OSCURE
RISPOSTE
Il mattino dopo il loro arrivo si doveva svolgere un
nuovo consiglio di Elrond. Nessuno, includendo lo stesso
Elrond, Galadriel e Gandalf, sapeva la verità sulla
situazione.
Quella mattina Shion stava girovagando per la grande
biblioteca di Gran Burrone guardando alcuni libri molto
antichi quando incontrò alcuni Elfi -Buon giorno, Shion-
le dissero sorridendo anche se non la conoscevano.
La donna rimase in silenzio perchè colpita poi riuscì a
parlare -Scusate se non vi ho risposto, ma non mi pare di
conoscervi. Quindi mi chiedevo come mai sapete il mio
nome-.
Gli Elfi risero e le loro risa risuonavano come dolci
note di una musica allegra e sconfinata -Alcuni di noi ti
hanno già visto tanti anni fa. Tu forse non ci hai
visto, e noi siamo bravi in questo. Ma la maggior parte
ha saputo di te da Elrond-
-Non credevo che anche gli Elfi ridessero- ammise
sbalordita la donna
-Perché dici questo?- chiese l'Elfo che aveva parlato.
Il suo viso si oscurò.
-L'unico Elfo che ho conosciuto abbastanza bene non l'ho
mai sentito ridere- spiegò
-Se stai parlando di Legolas... il suo è un caso
particolare. Sono stati numerosi gli anni in cui lui ha
riso e alcuni di questi non sono nemmeno lontani, ma
questo è un periodo nel quale gli sarà difficile ridere-
l'Elfo tornò a sorridere mentre gli altri suoi compagni
continuavano a camminare per la biblioteca -Ma sono
sicuro che tornerà a ridere come una volta, ci vuole
solo qualcosa che cancelli dal suo cuore la sofferenza.
Non so dirti cosa possa essere, né quando arriverà, ma
di sicuro a quel punto potrai sentire ridere tutti gli
Elfi che avrai intorno a te.
Devi scusarmi, se non mi sono presentato: il mio nome è
Glorfindel e sono un Signore Elfico, vengo dall'altra
parte del mare- fece un lieve inchino
-Sarà inutile che io mi presenti- disse Shion divertita
-Visto che a quanto pare avete già provveduto voi. Ho
saputo che Gandalf mi cercava, ma nel cercare di andare
da lui mi sono persa in questo palazzo enorme e sono
finita in questa biblioteca, prima o poi sarei in ogni
caso dovuta venirci-
-Allora lascia che io ti possa accompagnare dal tuo
maestro-.
Quando trovò Gandalf, lo Stregone stava discutendo con
Elrond -Buondì Gaf. Buon giorno messer Elrond. Mi
avevate fatto chiamare? Mi scuso per il ritardo, ma mi
sono ancora persa. Devo ringraziare Glorfindel che mi ha
aiutato-
-Non sarà che magari ne hai approfittato per dormire di
più stamattina?- chiese lo Stregone
-Ma cosa dici Gaf?! Non mi abbasso a certi trucchetti io!-.
Risero tutti insieme -Elrond, ti prego di ascoltarmi-
disse poi Gandalf -Anche se non lo dimostra, Shion è
abile a fare alcune cose. Ti sto solo chiedendo di farla
venire al consiglio se non per poi far parte della
compagnia che partirà, almeno per le ricerche-.
Shion non capiva molto di ciò che dicevano, ma
soprattutto non capiva che cosa volesse dire il suo
maestro con "anche se non lo dimostra".
Al centro della sala vi era un tavolo ampio e circolare.
Il marmo era bianco come le nuvole di una giornata serena
e sembrava brillare di luce propria. Intorno vi erano
delle graziose sedie intagliate in un legno scuro e
liscio che faceva contrasto con il chiarore del tavolo.
Le sedie su cui si sedettero Gandalf e Elrond, che erano
una di fronte all'altra, erano state intagliate in un
legno più chiaro delle altre e nell'alto schienale erano
intagliate delle foglie e dei rami che le rendevano più
belle.
Quando Shion si fu seduta si guardò intorno per rendersi
conto di chi era lì con lei. Partendo dalla sua sinistra
c'era Gandalf con a fianco Frodo Baggins seguito dai suoi
tre amici. Al fianco di Pipino, che era l'ultimo dei
quattro Hobbit, stava seduto Legolas con aria grave.
I suoi occhi erano azzurri e chiari, ma non lasciavano
intuire facilmente cosa lo preoccupasse. Il suo volto era
triste e pensieroso come lo aveva sempre visto lei. Lo
stesso era Frodo, che però cercava di sorridere quando i
suoi amici parlavano con lui mascherando ciò che
veramente sentiva, sembrava provare gli stessi sentimenti
dell'Elfo. Ansia e preoccupazione, amarezza e l'incapacità
di rassegnarsi a ciò sentivano nel loro cuore.
Dopo Legolas sedeva Loras che, visibilmente preoccupato
per l'amico, scambiava alcune parole con un'altro Elfo
accomodatosi in quel momento sulla sedia vicina. Il
volume della loro voce non era basso e anche lei sentiva
ciò che dicevano, ma parlavano nella lingua degli Elfi e
lei non poteva capire, comprese solo il nome di Legolas.
Egli invece, che poteva comprendere il loro linguaggio,
anche se stavano parlando di lui, pareva non farci caso o
addirittura non sentirli tanto era concentrato sui suoi
pensieri.
Dopo i tre Elfi sedeva Galadriel. Tanto bella quanto
terribile. Molti dicevano così, ma a lei non faceva
quell'impressione. Certo il suo aspetto metteva in
soggezione e dava davvero l'idea di una persona a cui
bisogna portare rispetto, ma a parte ciò Shion non aveva
paura di lei. Era stata amichevole e affettuosa. Anche
lei non sembrava felice.
Alla donna iniziò a venire il dubbio che solo gli Elfi
al di là del mare ridessero. La veste bianca e luminosa
della Dama sembrava ingaggiare una lotta contro il
chiarore del tavolo, ma era anche in contrasto con lo
sguardo di chi lo indossava.
Al suo fianco vi era l'Elfo che aveva portato a Gran
Burrone Aragorn di cui in quel momento non riusciva a
ricordare il nome. Egli aveva un viso serio, ma non
triste. Sembrava una montagna che in mezzo ad una
tempesta o al calore del sole più forte non cambia
aspetto e rimane immobile come se nulla accadesse intorno
a se.
Dopo venivano gli ultimi tre Elfi: Elrond, Glorfindel e
un altro di loro.
Le pareva ormai ovvio il loro sguardo: Elrond era triste,
di una tristezza profonda e amara, ma non lo lasciava
vedere. Solo se si riusciva a sostenere il suo sguardo e
quindi a penetrare nel suo animo si sarebbe potuto capire
il motivo del suo turbamento. Glorfindel sembrava
tranquillo, quando i loro sguardi si incrociarono le
sorrise, un sorriso debole, forse per non disturbare la
tristezza degli altri presenti, ma pur sempre uno dei
pochi sorrisi che si vedevano in quella sala. L'altro
Elfo sedeva tranquillo e nell'attesa che tutti
arrivassero lesse attentamente delle carte dategli da
Gandalf.
Due Nani erano divisi dagli Elfi da Gimli, o almeno così
le pareva di aver capito che si chiamasse.
Era risaputo che Elfi e Nani non andassero d'accordo, ma
al contrario dei due compagni, quest'ultimo aveva parlato
a Glorfindel per un po' e amichevolmente.
Uno dei suoi compagni aveva un'aria altezzosa e rozza, ma
pareva buono. Anche l'altro Nano di fianco a lui non
sembrava voler essere amichevole.
Seduto di fianco a quest'ultimo vi era lui. Colui che gli
Elfi chiamavano Gemme Elfica e che alcuni uomini chiamano
Dunadan: Aragorn sire di Gondor.
Shion continuava a chiedersi cosa fosse successo, cosa ci
fosse dietro. Non era un caso che l'ultimo della stirpe
dei Grandi Re arrivasse a gran Burrone di nascosto, in
fretta e malandato. Da quello che aveva sentito dire dal
servo della Dama sembrava l'avessero trovato come si
trova un povero. Per le strade a mendicare o in mezzo
all'immondizia a cercare da mangiare.
Sembrava che stesse meglio del giorno prima, infatti il
suo viso pareva più luminoso e l'animo più rilassato.
Rimaneva sempre da chiedersi se anche lui, come molti in
quella sala, non avesse, invece che ferite esteriori,
ferite interiori. Le ferite dell'animo e dei pensieri.
Al suo fianco vi era un'altro Uomo che pareva quasi del
suo stesso lignaggio, ma a guardarlo meglio sembrava che
in se nascondesse rabbia. E, chissà come, a Shion venne
da pensare alla sua rabbia come ad un cavallo che si
impenna e scalcia a più non posso perchè fermato da
catene di spine.
Altri due uomini chiudevano il cerchio alla sua destra:
uno le era sembrato molto amico sia di Aragorn che
dell'Uomo seduto prima di lui, aveva l'aria di un Uomo di
mare, di una persona che sa guardare oltre l'orizzonte
formato dalle acque del mare. L'ultimo sembrava quasi il
fratello del sire di Gondor visto come avevano parlato
amichevolmente prima che iniziasse ad arrivare molta
gente nella sala. Che anche lui avesse bisogno di quelle
bende, quasi impossibili da trovare, che servono a
fermare il dolore dello spirito?
Domande, domande su domande si raccoglievano nella mente
della giovane donna, oltre a quelle che si poneva su ogni
singolo presente. Ma lei a quelle domande non sapeva dare
risposta. Gandalf forse le aveva. Era a lui che le doveva
fare, ma non vi riusciva.
Erano li seduti e già da qualche minuto erano arrivati
tutti intorno al tavolo. L'aria sembrava pesante delle
responsabilità che ciascuno di noi si porta sulle spalle
grandi o piccole che siano. Piena di tutta la tristezza
che pareva annidarsi dentro ciascuna delle persone che
erano presenti. Allora era davvero come credeva lei:
visibili che fossero le ferite, trasparenti gli animi di
qualcuno o completamente impenetrabili quelli di altri,
ognuno aveva la sua triste preoccupazione, ognuno doveva
aver versato lacrime o ancora ne aveva da versare.
Shion si sentiva in colpa. Lei non era triste, lei non
aveva problemi o cose per cui piangere. Perchè sulle
ventuno persone presenti l'unica che non aveva niente per
cui soffrire era lei?
Cos'aveva lei di particolare, era speciale?
Avrebbe preferito non esserlo. Poche volte era stata
triste nella sua vita. Non era mai stata ricca, ma non
chiedeva molto, tutto ciò che le occorreva davvero lo
aveva sempre avuto e non aveva mai perso qualcuno, ucciso
o morto per qualche altra causa. Non l'avevano mai presa
in giro, non era mai stata trattata male.
Non aveva mai avuto motivo di piangere...
Quelle persone non le sentiva sporche e diverse, ma bensì
era lei che si sentiva fin troppo pulita. Le venne il
dubbio che la vita da lei vissuta fino a quel momento
fosse stata falsa Non aveva mai visto qualcuno triste
come loro. Forse era per quello che era rimasta
sconcertata dall'aria oppressa che aveva avuto Legolas
fin dalla prima volta che l'aveva visto.Non l'aveva
lasciato vedere, ma fu colpita dal suo stato d'animo.
Davvero esisteva qualcuno che poteva essere così triste?
Più ci pensava più le venivano in mente delle domande
che nella sua vita fino a quel momento non si era mai
posta e che quindi non avevano risposta.
Quelli che invece sembravano arrabbiati, lo erano davvero
o era solo un modo per nascondere la loro di tristezza?
Vera o no che fosse, lei la avvertiva. Tutto si sentiva
nell'aria ferma di quella sala. Sì, era rabbia. Vendetta.
Sembrava una voce, come un soffio. Vendetta, diceva.
E lei perchè era li? Lei era diversa, forse loro avevano
motivo per stare tutti riuniti. Visto il loro stato
avevano qualcosa di cui discutere, ma lei... lei che si
sentiva triste solo perchè lo erano anche gli altri e
che si sentiva in colpa solo perchè era probabilmente
l'unica a non avere problemi. Come mai era li?
Gandalf. Lui l'aveva voluta. Un motivo in più per
chiedere proprio a lui spiegazioni, ma l'atmosfera pareva
essersi fatta calda e appiccicosa.
Per l'estate che avanzava inesorabile e andava verso il
suo periodo culminante o proprio per chi si trovava
dentro alla stanza. Tutto era immobile. Sembrava quasi
che le persone davanti a lei fossero solo statue. Pareva
che non respirassero. Un muro di aria calda e densa
divideva lei dal resto dell'aria, come una patina
invisibile. Questo le impediva di alzare lo sguardo verso
il suo maestro e di porgli infine le domande che le
tartassavano la mente.
Silenzio e immobilità.
Chi avrebbe parlato per primo, non importava. Ciò che
contava davvero era che qualcuno lo facesse perchè non
avrebbe resistito ancora a lungo. Un sospiro.
Sembrò formarsi una crepa nell'aria e la situazione
diventò più sostenibile. Qualcuno aveva sospirato
rompendo tutto: silenzio, atmosfera, aria e immobilità.
Elrond alzò lo sguardo, aspettavano tutti che qualcuno
iniziasse a parlare, ma era palese che dovesse iniziare
lui che era uno dei più saggi presenti nella sala. Ebbe
solo il tempo di prendere fiato che Gandalf iniziò a
parlare prima di lui -Nessuna introduzione amici, a meno
che voi non me la chiediate espressamente. Solo sincerità
e racconti- lo Stregone sorrise a ciascuno di loro -Ognuno
di noi ha qualcosa da dire e questo è il momento di
parlare. Prima tiriamo fuori tutto ciò che abbiamo
dentro, poi metteremo tutto assieme. Pregherei Elrond di
dire prima qualcosa perchè in molti dei vostri sguardi
ho letto del timore misto ad un bisogno irrefrenabile di
parlare-
-Come volete- disse Elrond sistemandosi meglio sulla
sedia e unendo le mani in grembo. Chiuse gli occhi e
disse -Quasi tutti noi conosciamo ciò che avvenne
qualche anno fa:La Grande Battagli dell'Unico Anello.
Cercherò di essere breve. Molto tempo fa furono
costruiti degli anelli: tre furono dati agli elfi, gli
immortali, i più saggi e più giusti di tutti gli esseri.
Sette ai signori dei nani, migliori minatori e artigiani
delle montagne. E nove, nove anelli furono donati agli
Uomini che sopra ogni altra cosa desiderano il potere.
Però Sauron, l'Oscuro Signore di Mordor, ne forgiò
un'altro: l'Unico Anello, contenitore di buona parte
della sua malvagità.
L'Anello gli donava una forza incredibile e se non fosse
stato per un'ultima alleanza tra Elfi e Uomini la Terra
di Mezzo sarebbe caduta nell'oscurità. In quella
battaglia perse quell'anello grazie ad un Uomo di nome
Isildur, ma l'oggetto fu perso di nuovo e per molto non
se ne seppe nulla.
Qualche anno fa venne a Frodo Baggins della Contea, qui
presente oggi. Gli fu affidato il grave compito di
distruggerlo portandolo al Monte Fato, o Orodruin, là
dove era stato forgiato.
Partì con la quella che fu chiamata la Compagnia
dell'Anello che poi, a seguito della morte di uno dei
suoi componenti si sciolse per poi ritrovarsi alla fine
del viaggio, quando l'Anello era ormai annientato. Molti
hanno combattuto alle porte di Mordor, davanti al
Morannon, per distrarre la Malvagia Potenza e lasciare
così il Portatore libero di compiere il suo dovere. E
tutto finì bene.
Ora però qualcosa si è rivelato e la scoperta più
dolorosa e sconfortante è che le fatiche di tutti quelli
che sono caduti in quelle battaglie sembrano vane- si
interruppe -Ma non voglio andare oltre, ognuno di voi ora
deve parlare e così si farà un po' luce sul perchè di
queste mie parole-.
Aragorn si alzò in piedi poggiando le mani sul tavolo -Chiedo
scusa, ma vorrei essere io ad iniziare. Troppe cose ho da
dire e sono tutte cattive, pesano sul cuore e mi
opprimono. Dopo la Battaglia dell'Anello salii finalmente
al trono che mi spettava. Feci ciò che il mio antenato
Isildur non riuscì a fare. I miei giorni erano
finalmente luminosi e felici, al mio fianco avevo Arwen.
Lei aveva lasciato l'immortalità della sua razza per
poter stare vicino a me e morire, con me. Qualche mese
fa, credo due ormai, un'enorme forza di orchetti attaccò
Minas Tirith e non solo.
Arrivavano da tutte le parti, come una diga ormai al
massimo della sua capienza. L'acqua cerca qualsiasi
spiraglio possibile per uscire e questo fu ciò che
fecero quelle immonde creature. Ciò ci prese alla
sprovvista. Non vi erano segnali di malvagità o di
strani movimenti da Mordor. Molti Uomini stavano anche
iniziando i primi lavori di tentativo per bonificare la
zona, ma loro non sapevano nulla. Nessuno sa da dove
venissero. Per quello che riguarda me dirò che un
moltitudine di orrendi orchetti arrivarono correndo e
gridando da Minas Morgul e dalle montagne che passano di
fianco a Cirith Ungol e dal Morannon. Non ci volle
nemmeno un schiocco di dita e più di metà, se era
effettivamente solo la metà, di quella carica aveva
attraversato il fiume Anduin. Con la stessa rapidità
Minas Tirith fu rasa al suolo. Quando la vidi per
l'ultima volta le pietre di cui era fatta la città
stavano bruciando sotto il fuoco stregato di Sauron,
Helladan qui presente mi accompagnò per molto tempo, ma
poi ci perdemmo-. L'Uomo alla destra di Shion fece un
gesto con il capo.
-Tra le fiamme per salvarmi, in mezzo alle frecce per
proteggermi e con le urla dei nemici tutt'intorno per
farmi fuggire molte persone sono morte e tra queste-
sospirò iniziando a lacrimare e si sedette lentamente
sulla sedia -C'è Faramir, il nuovo sovrintendente di
Gondor e... morì anche lei. L'amore che avevo da poco
conquistato. Arwen morì. Morì dicendomi che dovevo
sopravvivere per difendere tutte le vite che erano finite
nella Battaglia dell'Anello e quelle finite in
quell'attacco perchè le forze e i sacrifici sino ad ora
fatti non dovevano andare perduti.
Mi persi, soffocato dal fumo e dalla battaglia vagai per
molti giorni, così tanti che non li ricordo nemmeno.
Dimenticai tutto e tutti. Non ricordavo nemmeno come mi
chiamavo. Mi trovò Haldir mandato da Dama Galadriel e
venni qui.
Chiedo scusa se il mio racconto non è stato dettagliato,
ma è già abbastanza doloroso doversene ricordare.
Elrond- alzò lo sguardo ad osservare il Mezzelfo che
piangeva in silenzio guardando il soffitto -Perdonami.
Avrei dovuto sacrificarmi per salvarla e per far in modo
che tornasse da te sana e salva, ma non è stato così.
Perdonami, questo è tutto ciò che posso dirti-
-Non è il perdono quello che ti darò- gli rispose
continuando ad osservare il cielo che si poteva vedere da
un buco circolare nel soffitto. Da li entrava un raggio
di luce che illuminava il centro del tavolo -Perchè non
ne hai bisogno. Io, e credo noi tutti, avremmo fatto la
stessa cosa che fece lei. Perchè la tua vita è
importante più di quella di mia figlia. Lei era solo un
Elfo senza più alcun potere, ma anche se li avesse
ancora avuti la sua vita sarebbe ancora valsa meno della
tua. Pochi possono competere con te. Tu non hai colpe
perchè questa è forse l'unica cosa positiva di tutto ciò
che ti è successo-.
Elrond reputava più importante un Uomo di sua figlia. Ciò
stupì Shion, ma forse aveva ragione.
L'Uomo di fianco a lui si alzò -Forse alcuni non mi
conoscono quindi prima di parlare credo sia meglio che io
mi presenti. Il mio nome è Eomer e sono il re di Rohan,
la terra dei cavalli e alleati fedeli di Gondor.
La mia città, Edoras, e la mia terra furono attaccate
subito dopo l'inizio dell'attacco a Minas Tirith. Molti
orchetti usciti dal Morannon si diressero attraverso
l'Enym Munil alle cascate di Rauros. Attraversarono le
praterie distruggendo tutto ciò che incontravano sul
loro cammino e distrussero anche Edoras.
Alcuni miei sudditi e cavalieri mi fecero da scorta non
appena seppero che gli orchetti stavano attraversando i
nostri prati e altri stavano distruggendo la capitale di
Gondor. A noi si aggiunsero anche alcuni Uomini che,
guidati da colui che si trova alla mia destra, venivano
da Pelargir, un città vicina alle foci dell'Anduin-
-Il mio nome è Feldir- disse alzandosi e facendo un
leggero inchino -Da noi gli orchetti passarono per un
piccolo fiume- disse questi senza alzare lo sguardo dal
centro del tavolo -E' sempre stato un fiume strano per
noi. A vederlo da lontano si direbbe un normale affluente
dell'Anduin e l'unico che viene dalle Montagne
dell'Ombra, l'Ephel Dùath. L'unico proveniente da
Mordor, ma non è così. E' un fiume che va contro
corrente. Non sfocia nell'Anduin, ma prende da esso le
acque e risale le montagne. Nessun fiume può risalire
una montagna, può solo scenderla, ma l'acqua di quel
corso si arrampica sulla parete incrinata. Usarono quello
e ci attaccarono. Ora hanno sotto il loro potere tutto il
Sud Ithilien e il Lebennin. Quindi anche la foce
dell'Anduin-
-Passammo per Fangorn e attraversammo le Montagne
Nebbiose- riprese Eomer -Arrivammo poi qui, a Gran
Burrone. Ma, prima di arrivare, ci dovemmo affrettare
perchè c'erano due grandi problemi sul nostro cammino.
Contavamo di sostare a Lothlòrien per cercare di
renderci conto di quello che era successo perchè nella
nostra fuga non pensammo bene a cosa e come era successo.
Mandammo alcuni in avanti ad avvisare la Dama e il
Signore di Lorien, ma pochi tornarono e questi ci dissero
che Lothlorien non c'era più. Contammo allora di trovare
aiuto e risposte, sulla foresta elfica, a Moria dove i
Nani avevano da un po' di tempo iniziato a cacciare i
pochi orchetti rimasti e a ricostruire la loro dimora
riparando ai danni dei loro antenati. Ma anche li non
trovammo ciò che ci aspettavamo.
Non venimmo accolti, non c'era nessuno o almeno nessuno
rispondeva. Attraversammo i picchi di neve delle Montagne
tormentati da continue bufere e poi risalimmo la catena
montuosa passandole a fianco, attraversammo il Dunland e
l'Eregion e arrivammo qui-.
Si risedette. Questa era la parte degli Uomini in tutta
quella complicata vicenda. Orribile. Era tutto quello che
le veniva in mente. Shion osservava ogni interlocutore
con gli occhi spaventati.
Gimli tossì rumorosamente e lanciò uno sguardo al Nano
al suo fianco -Pare che anche io mi debba scusare- disse
-Molti miei amici infatti stavano lavorando a Moria, ma
quando Eomer passò non c'erano più ecco perchè non
siete potuti entrare.
È vero, molti Nani della Montagna sono andati a Moria
avevano iniziato dei lavori di ristrutturazione. Sono
stato con loro per un bel po'. Abbiamo dato una degna
sepoltura a tutti cadaveri rimasti nelle miniere e poi ci
siamo dati da fare per chiudere tutti i buchi più
profondi delle caverne, perchè ormai temiamo e sappiamo
cosa si trova in fondo. Il nostro lavoro andava avanti
con un buon ritmo, avevamo riaperto molte ali della
grande Moria che erano state chiuse da frane. Poi sono
dovuto allontanarmi per un po' perchè il mio amico
Thorin, qui vicino, voleva essere informato sullo
sviluppo dei lavori. Quando me ne andai già si iniziava
a rivedere lo splendore di quelle sale, ma purtroppo
qualche giorno dopo la mia partenza seppi che ci fu un
violento attacco a Moria. Amici, sapere che poi dovrò
seppellire altri cadaveri di miei conoscenti mi
rattrista, ma ciò che più mi turba è la rabbia.
Distruggere una seconda volta Moria è troppo. Per me
Sauron ha superato il limite e farò tutto ciò che posso
per annientarlo. Dovessi anche trovarmi al suo cospetto!-
-Per carità!- esordì Gandalf -Spero tanto che non ti
tocchi una sorte simile, mio buon Nano. Credo che siano
poche le cose peggiori di trovarsi davanti all'Oscuro
Signore-
-Di peggio ci sono uno Stregone cerca guai e dei Nani
rumorosi, avrebbe detto Bilbo- interruppe Frodo con aria
pensierosa -Ma ai suoi tempi Egli era solo il Negromante
e il suo potere non era forte come adesso-.
Thorin si presentò. Era il Signore sotto la Montagna (vedi
"Lo Hobbit") padrone della Montagna Solitaria
che si trovava a nord-est di Bosco Atro e l'altro Nano si
presentò come rappresentante dei pochi Nani che vivevano
sui Colli Ferrosi.
-Ciò che arrivò alle mie orecchie insieme alla notizia
della disfatta di Moria fu che Lothlòrien, la bella
terra degli Elfi, era scomparsa. Non volli credere a
quelle parole infauste-.
Così terminava anche il resoconto dei Nani. Anche se
superficialmente pareva diverso la morale era sempre la
stessa. I sogni, le speranze, i sacrifici e i progetti
era andati distrutti. Shion iniziava a capire perchè
tutti trasmettessero un po' di tristezza o rabbia.
Galadriel poggiò i gomiti sul tavolo e sorrise a Gimli
che terminato il suo resoconto la osservava come per dire
che ora veniva il suo turno -I tuoi dubbi e le tue
preoccupazioni saranno presto chiarite- disse, poi tornò
seria e abbassò lo sguardo osservando la propria
immagine riflessa sul tavolo di marmo lucido -Pare che la
storia si ripeta all'infinito. Anche noi venimmo
attaccati di sorpresa. Ma non è da quel giorno che io
devo iniziare a raccontare. Molti si chiederanno come mai
io, Gandalf e Frodo siamo tornati qui, nella Terra di
Mezzo insieme a Glorifindel e Phindert. Credevamo ormai
tutto finito, questa terra era in buone mani, ma qualcosa
ha scosso le nostre menti. È difficile spiegare bene ciò
che io provai e che credo provarono anche loro. Era come
il richiamo lontano di una minaccia più potente e
diversa da quella di Sauron. Quando ciò divenne
insopportabile decidemmo di tornare e verificare di
persona cosa stesse succedendo. Tornai qui con mio marito
che ora è a Bosco Atro con ciò che rimane del nostro
popolo. Noi andammo a Lothlorien. Tempo due anni e se non
fosse accaduto nulla saremmo tornati indietro e proprio
due mesi fa scadeva questo periodo di ritorno.
A quel punto Gondor e Rohan furono attaccati con un
attacco lampo e pochi giorni dopo venne la volta di Moria
e Lorien. Seppi molto presto di ciò che accadde agli
Uomini e chiamai Legolas e Loras da me per far si che ne
fosse avvertito anche Thranduil re degli Elfi di Bosco
Atro. Ma il loro arrivo, benché puntuale, non fece in
tempo ad essere tranquillo. Non poterono vedere Lorien
per l'ultima volta e videro solo le fiamme.
Molti di noi sono stati catturai presi come schiavi. So
che lo stesso è successo agli Uomini che non hanno
ceduto all'oscurità di Mordor. Infatti molti Uomini
erano insieme agli Orchetti che ci attaccarono. Uomini
corrotti, costretti o soggiogati dal potere della
malvagità. Provo pena per loro.
Venni qui portata da Legolas e Loras. Ero moralmente
distrutta. Tutto si era disfatto davanti ai miei occhi.
Qualche giorno prima dell'attacco mandai Haldir a cercare
notizie su Aragorn del quale non avevo saputo nulla. Egli
è arrivato ieri come avete potuto vedere e la Gemma
Elfica era con lui. Salva per fortuna-.
Fu interrotta dal brusco movimento di Legolas che si era
alzato in piedi di scatto. I capelli biondi nascondevano
il suo volto che era chinato verso il basso. Dopo un
minuto di silenzio alcune lacrime caddero sul tavolo come
il rumore di gocce in una grotta. Sembrava quasi che le
pareti formassero l'eco -Non potrò mai perdonarmi- disse
cercando di frenare i singhiozzi -Avrei potuto fare
qualcosa, anche se lei mi aveva detto che non era
possibile-
-Ed era così Legolas- gli disse Galadriel -Non potevi
fare nulla-
-Non è vero! Chiamando i nostri guerrieri avremmo
cacciato gli invasori del bosco e forse ne avremmo
salvato una parte. Se solo lo avessi fatto, se solo mi
fossi reso conto prima del mio potere e di ciò che posso
fare- s'interruppe singhiozzando silenziosamente.
-Mio buon elfo- interloquì Gandalf -Galadriel è saggia
e più anziana di te, io anche sono saggio come lei sono
del suo stesso parere.
Non potevi fare nulla. Se tuo padre fosse stato con te
allora lui avrebbe potuto chiamare i vostri guerrieri, ma
tu-
-Io- lo interruppe -Io prima di partire sono diventato il
re di Bosco Atro! Io ho preso il posto di mio padre!-.
Sembrò che quella notizia avesse preso alla sprovvista
tutti ed infatti era così -Avevo il potere di farlo, ma
forse non meritavo la fiducia di mio padre e sono ancora
troppo giovane per essere un re. Anche adesso non mi
rendo conto dell'enorme potere che ha un governante. Se
fossi stato più responsabile avrei potuto fermare quel
massacro e salvare qualcosa- alzò lo sguardo e guardò i
presenti con un sorriso triste -Forse mi sarebbe bastato
salvare un solo Elfo. Mi sento in colpa perchè anche io
da solo qualcosa avrei potuto fare e invece, stupefatto
com'ero da quella scena, sono rimasto ad osservare. Non
voglio avere rimpianti. Se avessi potuto salvare anche
solo una persona sarebbe stato qualcosa-.
Si accasciò senza rumore sulla sedia che sembrava
diventata piccola in confronto alla grande tristezza di
Legolas.
Ecco un'altra risposta. Ecco cosa tormentava quegli Elfi,
la fine di un sogno, la distruzione della casa, la
perdita degli amici.
A quel punto Frodo parlò con voce ferma e decisa -Ho
capito tutto- disse -Ma so che Gandalf e Elrond non sanno
nulla di ciò che è successo davvero a Mordor. Come ha
potuto Sauron riprendere tutto quel potere senza l'Unico?
Come ha fato a riformare un esercito più numeroso e più
forte di prima in così poco tempo? So che i confini di
Minas Tirith erano sorvegliati, perchè non è arrivato
un messaggero in città ad avvisare? Viene da pensare che
qualcuno abbia tradito, ma chi? Cos'è quella presenza,
quella sensazione che alcuni di noi percepiscono? Se non
è Sauron, chi è?
Non abbiamo indizi, nulla. Io ho rischiato la vita tante
volte e preferirei dimenticare il mio passato, ma è
parte di me e non posso cancellarlo. I miei sacrifici e i
vostri, quelli di tanta brava gente, non possono essere
buttati al vento. Io voglio scoprire cos'è successo.
Andrò in giro e cercherò più indizi possibili e alla
fine sconfiggerò Sauron un'altra volta perchè tutto ciò
che abbiamo fatto gli scorsi anni non venga disfatto. Che
le nostre sofferenze non siano state vane-.
I suoi amici annuirono in segno di sostegno e
approvazione.
Venne così deciso che alcuni sarebbero partiti in varie
direzioni per cercare informazioni sui movimenti del
nemico.
Galadriel la sera prima che i cavalieri partissero chiamò
a sè Legolas. Gli affidò il compito di andare verso
est, dalla parte di Lothlòrien. Aveva parlato con Elrond
e Gandalf e avevano pensato che questo era tutto ciò che
gli potevano concedere per cercare di rimediare, se
davvero si poteva ancora fare.
Il mattino dopo Legolas salutò anche gli altri che
partivano, tra cui Shion che, poiché era ancora
inesperta, partiva con Merry. Disse qualcosa ad Arod, il
suo cavallo, quello che aveva ricevuto anni prima a Rohan
e che era rimasto con lui come un fedele amico, e questi
si impennò per poi partire al galoppo verso le Montagne
Nebbiose. La via era lunga e faticosa. Sperava sarebbe
valsa la pena di farla.
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