar le porse la mano e disse : "Andate, sto bene,
ora. Siete stata molto gentile".
La ragazza le strinse la mano "Arrivederci"
disse, e se ne andò.
Oscar la seguì con lo sguardo. Rosalie
da piccola
aveva una bambola a cui aveva dato quel nome, ed era la
sua preferita. Chissà dov'era finita, adesso? Si avviò
verso il Metrò per tornare a casa, sentendosi molto
stanca. Che le stava succedendo? Aveva sentito davvero
rumore di spari? O l'aveva sognato? Toglietele quel
sangue dal viso
Quale sangue? E chi aveva
parlato? Si sentiva come se stesse camminando su un filo
sempre più sottile, ed aveva paura.
Sentì lo squillo del suo cellulare, guardò e vide che
era un numero sconosciuto. "Pronto?". Silenzio
dall'altra parte. "Chi parla?". Riattaccarono.
"Avranno sbagliato", pensò camminando
velocemente verso il Metrò.
André riattaccò il telefono nel suo appartamento. Che
stupido
non aveva avuto il coraggio di parlarle. Per
dirle cosa, poi? Che improvvisamente aveva avuto la
sensazione che fosse in pericolo? L'avrebbe preso per
pazzo, sicuramente. "Oscar
non so cosa mi
succeda, ma so solo che devo rivederti", pensò.
Se non potessi più rivederti, Oscar. Se perdessi la
luce
Che sciocchezze! Perché mai avrebbe dovuto
perdere la luce? Chissà come gli venivano in mente,
certe cose. Domani sarebbe andato a cercare i vecchi
registri, e se fosse riuscito a trovare il quadro forse
la sua ossessione avrebbe avuto fine.
Fine
Prima Parte
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