Il
dono di Alain
Parte
Prima
Questa
ff è frutto solo e soltanto delle fantasia, e cerca di
vedere Alain dopo la Bastiglia senza tuttavia narrare
solo di lui
D'altronde Alain è un uomo generoso!
Forse il vero protagonista della ff è lo sguardo della
narrante, nata della mai fantasia e forse un po' da
Cosette de "I miserabili" ( leggete il libro,
non guardate il film!) La storia è tristina, spero che
sia comunque commestibile. Le eventuali sciatterie
linguistiche sono volute.
"Era
è un momento davvero strano, per me. Il mio corpo è
laggiù, e io sono qui sopra. Voi penserete che dovrei
essere davvero arrabbiata per quello che mi sta
succedendo1 e in un certo senso lo sono. Mamma mi aveva
detto che, quando Dio ti chiama, vengono a prenderti gli
angioletti con le guance paffute, perché da Gesù
nessuno ha fame. Invece mi trovo da sola a guardarmi, e
guardo il mio tata che grida contro il medico. Non è
arrabbiato, in realtà: è solo triste. Mi dispiace per
il mio tata
Lo chiamo così perché non è mio papà
né mio fratello, né il marito che non ho mai neppure
immaginato. Però noi siamo legati da molto amore.
Dall'amore vero. Amarsi non vuol dire per forza baciarsi,
né cullarsi. Noi ci siamo amati davvero, come padre e
figlia, fratello e sorella, marito e vecchia moglie, come
amici
.C'era tanto amore, e visto che io sono nata
per sbaglio e per sbaglio sono morta, l'unica cosa che
posso fare è raccontarvi la storia di me e di tata.
Perché anche se la mia vita è stata tutto un
avvenimento strano e sbagliato, io ho conosciuto il vero
amore.
Di questo, devo ringraziare il mio nome. Mamma si
chiamava Sasha, e veniva da un posto lontano, dove "il
mare era fatto d'erba" Mamma mi amava molto: ero
nata da un errore professionale, ma lei diceva che ero
l'unico fiore della sua vita. Poi è morta. Io ero troppo
piccola per sapere cosa fare, ma abbastanza grande per
capire che dovevo fare qualcosa. Così lasciai la mia
casetta in Normandia e andai a Parigi, dove la gente ha
le tasche scucite se chiedi bene l'elemosina. Non avevo
davvero nulla, se non il nome che mi ha salvata. Io mi
chiamo Diane."
Parigi,
Ottobre 1789
Pioveva senza sosta sul fiume di folla che aveva invaso
le strade e che i soldati della guardia cercavano
faticosamente di diradare. La brigata di Alain era
perfettamente nel mezzo, ma bloccata da due opposti
flussi di gente.
- Maledizione, fateci passare!- sbraitava Alain. Dovevano
raggiungere il marciapiede opposto, dove quattro giovani
esaltati inneggiavano al fuoco "cauterizzatore delle
ferite dello Stato"
- Meno male che piove, Alain
- disse Joseph, uno di
sopravvissuti alla Bastiglia.
- Parla poco, e spintona di più!- gli ordinò. Ci volle
più di un quarto d'ora per uscire da quel mare di teste
che si passavano voci contraddittorie e incontrollate,
quando arrivarono a destinazione i soldati di Alain non
poterono che constatare quanto avvenuto. Una carrozza era
rovesciata, invano si era tentato di bruciarla, ma
comunque gli occupanti erano stati impiccati ai lampioni
e oscillavano come un osceno trofeo.
- Dannazione
tenente, tira giù quei cadaveri a e
fai rapporto. Noi torniamo agli alloggi, prima di
putrefarci in bella compagnia
-
-
La giornata non era ancora finita, per la sua brigata.
Parigi era come un formicaio quando un bambino, giocando,
infila un bastoncino nell'ingresso. Una donna giovane
raggiunse di corsa il gruppo de soldati, gridando
terrorizzata. Era cerea, parlava di una sua amica e dei
soldati della Royal Allmand.
- E' il caso che andiamo a vedere
-
Nel vicolo dove la giovane scarmigliata li guidò c'era
un po' di gente curiosa che guardava. A terra un cumulo
di stracci verde scuro da cui usciva un braccio candido2.
Alain scese da cavallo e con la punta del fucile smosse
gli stracci. Il viso di una donna morta
Il suo corpo
pieno di sangue e lividi che si intravedevano dai vestiti
stracciati.
- Le hanno sfondato la cassa toracica con i fucili
dopo
averla violentata
- disse un uomo.
I tre soldati della Royal Allamnd cercavano, con
l'arroganza del più forte, di allontanare la folla per
coprire il loro gesto. Alain perse il controllo. Ne aveva
viste troppe di quei tempi.
- No
capo
capo che fai? Capo dove vai?-
mormorava Joseph, cercando invano di trattenerlo per una
manica. Alain se lo sgrullò di dosso con violenza.
- Figli di cani!- urlava camminando verso i tre - non
solo venite in Francia a schiacciare il popolo, ma fate
anche cose così vergognose!-
- Noi figli di cani? Come ti azzardi? Tu, piuttosto. Tu e
i tuoi compagni. Io sono un marchese
e mi ricordo di
te, sotto la Bastiglia, e degli altri pezzenti che hai
intorno
mi ricordo, si
vi facevate comandare da
una bionda tutta scema
- ribatté uno di loro,
puntando l'indice verso Alain.
- Non ti permetto di offendere il mio comandante!! Dici
di essere qui a portare la pace? E allora perché hai
ucciso questa ragazza?!-
- Non ci stava, gridava
Se voi francesi non facevate
tutto sto casino io ora stavo a casa mia a godermi la mia
donna: un pegno lo dovrete pur pagare
- sibilò il
soldato.
- VERGOGNA! Io t'ammazzo!- Alain caricò il fucile e lo
portò verso, l'uomo con cui stava litigando. La folla
intorno era aumentata. Joseph sudava freddo
"perché
mai Alain è tanto impulsivo? Santo cielo, succederà un
macello
"
- Provaci, spara pure, pidocchioso! Tutto il mio plotone
interverrà contro la tua pidocchiosissima brigata. Basta
solo che io schiocchi le dita
- il soldato,
ghignando, alzò pollice e indice e fissò Alain.
Era una guerra di nervi, Alain sudava freddo lacerato tra
la sete di vendetta e l'eredità di una brigata intera,
la responsabilità del militare e la sua natura di uomo.
- Io non lo farei, se fossi in te
- una voce
conosciuta si rivolse ai soldati della Royal Allmand.
Alain si voltò
- Sono Bernard Chatelet, vedete la gente che passa? Io ho
un'arma che mi permette di trasformare ogni tranquillo
cittadino in un vendicatore: è la mia voce. Ora vi
ordino di allontanarvi subito di quì. Altrimenti griderò
alla folla cosa avete fatto e vi garantisco che in pochi
minuti vi linceranno.- avanzò sprezzante, pugnalandoli
con lo sguardo sdegnato- Allora? Cosa preferite? Il
disonore delle dimissioni o le unghie dei francesi?
Sapete che non scherzo
c'ero anch'io, il 14 Luglio
-
I tre si guardarono negli occhi, sapevano bene cosa
poteva accedere. Non sarebbe stata la prima volta, e dopo
il 14 Luglio avevano perso un bel po' di sicumera. Erano
demoni, i francesi, pronti a saltare su all'odore del
sangue - maledetti pezzenti
- dissero, e giù altri
insulti nella loro lingua mentre se ne andavano. La folla
si diradò.
Alain si sentiva svuotato- Bernard, grazie
Li avrei
uccisi davvero
Io non ho il sangue freddo di Oscar
-
- Anche Oscar avrebbe perso il sangue freddo, Alain.
Vengono dall'estero, chiamati dalla Corona che noi non
riconosciamo più, e ci opprimono
Alain, stai bene?-
- Io? Si
si
-
- Mh, tieni duro Alain
- disse Bernard
allontanandosi.
Alain non stava bene. Non ne poteva più. Chi avrebbe
potuto riconoscere quel ragazzone dal sorriso pronto,
generoso protettivo? Era diventato l'ombra i se stesso.
Pallido, smagrito, era logorato dalla continua tensione
della sua nuova responsabilità. Non poteva tradire il
comandante Oscar, aveva promesso di prendersi cura dei
suoi uomini. Ma andando avanti così li avrebbe portati
alla malora
Aprì la porta degli alloggi che cigolò terribilmente,
l'aria puzzava di chiuso e di stantio ma non pensò si
aprire le finestre Scalzò una seggiolaccia da sotto il
tavolo e ci si sedette a cavalcioni.
- Allora, comanda'?- chiese Jean dal suo letto
- Non ne posso più. Sto impazzendo.-
- Mi spiace, Alain
avevo promesso di aiutarti
ma
non è da tutti farsi finire una palla di cannone sul
piede
- rise debolmente, alzando la sua gracilissima
gamba fasciata- che tonto sono!-
Alain, con la testa bassa, sussultava. Pareva ridesse...
- Ma
capo
Tu piangi?-
- Io
.Io non ce la faccio più, Jean
Io lascio...lascio
l'esercito!...Che cazzo me ne frega, in fondo,
dell'uguaglianza
.Tanto ci ammazzano come porci
a
che ti servono gli ideali se poi muori?
La morte è
peggio della schiavitù
la vedo dappertutto, sempre
morte,
morte, morte
Io non mi riesco ad abituare, non posso
comandare
sangue freddo?! Io sto impazzendo! - Anche
se si copriva il volto con le mani grandi, tra le dita
filtravano lacrime.. Jean era desolato. Si alzò sui
gomiti e cercò di allungare un braccio per accarezzargli
la schiena
Alain sembrava invulnerabile agli occhi
di tutti, il più forte e strafottente. Invece sapeva
solo nascondere bene la sua profonda moralità, la sua
sensibilità. Il suo carattere libero e impulsivo si
adattava malissimo alle responsabilità del comando
- Alain, il comandante Oscar diceva che un ufficiale non
si comporta mai secondo i sentimenti
-
Alain rise tristemente, e le lacrime gli entrarono in
bocca. Si rivedeva il giorno in cui aveva preso a pugni
un soldato svizzero, il giorno in cui aveva cercato in
tutte le maniere di fregare dai dolci da una bancarella
E
il suo comandante, con il sorriso di chi ti capisce e ti
vuole bene, gli ripeteva quell'adagio.
- Ma lei non era convinta. No, lei mi ha detto che siamo
esseri umani, non ufficiali
Che siamo esseri umani
!
E infatti tra un po' non la mandavano alla Corte marziale
anche a lei
Siamo esseri umani Jean.. Lei ce l'ha
insegnato con i fatti, non con le parole
.umani
-
riprese a piangere forte , indifeso da spiazzare e far
sentire male. Il grande Alain che sfoga anni di dolore-
e
poi io non ho sangue freddo, non ragiono nel pericolo
non
obbedisco agli ordini che non mi piacciono
Io do le
dimissioni.-
- Alain?! Te ne vai
Ci lasci anche tu? Siamo rimasti
così pochi, nel nostro gruppo
-
- Sarebbe troppo comodo impazzire
me ne vado ma
tornerò, quando qui saranno meno matti
quando
avranno versato tutto il sangue che gli va
La
giustizia, quanto sangue costa? Lo sai tu, Jean? Per me
troppo
Non mi tradire, Jean
resta come sei
-
sorrise, guardandolo con coraggio mentre le lacrime non
smettevano di scendergli -
L'atto più coraggioso
che posso fare é andarmene: impazzire è troppo comodo.
E poi ci rimettereste tutti. Oscar è d'accordo, ne sono
certo
-
- Alain, ma dove andrai?-
- In un posto grande come me
dove non ci sia puzza
di sangue
Ma non lo so
se un giorno verrò te
lo farò sapere
ti tornerò a trovare
Jean, non
ingrassare
sennò quel giorno non ti riconoscerò
-
rise lievemente. Era tornato in lui. Ora che aveva deciso
si sentiva più leggero. Jean pianse, guardandolo
raccattare le sue poche cose.
- Alain
e il comandate Oscar? Che direbbe? -
Alain non rispose. Lo salutò con un gesto della mano e
con il suo sorriso malandrino che aveva perso lo smalto
di un tempo.
Mille immagini corsero nella mente di Jean. Alain che ama
scavalcare i tavoli, Alain che passa le ora a parlare con
Andrè e si muove con lui all'unisono, come fossero
fratelli, Alain che sfida il comandante, che le parla con
le mani in tasca, Alain distrutto dalla morte di Diane,
Alain che fa a botte per sfogarsi
.- Alain, ora che
te ne vai tu il nostro gruppo è finito
mi
mancherai; Alain. Uomini come te non si incontrano tutti
i giorni
salvati almeno tu, e trova la giustizia in
questa vita
fallo anche per me
-
Aveva smesso di piovere, ed Alain vagava per Parigi
cercando di respirare la libertà nell'aria umida, senza
pensare alla folla esagitata che non si decideva ad
abbandonare le strade .Camminando teneva gli occhi bassi
e guardava il mondo riflesso nelle pozzanghere, il cielo
stracciato dalle nuvole temporalesche. Sentì un suono
dolcissimo e malinconico che gli penetrò quasi nelle
ossa. Un flauto3. La sua melodia era triste, era il
lamento di un poeta , era la voce di un ricordo. Questo
pensò , avvicinandosi alla fonte del suono.
Nell'angolo della strada, appoggiata al muro, c'era una
ragazzina a suonare. Avrà avuto dodici o tredici anni, e
portati male. Sembrava più piccola della sua età , me
era il ritratto della miseria. Le sue caviglie ossute
erano sporche di fango, aveva un vestitino giallo chiaro
appesantito dall'umidità e uno scialletto liso posato
sulle spallucce. I suoi occhi erano molto grandi,
verdolini come quelli dei gatti, il mento e gli zigomi
poco pronunciati, i capelli biondo scuro erano sfibrati e
le ricadevano ai lati del viso come una bandiera zuppa di
pioggia in un'aria senza vento.
La scrutò un po'. Era troppo piccola per fare quella
vita!
- Ragazzina
hey, dico a te!-
Lei alzò lo sguardo intimorito e non proferì parola. Si
vedeva che aveva paura di qualcosa.
- Guarda che non ti mangio mica
Volevo solo sapere
che fa una bambina come te, con questo tempo ,in strada
-
Lei si portò una mano sullo stomaco, terribilmente
incavato, e indicò il foglio di carta dove qualcuno
aveva buttato delle monete.
- I genitori ce li hai?-
La ragazzina scosse il capo.
- Ah, meno male
nel senso che sennò li menavo:
mandare una ragazzina così piccola da sola, per le
strade buie
- Alain la fissò per un po' in silenzio.
La piccola suonatrice aveva uno sguardo particolare,
ricordava quello dei cani randagi abituati a prendere
bastonate. Ma anche lo sguardo di chi non ha nulla per
cui vivere, e che vuole solo andare lontano
Non era
diverso dal suo sguardo.
- Come ti chiami, ragazzina?-
La piccola aprì bocca, esitante. Aveva una voce
infantile e lievemente sgradevole - Mi chiamo Diane
-
mormorò.
Alain sentì un coltello trapassargli il petto - Diane
-
si ripeté sottovoce. Sentì il coltello lacerargli la
vecchia ferita, ride il sorriso innocente, sentì la
risata cristallina dell'amatissima sorella, i suoi occhi
limpidi e dolci
la sua amata sorella, uccisa
dall'ingiustizia di un mondo soffocante, una delicato
cadavere riverso sul un letto pieno di fiori ormai
appassiti. Ricordò Oscar, il comandante, che l'aveva
preso a schiaffi per risvegliarlo dallo stato ipnotico in
cui era scivolato lentamente, contemplando l'ingiusto,
crudele disfacimento di quelle carni rosee , tanto amate
Aveva
detto che non si poteva fare nulla, che si doveva
affrontare la vita
- Forse, questa volta, il mio comandante ha sbagliato
-
sussurrò , mentre un pensiero folle gli si profilava in
mente, e un sorriso ispirato si faceva strada sul suo
viso stanco.
- Scricciolo, non voglio fari alcun male. Non
avere paura. Tu ti chiami Diane, io non ti chiamerò mai
con il tuo nome
non potrei
Tu non hai nessuno,
né un lavoro né una casa
-
La ragazzina indicò un mucchio di stracci all'angolo -
Casa.- disse
Alain pensò che la vita gli stava dando una seconda
possibilità , aveva trovato un motivo per vivere.
- Ascolta, ti prego
io sto partendo
io ti
posso dare una casa , se vuoi
.Ti posso dare un
tetto e un lavoro
Piccolo scricciolo, so
che ti risulta difficile credermi e che fidarti è
impossibile
Ma dimmi, sei felice?-
Diane si guardò i piedi induriti e sporchi, guardò il
suo flauto un po' marcito - Boh
-
- Come "Boh"?-
- Io non sono molto intelligente
sono un po' scema
me
lo dicono sempre. Io sarei felice se ci fosse ancora
mamma, e abitassimo nella nostra casetta sul mare
-
- Io vado sul mare, scricciolo! Vado sul mare!
Il mare accetta tutti, anche me e te
Vuoi venire scricciolo?
Mi aiuterai!-
La ragazzina indietreggiò - che vuoi che faccia?-
- Chessò
il bucato!- Alain non aveva sinceramente
pensato a cosa potesse fare, voleva solo poter offrire
una vita migliore a una sconosciuta sfortunata che
portava il nome dell'amata sorella
- Non sono capace!-
Alain la fissò in silenzio, sembrava giganteggiare sul
quel mucchietto d'ossa. Lei incassò la testa tra le
scapoline, come se si aspettasse uno schiaffo.
Alain scoppiò a ridere - Neanche io! Ma possiamo
imparare
Tu sei cresciuta sl mare, no? Saprai fare
un bel po' di cose!-
- I pesci. So conservarli. So snodare le reti.. So
suonare la musica del paese di mamma e le canzoni dei
pescatori
quelle tristi.-
- Affare fatto: tu mi insegni queste cose, e io ti do
dove mangiare e dove dormire! Va bene?-
La piccola Diane guardava spaesata quell'uomo grande e
grosso, sbucato fuori dal nulla , che le offriva una vita.
In quel momento , la ragazzina non aveva neppure paura:
cosa le sarebbe mai potuto accadere, peggio di quello che
le succedeva? Non aveva niente da perdere, nessuno da
salutare. Guardò negli occhi l'uomo che le tendeva la
nano. Gli porse la sua , ossuta e nodosa. L'uomo gliela
strinse vigorosamente.
- Allora andiamo, scricciolo!- esclamò
contento, come se avesse trovato un regalo.
" Non credo in Dio. Dio non esiste. Forse esisteva
tempo fa, ma poi vedendo noi uomini è morto di dolore.
Oppure, se esiste, Dio è cieco. Ma questo bambina, non
so perché, è un dono del cielo. Si chiama Diane, come
la mia sorellina
non posso lasciare che un'altra
Diane muoia sola
Non posso morire anche io
Devo
mettere i fiori sulla tomba dei miei cari. Se non aiuto
questa Diane, sarà come se non mettessi i fiori sulla
tomba di mia sorella
il mio cuore non è sepolto con
lei
batte ancora e lo fa per lei, la posto suo
perché
è lo stesso cuore di mia sorella"
Mentre Alain pensava queste cose, fischiettava
spensierato camminando lontano da Parigi, e scricciolo
lo seguiva come un fedele gattino, silenziosa e curiosa.
- Sentiamo un po'
- le chiese - da quanti anni sei
in strada?-
- Dunque
prima di questo inverno ce n'è stato un
altro e un altro ancora
- disse a fatica.
Alain capì che quella ragazzina aveva problemi ad
esprimersi, probabilmente era stata strappata ai genitori
quando era ancora troppo piccola.
- Sai contare?-
- No.
- Leggere?-
- No, so suonare.- gli agitò sotto agli occhi il flauto
vecchio che impugnava saldamente.
- Sei brava. Ti ho sentito. Chi ti ha insegnato?-
- Nessuno.-
- Che?!-
- Mamma me l'ha costruito e me l'ha regalato. Io l'ho
provato un po' ho imparato. Faccio sempre così. Come gli
animali selvatici.-
Alain rise. Evidentemente capire le armonie era un dono
di natura, caduto sulla testa di una bambina senza né
arte né parte. A volte capita che la natura si vendichi
della vita in modi bizzarri - A me stanno simpatici, gli
animali selvatici, sai scricciolo?-
- Perché non mi chiami con il mio nome?-
- Un giorno capirai. Non ti piace scricciolo?-
- Si, mi piace, signore.-
- Ah, no!- Alain storse il naso - a me non piace "signore"-
Gli occhi vuoti di Diane si riempirono della sua ingenuità
- Tata- disse.
- E sia: tata!- Alain rise e la sollevò.
Sembrava una bambolina di pezza , tanto era leggera. Si
sentiva felice come un perfetto idiota. Felice per una
cosa semplice: perché stava aiutando una sconosciuta col
nome di sua sorella. Non sarebbe stato mai così felice,
in un'altra situazione. Perché Alain aveva un cuore
semplice e grande, e solo le cose semplici erano grandi
abbastanza da riempirlo di felicità.
Quando arrivarono al mare, c'era bufera. L'aria era
satura degli schizzi delle onde , portati in alto dal
vento. La salsedine si appiccicava ai visi, ma Diane
rideva perché era cresciuta in un posto simile. La casa
di Alain era vuota da anni, aveva le imposte sconnesse e
la porta che si reggeva per miracolo. Ma era bella:
piccola, bianca e scorticata dalla salsedine. Profumava
di mare e di libertà. Sorgeva riparata ai piedi di una
collinetta piccola, a picco sul mare. C'era un terreno
incolto e , sulla sommità della collina, due croci.
Facevano impressione , erano bianche e spiccavano sul
colore plumbeo del cielo. Alain scaricò la piccola Diane
e i pochi bagagli dentro la casa e uscì. Era come se la
furia degli elementi non lo riguardasse, camminò ritto
verso quelle croci e rimase in piedi, controvento. Lei lo
guardò spaventata e poi, con la semplicità di una
bambina non crescita, prese la prima cosa che le capitò,
una coperta, e si fece coraggio.
Corse verso la c ima della collinetta, che sa lei
sembrava infinita , per coprire Alain
- Tata ! Tata!- gridò - Copriti , la
febbre fa male!!-
Alain non si aspettava quel gesto, e si girò sorridendo.
Agguantò con le sue braccia grandi la piccola Diane e
salutò con un sorriso dolce e triste le due croci della
collina.
- Da che pulpito!- disse - e se la febbre te la prendi
tu?-
L'ultima volta che qualcuno gli era corse incontro,
chiamandolo a gran voce , con i capelli scarmigliati dal
vento, era stata la sorella Diane. Ora c'era un'altra
Diane, piccola e sfortunata, che qualche angelo aveva
fatto imbattere nella sua strada
"Io e tata ci siamo conosciuti così. Ora
che vedo le cose dall'alto, posso rendermi conto che tata
ha il suo mucchio di difetti. Penso che sia molto
possessivo, e molto istintivo
Ma a ma i suoi difetti
non mi hanno mai dato fastidio, perché tata mi ha dato
la possibilità di vivere. A dire la verità non saprò
mai che uomo fosse veramente. Tata amava ridere,
amava essere allegro, ma di rado ho visto i suoi occhi
illuminarsi del tutto. Era come se, anche quando mi
schizzava con l'acqua del mare, ci fosse in lui u
qualcosa che gli impedisse di essere davvero felice. Ho
intuito che forse è un qualcosa legato alle due croci
sulla collina, ma non posso esserne sicura , perché non
ne ha mai voluto parlare. Ho cercato di capire, ma lui
diventava muto e scontroso. Tata non è mai
andato a Parigi se non una volta, per vedere la morte
dell'affamatrice - così diceva- per capire se una testa
in meno avrebbe cambiato le cose Alle volte, davanti al
fuoco, mi raccontava dei suoi amici
mi sembrava una
leggenda, quella di Oscar e Andrè
Solo mentre
ricordava, gli occhi di tata si illuminavano
.
Allora ho capito che, per tata, le uniche cose
per cui valesse la pena vivere erano il mare e i suoi
amici. Altrimenti era schifato della vita, della stessa
Rivoluzione. Tata era felice, a volte, ma i suoi
occhi erano sempre disincantati, avevano una luce un po'
amara. Ma erano occhi buoni, generosi. Tata era
capace di fare pazzie per gli altri, era capace di fare a
botte, non sapeva trattenersi dal dire la verità. Con
gli anni questo aspetto del suo carattere si è smussato,
ma è rimasto sempre lui.
Guardava il mare, tata, poi chiudeva gli occhi e
respirava a fondo. Mi diceva che, se avesse potuto
scegliere il luogo dove morire, avrebbe voluto fosse
l'orizzonte. Perché lì c'è solo il blu e l'aria, e la
vita è giusta e libera. Forse un po' pensava alla morte.
Vi chiederete che tipo do amore era il nostro
tata
con me era molto dolce e protettivo, come un padre, un
fratello, uno zio. Però gli piaceva scherzare, giocare
con me, e non mi lesinava il lavoro. Alle volte io gli
facevo un po' da mamma. A furia di umidità gli erano
venuti i dolori alle gambe, e io gli accendevo il fuoco e
inventavo soluzioni per farlo dormire con i piedi lì
vicino. Ero contenta, perché tata era nelle mie
mani: dipendeva da me, era come se per una volta
rovesciassi i ruoli. Poi iniziavo a guardare la sua
faccia, mentre dormiva...pensavo che era bello
. Ero
cresciuta, ormai
Ma non avevo mai pensato ad un
marito: non ho mai saputo la mia età, sono cresciuta
male, anche brutta. A me bastava, però, avere tata
vicino
Una mattina, però è successa una cosa
odiosa. Mi sono alzata, ieri, che non parlavo bene e
avevo male alla testa. Tata non si è
preoccupato , e nemmeno io perché non sono mai stata
brava a parlare. Poi mi sono ritrovata bloccata a letto, tata
andava in escandescenza con il dottore. E ora sono qui,
pronta a raggiungere mamma. Come ho detto , sono seccata:
non sono venuti gli angioletti paffuti a prendermi! Spero
che in Paradiso non ci sia fame
Comunque, prenderò
io tata, ma per allora voglio diventare paffuta
tata
ha smesso di arrabbiarsi con il dottore. Lo sapevo che
avrebbe pianto, mi sento in colpa
non vado via a
cuor leggero
come posso ringraziare tata
della sua capacità di dare amore? Chissà se lui si è
accorto di quanto buono e dolce? Lui che ha sempre detto
di essere una persona dura e forte, in realtà è una
persona così piena d'amore
lui non crede in Gesù,
ma io so che Gesù vuole bene a tata
GlieLo
racconterò io, quanto sei stato dolce e simpatico,
quando abbiamo imparato a fare il bucato e ci siamo
lavati noi, invece dei panni. Mi hai strofinato
l'asciugamano sulla testa, come un papà buono fa alla
figlia
Gesù queste cose le sa
ti conosce
Peccato
che tu non te ne accorgi, tata
Chissà se
ora saprò anche il mistero del mio nome
per quale
motivo tu mi hai amato così tanto
"
CONTINUA....
1 L'idea di questa
ff mi è venuta ripensando al l finale di American Beauty.
Solo che lì dicono "incazzato"
2 Ricorda un po' (diciamo pure parecchio) Svetonio,
quando i tre schiavi portano Cesare ucciso a casa, e
sembra un mucchio di stracci da qui pende un braccio.
Preferisco sempre la Vita scritta da Plutarco, ma quando
uno ci prende bisogna rendergliene merito.
3 Penso all'attacco di "My heart will go on"
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