Per Coloro Che Verranno

Capitolo Decimo
LA NONA FIGLIA DELLA NONA MUSA

Mu attraversa l'ingresso inquietante del Tempio senza prestare attenzione alle parole opprimenti incise nel marmo. Strige tra le braccia una donna priva di sensi, le braccia di lei ricadono inerti verso terra.
Ha paura. Mu ha una paura incontrollabile che gli riga di lacrime il volto.
Il suono dei suoi passi rimbomba tetro per i corridoi deserti.
"Davvero è luogo abbandonato?", si chiede dirigendosi verso la sala del Sacro Fuoco.
Depone la donna ai piedi della fiamma eterna e il bagliore fa bruciare il suo viso arso dal pianto.
"Sorellina… come posso farti salva della vita? La useresti per lui e sarebbe ugualmente perderti… non credo di farcela… e insieme non posso vivere senza di te".
Mu osserva il corpo fragile della sorella, il respiro quasi assente, le ferite vive, pulsanti. Avvicina una mano alle bende che le costringono i capelli, le sfiora e disegna con un dito i contorni del suo volto: "È come se non avessi mai smesso di vedere i tuoi occhi…".
Non ottiene risposta, i suoni non sono possibili per lei, forse nemmeno la vita le è più accanto. Eppure il suo cuore può ancora parlare e, se fossero davvero le ultime frasi concessegli, siano all'amato fratello.
"Non voglio le tue lacrime, Mu…".
Il saint sente il dolore spaccargli le vene, inarrestabile, profondo. Le toglie la maschera, le scioglie i capelli: appoggia così due dita sulla pelle tesa di lei, candida, calda. Sfiora con i polpastrelli due piccoli segni ovali, violacei.
"Non hai ancora raggiunto il termine del tuo tempo… non è il tuo destino".
Un'energia triste, torbida si irradia dalle mani di Mu attraverso il corpo di Febe. Li avvolge in un calore malinconico a cui non possono opporsi: i fratelli di sangue impuro sciolgono le loro vite.

"Cosa?".
Mu allontana le mani da Febe, improvvisamente. Sente una presenza amica, ma inaspettata. Solleva la testa senza voltarsi: l'ingresso alla sala è alle sue spalle.
"Cosa fai qui? Ti credevo in aiuto ai saints di Atena".
La donna si avvicina a Mu e si siede accanto a lui: osserva il volto di Febe, priva di conoscenza eppure serena: "Non dovrebbe rimanere così", dice invitando Mu a imprigionare di nuovo i lineamenti della sorella.
"Qui non corre rischi,lo sai".
"Forse…", la voce della donna è esitante, trema all'unisono con il suo corpo.
"La credono morta, vero?".
Gli occhi nocciola della donna si aprono in espressione di dolore malcelato: "Sì…", risponde piano.
Mu torna ad accarezzare il viso della sorella.
"Mu… è molto tempo che Febe è lontana da qui… non dovreste essere insieme: è un pericolo troppo alto quello a cui ti esponi…".
"Ti ripeto che non corre rischi qui".
"Non ne sarei così certo".
Il saint dell'Ariete si volta atterrito verso l'ingresso: il contorno di un uomo si rifrange scarlatto contro il bianco virginale delle pareti. Tiene la testa abbassata, voltata verso il corridoio, come se non volesse guardare, il suo abito vermiglio, di foggia antica, gli copre le spalle con un mantello e le gambe con pantaloni larghi, informi.
Mu è senza parole, le sue dita tremano mentre, svelto, ricompone nell'anonima apparenza il volto e i capelli di Febe.
La donna dai capelli infuocati si solleva e rimane tra i due uomini.
"Perdonami, Mu… io… io non credevo che saresti tornato. Soprattutto non con lei e… e…".
"Stai zitta, Climene!", la interrompe bruscamente l'uomo.
Finalmente Mu si decide a parlare: "Ikki… Ikki di Phoenix… ti credevo perduto all'isola Death Queen… Shiryu è laggiù: gli hanno ordinato di ricondurti al Santuario…".
Il saint si avvicina a Mu e gli siede accanto, impassibile.
"Non temere. Non dirò nulla di ciò che ho visto… e ti assicuro di non avere visto molto. Solo… ho sentito che parlavi di questa donna come tua sorella… suppongo che il rischio di cui parlasti fosse legato alle sue sembianze…".
Mu pare sollevato. In fondo quest'uomo rimane il fratello puro di Shun: il candore limpido deve essere inciso nel sangue di entrambi questi uomini.
"Posso sapere il motivo per cui ti trovi in questo luogo, Ikki?".
Per un lunghissimo momento il silenzio non viene infranto se non dal crepitio leggero del Fuoco Sacro. Al fine Climene parla, con voce accorata e colpevole.
"Saint dell'Ariete… la ragione per cui Ikki si trova qui è ingiustificabile ai tuoi occhi, temo… so che dovrei impedire l'ingresso al Tempio della Preservazione agli uomini, so che avrei dovuto essere io ad abbandonare questo luogo nell'esatto momento in cui mi resi conto… di avere sentimenti".
Climene si interrompe, come se pronunciare queste poche parole le sia costato una fatica indicibile. Ikki la osserva con lo sguardo cristallino dell'amore, Mu si abbandona per un istante al pensiero: "Che davvero anche il figlio immortale della Fenice sarà presto tra noi? Febe… davvero forse hai ragione tu…".

"Non temere la gioia più grande, sorella di sventura…".
I tre spalancano la bocca, interdetti al suono di quelle parole che sembra venire da un luogo lontano, di oscurità bollente, di luce agghiacciante.
Mu al fine si avvicina e la solleva tra le braccia indebolite dalla gioia, lei affonda il capo tra le spalle rassicuranti del fratello.
"Febe… hai accettato di dividere con me la mia forza vitale…".
"Come potevo abbandonarti proprio ora… se avessi rifiutato mi avresti dovuta seguire nel regno di Ade, lo sai… e non è ancora tempo…", sussurra a fatica, affannando le parole.
Le lacrime rigano all'unisono i visi tanto diversi di Mu e di Climene, mentre Ikki osserva intensamente il saint dell'Ariete stringere una sorella di cui nessuno conosce l'esistenza.
Febe allunga una mano verso il saint di Phoenix, fino a toccargli il viso: ripercorre con le dita il segno della cicatrice che gli attraversa la fronte.
"Davvero Shiryu ti sta cercando all'isola Death Queen… la tua dea reclama i tuoi servizi… devi tornare al Santuario, per Atena. E per te stesso…".
Ikki le permette di attraversare il suo cosmo con la sua energia indecifrabile, energia che non è cosmo, né forza delle stelle… energia incomprensibile nella natura.
"Febe… -inizia Climene- avete… avete intenzione di punirmi per questo?".
"Sciocca! -esclama la donna, ma la voce indugia a un dolcezza senza fine- Tutte abbiamo sofferto la stessa sciagurata vita in questo luogo maledetto… solo grazie a te abbiamo potuto scegliere di prendere la via della libertà… una libertà incatenata, forse, ma pur sempre reale… e ora, ora temi una punizione per il tuo amore?".
Climene si concede ad un abbraccio assoluto per Febe. I due saints le osservano sentendo i loro animi allontanarsi per un momento dall'aggressività e dalla paura.

"Posso sapere di te, Febe? Chi sei? Sei anche tu un'adepta di questo luogo remoto?", chiede al fine Ikki.
La maschera cangiante di Febe si volge prima a Ikki, poi a Mu: "Credo che meriti una spiegazione… è il padre del figlio immortale del mito…".
"Dunque anche lui…", risponde Mu, distogliendo lo sguardo dall'immobile argento che gli è di fronte.

"Siamo fratelli, saint. Fratelli di sangue puro, nati dalla stessa madre e dallo stesso padre.
"Siamo entrambi saints.
"Ma… io, come Climene, sono in primo luogo ancella di questo Tempio… ne conosci la storia, suppongo. La figlia di Prometeo, la donna che hai scelto di amare, ti avrà certo raccontato l'origine di questo luogo di prigionia e negazione.
"Per il Sacro Ulivo odoroso di Atena e per il Sacro Dattero dolce di Artemide. Tenuti eterni dal Fuoco inestinguibile.
"Per le dee, sacrificarono molte donne di ogni epoca in questo luogo deserto in cui c'è connubio tra terra e ghiacci, in questo luogo dove sorge il Tempio della Preservazione.
"Pochi sanno quando e perché venne eretto questo edificio.
"La prima pietra venne posta il giorno in cui per la prima volta dalla fine dell'epoca del mito tornarono a vita terrena le dee della giustizia e delle nascite.
"Quel giorno il cielo ebbe il colore della morte e il sapore della distruzione. Accoglieva il ritorno alla vita di Pallade e Artemide e fu subito timore e reverenza per gli uomini: come interpretare quella rinascita in corpo di donna delle divinità più terribili e insieme necessarie?
"Finalmente l'uomo aveva di nuovo un dio di carne da venerare, ma era un dio femminino e a mala pena tollerava onori e gloria ad altre donne.
"Le due immortali, splendide e infinite, decisero il destino di chi era loro simile, decisero il destino della femmina.
"Nessuna da quel giorno remoto in cui tornarono a calpestare il suolo mortale poté più vivere in se stessa e per se stessa: unica via concessa loro dalle signore, quella di servire l'uomo, il maschio, affinché mai venisse a mancare l'umanità che deve tributo agli dei.
"Quelle che rifiutarono di asservirsi all'uomo, ebbero un'unica alternativa: immolarsi a difesa delle dee come saints.
"Molte donne accettarono supine questo nuovo ordine delle cose e nacquero famiglie biologiche prive di affetti e sentimenti, in cui unico fine era generare figli maschi che potessero rendere i loro servigi nelle file degli eserciti di saints voluti dalle regine per difendere e mantenere vivo il loro culto.
"Agli uomini rimase concesso ogni privilegio, potevano amare, coltivare le loro passioni, conoscere il loro mondo e vivere nella loro pienezza. Potevano amare qualunque donna che anche non fosse la loro sposa, poiché accanto a quelle donne che scelsero, per amore materno, di immolarsi all'altare della famiglia, ve ne erano altre che scelsero, al contrario, di servire gli uomini attraverso il sentimento: questa seconda schiera di donne era tenuta a piegarsi al volere di quei maschi che si fossero invaghiti di loro, costretta a fingere un sentimento passionale anche là dove esso non era presente. Le dee ordinarono questa categoria perché consapevoli che non solo nella famiglia l'uomo trova compiutezza: ha bisogno anche di affetti che siano sinceri e svincolati dai doveri paterni.
Se tutte le donne, senza alcuna esclusione, avessero scelto per sé una di queste vite, forse il Tempio della Preservazione non sarebbe mai sorto.
"Ma le dee, forti di un intuito sottile e raffinato come solo alle donne è concesso, sapevano che non tutte si sarebbero piegate ad essere semplici strumenti nelle dita degli uomini o avrebbero deciso di combattere per loro come saints, sacrificando così la loro femminilità.
"Non tutte si sarebbero sacrificate.
"Non tutte avrebbero rinunciato al diritto di amare ed essere amate per scelta e non per dovere.
"Le dee sapevano anche che queste donne che avrebbero potuto ribellarsi al loro volere, avrebbero potuto facilmente trascinare verso di loro alcuni uomini, attratti dalla loro forza, dalla loro personalità che non sarebbe stata annullata come nelle altre dall'appartenenza ad una delle categorie permesse dalla legge divina.
"Alto e imprevedibile negli effetti si profilava il rischio.
"E allora divenne necessario ai loro occhi creare un luogo fuori dal tempo e dal mondo, dove tacitamente rinchiudere ciò che è male. Un girone infernale nel mondo dei vivi dove iniziare a pagare le proprie colpe.
"E la colpa in questione era semplicemente quella di avere delle emozioni, di amare, di vivere.
"Sorse così, il Tempio.
"Sorse come un monito inquietante che distogliesse chiunque dall'abbandonare l'unica via lecita. E ospitò alle origini nove donne…
"Si ribellò un manipolo di donne fiere e indomabili: si proclamarono Amazzoni, quelle donne, e si dimostrarono pronte a cedere la vita pur di non sottostare alle imposizioni divine che le avrebbero rese cadaveri vuoti.
"Scelsero la morte del corpo per non concedere quella dello spirito.
"Otto donne che si attribuirono i dolci nomi delle Muse figlie di Zeus: tralasciarono solamente il nome di Melpomene, musa della poesia tragica, ché lo ritennero di malaugurio.
"Otto donne riunite in schiera militare, senza un comandante tra loro che potesse esercitare un potere assoluto e esclusivo; otto donne che si immolarono per la libertà, che combatterono per riacquisire il possesso della loro esistenza.
"Incontrarono una nona donna. La tradizione ne tramanda il nome, Mnemosine, ma forse fu solo la fantasia umana ad attribuirle questo epiteto perché lesse nella sua persona l'immagine protettiva della madre delle Muse.
"Le Amazzoni, è vero, vennero presto cancellate.
"Ma… vi erano forse, da qualche parte nel mondo, i loro figli e, soprattutto, le loro figlie.
"Brevissimo tempo fu necessario perché la progenie delle otto donne venisse condotta la cospetto delle dee.
"Otto fanciulli e nove fanciulle. Ogni ragazzo ricordava limpidamente nelle proprie attitudini la sua origine: a coppie di una figlia e di un figlio, ognuno aveva un particolare talento.
I primi esaminati dalle regine furono due giovani dai capelli bruni e crespi, segno di origini calde e solari: dimostrarono di conoscere i segreti del suono del flauto e così si rivelarono figli di Euterpe.
"A quel suono danzarono con abilità quasi sovrannaturale altri due tra i ragazzi: efebici nei loro colori di quasi albini, madre ne fu indubbiamente Tersicore.
"Fu poi la volta della progenie di Calliope, due ragazzi di capelli biondi e contrastanti occhi scuri e profondi: si manifestarono tali per avere intrapreso il mestiere di aedi.
"Il riso cristallino che la quarta coppia di giovani, esili satiri dagli occhi color dei cieli limpidi e gioiosi, sapeva provocare negli astanti, li disse figli di Talia, che portava il nome della musa della commedia.
"Coloro che, austeri nei loro crani rasati e nello sguardo fiero, erano da tutti conosciuti come i custodi della tradizione storica degli esseri umani, vennero ricondotti a Clio, così come i due giovani di splendide sembianze che a lungo erano stati interrogati sugli astri dai popoli per la loro conoscenza perfetta dei moti celesti furono uniti nel sangue a Urania.
"Poeti si manifestarono poi due giovani: figli naturali di Polimnia della quale portavano la stessa pelle scura, provata dalle ore sotto il sole inclemente.
"Ultimi osservati dalle dee furono i due fanciulli dai capelli infuocati d'un rosso quasi infernale capaci di tessere carmi d'amore ad ogni loro passo: erano i discendenti di Erato, amazzone dal nome di colei che proteggeva la poesia amorosa.
"Otto giovani uomini e otto acerbe donne che vennero additati come progenie del diavolo: per qualche tempo, prima del massacro toccato alle loro madri e a molti dei loro padri, avevano vissuto sereni, nelle famiglie cui le guerriere li avevano affidati perché non corressero troppo giovani i rischi della battaglia. Otto famiglie per sedici figli, sparse agli angoli del mondo. Eppure non era stato difficile per le dee scovare il seme della rivolta per quanto ben nascosto: i concittadini delle famiglie adottive non ebbero riserve nel denunciare coloro che fino a poco tempo prima ritenevano esempio fulgido di coraggio e allora non fu difficile strappare ai genitori i fanciulli.
"Le madri e i padri che cercarono di fermare l'irruzione dei soldati pagarono con la vita il loro tradimento, quelli che non poterono opporsi perché assenti al momento dell'arresto, vennero condannati alla segregazione nelle terre più remote.
"Rimaneva però ancora una fanciulla condotta alle regine dagli opliti su indicazione di un vecchio viandante, incontrato per caso lungo una marcia: costei non risultò riconducibile ad alcuna delle Amazzoni né per inclinazioni né per somiglianza con gli altri giovani.
"Non mostrava allo stesso tempo intenzione a rivelare le sue origini: le regine convenirono trattarsi di un errore in cui il vecchio era caduto per demenza e probabilmente avrebbero abbandonato la ragazza nel deserto, dove certo avrebbe trovato la morte, se la straordinaria bellezza di lei non ne avesse generato l'invidia.
"La fanciulla si distingueva da tutti gli altri nella chioma color della notte e negli occhi di cielo che spiccavano nel viso come stelle di ghiaccio. Splendida, di una bellezza quasi inumana.
"Atena e Artemide scelsero per lei e per tutte le donne che da lei fossero discese nel tempo un destino di solitudine nelle mura di quel tempio fino ad allora inabitato.
Venne designata vestale e con tale carica rinchiusa nelle mura dell'edificio. Fu come se le regine avessero percepito in lei qualcosa di superiore, di innaturale, che fece sorgere in loro una sorta di timore insensato verso quella giovane donna, che tanto pareva inerme e fragile.
"Per lei decisero che la discendenza sarebbe stata obbligata: a iniziare da lei, ogni vent'anni un uomo si sarebbe recato nel tempio per fare in modo che il suo sangue continuasse a vivere nei secoli in sempre continue donne e così lei pagasse per la sua eccessiva bellezza per l'eternità.
"Sorte diversa toccò agli altri sedici ragazzi.
"Quelli che sarebbero divenuti uomini, furono trattenuti nella reggia e asserviti ai voleri delle dee: trascorsero la loro esistenza offrendo loro le loro virtù di figli delle Muse.
"Quelle che erano destinate a divenire donne, furono invece rinchiuse anch'esse nel tempio e si scelse di perpetrarne ugualmente il sangue per conservare il Fuoco Sacro in eterno.
"Le figlie delle Amazzoni divennero così le prime ospiti del tempio della Preservazione e furono di monito a quante altre donne avessero nel tempo osato la ribellione.
"Il tempio, una volta scomparsa anche l'ultima discendente, non tornò però mai vuoto.
"Con il correre dei secoli le dee persero interesse per l'aspetto punitivo di questo luogo e vi rinchiusero semplicemente poche donne scelte come ancelle, ognuna per un motivo particolare.
"Tra loro sempre, costantemente rimase l'erede della figlia della nona Musa.
"Anche ora.
"Nona figlia della figlia della nona Musa.
"Il racconto più diffuso tra le genti la dice nata gemella di un maschio.
"Un maschio.
"Le dee avevano previsto questa possibilità e sancirono che ai discendenti di sesso maschile della figlia della nona Musa fosse immediatamente tolta la vita affinché non propagassero all'esterno il seme della bellezza: solo alle donne era infatti destinato il tempio.
"La leggenda la dice gemella, dunque, di questo bambino e racconta che l'astuzia della madre, la quale finse di avere terminato il parto non appena vide la luce la bambina, permise al figlio maschio di fuggire al controllo dei soldati delle regine, unici uomini ammessi al tempio, e di vivere.
"Il popolo lo dice ancora vivo, ma nessuno saprebbe riconoscerlo poiché il solo modo di svelarne l'origine sarebbe il confronto con i tratti della gemella, che, appunto, sono a tutti ignoti.
"Se davvero questo uomo esiste ora più che mai non può rivelarsi: non le leggi del Tempio lo punirebbero, ma quella atroce che impedisce la vita ai gemelli.
"Oggi sono tre le donne scelte alla custodia del dattero e dell'ulivo: Ilaira, che il tuo fratello impuro Hyoga ha condotto con sé al Santuario, scelta come vestale di Atena e protettrice dell'Ulivo Sacro.
"Climene, che tu ora conduci nei sentimenti permettendole di onorare il giuramento di dare progenie al padre, scelta per la sua stirpe mitologica, custode del Sacro Fuoco.
"Ed io… che sono rimasta a lungo al tempio come vestale di Artemide, dedita alla conservazione del Dattero Sacro. Io sono la nona figlia della nona musa… e davvero ho un fratello…
"Per questo vedi i miei tratti negati alla vista… riconoscerebbero nascita contemporanea tra me e il saint dell'Ariete…
"E Ilaira… scelse di celare i suoi perché saint e perché… così non destasse sospetto la mia sembianza.
"Puoi riconoscere ogni adepta perché incisa nella carne porta una piccola Omega… simbolo della fine ultima.
"Voi, uomini valorosi che avete scelto di amarci, avete ricevuto il simbolo di Alfa…".

Istintivamente Ikki portò una mano alla spalla, dove le dita di Climene avevano davvero impresso la lettera…

"Dimentichi una vestale…".
Gli occhi vivaci di Climene abbracciano in un momento la piccola donna bruna che è giunta da poco nel tempio.
Febe sente il cuore spaccarsi: davvero questo è giorno di verità.
"Perdona la mia mancanza, Shunrei…".
La ragazza le avvicina e si inginocchia a loro.
"Quattro sono le adepte: Shunrei e stata condotta appena nata come destinata a servire le compagne di stirpe più nobile.
"Ma non fu mai così: tutte come sorelle siamo sempre state.
"E Climene che scelse di rimanere sempre qui, permise la libertà anche a Shunrei, che perse memoria del suo passato e solo ora lo ha ritrovato e ha permesso a Shiryu di compiere la sua missione…".

Il saint di Dragon, finalmente, attraversa la porta, in silenzio.
"Non dirà nulla di te, Febe".
"Lo so, Shunrei. Non temere".

Inaspettato un cosmo infinito attraversa le mura del tempio colpendo i microcosmi di tutti presenti con una violenza inarrestabile: "Ci sta chiamando", ammette ferito Mu.

"Sai perché sono giunto, Ikki?".
"Verrò con te al Santuario, Shiryu".

"E tu, Mu?", domanda Climene.
"La dea a richiamato noi tutti: andrò anch'io".

"Climene… -Febe tradisce un male sottile- vai anche tu. Ora tocca a me rimanere qui a custodire il Sacro Fuoco…".
"Ma… -cerca di obbiettare la bella figlia di Prometeo- d'accordo…" e stringe la mano di Ikki, mostrandogli il suo sorriso più sincero.

"Sorellina…".
"Vai, fratello".

I quattro attraversano la porta, poi Ikki si ferma improvviso.
"Febe… hai detto che siete due saints… qual è la tua costellazione guida…".
"Non esiste", risponde prima di abbandonare la sala e richiudersi in una cella spartana.

"Presto saranno i figli…" pensa appena prima di cadere nel sonno senza sogni della fatica, della vita salvata, del dolore.

CONTINUA...