LO STUDIO B’n’R PRESENTA...

UNA PRODUZIONE BY
KIM AMI & ALEX
SUI DIMENTICATI

FORGOTTEN CHAMPIONS

"FORGOTTEN CHAMPIONS", CAPITOLO PRIMO: VARIABLE D

PARAGRAFO PRIMO:

NONNE VEL NUM

Immagine di apertura: Maggie

Don't wanna cry, Just keep on, keep on going. I go forward whenever, I never scare. Don't wanna stay, Just keep on, keep on trying: I'm just afraid of regret without doing my best. Stormy night Crazy wind is blowing to your heart over and over. Don't be worry, Painful day like this time is good for you. Gloomy sight, But remember, night time is not going on forever Don't be sorry, I think maybe happiness is close to you. Anyway, if you want to escape, I can't say anything for your way, But this is your precious life, can't repeat, besides it's once for all.

Parigi – 7 Giugno, ore 21.17

BGM : "Yume miru ai tenshi", Wedding Peach

- Occhio! – Louis si lanciò in avanti cercando di prenderlo. Così facendo però, perse completamente l’equilibrio e caddero entrambi sulla poltrona, rovesciandola. Con un rumore secco, il vaso che Napoleon aveva tentato di afferrare fece mille pezzi sul pavimento, schizzando acqua dappertutto. Il francese ci mise un po’ a riprendersi, ma quando lo fece si rese conto di essere a pochissimi centimetri dai suoi occhi, di un azzurro profondo, che lo guardavano sconcertati. E d’improvviso, si accorse che si stavano baciando.

Parigi – 7 Giugno, ore 18.04

BGM : "Misato", Evangelion

Rue Milton. Louis Napoleon, numero venti della nazionale giovanile francese e centravanti di sfondamento, correva lungo le strade di Montmartre, pallone ai piedi. In un altro momento sarebbe sicuramente passato a trovare Misaki, ma ora sapeva benissimo che lui non c’era: infatti si trovava in Giappone, per assistere alle ultime partite del World Youth e, con un po’ di fortuna, giocare la finale. Louis lo invidiava molto, Misaki. Lui aveva una squadra che, oltre ad essere composta da campioni, lo rispettava; tutto l’opposto della situazione del francese, che si ritrovava con "un gruppo di incompetenti che non lo sapevano apprezzare", per sua stessa definizione; inoltre il Giappone poteva contare su un capitano del calibro di Ozora, non su un Capellone esaltato… Questi erano i suoi pensieri, suscitati dal ricordo dell’ultima litigata che aveva avuto con un suo compagno di squadra, nella quale ovviamente Pierre aveva dato ragione all’altro. – Capellone cretino!!!- urlò Napoleon rabbioso, sfogandosi tirando un Cannon Shoot in mezzo alla strada. Trovata non molto brillante, dato che dopo un attimo si trovò a correre giù per la Butte con il negoziante a cui aveva rotto una vetrina alle spalle, rabbioso, che gli urlava dietro tutta una serie di insulti.
- Delinquente, torna qui!!! -
- Fossi scemo!! – rispose Louis ormai lontano – Ecco a cosa serve allenarsi a correre… - pensò ridendo. Si fermò di stucco: senza essersene reso conto, era arrivato davanti alla casa di Pierre. Dalla finestra aperta sull’ampio salotto al secondo piano, proveniva il suono di una melodia eseguita al pianoforte.

Parigi – 7 Giugno, ore 18.17

Immagine: Pierre & Louis

Rue du Quatre Septembre. Pierre El Cid, capitano della nazionale giovanile francese, suonava con calma "The Field of Dreams", ma dal suo sguardo vuoto si poteva dedurre come i suoi pensieri fossero altrove, così lontano che nemmeno si era reso conto che Napoleon era entrato nella stanza; così Louis rimase in silenzio per un po’, guardandolo. A vederlo così calmo, non sembrava la stessa persona che passava le sue giornate urlandogli dietro.
- Ehilà, Pierre, non l’hai più finita quella canzone?
- Cosa…? – l’altro ragazzo, risvegliato dai suoi sogni all’improvviso, ebbe un sussulto.
- Te lo chiedo perché è da cinque minuti che ripeti lo stesso ritornello! -
- No, non l’ho più completata… Tu, piuttosto, cosa fai qui? -
- Ah, già, dimenticavo che ricevi solo su appuntamento! – ribatté Louis scocciato. - Capellone cretino, non posso neanche più passare per casa tua? – pensò.
- Veramente, stavo aspettando qualcun’altro…
- E chi, di grazia?
- Non sono aff… Va be’, Maggie comunque. – concluse Pierre.
Napoleon trasalì, senza che il suo compagno di squadra se ne rendesse conto, visto che gli dava le spalle, intento a risistemare le rose di un vaso di fianco al pianoforte. Louis l’aveva conosciuta pochi giorni prima, al ritorno dal Giappone, Maggie Lafayette; una ragazza veramente fina, dai capelli lunghi e biondi, gli occhi di un blu profondo e…. Da poco fidanzata con il capitano francese.
- Ciao Pierre. – una voce li fece girare entrambi. Maggie fece il suo ingresso nel salottino: indossava un vestito blu notte, che faceva risaltare i suoi capelli color dell’oro e la carnagione chiara. I due rimasero allibiti nel guardarla in tutta la sua bellezza. Louis lanciò una frecciata con lo sguardo al suo capitano, mentre quest’ultimo pareva un po’ disorientato…
- Ma… Maggie – balbettò Pierre, preso alla sprovvista – Sei arrivata presto…-.
- Avevo voglia di vederti, tesoro caro. Ma noto che non sei solo… -
Il terzo incomodo non disse nulla. – Un giorno qualcuno deve spiegarmi che ci trovano le ragazze nel Capellone… - si limitò a pensare.
- Credo comunque lui se ne stia andando, vero, Pierre? Ricordati che dobbiamo uscire. -
- Com… Ah, sì, Napoleon stava… Andava…. – Non era da Pierre fare delle gaffe del genere con le ragazze; cosa stava combinando?
- Deve piacerti veramente molto la signorina per farti avere questa reazione, o sbaglio, Pierre? – rise Louis. – Comunque levo il disturbo. Ci vediamo… - concluse uscendo di corsa, sperando di non far capire quanta rabbia lo rodesse.
- Maledettissimo Capellone, muori, muori!! Ma senti cosa devo sentirmi dire dalle ragazze a causa tua! E’ sempre la stessa storia: "Pierre, Pierre, dov’è il mio Pierre??? Lui è il massimo". Insomma, che scatole!!!! – Ad un certo punto si fermò di botto in mezzo alla strada – Ehi, da quando in qua mi preoccupo delle ragazze?? Cosa diavolo mi sta succedendo? Possibile… - Facendo due conti, Napoleon si rese conto che tutto il suo nervosismo era cominciato quando era tornato dal Giappone. Inizialmente, l’aveva attribuito al fatto che aveva perso quella maledetta partita, ma a questo punto cominciava a riflettere sulla possibilità che il motivo fosse un altro. D’un tratto gli venne in mente la sera prima dell’ultima partita: aveva parlato con Pierre tutto il tempo, senza litigare, avevano solo parlato; avrebbe quasi detto che si comportavano da amici, anzi, con tutte le caratteristiche di quel rapporto stretto che si instaura fra il capitano e il suo braccio destro. E poi, da quando aveva visto Maggie, Pierre proprio non l’aveva sopportato più. – Oh, Maria Vergine! – un pensiero pessimo gli era balzato in testa. – Perché diavolo Kim non c’è mai quando serve ?!? – urlò cominciando a correre.

Parigi – 7 Giugno, ore 20.12

Immagine: Mick Nekoi Nike

Parc de Monceau. - Che barba, che noia! – esclamò seccata Mick, pedalando sulla sua bicicletta – Sono stufa di starmene qui a Parigi da sola!!!! Kim è in giro al suo solito e quel cretino di Shingo fa da spola tra Italia e Giappone! Che noia, che barba! Mi tocca pure andare a fare la spesa da sola! Uffaaaaaaa!!!! -.
Mick Nekoi Nike, sorella maggiore del numero 20 della nazionale giovanile giapponese, si era trasferita nella capitale francese da poco più di tre mesi. I suoi genitori erano morti quando era ancora piccola nella caduta di un aereo e da sempre la sua famiglia era stata formata da lei, dalla sua gemella Kim Ami e dal piccolo Shingo. Ciò l’aveva portata a sviluppare un carattere forte ed autoritario, in contrapposizione alla dolcezza e alla calma quasi glaciale di Kim. Lo stesso aspetto le differenziava molto: i capelli lunghi e ondulati della sorella stridevano con quelli corti di Mick, proprio perché incorniciavano un volto dai lineamenti uguali pur essendo due tagli così differenti. L’unica cosa che le accomunava era il colore della capigliatura: un biondo così pallido da far concorrenza a un limone non ancora maturo.

- Un giorno o l’altro, me li tingo di rosso, ‘sti porcherie di capelli! – questa era puntualmente la soluzione a cui arrivava Mick dopo aver riflettuto sulle differenze che le separavano. – E poi, di grazia qualcuno dovrebbe spiegarmi che ci trovano tutti i ragazzi in Kim, per la miseria! Manco fosse la Madonna! E poi fa tanto quella faccia da Lucia Mondella, ma se si tratta di menare qualcuno non si fa problemi, no di certo! – continuava a bofonchiare pedalando.
- Ciao, Mick… -
- Che? Come? Cosa? Ah… Sei tu, baka-Napoleon….. – la ragazza piantò i freni nella stradina che stava percorrendo, sollevando un gran polverone, visto che non era asfaltata.
- Grazie per l’impolverata, mi serviva proprio!
- Che c’è, vuoi litigare?
- No, grazie…. Ne faccio volentieri a meno…. Cavolo, con te proprio non si può parlare….
- Preferisci Kim? Mi spiace ma adesso è… Bho, da qualche parte diversa da qui.
- Grazie mille per l’ai… -
Louis si bloccò a metà della frase… - Miseria ladrissima, guardali lì, quei due!! – infatti, a una cinquantina di metri, Pierre e Maggie passeggiavano per il parco, tenendosi dolcemente per mano.
- Chi è quella? – commentò Mick, che già conosceva di vista il capitano della squadra francese.
Napoleon non rispose, intento com’era a osservare i due piccioncini.
- Merde! – esclamò e partì all’attacco, nascosto dietro un cespuglio.
- Ehi, baka-Napoleon, non dirmi che ti sei innamorato di quell’affare laggiù in fondo! – Mick non poteva crederci! Uomini traditori, tutti dietro alle belle ragazze!
- …. – fu tutto quello che disse Louis… Ovvero niente.
- Ehi, Terra chiama Plutone, Napoleon rispondi!! -
- … Gua… Guarda come lo bacia… Cavolo, è proprio cotta del Capellone…. -
- Invece lui non mi sembra molto ricambiare… Temo che l’unica speranza che hai è che lui la lasci… -
- Eh? – Louis tornò momentaneamente con i piedi per terra – Da quando in qua tu dai consigli? E soprattutto, che ti impicci dei miei affari?
- Magari da quando parli a voce alta dei tuoi affari….
- Ehrrr… Va be’, comunque ti sbagli. Il Capellone prima quando l’ha vista si è messo addirittura a balbettare… Forse è proprio meglio che lasci stare… -.
- Ma cosa dici?!? E-Ehi… Baka, dove vai?? -
Napoleon aveva cominciato a correre, verso l’esterno del parco.
- Ehiiiiiiii!! Idiota da sbarco!!!!!- gli urlò dietro Mick, così forte da attirare l’attenzione di Maggie e Pierre.
- Guarda, tesoro, due fidanzati che litigano… Meno male che noi non facciamo altrettanto, vero? – sorrise la prima.
- Quello era Napoleon…. E l’altra se non sbaglio la ragazza che mi ha presentato l’altro giorno… Non mi aveva detto che stavano insieme…. commentò El Cid senza scomporsi più di tanto.

Parigi – 7 Giugno, ore 20.43

BGM: "Egao ni aitai", Marmalade Boy

Immagine: Louis

Rue de Washington. - Muori, muori, muori, muori, muori, muori, muori, anzi, morite, morite, morite tutti e due!!! – (cantatela a ritmo ^__^;; E’ perfetta!) Louis correva rabbioso, senza nemmeno sapere dove. Corse fino a quando non ebbe più forze, fermandosi sulle rive della Senna, sul Pont de l’Alma. Ormai era sera, e dalla sua posizione la visione della Torre Eiffel illuminata era splendida.
- Questo stupido posto, la Città degli Innamorati… Dovrebbero chiamarla la Città delle Ragazze Innamorate del Capellone!!!!!!
- Ehilà, baka-Napoleon, è un pezzo che ti cerco! – mentre Louis era impegnato nelle sue riflessioni, Mick Nekoi gli era arrivata alle spalle.
- Ah, sei tu… Che vuoi?
- Idiota! Sei così depresso? Insomma, animo!! Non mi pare il caso di reagire così male!
- Ah, non ti pare…
- Insomma, non puoi rinunciare senza nemmeno combattere!
- Sono stufo. Anche in campo è sempre la solita storia: esiste solo Pierre! Basta!
- Se quella ragazza ti piace sul serio, non puoi arrenderti! Non si tratta mica di uno stupido pezzo di ferro come quello che vuoi quando giochi a calcio!! Una partita la potrai anche perdere, ma non senza almeno giocarla!!-.
Louis era così rabbioso che ancora un po’ e si metteva a piangere…
- Ba… Baka-Napoleon! Mi dici perché stai reagendo così male?? Sei innamorato di lei così tanto, eh?!? – Mick stava per avere una crisi nervosa. Dove diavolo era Kim? Cosa avrebbe fatto lei in una situazione del genere?
- A… dir la verità… - Louis stava per mettersi a raccontarle tutti i suoi problemi: chiunque sarebbe andato bene, bastava che lo ascoltasse. – Io l’ho conosciuta poco tempo fa e…. Non sono ancora sicuro che mi piaccia… -
- Fai qualcosa!!! Cavolo, qualunque cosa, ma reagisci!!! E’ inutile stare qui a commiserarsi!!- gli urlò in faccia la ragazza.
- A… Al diavolo! – Mick aveva ragione: lui aveva un obiettivo e doveva puntare solo a quello come in campo picchiava diretto verso la porta - Adesso il Capellone mi sente! – concluse e partì velocissimo puntando verso la casa di Pierre, senza nemmeno salutare e piantando Mick lì in asso.

Parigi – 7 Giugno, ore 21.06

BGM: "Breeze", Slayers Try

Rue du Quatre Septembre. Pierre, da solo in casa, stava per andare a dormire quando arrivò sparato come un Shinkasen Louis.
- Ma ti par ora di venire? – gli ruggì contro il suo capitano.
- Chi se ne frega, fammi entrare! – irruppe Napoleon.
- Veramente, sono già in pigiama…
- Ah… Ehm… Sì, vedo… - accennò l’altro. – Eh, ma che cavolo sto facendo?? Non sono venuto qui per balbettare!!! – pensò immediatamente.
- Senti, Capel… Cioè, no, Pierre! Devo parlarti!
- Vuoi bere qualcosa?
- Ho detto che devo parlarti!!!
- E io ti ho chiesto se vuoi bere qualcosa!!!
- Be’, sì grazie…- No, no, così non va! – rimuginava.
- Cosa vuoi?
- Eh? Ehm… Un… Bho, fa un po’ tu…
- Va bene… -
- Stavo dicendo, devo parlarti!
- Ti ascolto… Ti va della Coca-Cola? – chiese passandogli un bicchiere mezzo pieno.
- Ma… Che hai sta sera?
- Adesso sei tu che giri attorno al discorso, Napoleon… Comunque, niente, problemi personali.
- Di che genere?
- Personali!!
- Grazie tante!! … Allora?
- Mio padre sta cercando di convincermi a sposare Maggie.
- Cos… Coff coff… cos’hai detto? – a Louis era andata di traverso la bibita.
- Che mio padre vuole che io mi sposi con Maggie.
- E… tu che fai? – Louis, praticamente senza rendersene nemmeno conto, si stava dimenticando del vero motivo per cui era lì.
- Io… Non so, quella ragazza è molto bella, certo, mai io non credo sia una buona idea…
- Ah no? Be’, lasciala a me…
- Come?
- Eh? Niente, pensavo… - si era reso conto improvvisamente di quando assurda fosse la sua uscita.
- Cosa mi consigli di fare?
- Eh?
- Sì, hai qualche idea?
- Per la verità, no…
- A proposito, cos’eri venuto a dirmi? – Pierre andò in salotto e si sedette con calma sul divano, invitando Louis a fare lo stesso, salvo che quest’ultimo era troppo nervoso per riuscirci.
- Io… Niente d’importante…
- Ma se mi sei piombato a casa a quest’ora doveva esserlo per forza. Va’, spara.
- No… Niente sul serio…
- Dimmelo lo stesso! E’ per quella questione della litigata di oggi?
- No, però sei stato uno scemo a prendere le parti di quel cretino di Pascal!
- Ma lui aveva ragione….
- See, e dove?
- Eh? – Pierre si stava rendendo conto che effettivamente i due avevano torto entrambi… Eppure, quel che poteva lasciar passare agli altri, a Louis non poteva permetterlo. Se a uno così dai un dito, come minimo si prende tutto il braccio… - Senti, se uno dei nostri compagni fa ogni tanto qualcosa di sbagliato lascia correre, non puoi stargli sempre col fucile puntato addosso, no?
- Certo che con me non ti fai certi problemi… - Louis cominciava a innervosirsi.
- Se ti lascio fare quello che vuoi, chissà dove andiamo a finire!
- Grazie mille, me ne ricorderò.
- Non prendertela a male ma è così!! – ribatté Pierre, già sulle difensive.
- Va bene, sta sera non ho proprio voglia di litigare con te…
- Che hai? Cos’è che volevi dirmi? Se non era questo, cos’era?
- Ero venuto a dirti, Pierre… Che… - esitò un attimo – a me Maggie piace moltissimo, hai capito? Non lascerò che tu la sposi senza fare qualcosa!!

Immagine: Louis & Pierre

- Eh? Be’, senti, se ti fa piacere te la lascio, OK? – Pierre non aveva avuto una minima reazione.
- Come… Cosa… ??
- Senti, siamo fidanzati solo perché è la figlia di un pezzo grosso e mio padre vuole così, OK? – ora cominciava veramente ad innervosirsi
Louis non disse più nulla. Aveva provato un enorme senso di sollievo, a quelle parole. Nonostante prima si fosse alterato, ora non gli importava nulla sapere che, a Pierre, Maggie non interessava per nulla. Ma non ne era molto convinto. Però, il Capellone aveva sempre avuto schiere di ammiratrici ma non aveva mai mostrato predilezione per nessuna, salvo forse quella Rosemary con era insieme tempo addietro. Magari anche Maggie la considerava una rompiscatole o simile. E questo giocava tutto a favore di Napoleon.
- E quand’è che ti saresti interessato a lei? – gli chiese Pierre.
- Mah, l’ho capito solo questo pomeriggio… A proposito, com’è che ti sei incastrato quando è arrivata lei, se non ti piace?
- Eh? Be’… Non so, credo perché non mi aspettavo di vederla così presto.
- Solo per questo? Senti, se salta fuori che è tutta una balla…. Giuro che me la paghi cara!
- Stai calmo, io sono già interessato altrove…
- Davvero? E a chi? Non ti casca ai piedi, questa?
- Ehrr… No, è un tipo un tantino orgoglioso …
- Ah, mica è Mick Nekoi, vero?
- Eh?
- Niente… Curioso, e io che pensavo che nessuna ragazza resistesse al tuo fascino!
- haha… - commentò l’altro – Ah…
- Che c’è?
- Ne vuoi ancora? – chiese Pierre passandogli la bottiglia di Coca-Cola.
- No, grazie. Comunque credo che ora posso anche andarmene. – No, Louis non era soddisfatto. Cosa cercava? Di litigare con Pierre? No, ma era come se fosse venuto per fare qualcosa e se ne stesse andando senza averla portata a termine. Perché?
- Qualche problema?
- No, no, ma ho come l’impressione di dover dirti qualcos’altro…
Pierre intanto stava cambiando l’acqua delle rose del vaso di fianco al pianoforte. A quell’ora di notte?
- Qualcosa sulla squadra? Oppure… - chiese.

(BGM : "Yume miru ai tenshi", Wedding Peach)

Cosa stava dicendo? Louis non lo capiva. Pierre riportando le rose nell’altro angolo del salotto e passandogli di fianco, inciampò sul tappeto, lasciando andare il vaso.

Don't wanna cry, Just keep on, keep on going, I go forward whenever, I never scare. Don't wanna stay, Just keep on, keep on trying. I'm just afraid of regret without doing my best. Lonely night, You can be imagine, your dreams come true in near the future. Don't be worry, Waste of time is only depends on you. Be in fight, You can choose whatever and whenever, you can go everywhere. Don't be sorry. Courage is sleeping inside of you. Anyway, if you want to escape, I can't say anything for your way, But this is your precious life, can't repeat, besides it's once for all.Don't wanna cry, Just keep on, keep on going, I go forward whenever, I never scare. Don't wanna stay, Just keep on, keep on trying. I'm just afraid of regret without doing my best. Don't wanna cry, Just keep on, keep on going, I go forward whenever, I never scare. Don't wanna stay, Just keep on, keep on trying. I'm just afraid of regret without doing my best…

"FORGOTTEN CHAMPIONS", CAPITOLO PRIMO: VARIABLE D

PARAGRAFO SECONDO:

SORE! POST SCRIPTUM

Immagine d’apertura: Kim Ami Nike

Don’t ask of me to tell you where I’m from. Don’t bury me in this wound. Don’t bury me in the lost yesterdays. Don’t stop me any further. Even now in my heart sleeps my dream that like a storm is still raging, but I turn my back and within a blink like a teardrop it breaks into pieces. From that day onward I made a choice to fight day by day. I wish I was the wind, I wish I was the wind.

Buenos Aires – 17 Giugno, ore 12.43

Immagine: Alan Pascal

- Io esco… Ehi, ho detto che esco!
- Ma come?! E’ quasi ora di pranzo!!
- Mamma, te l’avevo già detto che andavo fuori a mangiare, no?
- Cosa? Guarda che non mi hai detto nulla!
- Ma insomma!! Mi ascolti quando parlo? Be’, comunque sono già in ritardo! Ciao!
- Alan!!! – tardi. Aveva già infilato la porta.
Dopo la breve discussione con la madre, il numero 12 della nazionale giovanile argentina si fiondò giù per le scale dello squallido condominio dove abitava, situato in periferia. Era in ritardissimo, a dir la verità… Ce l’avrebbe fatta in 17 minuti ad attraversare la città? Neanche dopo morto. Neanche con un miracolo.
- Serve un passaggio? – gli chiese un tizio su una moto nera che lo aveva affiancato.
- Ah… Ramon!! Co… Cosa fai qui? – Alan Pascal era veramente perplesso: evidentemente non era l’unico in ritardo… Be’, il suo amico era abbastanza in orario, visto che disponeva di un mezzo di locomozione diverso dalle gambe.
- Veramente io abito su questa via….
- Eh? Cavolo, hai ragione!
- Dai, muoviti a saltar su! Altrimenti arriviamo per cena!
- Come? Ah, sì, sì… Penso tu non abbia un casco per me, vero?
- No, mi dispiace…. Comunque, tieniti forte!! – Alan non si era nemmeno seduto che Ramon era già partito.
- Aaaaaaaaaaah!!!!!!!! Ramon, aspettaaaaaaaaaaaaaaa!!!!

Buenos Aires – 17 Giugno, ore 13.12

- Se non fossi arrivato così all’improvviso ti avrei preparato tutto per bene! – Kim Ami Nike sorrise al suo amico, giunto da poco.
- Mi spiace disturbarti, Kim. Ma non sapevo dove andare, Buenos Aires è enorme!
- Sì… Non ti preoccupare. Posso chiederti come mai questa fuga improvvisa da Parigi, Louis?
- Ho… Avuto qualche problema…
- Pierre El Cid? Hai di nuovo litigato con lui?
- Sì, più o meno…
- Però devi essertela presa proprio tanto. Ci hai sempre litigato, ma non mi risulta tu abbia mai cambiato continente, per questo. – Kim sorrise.
- …..
- Oppure c’è un altro motivo……? -.
- Be’, ecco, è che… - DLIN DLON. – Ma chi cavolo rompe????? – ruggì il francese, seccato di essere interrotto, quando aveva problemi già per conto suo a parlare.
- Ah, oggi ho ospiti a pranzo. E’ per quello che ho apparecchiato per quattro. – sorrise di nuovo e si alzò per andare ad aprire la porta.
- Ah… - Maledizione dieci volte! E lui che sperava di passare un po’ di tempo in santa pace solo con Kim.

Immagine: Alan & Ramon

- Permesso? – Alan Pascal entrò nella cucina del piccolo appartamento, appoggiando una scatola con dei dolci accanto ai fornelli.
- Tu… Io ti ho già visto da qualche parte…. – disse rivolto a Louis, che lo guardava con un’espressione fra il seccato e lo stufo.
- Davvero? Non mi pare di conoscerti…
- Ah, ecco chi sei! Louis Napoleon, numero 20 della nazionale giovanile francese, il capocannoniere!
- Com’è che mi conosci?
- Sono il numero 12 dell’Argentina, Alan Pascal. Ci siamo visti ai mondiali di Francia 4 anni fa e pochi mesi addietro al party organizzato dalla squadra giapponese.
- Ah, l’ombra di Diaz! Adesso mi ricordo di te!
- Gra… Grazie per l’appellativo… - balbettò Alan un po’ sorpreso dalla frecciatina del francese.
- Eh? Siamo in quattro? – chiese Ramon incuriosito, arrivando in cucina con Kim.
- Sì, è un mio amico francese… - rispose lei.
- E cosa ci fa qui a Buenos Aires?
- E cosa te ne frega? – ribatté acido Louis, sempre con la solita espressione.
- Per la miseria! Cavolo, Kim, ma tu conosci solo calciatori? Comunque, proprio questo dovevi tirarti in casa? – Ramon l’aveva riconosciuto subito, l’ospite francese.
- Vi conoscete già?
- Tu sei… - iniziò Napoleon cercando di ricordarsi dove aveva già visto il ragazzo dai capelli lunghi e dalla carnagione scura – Sì, quello lì… Victorino… Ramon Victorino! Il numero 11 dell’Uruguay! Hehe, ti sei fatto fregare il 9 da quell’idiota di Hino, vero? – Louis cominciò a ridere, divertito.
CROCK <= Rumore della pazienza di Ramon che si rompe (eh, sì, fa in fretta, soprattutto se si tocca un certo tasto dolente…).
- Ehi, brutto bastardo!! Ma che cavolo vuoi da me?!? – e così urlando afferrò il francese per il colletto sollevandolo.
- Che c’è? Vuoi litigare?? Ti accontento subito!
- Alt! Stop! Time!!! – disse Kim inserendosi fra i due e dividendoli. – Calmi, ragazzi, suvvia! Non vorrete mica picchiarvi qui, no? Non c’è nemmeno spazio. – concluse sorridendo.
- E’ lui che mi ha provocato! Che gli ho fatto io?!?
- Sì, va bene. Scusalo, OK, Ramon? Per favore. Louis ha fatto un viaggio lungo, è stanco e poi anche di cattivo umore. E tu calmati, siamo d’accordo? Ramon non ti ha fatto niente.
- Dipende dai punti di vista… E poi, scusa tanto, ma le persone coi capelli lunghi non le sopporto proprio! – Napoleon se ne andò sbattendo la porta.

Buenos Aires – 17 Giugno, ore 13.34

- Louis? – Kim socchiuse la porta della stanza che aveva preparato per l’amico. – Louis? Dai, vieni a mangiare, è pronto….
L’interpellato non rispose, steso sul letto e girato.
- Come mai sei di così cattivo umore? – la ragazza si avvicinò lentamente.
- Pianto Parigi per venire qui a passare un po’ di giorni in santa pace e mi tiri dietro ‘sto tizio??
- Ma Louis… Per favore, torna con noi di là…
Nessuna risposta.
- Perché sei così di cattivo umore? Cos’hai?
- ….. Ultimamente me ne capitano di tutti i colori…. Ma roba che prima nemmeno mi sarei immaginato! Ho bisogno di riposare un po’, Kim… Scusa….
La ragazza socchiuse in silenzio la porta e tornò in cucina.
- Ma che diavolo gli ho fatto, io, a quello?!? – Ramon era ancora rabbioso per il trattamento subito.
- E’ strano che sia qui, non è vero? – mormorò Alan.
- Eh?
- Sì, insomma… Non mi risulta che nessuna squadra Argentina abbia acquistato un francese… Perché ha lasciato l’Europa?
- Sarà qui in vacanza….
- E avrebbe reagito così male alla tua domanda, prima?
- Va be’, anch’io sono venuto qui dall’Uruguay senza preavviso e solo dopo ho trovato una squadra dove giocare, no?
- Certo, ma tu avevi i tuoi problemi in patria. Forse li ha anche lui, non credi?
- E con questo?
- Non pensi sia il caso di andarci con calma? Magari se n’è andato proprio per stress e adesso noi qui siamo un elemento di disturbo….
- …… Alan, scusa…. Sei sicuro di stare bene? – e così dicendo appoggiò una mano sulla fronte dell’amico.
- Ma certo che sì!!!!! – urlò l’altro arrossendo e saltando in piedi - Volevo solo dire che forse è meglio se cerchiamo di essere gentili con lui!!!!
- Sì, sì, OK…. Ma parla come mangi, capperi! Non farmi discorsi contorti!
- Ragazzi, per ora è meglio se mangiamo in tre… - disse Kim entrando in cucina con aria abbattuta.

Buenos Aires – 17 Giugno, ore 13.37

BGM: "Kanashimiyo Konnichiwa", Maison Ikkoku

Louis non disse nulla sentendo Kim uscire dalla stanza.
Era nella confusione più totale. Negli ultimi giorni stare a Parigi gli era diventato impossibile.
Solo 10 giorni prima sembrava tutto a posto, nulla avrebbe potuto rompere la sua quotidianità. E poi quel dannato 7 giugno, dopo il quale niente
era scontato o normale…
Era venuto lì da Kim, mentre avrebbe potuto tranquillamente raggiungere i suoi genitori a Los Angeles se voleva solo cambiar aria, per chiederle aiuto, su consiglio di Mick Nekoi. Anche lei era stata una preziosa alleata, nonostante Louis non le avesse spiegato esattamente qual era il problema; lui non se lo sarebbe mai aspettato.
- Mai giudicare dalle apparenze – rifletté. – Mick in fondo è una brava ragazza –.
Forse aveva quello stesso complesso di inferiorità nei confronti di sua sorella che Louis aveva con Pierre. Entrambi non l’avrebbero mai ammesso, comunque.
Già, Pierre. Sembravano sottinteso sempre che in realtà Louis non valeva che un decimo del suo capitano; El Cid, al di sopra di tutto e tutti. Ecco perché il numero 20 aveva sempre cercato di risaltare dal collettivo della squadra. Non avrebbe mai lasciato la palma d’oro a Pierre senza combattere; anche se si trattava di non avere una minima speranza di vittoria.
Perché doveva competere col suo capitano? Non potevano essere buoni amici, alla stessa stregua della Coppia d’oro più famosa nel mondo calcistico? Ma in fondo, forse, era pretendere troppo: Pierre era completamente diverso da Tsubasa e Louis non era Misaki. E nemmeno lo voleva. Lui era così, e basta. Prendere o lasciare.
Anche il suo capitano doveva accontentarsi: un conto era portargli rispetto, un altro prostrarglisi davanti, come facevano i suoi compagni.
- Io… Porto rispetto al Capellone… Certo…. – ne era abbastanza convinto. – non l’ho mai picchiato! -
Ma del resto, che importanza poteva avere ora? Prendere o lasciare, aveva detto, e Pierre aveva scelto.
Adesso era a migliaia di chilometri da Parigi, dal Capellone e da tutto il resto. Al diavolo!
- Kim! – urlò alzandosi – Posso fare una telefonata?

Buenos Aires – 27 Giugno, ore 16.00

BGM: "Yujo forever", Captain Tsubasa

- … e quindi da oggi avremo un giocatore in più; mi raccomando, siate gentili con lui e inseritelo presto nel gioco di squadra.- concluse l’allenatore, aprendo la porta e facendo entrare il loro ultimo acquisto.
- Molto… Piacere…. Di conoscervi – scandì Louis davanti ai suoi nuovi compagni, ridacchiando.
Ramon mandò mentalmente un’imprecazione. Alan gli sorrise.

Don’t blame me even if I’m not kind. Don’t cry for me this heart of mine. Gracefully blooming, a free-loving flower whose day of a kiss is still far away. Everyone has a dream in a world they see and using this body I promise to protect... From that day onward. It’s a long and distant road as a fighter. I wish I was the wind I wish I was the wind I wish I was the wind I wish I was the wind.

"FORGOTTEN CHAMPIONS", CAPITOLO PRIMO: VARIABLE D

PARAGRAFO TERZO:

NONNE VEL NUM ~ PIERRE WINDSTORM REMIX

Immagine: Louis & Pierre

Even though it's a love war that I won by hurting someone, before half a year passed I lost interest. It was only a short time I was depressed, before I fell in love again. But it's not true love, just one who would fill my sad heart in the name of a lover. Why do people kiss?Why do people make love? We can We can AnytimeI don't know if I am serious or not, my heart does not say a thing. I want to meet some one I'll love,So much that it's bitter, so much that it hurts! I want to meet someone I'll cherish, so much that the world will seem to me refreshed. And someday when I look back and know myself enough that I can talk strongly, about my old memories. I'll walk it. History.

Saranno state più o meno le 6 e un quarto del pomeriggio… Era il 7 giugno, di questo sono sicuro.
Stavo suonando "The Field of Dreams", una musica che ho scritto io… Avevo intenzione di finirla per la vittoria della Francia ai mondiali giovanili, ma poi è andata come è andata… Pazienza, ci rifaremo la prossima volta.
Adesso ho problemi più seri del calcio. Certo, detto da una persona come me può sembrare strano, ma è vero. Nella mia esistenza, questo sport ha avuto sempre un’importanza predominante rispetto a tutto il resto. Praticarlo è la mia ragione di vita, senza dubbio. O forse dovrei parlare al passato.
Comunque, in qualsiasi squadra io abbia giocato, ho sempre avuto il ruolo del capitano. Organizzavo attacco, difesa e centrocampo, sempre in prima persona. Nessuno metteva in dubbio una mia decisione o un ordine. Ormai mi ero abituato a quel tipo di gioco: elegante, calmo, senza esitazioni; le ragazzine di sfondo che urlavano, Rosemary che mi guardava dalla panchina, la stima dei miei compagni, del mister, dei tifosi.
E poi mi è arrivato la tempesta in casa. All’inizio quasi non me ne accorsi. I mondiali attiravano tutta la mia attenzione, senza contare Misaki Taro, un avversario alla mia altezza con cui confrontarmi. All’epoca, non avevo ancora potuto testare sul campo l’altra parte della Golden Combi giapponese, Ozora Tsubasa. Ero così elettrizzato che sarebbe potuto cadermi il cielo sulla testa e nemmeno me ne sarei accorto.
Non mi ero reso conto che con quel Louis Napoleon bisognava andarci con calma; certo, il nostro primo incontro non era stato dei migliori. Avrei dovuto stare più attento a uno come lui, ma, come ho già detto, avevo altro per la testa. Il suo comportamento durante la semifinale contro il Giappone, comunque, mi irritò molto. Nessuno dei miei compagni aveva mai osato venire addirittura alle mani con un avversario, né in campo né fuori. A parte questo Napoleon si era dimostrato subito un campione, con cui mi intendo tuttora a meraviglia. Eiffel Tower Combi. Così ci chiamano. Forse non riusciremo mai a raggiungere l’intesa che c’è fra la combinazione argentina o quella giapponese, ma va bene lo stesso.
Negli ultimi tempi qualcosa è cambiato, però.
Ma torniamo al discorso di prima: stavo suonando il pianoforte, un hobby che ho da molti anni. Non me la cavo neanche tanto male. In quel momento pensavo proprio a Napoleon, alla litigata che aveva avuto con Pascal, credo. E all’improvviso lui mi si materializzò davanti. Dovevo essere così concentrato nei mie pensieri che non mi sarei accorto di nulla neanche se mi avessero abbattuto la casa a cannonate… Non so come feci a non cadere per terra dallo spavento. Negli ultimi tempi, vedere Louis senza preavviso mi faceva sempre sobbalzare. Ecco, e ho cominciato anche a chiamarlo per nome… Almeno quando penso a lui. Prima poi farò la gaffe di farlo anche a voce alta. Be’, del resto, lui mi chiama Pierre, no?
Causa la sorpresa, non potei fare a meno di rivolgermi a lui in maniera scortese. E poi, stavo aspettando Maggie. Sì, lui sembrava molto interessato a lei. Questo mi dava fastidio. Non sapevo esattamente perché. Comunque, passato lo smarrimento iniziale, mi faceva piacere che Louis fosse passato per casa mia. Viene pochissime volte.
Stavo per cambiare argomento, quando lei entrò in salotto. Questo mi mandò nel panico più totale. Credo di aver balbettato qualcosa, ma non ricordo precisamente… Mi seccava mi avesse trovato con Louis. Mi seccava fosse arrivata. Perché da un po’ di tempo non riuscivo più a parlare con Napoleon come facevo prima? Da quando eravamo tornati in Francia, lui aveva avuto un atteggiamento distaccato e freddo. Come quando ancora non ci conoscevamo bene. Quella poteva essere una buona occasione per sapere se gli avevo fatto qualche torto o altro, invece è arrivata Maggie a rovinare tutto. Ma di certo non potevo buttarla fuori. Mio padre mi avrebbe diseredato… Mi sembra quasi di essere Paperino!
Louis se ne andò subito. Avrei fatto qualsiasi cosa per fermarlo, ma lei era lì che mi aspettava…
Non avevo voglia di andare al cinema, così la portai al Parc de Monceau, per fare due passi. Lei parlava, parlava, parlava… E io ero altrove… Pensavo a cosa potessi aver fatto a Louis perché lui mi trattasse così. Mi pare, almeno… L’unica cosa di cui sono certo è che lui era al centro dei miei pensieri.
E poi, proprio come poco prima, si materializzò di nuovo a pochi metri da me. Ma non era solo. Era con una ragazza. Urlavano. Poi lui se ne andò di corsa. Maggie sosteneva che quella era la sua fidanzata. Io dissi qualcosa, la prima cosa che mi passò per la testa. Non riuscivo a formare un unico pensiero logico.
Dopo cena, riuscì a lasciare sola la mia ragazza con una scusa qualsiasi, e presi un taxi per essere al più presto a casa. Una volta lì, feci una doccia e mi sedetti sul divano. Fra una cosa e l’altra erano ormai le 9 di sera. Cercai di tornare in me. Maggie comunque non doveva essersi accorsa di nulla. Non sono uno che esterna i propri pensieri e emozioni su due piedi. E poi sono un ottimo attore… Se mollo il calcio, mi do al teatro.
Non riuscì però a fare nulla di utile, perché, per la terza volta nella giornata mentre pensavo a lui, Louis arrivò da me. Ero proprio seccato, non ero riuscito ad avere mezzo secondo di pace. Così, credo di non averlo accolto troppo bene. Voleva parlarmi, ma io non ne avevo la minima voglia: non ero ancora pronto, dovevo avere uno straccio di piano in testa prima di mettermi a discutere con lui. Così gli offrì da bere, cercando di sviare l’argomento. Ero così altrove che dovevo sembrare un pezzo di ghiaccio. Credo di avergli dato un bicchiere di Coca-Cola mezzo vuoto, ma era il massimo che riuscivo a fare. Il discorso verté prima su Maggie, poi su Pascal. E quindi, all’improvviso, mi disse in faccia che era innamorato della mia ragazza. Al mio solito non ebbi alcuna reazione. Da un po’ di tempo a questa parte sto avendo dei comportamenti degni di Schneider…
Gli risposi che non me ne importava molto, ma se avessi potuto l’avrei preso a calci. Ero furente: probabilmente perché era venuto a disturbarmi solo per dirmi una cosa senza importanza come quella. O forse perché avrei voluto parlare d’altro, chiedergli il motivo del suo comportamento, fare finta che Maggie non esistesse. L’avevo capito… Era lei la causa di tutto. Louis era geloso, ecco. Se la tenesse pure, se tanto la voleva. Era questo che pensavo. E non mi feci problemi a dirglielo in faccia. Ma lui non mi credeva; a quel punto, tanto per farlo star calmo, gli dissi che ero innamorato di un’altra. Be’, non andò proprio così… "Io sono già interessato altrove", mi ricordo esattamente che frase usai. Mi venne spontaneo dirlo, anche se non era vero. Almeno credo. Mi ha fatto sempre piacere avere un esercito di ammiratrici. Era divertente. Ma a Louis la cosa non è mai andata giù… Probabilmente perché lui non ne ha nessuna ^_^;;;,. Comunque, è sempre stato una specie di gioco, niente di più… Anche con le ragazze che ho avuto in passato.
Poi Louis mi disse che gli sembrava di avere qualcos’altro da dirmi. A quel punto, gli diedi automaticamente le spalle, per evitare che, eventualmente, si accorgesse di una mia reazione troppo evidente. Perché non sembrasse che lo facevo apposta, mi misi a cambiare le rose che stanno sempre di fianco al pianoforte. Una cosa come un’altra, se poi, passando di fianco a lui, fossi riuscito a non inciampare come un idiota. Bella mossa, Pierre.
Louis cercò di prendere il vaso, ma non ce la fece. Completamente distratto da cosa stava facendo, non si rese conto di avermi spinto, cosicché cademmo entrambi rovesciando la poltrona. Il cuore mi cominciò all’improvviso ad andare per i cavoli suoi. Napoleon era a pochissimi centimetri da me e il mio battito cardiaco partì alla stessa velocità del Cannon Shoot del mio compagno. La mente sembrava quasi mi si fosse svuotata, non pensavo a nulla. E a quel punto mi venne istintivo baciarlo.
Sì, ho baciato Louis, di mia spontanea volontà. E il bello è che me ne sono accorto solo dopo. Ovvero quando lui mi ha preso per le spalle e tirato indietro, facendomi fra l’altro prendere una bella botta sul pavimento. Respirava a fatica e aveva uno sguardo stranissimo, fra lo spaventato, lo sconvolto e l’arrabbiato. E lo credo bene, doveva essere stato il suo primo bacio… E l’aveva dato a me. O meglio, gliel’avevo dato io. Rimaneva immobile, sopra di me. Non parlava, non si muoveva. Chissà a cosa stava pensando, in quel momento. Penso volesse uccidermi. Come dargli torto? Senza contare che Louis non è propriamente un tipo tranquillo. Era, comunque, impossibile che la prendesse come un incidente.
- Cosa diavolo ti è saltato in mente? – urlò.
Bella domanda.

In a room where the phone does not ring on a holiday, A dream that I worked too hard on lays there. I smash out the part of me that feels lonliness, and slide into bed waiting for morning to come. Why do dreams run far away? Why do dreams belong to someone else? We can We can Anytime I really start to cry; can't see tommorow or anything! I want to find a dream I'll concentrate on, so much that it's bright, it will break through everything. I want to find a fun dream so much that time flys right by me, And someday when I look back, and know myself enought to talk strongly about my old memories, I'll walk it. History. I want to meet someone I'll love, so much that it's bitter, so much that it hurts! I want to meet someone I'll cherish So much that the world will seem to me refreshed. I want to find a dream I'll concentrate on, so much that it's bright, it will break through everything. I want to find a fun dream, so much that time flys right by me. And someday whe n I look back and know myself enough to talk strongly, about my old memories, I'll walk it. History.

"FORGOTTEN CHAMPIONS", CAPITOLO PRIMO: VARIABLE D

PARAGRAFO QUARTO:

¡BASTA! ~ SOL DE ENERO SIZE~

 Immagine: Juan Diaz & Alan

I don't want a truth, cause it is a changing. I don't want a love, cause it is a lie. I don't believe in word, except dirty words, I don't believe in dream, until I am death. Everybody go to hell! I'm going to fight with hypocrite, I'm going to find out every dishonest things. I don't need home sweet home! Only one I need is believing in myself wow wow wow wow! Only lonely soldier But I know it's never end. Only lonely soldier But I know it's misery. Only soldier But I know it's my energy. Only lonely soldier Now I know it's my destiny. What I'm looking for, but don't wanna face it anytime.

Tokyo - 29 Maggio, ore 17.00

- Basta! Sono stufo!! – Ramon Victorino entrò rabbioso nella sua camera d’albergo e cominciò a rovesciare tutto quello che gli capitava a tiro.
La sua pazienza si era esaurita: quello stupido mezzo giapponese arriva in Uruguay, gli frega la maglia numero 9, che era sempre stata sua fin da quando era stato convocato nella nazionale, nonché il posto di prima punta, e si mette pure a dare ordini a destra e a manca. Ma adesso basta! Ramon ne aveva le scatole piene. Appena tornato in Uruguay, si sarebbe liberato di Ryoma Hino e per un bel pezzo non l’avrebbe più visto.

Tokyo – 28 Maggio, ore 18.56

- Basta, non ne posso proprio più! Levati dai piedi!!!!! – Alan Pascal rimase immobile sulla porta della stanza. Aveva sentito bene?
- Cosa…. ? – mormorò.
- Mi hai sentito bene! Sparisci! – Juan Diaz si girò verso di lui e con rabbia gli tirò addosso una rivista. Alan non si mosse minimamente per tentare di scansarla, cosicché lo prese in pieno.
- Sono proprio stufo di averti attorno, Pascal! – Diaz continuava a dargli addosso. – E’ da quando gioco a calcio in una squadra che ho dietro sempre te! Vattene, lasciami in pace! Se avessi voluto un cane, me lo sarei comperato!
Alan non rispose e Juan si sedette sul letto, rimanendo in silenzio.
- Facciamo così – riprese poi, apparentemente con più calma – Me ne vado io, intesi? Appena torno in Argentina mi trasferisco in qualche altra squadra assai lontana, va bene? Non so, sull’Himalaia o in pieno Deserto dei Gobi… Da qualche parte dove tu non ci sei!- concluse alzandosi e andandosene, sbattendo la porta.
- Diaz? – cosa era successo? Pascal non riusciva a capirlo.

Montevideo – 6 Giugno, ore 14.22

- …. e quindi da oggi avremo un giocatore in più; mi raccomando, siate gentili con lui e inseritelo presto nel gioco di squadra.- concluse l’allenatore, aprendo la porta e facendo entrare il loro ultimo acquisto.
Ramon, da quel Leopardo Nero che era, sembrò diventare un Leopardo delle Nevi. Non era possibile… Aveva Hino in squadra!!!!

La Plata – 1 Giugno, ore 9.09

Aeroporto della città.
- Allora, capitano, stacci bene, lì in Germania! – Babington sorrise a Diaz e gli strinse la mano.
- Grazie, ragazzi. Mi farò onore! – esclamò il Genio.
- Diaz… Mi raccomando… - mormorò Pascal.
- Anche voi, qui in Argentina, fatevi rispettare! – il suo capitano non lo guardava nemmeno. – Allora, ci vediamo! – Diaz sorrise e si avviò verso le scale mobili che dovevano condurlo all’aereo.
- Diaz…. Diaz!! – Alan Pascal gli urlò dietro, accennando a seguirlo.
Nessuna risposta.

Buenos Aires – 9 Giugno, ore 17.24

- Dimmi, Alan, come mai sei tornato qui a Buenos Aires? – Kim sorrise e gli mise davanti una tazza di te.
- Grazie… - mormorò l’altro. – Io… Volevo solo cambiare un po’ aria… E poi, sei tornata anche tu… E volevo vederti!. - Alan sorrise.
- Alan… Hai qualche problema, forse? Lasciare La Plata così su due piedi e poi… Insomma, la tua squadra… - Kim era preoccupata per l’amico. – E poi… Juan Diaz…. -.
- Kim, ti ricordi quando ci siamo conosciuti?
- Cosa? – la domanda la prese alla sprovvista – Be’…. Certo… Doveva essere circa… Dunque, era la prima volta che io giravo l’America Latina, con lo zio… Per cui, erano ben 12 anni fa! Accidenti, come passa il tempo. – concluse sorridendo.
- Avevamo sette anni, vero?
- Sì… Perché me lo chiedi?
- Io… Non giocavo a calcio in una squadra, no?
- No, non mi pare…. No, mi ricordo che quando hai cominciato mi hai scritto una lettera entusiasta. Eri così contento! E’ stato poco dopo che hai conosciuto Diaz, vero?
- Sì… E’ stato solo grazie a lui che ho avuto un’opportunità del genere. Per dieci anni non ho mai avuto un solo screzio con lui, niente.
- Alan? – le lacrime avevano cominciato a scorrere in silenzio sul volto del ragazzo.
- E adesso è partito senza un motivo… Così, all’improvviso… Si è infuriato con me, ma non so perché… Perché? Perché? Perché….

I don't want a peace, cause it is a changing. I don't want a hear, cause it is a lie. I don't believe in god, except only devil. I don't believe in life, unitl I am death. Everybody go to hell!! I'm going to fight with hypocrite, I'm going to find out every dishonest things. I don't need home sweet home! Only one I need is believing in myself wow wow wow wow! Only lonely soldier But I know it's never end. Only lonely soldier But I know it's misery. Only soldier But I know it's my energy. Only lonely soldier Now I know it's my destiny. What I'm looking for, but don't wanna face it anytime.

"FORGOTTEN CHAMPIONS", CAPITOLO PRIMO: VARIABLE D

PARAGRAFO QUINTO:

SORE! POST SCRIPTUM ~ PIERRE HEARTBEAT REMIX ~

 Immagine: Pierre

Closer and closer my heart is drawn to you Through that brilliant smile of yours Let's fly away from the boundless darkness : Hold my hand. The moment I met you I was reminded of the place I thought so fondly of during my childhood days. Won't you dance with me? The winding road between light and shadows. Is your mind now mulling over her? Even though there are also times when I turn and look back, I fight with love, courage and pride within my heart. Closer and closer my heart is drawn to you The scattered pieces of my hopes Surely everyone will want to hold Forever in their hands. Even though you pretend that you're not bothered, Hey, I'm in love with you. Let's fly away from the boundless darkness, Hold your hand!

Perché? Ha preso ed è andato. E mica qui dietro l’angolo. No, in Argentina, a Buenos Aires. Pensavo che in fondo gli avrebbe fatto bene una vacanza. Però… Non a tempo illimitato! Adesso si è trasferito in una squadra di lì. Dannazione.
Negli ultimi giorni, le cose non andavano troppo bene. Non potevo lasciar perdere, ma forse ho spinto troppo l’acceleratore. Il fatto è che, dopo quella benedetta sera del 7 giugno, ho capito il motivo di tutta la mia ansia nei suoi confronti. Sono semplicemente innamorato di lui, punto e basta. Non muore mica nessuno. Ma evidentemente a Louis la cosa non è andata giù. Non so perché. Forse per la storia di Maggie. Probabilmente è così. Ho l’impressione sia un circolo vizioso: così come io non posso ritirarmi dalla competizione perché lo amo, così non può farlo lui perché è innamorato di Maggie e lei nemmeno vorrà rinunciare a me. Bel triangolo. A implica B, che a sua volta implica C; quindi A implica C. Qui qualcuno deve arrendersi. E non so chi sia meglio che lo faccia.
E’ strano pensare che io, pieno di fan come sono, mi sia innamorato proprio di un mio compagno di squadra. Però Louis ha un fascino tutto suo, inutile negarlo. E’ così diverso da me… Mi chiedo se fra noi potrà mai nascere qualcosa, visto l’abisso che ci separa. Ma in fondo non si va da nessuna parte, se io a lui non piaccio. E ho la netta impressione di stargli antipatico… Ma che ci posso fare? Io sono così, prendere o lasciare. Del resto, mica sono l’unico con dei difetti, qui! Anzi, Louis ne ha più che dei pregi, direi obiettivamente parlando. Ma visto che, da che mondo è mondo, l’amore è tutto tranne che obiettivo, di lui mi sono innamorato lo stesso.
A implica B, che implica C; quindi A implica C. Mi chiedo dove stia l’amore in questa proprietà. Forse, il problema è che tutti si dimenticano della lettera D…. Povera derelitta. Lei, che nella transitività della sue sorelle maggiori non rientra, probabilmente è l’incognita della vita. Ecco.
Questa teoria devo esporla a Louis. Chissà se mi starà ad ascoltare… Ma non lo saprò mai se non provo.

Although I love both your angry face and your tired face. I wonder if it is alright to rush into things like this

I am. . . given the run-around by your unconcerned seaside blue treatment. Even so, is your mind now mulling over her? Although there are many things I wanted to ask you Our conversation just dances around and never got off the noise of the car. Closer and closer my heart is drawn to you Even I am surprised by how much I'm falling in love with you, but... Whenever something happens, you are the first person I want to call immediately Even if you pretend that you don't notice In the end I still saw nothing else but you. Let's fly to the other side of the sea, Hold my hand!

"FORGOTTEN CHAMPIONS", CAPITOLO PRIMO: VARIABLE D

PARAGRAFO SESTO:

¡BASTA! ~ POST SCRIPTUM ~

Per la prima volta nella mia vita, ho litigato con Diaz. Cioè, lui ha litigato con me. Non lo so perché, ma era furente. Non l’ho mai visto tanto arrabbiato.
Juan Diaz è sempre stato un bambino: scherzare è l’hobby della sua vita. Anche in campo, se gli gira, passa 90’ a prendersi gioco degli avversari. A volte però è serissimo. Fin troppo.
L’ho conosciuto quando avevo 9 anni. Mi ha subito conquistato il suo stile nel controllare il pallone, ci siamo capiti immediatamente al volo. Ma un conto è capire Diaz, un altro è seguirlo. Non è facile essere il suo braccio destro, per stargli dietro ho sempre dovuto allenarmi con costanza, e alla fine siamo riusciti a diventare un’ottima combinazione. E’ stata una bella soddisfazione, in fondo. Ho passato questi ultimi 10 anni della mia vita senza nessun problema sconvolgente. Con lui al mio fianco niente mi sembrava insormontabile. Del resto, non che io abbia questa gran vita sociale… Gioco a calcio, ecco. Con Diaz.
Adesso lui si è trasferito ad Amburgo. Bell’affare. Perché abbiamo litigato? Era da un po’ di giorni che era strano, ma credevo fosse perché abbiamo perso con la Germania. E poi ha cominciato a darmi addosso all’improvviso, senza una precisa ragione.
Ho sempre avuto l’impressione che Diaz non tenga a me quanto io tengo a lui. Troppo forse. Sono un tipo appiccicoso, credo. Kim usa i termini "espansivo" e "affettuoso", ma il problema rimane. Non c’è da stupirsi che Diaz si sia stufato di me.
Non avevo mai considerato la possibilità che lui lasciasse l’Argentina… Che non giocassimo più nella stessa squadra. E adesso ci sono andato a sbattere col naso. Cosa faccio, cosa posso fare? Se solo provo a raggiungerlo ad Amburgo, mi lincia. E allora, non posso fare niente, niente di niente. Aspettare che gli passi e torni, credo sia la soluzione migliore. Intanto, si può sempre provare a continuare a giocare a calcio. Diaz ha sempre detto che me la cavo bene, no? E a questo punto, devo dimostrare che aveva ragione.

"FORGOTTEN CHAMPIONS", CAPITOLO PRIMO: VARIABLE D

PARAGRAFO SETTIMO:

SAYONARA AND KONNICHIWA

 Immagine d’apertura: MI.A.

A Piece of Love......... A Piece of Love......... A Piece of Love......... A Piece of Love......... In the midst of summer, the eyes are so bright, the wet shirt, can't see your heart. You think you are so strong. I'm looking at the beach but not smiling; as we are friends time passes by (season). You're a piece of love a piece of puzzle, can't begin a love song (can't sing a love song). A piece of love I'm very lonely. Can't tell the truth, I cry in loneliness. A Piece of Love.........

Buenos Aires – 4 Luglio, ore 20.19

- Dov’è finita Kim, capperi? – sbuffò Louis guardando l’orologio. – Sarebbe dovuta essere qui già 20 minuti fa! –
- Non ti preoccupare per lei. L’avranno trattenuta al lavoro… - commentò Alan mordicchiando una tartina.
- Ehi! Non papparti tutto l’ottimo antipasto che ho fatto con le mie mani! – protestò il francese.
- Grazie tante, sono quattro tartine messe in croce…. – borbottò Ramon, intento a lavare della verdura.
- Ma come osi!?! – ruggì l’altro.
- Insomma, la cena l’ho preparato io, e tu non hai fatto niente di buono!!!
- Ritira subito quello che hai detto!!!!
- Ma se è la verità!!!!!
- Non che non lo è!!! Ho fatto del mio meglio!
- Ma non basta, idiota!
- Parla il Signor Perfezione!
- Ragazzi, dai smettetela! Ma discutete tutto il giorno?! – s’intromise Alan con la speranza di c
almarli.
- Sì! – fu la risposta unanime.
- E’ tutta colpa sua – apostrofò l’uruguayano – Questa è casa mia, non ho capito che cosa è venuto a seccarmi!
- Ma Ramon, sai bene che è un problema trovare appartamenti da affittare…. Questo è troppo grande per te, in fondo! – Alan tentò di nuovo di farli smettere.
- Certo che, Ramon – ridacchiò Louis – non hai avuto il coraggio di protestare quando te l’ha chiesto Kim, di ospitarmi…. –
- Mi ha praticamente pregato di tenerti qui! Non potevo mica…. – protestò l’altro sulla difensiva.
- Eh eh, Ramon Victorino, non è che sei cotto di lei, veeeero?!? – Louis gli si avvicinò, sferrandogli una gomitata.
- Maccheccosadici?!? – gli ruggì l’altro addosso.
- Senti, Louis…. – Alan rise divertito – Dove l’hai conosciuta Kim? – Forza, ragazzo, che prima o poi riesci a calmarli!
- Qualche anno fa ha abitato per un pezzo a Parigi… - disse l’altro.
- Con la sua gemella?
- Sì, purtroppo….
- Kim ha una gemella!?! – cascò Ramon dalle nuvole – E sono uguali?
- Manco per niente…. – piagnucolò Louis, che lì dentro era quello con più esperienza a proposito di Mick Nekoi. – Ma non lo sapevi?
- Veramente io Kim l’ho conosciuta solo un mese fa, quando sono venuto qui in Argentina e Alan me l’ha presentata….
- Eh?!? Accidenti, pensavo fossi un’altra conoscenza delle sue peregrinazioni…
- Come? Peregrinazioni? Perché?
- Kim è sempre a spasso per il mondo. Un po’ qui, un altro po’ lì…. Ultimamente anche per lavoro.
- Che lavoro fa?
- Non lo so esattamente…. Kim non è quel tipo di ragazza che va in giro a raccontare i fatti suoi…
Questi botta e risposta soddisfecero molto Alan: era riuscito nel suo intento di calmarli. E bravo il nostro argentino!
Mentre Ramon e Louis erano impegnati a filosofare sulla vita di Kim, suonò il campanello.
- E’ permesso? – esordì la ragazza entrando sorridente.
- Finalmente sei arrivata! Cominciavo a preoccuparmi! – le andò incontro il francese.
- Ho avuto qualche problema al lavoro… - si scusò questa.
- Problema?
- Già… - disse lei – Domani l’altro devo partire…
- Che?!? – lo sconcerto piombò sulle teste dei tre ragazzi.
- Purtroppo…. Ma sapete, non posso stare molto in uno stesso luogo, mi spiace…. Ma sono sicura che ve la caverete anche senza di me! – concluse sorridendo.

 Immagine: Louis, Ramon & Alan

San Paolo – 7 Luglio, ore 17.51

Kim stava mettendo a posto le ultime cose nel suo nuovo appartamento, quando suonò il campanello.
- Sì? – chiese aprendo la porta.
- Bom dia! – esclamò una signora tondetta e sorridente.
- Ehm… Ci conosciamo? – Kim sorrise a sua volta poco convinta.
- Sono la sua vicina e rappresentante di tutti gli altri abitanti della palazzina. Abbiamo pensato che fosse simpatico portarle un regalo di benvenuto! – e così dicendo le porse un piatto con sopra un tovagliolino di carta.
- Grazie mille! Com’è gentile! – Kim sollevò il tovagliolo per trovarvi sotto una torta ancora calda.
- E’ lei la ragazza che si è trasferita qui ieri? – chiese una donna di mezz’età appena arrivata, anche lei portando un piatto fumante.
- Sì! – esclamò sempre ridendo a trecento sessanta gradi la prima signora.
- Bom dia, io sono Rosa Dos Santos Cerqueira! – si presentò la nuova arrivata. – Abito al numero 52!
- E io – concluse l’altra – sono Maria Carinhoso Chapa e sto al 50!
- Molto piacere! Mi chiamo Kim Ami Nike! Prego, entrate! Posso prepararvi un tè?
- Obrigadinho, menina! – esclamarono all’unisono le due entrando nell’appartamento.

Poco dopo, mentre le tre mangiavano una fetta di torta con un po’ di tè, suonò di nuovo il campanello.
- Sì? – disse Kim andando a vedere chi fosse.
- Scusi, mia madre dovrebbe essere qui…. La signora Rosa Dos Santos…
- Sì, è qui… Vuole accomodarsi? – sorrise la ragazza al nuovo arrivato, un ragazzo dalla pelle scura, i capelli ricci con… Un lungo codino dietro.
- Mãe… - esordì l’altro entrando in salotto – Ti ho cercato dappertutto!
- La menina ci stava raccontando dei suoi viaggi in giro per il mondo…
- Lei è la nuova arrivata, vero? – chiese il ragazzo.
- Sì, mi chiamo Kim Ami Nike, molto piacere!
- Piacere mio, io sono Carlos Santana!

Immagine: Carlos Santana

- Mi venisse un colpo! Il numero 9 della nazionale giovanile del Brasile!
- Eh? Mi conosce?
- Certo, so vita, morte e miracoli di Lei! – Kim scoppiò a ridere ricordandosi delle parole che Ramon aveva detto trovando Louis nella sua cucina. – Un mio amico dice che io conosco solo calciatori!
- Veramente? – chiese la signora Rosa – Allora se a Lei piace il calcio, deve assolutamente andare con Carlos ai suoi allenamenti! –
- Mãe! – protestò il ragazzo, preso in contropiede dalla proposta.
- Eh? – anche Kim rimase perplessa.
- Lei di che nazionalità è? – chiese Santana, cercando di cambiare argomento.
- Io… Sì può dire che sono giapponese…
- Conosce qualche giocatore di lì? – proseguì Carlos interessato.
- Be’… Shingo Aoi è mio fratello… -
- Veramente!?! Quella cosa alta un metro e una banana?!?
- Hehe… L’altezza non è propriamente un pregio di Shin-chan… - commentò Kim ridendo – Però ne ha tanti altri…
- Un buon giocatore, non c’è che dire…. – Santana le lanciò una strana occhiata storta.
- Sì… Sono molto orgogliosa di lui!! – Kim sorrise soddisfatta: era stata una bella fatica far diventare quel botolo piagnucoloso di suo fratello un giocatore di Serie A… Ma alla fine lei e Mick ce l’avevano fatta.

Appartamento numero 52.

- Mãe, che cosa ti è saltato in mente di uscire con quella storia dell’allenamento? Non posso mica far andare avanti e indietro per lo stadio la gente, io!!
- Avanti, tesoro! Lo sai meglio di me che non hai mai avuto ottimi rapporti con la gente! Non credi sia ora di trovarti una ragazza? – l’apostrofò la signora Rosa.
- EEEEHH?? E perché proprio la nostra vicina di casa??? – Santa pazienza….
- Perché? E’ una ragazza molto simpatica, andrebbe perfetta per te, tesoro!! – la signora andava costruendosi sogni in aria sul futuro di suo figlio, nel frattempo. – Domani, mi raccomando, portala con te all’allenamento!!!
- Ma….

Appartamento numero 51.

Kim stava preparando la cena, quando sentì un miagolio provenente dal terrazzo.
- Eh? Un gatto! – un micio stava sul davanzale e la guardava incuriosito.
- Micio micetto, vieni qui…. Hai fame? Aspetta che ti porto qualcosa…
- Quello è un randagio che gira per il palazzo…- commentò la signora Maria sporgendosi dal suo appartamento.
- Allora posso tenerlo? – chiese Kim.
- Certo! – sorrise la donna.
- Vediamo un po’ come potrei chiamarti…. Sei bianco e nero… Magari Juventus…. No, poi Shingo ti lincia, se lo viene a sapere…. – Kim rise – Ecco, sei dello stesso colore di un pallone da calcio! Però "Palla" è banale come nome…. Che ne dici di "Miglior Amico"?
- Miao? – il gatto leccava con foga la sua nuova ciotola, una terrina riciclata per l’uso.
- Sì, direi che è un bel nome… - Kim continuava a ridere. – Però è un po’ lungo… Posso accorciarlo con MiA... Sì, ti sta proprio a pennello!!

Buenos Aires – 7 Luglio, ore 20.19

- Louis... Guarda che hai visite!! – urlò Ramon.
- Visite? Ma chi è? – disse l’altro sopraggiungendo alla porta.
- Louis…. – balbettò Pierre, spostando il suo sguardo dal francese all’uruguayano.

I realize, the gold wave has turned orange. Couldn't reach your footsteps I don't kiss but I'm closer to you, touched your smile. You're a piece of love you forgot the last piece somewhere. It wont begin this way wont stand against this thought. A piece of love the true meaning flows from the heart. I can hear the new love song and want to sing it with my lips. Can't begin a love song (can't sing a love song) A piece of love I'm very lonely. Can't tell the truth, I cry in loneliness. A Piece of Love.........

"FORGOTTEN CHAMPIONS", CAPITOLO PRIMO: VARIABLE D

PARAGRAFO OTTAVO:

EXTRAMOENIA & INTRAMOENIA ~ CHARACTERS ~

Immagine d’apertura: Alex Veine

Grazie mille

Amburgo – 1 Luglio, ore 16.16

- Cretinooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo!!! – Alex urlò calma e tranquilla a Diaz. – Idiota !!! Ma insomma, ti par modo di giocare!?!?!?!?!? Hermann era dieci metri più indietro, non puoi pretendere che arrivi volando!!! Non è mica Irene!!!
- Ma cosa ti impicci? Non sei nemmeno la segretaria e non mi risulta che ti abbiano promosso allenatore! – rispose educatamente l’argentino. – Io sono abituato a giocare con campioni, non con… Nhhh… Stuzzicadenti!!!!!!!
- Puh! – Kaltz Hermann sputò lo stuzzicadenti sul campo, rabbioso. – Sono stufo di te, deficiente da sbarco! Non posso fare miracoli!
- Ehi, ragazzi piantatela! – Wakabayashi Genzo si inserì nel discorso, seccato.
- Sì, io pianto tutto e me ne vado!!!! – urlò Kaltz, prendendo la via dello spogliatoio.
- Kaltz! – lo richiamò inutilmente il portiere. – Accidenti a te, Diaz. Speravo qualcosa di meglio da un "genio" come te! Almeno in termini di civilizzazione!
- Ma sparati! – gli rispose l’interpellato, andandosene a sua volta.
- Cosa posso fare, maledizione! Quell’argentino è sconvolgente!
- Non saprei – rispose Alex depressa. Diaz era veramente un problema.

Milano – 2 Luglio, ore 17.17

Sede dell’Inter

- Molto bene, ragazzi. Sapete benissimo che c’è poco da scherzare. Adesso la Juventus ha acquistato Kojiro Hyuga… E aveva già Gentile. Qui la faccenda si mette male. – Gino Hernandez, capitano della squadra, parlava ai suoi compagni. – E se per fermare quest’ultimo possiamo contare su Shingo – soddisfatto, il giapponese citato fece un sorriso da fare concorrenza a quelli della signora Maria – abbiamo sempre Hyuga a piede libero… Per cui, il mister ha pensato di acquistare un giocatore che sapesse almeno come prenderlo… Shingo, tu lo conosci bene… Ragazzi, vi presento il nostro nuovo numero 15, Takeshi Sawada!
Il ragazzo in questione entrò nello spogliatoi sorridendo – Molto piacere – disse facendo un profondo inchino.
- Un altro giapponese?!? – commentarono gli altri.
- Ehi!!! – protestò Shingo – non azzardatevi a trattarlo come avete fatto con me!!
- Stai calmo, Shingo – intervenne Gino. – Non succederà, vero? – e lanciò uno sguardo per nulla simpatico ai suoi compagni.
- Mi fa molto piacere rivederti, Aoi! – sorrise Takeshi, senza capire esattamente di cosa stessero parlando.
- Anche a me, Sawada… Non ti preoccupare, ti difenderò io!! – concluse saltando in piedi sul tavolo, convinto, e alzando una mano al soffitto.
- A… Aoi? – balbettò incerto Sawada – Ma che, sono cannibali, gli italiani? – si chiese.
- Ascoltate, ragazzi…. Posso chiedervi perché vi chiamate tutti per cognome voi giapponesi? – li interruppe Hernandez.
- Be’, vedi, Gino… E’ un’abitudine… Credo… Penso… Ma non ne sono mica tanto sicuro… - Shingo rimase poco convinto a balbettare.
- Be’, comunque, - concluse Gino rivolto a Takeshi – puoi chiamarci tutti per nome senza problemi. Tanto, in Italia si fa così!
- Da… davvero?? – Sawada era un po’ perplesso.
- Giusto! – proclamò Aoi sempre dall’alto del tavolo – Per cui, Takeshi, visto che siamo in Italia, io ti chiamerò per nome e tu farai lo stesso!!!!! –
- Eh?!? – Povero Sawada, certo non era capitato troppo bene….

 Immagine: Shingo Aoi

Amburgo – 2 Luglio, ore 16.17

Allo stadio si giocava l’amichevole Amburgo VS Bayer Monaco. Juan Diaz contro Karl Heinz Schneider.
All’89 minuto, il risultato era ancora in parità, 2 a 2. Nessuno dei due contendenti sembrava voler cedere.
Diaz cercava di giocare al suo meglio, nonostante l’armonia con la squadra non fosse delle migliori. E nonostante tutti i suoi problemi. Di certo non era allo stesso livello della partita che aveva giocato contro i giapponesi. Quella volta aveva imparato a non dare nulla per scontato. Ma ora, Alan non era lì con lui.
D’altro canto, Karl H. non se la passava molto meglio, fuori casa e una gamba distrutta nel campionato. Per lui lo scontro con i ragazzi del Sol Levante era stato paradigma della rappacificazione fra i suoi genitori, circostanza molto più felice.
Ma torniamo alla partita… Pioveva a dirotto, come in tutte le partite degne di tale nome. All’89 e 30 secondi, nessuno dei due era riuscito a prevalere sull’altro, la stanchezza cominciava ora a farsi sentire. Il terreno faceva concorrenza a una risaia, il cielo al mar del Giappone al tempo dei monsoni, la palla si rifiutava di rimbalzare e finiva a insabbiarsi nelle pozzanghere che si venivano a formare, paradigma della Fossa delle Marianne. Venti secondi alla fine. Le gocce di sudore scendevano sulle fronti come la pioggia scrosciava dal cielo. I calciatori sembravano fontane… Sulle braghette bianche delle divise, i segni di novanta minuti meno venti secondi di fango. Il campo era solcato da autostrade d’acqua a otto corsie e da guardrail di fango e zolle di terra sollevate quasi fosse passato un aratro. Invece erano solo i tacchetti delle scarpe da calcio dei due campioni… E delle restanti venti croste di formaggio in gioco. Quattro secondi alla fine: Levin, un passaggio, Levin di nuovo. Taglio di Karl H., che si impossessa della sfera. Due secondi alla fine: Schnedier avanza, carica il tiro… Parte. Fischio. Gol? Due secondi di silenzio. Karl si gira verso l’arbitro. Gol? Fischio, fischio. Amburgo VS Bayer Monaco, 2 a 2. Fine della partita ma non della pioggia.

Immagine: Pioggia

"FORGOTTEN CHAMPIONS", CAPITOLO PRIMO: VARIABLE D

PARAGRAFO NONO:

I & MYSELF ~ YOU & YOURSELF ~

Immagine: Pierre & Louis

Somewhere in the world, Somewhere in the dark, I can hear the voice that calls my name. Might be a memory, Might be my future Might be a love waiting for me. Rock me gently Hug me tenderly, 'Til the morning breaks and night fades away. I've spent my time in vain trapped inside pain Don't let me down, help me see the light. Feeling bitter and twisted all along Wading through an empty life too long, I close my eyes listen to the wind Longing to belong to a higher place. Let me hear your voice Let me be with you, When the shadow falls down upon me. Like a bird singing Like a breeze blowing, It's calling me, From somewhere in the world… Somewhere in the world.

Buenos Aires – 7 Luglio, ore 20.20

- Qualche problema? – chiese Ramon osservando Pierre, che era diventato bianco.
- Che… Che… Checcosa fai tu qui????? – urlò Louis. Non ci poteva credere. Non avrebbe mai pensato che il Capellone sarebbe riuscito a trovarlo, né tantomeno che sarebbe venuto fino in Argentina.
All’improvviso Pierre fece un giro di 180 gradi e si fiondò giù per le scale.
- Ehi!!! – Ramon non riusciva più a capire cosa stava succedendo. Non era Pierre El Cid, quello? Che ci faceva in Argentina? E poi, perché se n’era andato?
- Ca….. Pierre!!!! – Louis partì in quarta seguendo il suo capitano giù per le scale. – Pierre!! – continuava ad urlare. Aveva capito cosa pensava lui. Non poteva permettere assolutamente che tornasse a Parigi con un’idea così fuori luogo. Non ci mise molto a raggiungerlo e lo afferrò per un braccio, costringendolo a girarsi.
- Non hai capito niente!! – gli urlò in faccia – Adesso ti spiego tutto!!
- Non devi spiegarmi proprio niente! – ribatté l’altro. E cominciò a singhiozzare. – Potevi almeno dirmelo, però… - cercò di dire fra le lacrime.
- No, no, no, idiota, idiota!! – Louis non sapeva più che pesci pigliare.
- Mi spieghi cosa succede? – chiese Ramon, arrivando giù per le scale. La scena gli si presentò alquanto curiosa: Louis, con una faccia preoccupatissima, teneva per un braccio Pierre, che piangeva tipo fontana.
- Eh… - fece l’uruguayano – Se avete da risolvere qualche problema, vi conviene farlo in casa, non qui… Io vado a trovare Alan, ci vediamo!!! – concluse infilando il portone del palazzo e sparendo.
- Ehi!!!! – gli urlò dietro Louis. Poi rimase in silenzio guardando Pierre.

Immagine: Louis & Pierre

Buenos Aires – 7 Luglio, ore 20.29

Louis stava tirando Pierre a forza su per le scale.
- Lasciami! Lasciami! – protestava l’altro.
- Scordatelo! Poi torni a Parigi e chissà cosa racconti sul mio conto! – Napoleon continuava imperterrito a salire.
- Louis!!
- E non chiamarmi per nome! – gli urlò il numero 20 seccato.
- Scu… Scusa… - Pierre rinunciò ad ogni protesta e si lasciò portare nell’appartamento.
- Che cosa fai qui? – gli chiese una volta seduti in salotto Louis.
- Sono venuto a cercare te!
- E perché? Sei per caso la mia baby-sitter?
- No, ma… Io volevo.. Cioè, lasciamo stare. Tanto posso anche tornarmene a casa adesso. – concluse alzandosi.
- Fermo lì! Non crederai mica che io e Victorino stiamo insieme, vero?
- Perché no?
- Perché non è vero! Sono a casa sua solo perché non ho trovato nessun’altra sistemazione e poi… - Louis si fermò. Prima non ci aveva pensato, ma ora si stava rendendo conto che questa poteva essere un’ottima maniera per levarsi dai piedi Pierre. Se lui avesse creduto che Napoleon stava con un altro…
- Tanto, che importanza ha, adesso? Ero venuto per parlarti, ma sinceramente non so cosa dirti, e poi non credo tu voglia più sentire parlare di me… Altrimenti, perché saresti venuto qui in Argentina?
Louis non rispose. Pierre stava facendo tutto da solo, senza che lui intervenisse. Fra un po’ ci avrebbe definitivamente rinunciato. Poi, El Cid si avvicinò al suo compagno di squadra.
- Sei davvero un tipo incredibile, Louis… - sorrise – Riesci sempre a farmi andare nel panico più totale… Sarà un’impresa tenerti a bada la prossima volta che giocheremo insieme… Intanto, fatti onore qui in Argentina. Posso? – lentamente, si bilanciò in avanti, facendo attenzione a non perdere l’equilibrio, e dette un bacio sulla guancia a Napoleon. Quest’ultimo rimase immobile come una statua di ghiaccio.
- Ci vediamo in Francia. – concluse quindi Pierre, infilò la porta e se ne andò.

 Immagine: Pierre & Louis (‘mazza come siamo originali)

Buenos Aires – 7 Luglio, ore 21.05

Pierre stava seduto sul letto della sua stanza d’hotel. Ciondolava avanti e indietro, guardando fisso per terra. Era stato un codardo. Piuttosto che parlare chiaramente in faccia a Louis, aveva preferito rinunciarci definitivamente. Rinunciare all’unica persona di cui si fosse mai innamorato sul serio.
Quei giorni dal 7 al 17 giugno, a Parigi, erano stati terribili. Il suo compagno lo evitava e lui non sapeva dove sbattere la testa. Maggie, intanto, lo pressava sempre di più e lui proprio non la sopportava. In fondo, era di lei che Louis era innamorato e se Pierre non poteva addossarle la colpa di ciò che era successo, non riusciva comunque a farsela stare simpatica. Suo padre era arrabbiato a morte con lui, e ciò non facilitava le cose. Forse avrebbe dovuto arrendersi definitivamente e sposarla. Con Louis non aveva nessuna speranza; anche nell’eventualità remotissima che lui alla fine lo ricambiasse, come l’avrebbe presa suo padre? L’avrebbe ucciso come minimo. Era troppo difficile: Pierre non se la sentiva più di combattere, così, senza nessuna speranza. Sapendo in partenza di dover perdere. Se solo Louis gli avesse dato una piccola opportunità… Pierre era convinto fosse tutta colpa sua: in fondo, chi aveva comin ciato la guerra fra loro due? Proprio El Cid, picchiando il compagno in campo. Non avrebbe mai dovuto permetterselo. E adesso ne pagava le conseguenze. All’improvviso, lo avvisarono che aveva visite.

Buenos Aires – 7 Luglio, ore 20.30

Ramon entrò nell’appartamento seguito da Alan. Avevano visto Pierre, poco prima, entrare in un albergo a pochi metri dall’appartamento, e ora volevano sapere cosa diavolo fosse successo.
- Che ve ne frega? – chiese seccato Louis, ancora seduto sul divano.
- Cosa ce ne frega?? Cosa ce ne frega?!? Te lo spiego subito! – Alan l’aveva all’improvviso afferrato per il colletto, sollevandolo.
- A… Alan? – Louis rimase sconcertato di vedere l’amico, di solito così calmo e tranquillo, reagire così male a proposito di un argomento che in fondo nemmeno conosceva.
- Ti consideravo un ragazzo leale, e invece, mi spieghi che cosa gli hai fatto a quel ragazzo? – Alan continuava ad urlare. - Che diritto avevi di trattarlo male?!? Non è un tuo amico?
- No, che non siamo amici! – ribatté Louis cominciando a scaldarsi.
- Magari lui voleva solo che lo diventaste! Ma come può sperarci se tu lo tratti male?! Se stava piangendo vuol dire che a te ci tiene! Vai subito a scusarti! – Alan aveva cominciato a piangere, sempre urlando.
- Alan! Ma cosa hai? – Ramon non sapeva da che parte prendere l’amico.
- Io non ho bisogno di lui! – Louis era veramente seccato.
- La verità è che voi grandi uomini siete convinti di non aver bisogno di nessuno e poi, quando vi prendete una batosta tornate con la coda tra le gambe e pretendete pure di essere perdonati! Io vi odio!!!
- Vi? – Louis non capiva.
- Sì, ci trattate come pezze da piedi, ma poi non fate niente senza di noi! Io vi odio, siete solo dei bastardi!
- Ma… Di chi stai parlando, Alan?
- Alan, adesso calmati, su… - gli sussurrò Ramon con dolcezza. Sapeva bene come doveva sentirsi il povero argentino. – Vieni di là in cucina, ti do qualcosa da bere… - e così dicendo se lo portò via.
Louis rimase da solo in salotto. Era abbastanza sconvolto. Di dare un’occasione a Pierre non gli era mai passato neanche per l’anticamera del cervello. Perché, poi? Non c’era motivo. O forse sì. Ora come ora l’idea non gli sembrava poi così tanto fuori luogo. Ma cosa cavolo stava pensando? Lui e Pierre? Ma per carità, no, no, assolutamente. Pierre era antipatico, odioso, altezzoso, no, assolutamente no. Automaticamente si alzò in piedi e si diresse verso la porta.
- Se cerchi il tuo capitano – gli disse Ramon, guardandolo uscire – l’ho visto entrare all’hotel qui vicino, hai presente?
Louis non rispose, e chiuse la porta dietro di sé.

Buenos Aires – 7 Luglio, ore 21.07

- A… Aspetta che ti spieghi almeno! – Pierre cercava di calmare suo padre, che rabbioso urlava camminando per la stanza.
- Ma tu devi essere deficiente! Sparisci senza dire niente, così, per venire qui in tanta di malora!! Insomma, cosa ti avevo detto a proposito di Maggie?? Di trattarla bene e con tutti i riguardi, o no?!? E invece la pianti da sola a Parigi!
- Papà, io dovevo assolutamente venire qui!
- Perché ? – urlò il signor Philippe El Cid.
- Perché… Ecco, io… - all’improvviso bussarono alla porta.
- Chi diavolo è a quest’ora?
- Non saprei… - Pierre non aspettava visite, sempre che… - No, per favore, non adesso! – pensò.
- Ciao, Pierre….
- Louis! Cosa fai qui? Va via!
- … Che? Ma come sarebbe a dire?!? – Louis ebbe una delle sue solite esplosioni di rabbia, e dette una spinta alla porta, entrando.
- E questo chi è? – chiese Philippe.
- Potrei farle la stessa domanda! – ribatté Louis, seccato di trovare qualcuno di non desiderato nella camera.
- Ma come ti permetti, ragazzino! Io sono il padre di quest’idiota! – ruggì il signor El Cid indicando Pierre.
- OK, e io sono un compagno di squadra di quest’idiota, va bene? – Louis non si scompose per nulla, mentre il suo capitano diventava bianco.
- Be’, ragazzino, vedi di levarti dai piedi, siamo intesi? – decretò Philippe.
- Mo’, manco per niente! Lei ha tutto il tempo di parlare con suo figlio, io invece no, e devo assolutamente farlo adesso! – concluse Louis, procedendo per la sua strada.
- No, adesso Pierre se ne torna a Parigi con me, chiaro? Fai le valigie, poi a casa facciamo i conti!
- Alt, alt. Prima devo parlargli!
- Ti do 5 minuti, chiaro? – l’uomo si arrese seccato all’insistenza di Napoleon.
- Sì, ma devo parlargli in privato! – protestò Louis.
- Cos’è che deve dirti ‘sto qui che non posso sentire anche io? – chiese Philippe rivolto al figlio.
- No… Non lo so… - era la verità: Pierre non aveva la più pallida idea del perché l’amico fosse lì.
Il signor El Cid quindi uscì dalla stanza sbattendo la porta.
- Ma tu guarda che tipo! – commentò Louis.
- Cosa fai qui? – chiese Pierre apprensivo.
- Stai calmo… Non avrei mica paura di quello lì!
- No che non sto calmo! Tu non sai cosa può fare mio padre se si innervosisce!
- No, e non mi interessa… Comunque, ero venuto per parlarti…
- Sì, ma… Su che argomento?
- Bho… - Louis non aveva un gran piano in testa.
- Ma come!?!
- Stai calmo, ti ho detto! Ero solo venuto a dirti che… Be’, insomma… Se ho ben capito, tu… Non sei più interessato a me, vero?
- Che importanza ha?
- Ma come, certo che ha importanza!
- Davvero? Be’, solo per te, allora…. Cosa vuoi, Louis? – Pierre stava cercando di non mostrare crepe, anche se ne era pieno. Certo che amava ancora Louis, ma in fondo non aveva alcuna possibilità, per cui… E poi, quel suo improvviso interessamento era strano… Fidarsi è bene, ma…
- Be’, se tu sei ancora… Cioè, io potrei… In fondo…
- Senti, se adesso cerchi di farmi credere che ti piaccio, caschi male. Che cosa vuoi? – Pierre stava diventando aggressivo – Vuoi un favore? Dai, dimmi, te lo faccio lo stesso, non serve che ti abbassi a certe cose!
Louis rimase immobile, stile statua di sale. Cosa stava dicendo Pierre? Che cavolo gli era preso?

Immagine: Louis & Pierre

- La verità è che vuoi solo approfittare di me per qualcosa, vero? Che vuoi? La fascia di capitano? Che io lasci la nazionale? Non vuoi più vedermi in vita tua? Sei solo un profittatore!
Louis cercò di calmarsi, respirò a fondo tre volte… Lui rispettava Pierre, non poteva… Lo rispettava… Poi, all’improvviso, la rabbia lo invase e non ci vide più fuori… E gli tirò uno schiaffo.
Pierre si portò una mano sulla guancia colpita. Era la prima volta che Louis lo picchiava. Rimase immobile senza nemmeno sapere cosa fare. Aveva la terribile impressione di essersi dato letteralmente la zappa sui piedi. Autogol?
- Mi hai stufato, Pierre. – Napoleon si girò e fece per uscire.
- A… Aspetta… Louis… Stavi dicendo sul serio, prima? – Pierre si era attaccato alla maglietta viola di Louis e sembrava di non avere nessuna intenzione di lasciarla.
- Mollami! – urlò l’altro. – Mollami subito! – continuò dimenandosi violentemente.
- Scusa, scusa, non volevo, non volevo dire quello che ho detto, ma… Io non so mai da che parte prenderti, Louis… - Pierre lasciò la maglietta del compagno e si sedette sul letto piangendo, con il volto fra le mani. Autogol.
Louis rimase immobile sulla porta, poi la socchiuse di nuovo e si sedette sul letto. Ormai l’aveva capito… A differenza di Pierre che non se accorto… Forse. (Spero per lui di no) Comunque, Louis non poteva assolutamente vederlo piangere, il Capellone. Sentiva sempre tutti i rimorsi di coscienza sulle spalle, cosa che successe anche questa volta.
- Dai, scusa… Non volevo, so bene che ultimamente mi comporto in maniera contraddittoria, ma non so nemmeno io cosa mi prende… Non piangere… Per favore…
Pierre cercava di asciugarsi le lacrime, ma senza troppo successo. Louis stava sempre di fianco a lui, e gli fece passare un braccio attorno al collo, dolcemente.
- Shhh… Va tutto bene… OK? Non piangere… Scusa, non volevo picchiarti, ma mi hai fatto perdere la pazienza… Ti ho fatto male? – così dicendo passò la mano sulla guancia arrossita del compagno e appoggiò la fronte sulla sua – Ti prego, non piangere, eh? E’ stata tutta colpa mia, lo ammetto… Non piangere per favore…
Pierre all’improvviso si rese conto che Louis stava parlando con lui. Già, proprio con lui. Nemmeno nei suoi sogni era stato così dolce, così… Insomma, Pierre non poteva crederci. Alzò un po’ gli occhi e guardò il suo… amico? Compagno di squadra? No, Louis era il ragazzo che Pierre amava, lui ne era certo… Tutta l’incertezza di prima era sparita.
Louis sorrise, guardando Pierre diritto negli occhi, di quell’azzurro profondo che gli piaceva tantissimo. Aveva deciso di mandare in malora tutto il resto, anche se non era sicuro di amarlo davvero, Pierre. Gli venne il dubbio che il problema fosse solo ammetterlo, e mettersi il cuore in pace. Era sempre stato un tipo troppo orgoglioso. Ma in fondo adesso non aveva importanza… Si sporse in avanti e lo baciò dolcemente.

Immagine: Si accettano scommesse su questa illustrazione…

"FORGOTTEN CHAMPIONS", CAPITOLO PRIMO: VARIABLE D

PARAGRAFO DECIMO:

… AND SO ON

Immagine: Shingo Aoi

Come on in! Come on in! to Neko Hanten. Tastes great! Tastes great! at Neko Hanten. The noodles tastes great! The young waitress is pretty. Come in! Come in! to Neko Hanten. Tastes great! Tastes great! at Neko Hanten. The noodles tastes great! The young waitress is pretty. Ramen, soup noodles, fried rice, sliced pork noodles, wonton, fried dumplings, fried noodles, wonton noodles, pot luck noodles, open meat wonton, egg foo yong, barley noodles, rice-meat-vegetable wonton, shrimp fried rice, white rice, dumplings, cold noodles. Come on in! Come on in! to Neko Hanten Tastes great! Tastes great! at Neko Hanten The noodles tastes great! The young waitress is pretty. Come in! Come in! to Neko Hanten Tastes great! Tastes great! at Neko Hanten. The noodles tastes great! The young waitress is pretty. Come in, come in today is our grand opening, today is our grand opening. Come in, it's delicious.

Buenos Aires – 7 Luglio, ore 21.07

Immagine: Alan Pascal

- Non avrei dovuto prendermela così… - mormorò Alan Pascal – In fondo, Louis non centra con i miei problemi e io non dovrei ficcare il naso nei suoi affari…
- E’ vero, probabilmente non avresti dovuto, però gli ha fatto bene… Sai, quella che ho visto non mi sembrava propriamente una litigata fra amici…
- In che senso? Lo odia proprio?
- No, però… Così… Mi sembrava più che altro un litigio fra innamorati…
- Dici che stanno insieme?
- Non saprei… Posso chiederti una cosa?
- Certo…
- Una cosa personale…
- Dimmi…
- E tu e Diaz? Cioè, stavate insieme anche voi?
- Eh? Sembrava così?
- Be’, sì, non vi mollate mai…
- Parla al passato.
- Ah, scusa… Non vuoi rispondermi?
- No, no… Io e lui siamo solo amici, puoi crederci… Per me, lui è come un fratello maggiore, sai… E’ insostituibile…
- Capisco come devi esserti sentito quando ti ha mollato qui da solo.
- Non so proprio cosa posso avergli fatto. – i due continuavano a parlare come se si trattasse di una faccenda che non li riguardava personalmente, con distacco. Alan guardava fisso il tavolo, mentre Ramon giocherellava con una pallina.
- Ti ha fatto bene sfogarti, non è il massimo tenersi tutto dentro.
- Quando torna Louis mi scuso con lui. In realtà le cose che ho detto a lui avrei voluto dirle a Diaz. Ma non posso, non ne ho il coraggio.
- Un tipo del genere non merita tutto quello che provi per lui… Fossi stato in te, l’avrei preso a calci come minimo…
- A proposito, a te è passata?
- Co… Cosa? – Ramon diventò viola.
- Be’, l’arrabbiatura con Hino, ovviamente.
- Ah… - Victorino riassunse un colore normale – Parlavi di quello.

- Certo, di cosa, se no?

- Niente, niente…. Comunque, no! Nella maniera più assoluta.

- Ti capisco. – concluse Alan sorridendo.

Poco dopo, lo scatto della serratura avvisò i due che il francese era tornato.

- Come va? – chiese Ramon.

- Eh? Ah, cammino ancora…

- Vedo…

- Dì un po’, vuoi litigare?

- Assolutamente! – Ramon scoppiò a ridere.

- Ehi! – protestò Louis, poco convinto.

- Louis, scusa per prima… Non volevo prendermela con te.

- Eh? Non importa, figurati…

- Senti Louis, ma sei qui o altrove?

- Eh? – rispose per la terza volta l’interpellato.

- Terra chiama Plutone! Louis rispondi! – esclamò Ramon mettendosi le mani a coppetta davanti alla bocca.

- … Hahaha! Ma che fai, scemo? – il francese scoppiò a ridere, divertito.

- Faccio tanto ridere? – chiese l’uruguayano a Pascal.

- Be’, no…

- Niente, niente, lascia stare… Mi hai fatto tornare in mente… Be’, non importa. – e, concluso il discorso, Louis girò i tacchi e si chiuse in camera sua.

 

Buenos Aires – 7 Luglio, ore 21.38

Louis si rigirava sul letto, ripensando alle cose che erano successe quella sera. Era passato un mese esatto dalla prima volta che Pierre lo aveva baciato. Louis ancora non aveva un quadro chiaro dei sentimenti che lo aveva trascinato di qua e di là per tutto quel tempo. Prima, Ramon gli aveva fatto tornare in mente Mick. E automaticamente dei fatti che aveva quasi dimenticato. Fra cui torreggiava Maggie. Cosa diavolo era successo? Non era cominciato tutto perché lui era andato a dire al Capellone che la amava? E adesso per qualche motivo aveva scoperto di essere innamorato di Pierre, invece? Ad un certo punto, fulminante come solo le improvvise prese di coscienza lo sono, si rese conto che non era stato geloso di Maggie, bensì di Pierre! Solo che sul momento non ci aveva minimamente pensato. Era così ovvio. Scoppiò a ridere. Poi si alzò e prese il telefono e si chiuse in camera.

Compose il numero di casa di Mick e attese.

- Pronto?

- Ciao, Mick, come va?

- Louis? Ma che fai, telefonate intercontinentali?

- Be’, volevo sentire come ti andava!

- Bene, grazie, e tu?

- Qui tutto benissimo! – Louis rimase un po’ perplesso per l’improvvisa gentilezza di Mick. Era strano…

- Ehilà, pare che trasferirti ti abbia fatto proprio bene…

- Be’, a dir la verità, il problema mi ha seguito fin qui…

- Eh? Però, cocciuto, chiunque fosse!

- Abbastanza… Comunque, hai saputo che Kim si è trasferita in Brasile?

- Sì, mi ha scritto…

- Sai come le va, giù di lì?

- Bene. E’ vicina di casa di una tua conoscenza…

- E cioè?

- Carlos Santana.

- Cheeeeeeeeeeeeee??? Quel… Quel… Non ci posso credere!

- Ma sembra che vada tutto OK.

- Be’… - Louis cercò di riprendersi dalla sorpresa – Allora ci sentiamo, eh, Mick?!

- Certo, in bocca al lupo!

- Crepi! – rise Louis e riattaccò. Poi rimase in silenzio. Carlos Santana… Il Brasile… Tutto questo gli faceva venire in mente qualcosa di strano… Un vago senso di fastidio.

 

Milano – 20 Luglio, ore 13.56

- Sono moooooooortoooooooooo!!!! – Shingo Aoi entrò nello spogliatoio dell’Inter sorretto da Takeshi. – Miiiiiiii, che faticaccia!

Nonostante fosse stato solo un allenamento, il povero numero 20 era distrutto, visto che si era protratto, solo per loro due, molto più a lungo del previsto.

- Il Mister è molto soddisfatto, ragazzi. – esordì Gino entrando nello spogliatoio.

- Che fai qui Gino, quando potresti essere a casa a mangiare? – biascicò Aoi.

- Veramente ho già pranzato…

- Beato te! Io non ci vedo fuori dalla fame! Va’, Takeshi, sbrighiamoci che se no facciamo notte!

- Sono esausto… - mormorò il numero 15.

- Suvvia, ormai ve la cavate benissimo tutti e due. Come dicevo prima, ho parlato col Mister e mi è sembrato proprio contento di come giocate.

- Grazie tante, poi però ci massacra! – ribatté sarcastico Aoi.

- E’ divertente giocare qui in Italia… - commentò Sawada – Be’, io adesso vado a casa a mangiare…

- Nooooooooooooooooooo, ti prego, aspettami, Takeshi, non te ne andare senza di meeeeeeeeeeeee!!! – urlò il numero 20 attaccandosi alla giacca del compagno.

- O… OK, OK, ma sbrigati, su! – sorrise disperato l’altro.

- Sono pronto!! – esclamò Aoi dopo un po’ – Pancia mia fatti capanna!! Vieni, Takeshi! – e, agguantato Sawada per un braccio, partì di corsa, piantando lì Gino da solo.

 

- Hai posta, Shingo! – Sophia porse al ragazzo una lettera. –Chi ti scrive? La tua fidanzata? – ridacchiò la donna.

- Ma che fidanzata e fidanzata! E’ di mia sorella!!

- Hai una sorella, Shingo? – chiese Sawada, finendo la sua fetta di torta.

- Sì… Due, per la precisione… Due gemelle…

- Davvero? Ma tu guarda…

Aoi aprì la busta in velocità e vi trovò, assieme alla lettera, qualche foto.

- Miiiiiiiiiiiiiiiii!!! Questi sono… Ma che cavolo ci fanno con mia sorella?!? – sulla prima foto faceva bella mostra di sé un bel po’ di gente conosciuta.

 

 

Vegetable soup, egg drop soup, rice-meat-vegetable noodles, sweet and sour meatball dumplings, egg foo yong with noodles, Chinese-style rice bowl, rice-meat-vegetable fried rice, shrimp noodles, Tenshin-style rice bowl. Stir-fried vegetables, tofu stewed with black beans and pork, sweet, and sour pork, stir-fried liver and leeks, eight treasures dish! Welcome! Welcome! to Neko Hanten. Everything's ready to be eaten! Everything's ready to be eaten! at Neko Hanten. The noodles are ready to be eaten! The waitress is pretty. Welcome! Welcome! to Neko Hanten. Everything's ready to be eaten! Everything's ready to be eaten! at Neko Hanten. The noodles are ready to be eaten! The waitress is pretty. Neko Hanten Neko Hanten

"FORGOTTEN CHAMPIONS", CAPITOLO PRIMO: VARIABLE D

PARAGRAFO UNDICESIMO:

NOSOTROS

SOMETHING BIG

Kaltz

Amburgo – 13 Luglio, 16.41

- Maledizione! – Diaz sbatté per terra la bibita che aveva in mano. – Speravo di arrivare in una squadra di campioni, invece voi sì e no sapete cos’è un pallone!

- Senti, non è colpa nostra se non sai amalgamarti con la squadra, razza d’imbecille! – gli fece eco Kaltz, spuntando lo stuzzicadenti che come sempre aveva in bocca.

- Io non so amalgache?!? ç Il tedesco non è il forte di Juan ^^;;;

- Sei anche ignorante e sordo oltre che imbecille?! Ma bene!

- Perché dovrei essere io ad amalgaqualcosa con la squadra e non può essere la squadra ad amalgaqualcosa con me?!? In fondo, il campione qui sono io, o no?

- No, brutto bastardo! La vera capacità di un campione si dimostra quando si tratta di giocare bene in qualsiasi situazione e con chiunque, ed evidentemente non è il tuo caso!

- Da quando in qua?! Da che mondo è mondo, non ho mai avuto bisogno di amalgaqualcosa con nessuno, in Argentina!

- Magari perché gli altri sono diventati scemi per amalgaqualcosa… Cioè, no, amalgamarsi con te!

- Ma certo che no! Non ho avuto problemi ad inserirmi da nessuna parte… Evidentemente il problema siete voi!

- A sì? – si intromise all’improvviso Alex, che aveva assistito in silenzio a tutta la scena – Forse perché con te c’è sempre stato Alan? – chiese solare.

- Che… ? – Diaz cascò letteralmente dalle nuvole.

- E chi sarebbe questo? – riprese Kaltz.

- Uno che ha sempre giocato con lui… Credo che Diaz qui non si senta a suo agio proprio perché è da solo. O sbaglio? – chiese rivolta all’altro.

- Stai dicendo che io non riesco a giocare senza Pascal?!? – Diaz balzò in piedi e sollevò Alex da terra, prendendola per la camicetta.

- Ehi! Giù le zampe!!! – Kaltz con un destro stese l’argentino poco cavalleresco.

- Non era questo che intendevo… E’ solo questione psicologica… - continuò Alex – Torna in Argentina e riappacificati con lui, va’… - concluse andandosene.

- Ma che ne sai tu, degli affari miei? – le urlò dietro Juan.

- Abbastanza da poter esprimere un parere… - fu la risposta.

Buenos Aires – 13 Luglio, 16.41

Chissà come se la passa Diaz in Germania…. E’ un pezzo che non si fa vivo. Diciamo, non s’è mai fatto vivo in tutto questo tempo. Un mese e tredici giorni… E’ proprio evidente che io non gli servo a niente. Lui però mi manca moltissimo. Non tanto in campo, me la cavo anche con Louis e Ramon… Però quando sono da solo, mi manca da morire… E’ pur sempre il mio miglior amico, no? Non riesco a lasciarmelo alle spalle. Perché non torna? Perché, maledizione! Comunque, non riesco a odiarlo… Posto che non so nemmeno perché ce l’ha con me… Che gli posso aver fatto, io? Nonostante non faccia altro che pensarci, non riesco a darmi una risposta. Niente, non mi viene in mente niente. Eppure non può essersela presa senza motivo… A meno che io non sia stato la solita ed eterna goccia che ha fatto traboccare il vaso… Ma come? Se non ho fatto niente! Nulla, nothing, nada nella maniera più assoluta. Il cielo mi aiuti, per favore… Di questo passo mi viene male sul serio… Diaz, torna qui, per carità! Cosa faccio senza di te?!

Forse, dovrei mettermi il cuore in pace e rinunciarci per sempre… A meno che… Se Maometto non va alla sede del Milan, o meglio, se Maometto non torna in Argentina…

Amburgo - 14 Luglio, 01.23

Sarà che Alex ha proprio ragione? Forse è vero che io senza Pascal non vado da nessuna parte? Può darsi che abbia lasciato l’Argentina troppo in fretta… Eppure non c’ho pensato due volte prima di andarmene… Ero così deciso che non avrei mai creduto di ritrovarmi in questa situazione con tutti questi dubbi. Ma a questo punto se torno a casa, come la prenderà Pascal? Ritorno così e gli dico "Ciao, sono qui!" dopo che l’ho picchiato e l’ho piantato là da solo, senza un motivo? Non posso pretendere che lui mi accolga come se non fosse successo nulla. Chissà come se la starà passando lui adesso… Meglio di me di certo; a dire il vero, vorrei ritornare a casa, ma probabilmente lui non ne vuole più sapere di me… E come dargli torto? Ho sbagliato tutto… E’ inutile prendersela se alla donne piace Alan Pascal… Magari dovrei farmi crescere anch’io la frangetta… Ma che cose assurde che vado a pensare! La veri tà è che ho fatto tutto da solo, cacciandomi in una situazione del genere, la colpa di tutta questa storia è solo mia.

Amburgo – 17 Luglio, ore 17.13

- Che faticaccia, tutto ‘sto viaggio… Che shonno… Non ho dormito niente in aereo… - Alan Pascal bofonchiava tra sé e sé – E adesso dove lo trovo Diaz? Signore aiutami… Be’, è venuto qui per giocare a calcio, no? Trovo lo stadio, trovo Diaz… Chi cerca trova… Chi non risica non rosica… Chi dorme non piglia pesci… E chi non dorme, poi barcolla come sto facendo io… Ops, scusi… - balbettò andando a sbattere su un uomo. – Mi dica, sa per caso dov’è la sede della squadra di calcio dell’Amburgo?

- Prendi un taxi, no? – rispose l’altro, scansandolo.

- Ah, già… Scusi ancora… Che shonno…

Seguendo il consiglio dell’uomo educato, Alan saltò al volo sul primo taxi che riuscì ad agguantare e si fiondò alla suddetta meta.

- E adesso che sono qui?

- E tu chi sei? – gli chiese qualcuno da dietro.

- Eh? – Alan si girò di scatto, spaventato. – Io… Cercavo Juan Diaz…

- Sei Alan Pascal? – chiese la ragazza con i capelli neri e lunghi che gli stava davanti.

- Eh?!? Come fai a conoscermi?

- Kim mi ha parlato di te… Mi chiamo Alex Veine e sono una sua amica… Kim prevedeva che saresti arrivato.

- Davvero? Be’, grazie per avermi aspettato. Sai dov’è Diaz?

- Ma veramente, io non ti stavo aspettando… Comunque, è a casa sua…

- E……… Dov’è casa sua?

- Aspetta che ti accompagno, va’… - rispose Alex avviandosi – Tanto è qui vicino… Sai, capiti proprio a proposito… Diaz è un bel po’ che non si fa vedere in giro… Non viene nemmeno agli allenamenti…

- Sta male!?!??????????????????????????????????!! – le urlò in un orecchio Alan preoccupatissimo.

- Ma no, scemo!!! – rispose l’altra, scansandosi con ancora l’eco delle E nella testa – E’ solo… Un po’ depresso, ecco… Qui ad Amburgo non è riuscito ad ambientarsi troppo bene…

- Povero Diaz….

- Ecco, siamo arrivati… Ti lascio qui… Poi fammi sapere come è andata! – urlò la ragazza allontanandosi.

- Ehi!!!! Ma…. Che faccio io qui da solo!?

Alan si avvicinò lentamente alla porta. Tentennò un po’ prima di decidersi, ma alla fine si convinse e, preso coraggio, suonò il campanello.

Nessuno rispose. Quindi, provò di nuovo. Non ricevendo segno di vita, si appese al campanello, finché un seccatissimo Diaz in pigiama e completamente spettinato non venne ad aprire la porta.

- Chi diavolo rompe, maledizione tre volte!!!!!!!!!!! – ottimo umore, non c’è che dire.

- Cia… Ciao, Diaz… - balbettò Alan, facendosi piccolo piccolo dallo spavento.

- Eh? – rispose l’altro, riconoscendo vagamente la voce dell’amico. – Pa… Pas!?! – urlò sconvolto alquanto.

- AAAAAHH!?! Non uccidermi!! -

"FORGOTTEN CHAMPIONS", CAPITOLO PRIMO: VARIABLE D

PARAGRAFO DODICESIMO:

COLPITO E AFFONDATO ~ PER UNA SOLA VOLTA NELLA TUA VITA… ~

No matter what I do, inside my heart there are only things about you. I miss you. More than just playing childishly back in those days our deep love was always maturing. With only the prayers within my heart there are things I can't tell you... There are times when love causes loneliness. You must know that I can't be an adult Don't leave me alone anymore. (I can't replace the person that you love but I will always stay by your side and I will protect you) There are times when love causes pain Now I feel alone close to you Don't leave me alone anymore (Knowing that, do you understand how I love you?) Now I feel alone close to you Don't leave me alone anymore.

Parigi – 9 Luglio, ore 19.20

A casa El Cid la famiglia stava cenando.

- Ascolta, Pierre…. – cominciò il signor Philippe – Io e il signor Lafayette stiamo organizzando il matrimonio fra te e Maggie… -

Pierre sputò tutta la minestra che stava mangiando.

- Tesoro? – chiese sua madre – Tutto bene? Non sei contento?

- Io… - balbettò l’interpellato – Io veramente… Non…

- Cosa c’è che non va? – continuò la signora Marguerite.

- Io… Non voglio sposarla! – Pierre ormai era deciso ribellarsi. Adesso in testa aveva solo Louis, solo lui.

- Perché, tesoro? Non è una ragazza d’oro? Non ti piace?

- Non è questo mamma… Io…

- Forse sei innamorato di un’altra ragazza? Se fosse così, non farti problemi a dirlo, caro. Non vogliamo mica forzarti. Però, presentacela presto, va bene? Mi fido dei tuoi gusti, tesoro. Se piace a te piacerà sicuramente anche a noi, vero, Philippe caro?

- …. No, il problema di Pierre è un altro, non è vero?

- Come? – Pierre non capiva.

- Ascolta, dopo devo parlarti – concluse il signor El Cid alzandosi.

- Tesoro – disse la signora rivolta al marito – Promettimi che non obbligherai Pierre a sposarsi! Io voglio solo la sua felicità!

- Va bene, cara, non ti preoccupare – e così dicendo uscì.

Parigi – 9 Luglio, ore 19.38

Pierre saliva le scale, per raggiungere suo padre al piano superiore. Si era comportato in maniera strana, da quando era venuto a riprenderlo a Buenos Aires. Nonostante all’inizio avesse fatto fuoco e fiamme, in seguito non aveva più protestato per nulla… Anzi, non aveva proprio più parlato. Pierre sapeva che c’era qualcosa che bolliva in pentola. Per forza, doveva esserci. Ma cosa? La promessa che sua madre aveva strappato a suo padre lo lasciava alquanto perplesso. Perché aveva accettato di non obbligarlo a sposare Maggie senza problemi? Doveva avere qualcosa in testa. Pierre era nervoso, mentre apriva la portafinestra della veranda. Il signor Philippe stava fumando al chiaro di luna, dando le spalle al figlio. La scena gelò il sangue al ragazzo, nonostante quella fosse una calda e tranquilla sera. Cosa preparava suo padre?

- Pierre – cominciò l’uomo, sempre dando le spalle alla portafinestra – Adesso io e te faremo un patto, va bene?

- Lo sapevo che c’era qualcosa che non andava, prima a cena…

- Un patto da uomo a uomo.

- E quale sarebbe?

- L’altro giorno, a Buenos Aires… Il tuo amico voleva parlarti… Che cosa ti ha detto?

- Nie… Niente di importante, papà… - biascicò Pierre, allarmato.

- Ti ha solo parlato, Pierre?

- Io… Cioè, Louis… Ecco, be’…

- Avanti, Pierre, parla… - il signor Philippe si avvicinò al figlio.

- Non è così semplice da spiegare… Ma perché mi fai questa domanda? – il ragazzo non aveva il coraggio di alzare gli occhi e guardava nervoso per terra.

- Lo sapevo che non saresti riuscito a dirmelo, ti conosco troppo bene… Sei sempre stato un codardo.

- Eh? – Pierre alzò la testa giusto in tempo per vedersi arrivare addosso una sberla.

- Ma cosa? – non capiva, che diavolo era preso a suo padre?

- Il patto è questo, Pierre… - l’uomo continuava a parlare, nonostante la rabbia che gli faceva tremare la voce – Ti lascerò… Ti lascerò stare con quel ragazzo…

- Cos…. – Come diavolo faceva a sapere di lui e Louis?

- Vi ho visto mentre ti baciava, non fare il finto tonto… Comunque, ti lascerò stare con quel ragazzo solo se mi dimostrerai per una volta nella tua vita che qualcosa vale abbastanza da rischiare tutto il resto, hai capito?

- In che senso…. ?

- Ho sempre avuto la certezza che, a parte il calcio, niente ti interessasse, o sbaglio? Io mi sono sempre ammazzato di lavoro per permettere a te e a tua madre di vivere con agio, senza tutti quei problemi che mi assillavano quando avevo la tua età. Tu invece non hai mai dimostrato che ti importasse di nulla, probabilmente perché la strada ti è sempre stata spianata davanti. Anche ora che ti ho proposto di sposarti, non hai minimamente protestato, hai reagito come se fosse la cosa più normale del mondo, come se non ti riguardasse… O sbaglio, Pierre? Rispondimi, maledizione! – il signor Philippe aveva iniziato a urlare – Anche se prima ti sei ribellato, era solo perché speravi nell’aiuto di tua madre, non è così, Pierre? Adesso prova a fermarmi, dai! Io ho già deciso la data della cerimonia. Tu trova una maniera per fermarmi, e io ti lascio con quel ragazzo, forza. Dimostrami che c’è qualcosa per cui va le la pena buttare via tutto il resto! Quel tipo mi sembra ben deciso, ma tu lo sei altrettanto? Sappi che non hai molto tempo. Pensaci su in fretta. – e così dicendo se ne andò.

Pierre non era sicuro di aver capito bene. Suo padre, che cosa voleva?

Pierre, appoggiato alla ringhiera della veranda, pensava alle cose accadute negli ultimi giorni. Suo padre li aveva visti, mentre si baciavano. Cosa poteva fare? In quel momento si rifiutò di pensare al signor Philippe, e riempì la mente dei bei ricordi che conservava gelosamente. Sentiva ancora il sapore di Louis sulle labbra. Era stato molto diverso da quando lo aveva baciato dopo la loro rovinosa caduta. Era stato così dolce, Louis. Sorrise. Cosa avrebbe pagato per averlo lì con lui, in quel momento. Ma non ci sarebbe stato verso. Lui non poteva mica mollare la sua nuova squadra per tornarsene a Parigi, dopo neanche un mese. E poi, era Louis in prima persona a non volerlo. Gli aveva promesso che si sarebbero rivisti per le vacanze estive. Ma Pierre non capiva comunque. Perché Louis aveva insistito per rimanere lì? Bho. Era poco convinto, Pierre. Forse avrebbe fatto bene a fidarsi semplicemente di lui. Magari era solo ner voso per aver scoperto di amare il Capellone. Pierre sorrise al pensiero del soprannome che Louis gli aveva affibbiato. In quel momento avrebbe solo voluto averlo al suo fianco. Per trovare una soluzione.

"FORGOTTEN CHAMPIONS", CAPITOLO PRIMO: VARIABLE D

PARAGRAFO TREDICESIMO:

PROLOGO DI UNA VIOLENTA BATTAGLIA I

You don't cry You know, you can tell me the reason of your tears! Huddled up, don't remain silent! But you are not alone, as long as you have a friend you can trust. You don't cry Don't hide your loneliness I'd like to help you as much So you can share your sadness with me. My best friend Even if one day we are separated, Our hearts will always be together Even if the Fate prevents us from seeing each other again, We will always have our smiles. Don't forget you.

Leo Luciano

San Paolo – 20 Luglio, ore 16.04

- Kyaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!! – l’urlo di Carlos Santana riecheggiò nello stadio semivuoto, mentre rovesciava.

- Carlos…. Che ne dici di fare una piccola pausa? Ti ho portato uno spuntino… - sorrise Kim dalla panchina.

- Grazie… - rispose gentilmente il ragazzo, avvicinandosi, e asciugandosi con un asciugamano (da cui il nome).

- Tieni – continuò la ragazza, passandogli una fetta di torta. – Ne vuoi un pezzo anche tu, Leo? – chiese rivolta all’unico altro giocatore presente.

- Sì, grazie… - Leo Luciano era l’unico amico di Santana, a parte, ovviamente, il pallone. Guardando la ragazza che gli porgeva il suddetto pezzo, pensava come fosse strano che Carlos se la fosse portata appresso. Santana non dava mai confidenza a nessuno, eppure adesso eccolo lì a ridere con una persona conosciuta pochi giorni fa. Luciano questo modo di fare proprio non l’aveva capito. Kim gliel’aveva presentata quella mattina, Leo continuava ad osservarla, ma non afferrava cos’avesse di così particolare da tirarsela dietro fino all’allenamento. Comunque, era parecchio perplesso.

- Ascolta, Carlos… - cominciò poi Kim – Io fra un paio di giorni devo tornare a Parigi….

- Eh? Come mai?

- Ho promesso ad un’amica che ci saremmo riviste lì… Mi spiace ma devo proprio andarmene…

- Per carità, non ti posso mica obbligare a stare qui, no? – chiese il brasiliano sorridendo.

Kim rispose a sua volta con un sorriso. Leo guardava perplesso la scena.

- Comunque, se ti facesse piacere, puoi passare a trovarmi con Leo quando vuoi, va bene? Oh, una cosa… Devi assolutamente presentarmi la tua ragazza!

- Ragazza? – chiese Santana.

- Ragazza?!? – fece eco Luciano.

- Certo… Nonostante quello che dice la signora Rosa, di certo ce l’avrai, no?

- Be’, veramente…

- Sempre che tu non abbia un ragazzo…

- Ma che dici! Non prendermi in giro!!

- Ma non lo sto mica facendo. Ti stavo solo chiedendo.

- No, no, ci manca anche altro… Va bene, ti presenterò Bella, se proprio ci tieni…

- Certo che ci tengo. Voglio essere sicura di lasciarti in buone mani. – concluse Kim sorridendo.

San Paolo – 22 Luglio, ore 15.47

Bella Vazia Frete aspettava seduta sul bordo della fontana della piazza principale, guardandosi attorno in attesa di vedere quel ritardatario del suo ragazzo arrivare. Una leggera brezza assai brasiliana soffiava sul piazzale scompigliandole i capelli lunghi, neri e raccolti in una coda alta. Il vestito rosso ondeggiava allo stesso ritmo di samba della capigliatura, mentre la leggera giacca nera preferiva un walzer danubiano lento e solenne. Seccata, fece per alzarsi ed andarsene, quando si sentì chiamare da dietro: era Santana che arrivava trafelato, nonostante si allenasse a correre da quando era nato.

- Scu…. Scusa il ritardo… - ansò – Ma ho dovuto passare a prendere Kim… - si giustificò, senza pensare che la ragazza in questione abitava di fianco a lui.

- Kim? E chi è questo? – chiese perplessa Bella.

- Questo? Questa, vorrai dire… - biascicò l’altro.

- Arrivi in ritardo ad un appuntamento e ti porti pure dietro una ragazza?!? – lo aggredì lei, rabbiosa.

- Già… Ma, dov’è Kim? – chiese Carlos guardandosi intorno perplesso, non vedendo l’altra ragazza che avrebbe dovuto esserci.

- E chi se ne frega!!! – urlò Bella, e si girò di scatto, volendo andarsene, e tirando una codata in faccia a Santana. Solo che, facendo tutto in fretta, non si accorse che dietro di lei stava Kim, e le andò addosso secca, automandandosi per terra.

- Tutto a posto? – chiese la ragazza bionda.

- NO!!! – fu la risposta che ricevette, condita da qualche imprecazione.

- Forza, forza! – esclamò il ragazzo prendendola per un braccio e cercando di alzarla.

- Mollami!!! Bovaro! Mi fai male!! Insomma!! – strillava quella per terra, cercando di divincolarsi dalla presa, finché Carlos ci rinunciò e la lasciò dov’era.

- Aspetta, che ti aiuto io. – sorrise Kim, porgendole una mano.

- Gra… Grazie… - rispose seccata l’altra, tirandosi su in qualche modo.

- Io mi chiamo Kim Ami Nike… - proseguì la bionda, sempre sorridendo. – Sono la vicina di casa di Carlos…

- La… Vicina di casa? Ma non eri passato a prenderla!?!

- Ops… - ridacchiò disperato Santana, eclissandosi per non venir preso a pugni.

- ……………… - Bella rimase senza parole per la furbizia del suo fidanzato, mentre lo guardava che si allontanava – Santa Maria…. Proteggimi tu…

- Qualche problema? – chiese Kim perplessa.

- No, no…. Io sono Bella Vazia Frete… Molto piacere… Come mai Carlos ti ha portato qui?

- Oh… Sono stata io a insistere per conoscerti… - Kim sorrise senza dare ulteriori spiegazioni.

- Ah… - Bella rimase un po’ interdetta, guardando l’altra che la invitava a bere qualcosa.

- Sono proprio contenta che Carlos abbia una ragazza… Ero preoccupata per lui….

- Sì… Anch’io mi preoccupo della sua salute mentale… - concluse dandosi una manata un fronte per la disperazione.

San Paolo – 22 Luglio, ore 21.56

Leo Luciano correva per le strade della città, evidentemente in ritardo per tornare a casa; ad un certo punto, però, finì addosso a una ragazza che usciva da un portone all’improvviso.

- Oh, scusi tanto… - disse fermandosi e aiutandola ad alzarsi.

- Oh, Leo… - sorrise Kim, nonostante fosse stata appena investita.

- Kim?! – Luciano fece un salto indietro per la sorpresa.

- Qualche problema? – chiese la ragazza.

- No, no, scusa se ti sono arrivato sopra… - balbettò l’altro, confuso.

- Vieni.

- Eh?

- Sì, vieni di sopra. Ti offro qualcosa da bere… - continuò Kim sorridendo.

- Ma veramente io, non vorrei… Vado di corsa… Non posso…

- Dai, vieni. Chiami a casa quando sei su. Voglio sapere il perché del tuo comportamento….

- Co… Sa? - Touche.

Appartamento numero 51.

- Prego – sorrise Kim posando una tazza di tè davanti a Luciano.

- Grazie… Senti, io non ce l’ho con te, OK? Non so come ti è potuta venire in mente un’idea tanto stramba! – partì subito lui in quarta.

- Veramente, non ho detto che credo di starti antipatica, solo che hai uno strano comportamento. Posso sapere perché?

- Ma non è vero! – protestò lui.

- A no? Mi sono accorta di come mi guardi, sai? Dimmi qual è il problema…. Su, non ho mai mangiato nessuno…

- Sei fidanzata?

- Eh?

- Hai il ragazzo?

- Cosa centra questo? – sorrise Kim, contenta che il ragazzo si fosse deciso a parlare.

- Ti ho già visto, cosa credi?! In una foto.

- Con un ragazzo?

- Sì… Con il numero 20 della nazionale….

- Giapponese? – lo interruppe la ragazza.

- No, francese.

- Ah, Louis. Credevo con Shingo.

- Sei fidanzata con lui?

- Con Shingo?

- Ma no! Con Napoleon, dico!! Ma insomma, mi stai prendendo in giro!?! – urlò il ragazzo saltando in piedi, rabbioso.

- Ma no… Solo che non ti spieghi bene… - Kim sorrideva tranquilla – Comunque, non sono fidanzata con Louis… Adesso spiegami perché me lo chiedi….

- Io… Niente, volevo solo saperlo. Credevo che stessi facendo il doppio gioco con Santana…

- Davvero? Ma certo che no, lui ha già una ragazza…

- Però ti dà tanta confidenza… Be’, adesso devo proprio andare… Arrivederci.

- Ah, Leo… Se vuoi venire anche tu a Parigi a trovarmi, fai pure, OK?

- S… Sì! – esclamò il ragazzo sorridendo per la prima volta in tutta la sera, e poi se ne andò di corsa.

Kim rimase pensierosa sulla porta. Poi sorrise, un po’ divertita. Dieci giorni dopo di certo non lo sarebbe più stata.

Amburgo – 17 Luglio, ore 18.00

- Diaz, non uccidermi, ma io volevo solo venirti a trovare… In un mese e 17 giorni non ti sei mai fatto vivo, mi sono preoccupato… E allora, sono venuto, la ragazza mi ha portato… Lo stadio era vuoto… Cioè… va be’, torno a casa… - e così, concludendo il monologo, Alan fece dietro front e scese le scale.

- Pa… Pas! A… Aspetta… Già che sei qui… Be’, fermati, no? – balbettò Diaz in preda al panico nel vedere l’amico ripartire senza aver avuto la possibilità di parlargli.

- EH? – disse l’altro girandosi, non credendo alle sue orecchie. Poi fece le scale in tre salti e balzò addosso a Juan urlando – Ma allora non sei arrabbiato con me!?!

Diaz, preso di sorpresa, ebbe solo il tempo di cadere per terra spinto da Alan, che gli si era avvinghiato addosso; poi cominciò a singhiozzare.

- Diaz?!? Ah, scusa, ti ho fatto male, hai battuto la testa? – chiese subito l’altro spaventato.

- No, no… - fu la risposta che venne fuori un po’ a fatica fra le lacrime. Juan alzò lentamente la testa e guardò Alan dritto negli occhi.

- Diaz?

Nessuna risposta.

- Diaz?

Juan si sporse in avanti, chiuse gli occhi e lo baciò.

- Ah? – Alan non sapeva cosa fare, bloccato nella presa di Diaz.

- Eh? – Juan riaprì di scatto gli occhi, forse rendendosi conto di cosa stava facendo – Ah!! Scu… Scusa… - Non volevo… Non me ne sono accorto… - si mise ad urlare entrando in panico.

- Ni… Niente… - biascicò l’altro.

- Vie… Vieni che ti do qualcosa da bere… - continuò Juan dandogli la mano per alzarsi e cercando di calmarsi.

- Eh? – rimase un attimo perplesso rendendosi conto che, una volta afferrata la sua mano, Alan non aveva la minima intenzione di lasciarla.

- Pas?

- Sei… SEI UN IDIOTA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! – gli urlò Alan in faccia.

- Scu… Scusa, ma io non volevo, solo che mi sei venuto sopra e io, bho, non so, cioè….

- Non per quello, scemo!!

- Eh?

- Non per quello! Ma… Come diavolo hai fatto a sparire dalla circolazione senza farti vedere per così tanto tempo, con che coraggio!! Sono il tuo migliore amico, potevi dire almeno qualcosa, no? Accidenti a te!!
- Scusami, Alan… - balbettò Diaz – Ma io… Cioè… Avevo bisogno di tagliare un po’ i ponti con l’Argentina… Con Eva… Con te…

- E…. VA? – scandì Pascal.

- Ecco… Lei… E’… E’ il motivo per cui me la sono presa con te… Cristo, come sono stato scemo, davvero!

- E che centro io con questa qui??

- Io… Io e lei avevamo cominciato ad uscire insieme, sai? Ah, è così bella, Eva… Mi piace così tanto… Che quando mi ha detto che in realtà a lei interessavi tu, non ci ho più visto fuori… Capisci? Mi ha usato tipo ponte fra lei e te! Io… Ero così furioso… E me la sono presa con l’unico che non centrava nulla… Scusami, Alan… Scusa…

Pascal era rimasto in silenzio durante lo sfogo di Diaz, immobile.

- Cosa credi che me ne interessi, eh? Adesso, l’importante è che siamo di nuovo insieme, no? Su, cos’hai da bere?

TO: Kim_Ami@hotmail.com

FROM: Alex_Veine@hotmail.com

 

Amburgo, 19 Luglio

Cara Kim,

come stai? Qui fa sempre più caldo, ma penso che lì in Brasile sia molto peggio.

Cmq, l’altro ieri, come previsto, ho visto arrivare Alan Pascal qui ad Amburgo. Lui e Diaz devono essersi riappacificati, sei contenta? Ovviamente sì.

Per quanto riguarda Parigi, io arriverò lì attorno al 24, credo. Sei già lì? Spero di sì, così pulisci tu la casa.

Alan e Diaz vorrebbero visitare un po’ la città e quindi stanziarsi a casa nostra. Allora li arruoleremo per i turni di pulizia, OK?

Adesso, chiudo, perché sono collegata da un pezzo e poi la bolletta chi la sente?

Bye bye

Alex

 

TO: Capitaine@hotmail.com

FROM: PierreJeMoi@ElCid.fr

Parigi, 24 Luglio

Caro Louis,

(cosa ti è saltato in testa di trovarti fuori un indirizzo del genere?!?) Avrei bisogno che tu venissi qui a Parigi. Purtroppo è causa di forza maggiore. Aspetto una tua risposta, OK? Ci conto.

With love,

Pierre

 

You don't cry Can you describe your dreams? Keep your hope until the day your dreams come true Now, before you leave, remember your promise forever. My best friend Even if now you have a hard time, it will soon come to an end Because even broken wings are healed Never give up.

"FORGOTTEN CHAMPIONS", CAPITOLO PRIMO: VARIABLE D

PARAGRAFO QUATTORDICESIMO:

Louis & Pierre ~ Romeo & Juliette ~

Immagine: Louis & Pierre o…. Romeo & Juliette???

As you gently smooth down my windblown hair, I'm afraid to meet your gaze. Until my knees stop trembling, Please let me stay close to you. It's not a dream. Ah, it's not a dream any more. We've never done more than kiss before now. Don't let go. Ah, don't let go of me again. Please keep holding me (and my heart). It's not a dream. Ah, it's not a dream any more. From now on, a kiss will only be the beginning. Don't let go. Ah, don't let go of me again. Hold my heart and I in your hands.

 

Parigi – 31 Luglio, ore 20.47

- Mamma… Ascolta, devo parlarti…

- Sì, tesoro? – la signora Marguerite sorrise al figlio che entrava in salotto, e depose il lavoro a maglia.

- Adesso… Cioè, fra poco… Arriva una persona che vorrei che tu conoscessi…

- Ah, allora avevo ragione…. Sei innamorato di un’altra ragazza… Sono curiosa di conoscerla… Come mai ci hai messo tanto a decidere di presentarmela…?

- Ecco… Era a Buenos Aires… Ma…

- Ah, capisco… E’ per quello che sei andato lì, vero? E’ argentina?

- No, ma mamma, aspetta, devo dirti una cosa prima… Senti, non è proprio come pensi tu…

- Be’, non importa se non avete intenzione di sposarvi subito…

- No, ma aspetta… - Pierre sudava freddo…. La madre continuava a interromperlo… E lui già non riusciva a parlare per conto suo… - Vedi, ecco, cioè…

- Oh, forse non è una ragazza di buona famiglia… O ha avuto dei guai in passato? Ma se tu la conosci bene, io mi fido di te, so che non porteresti mai a casa una ragazza che non conosci a fondo… Vero Pierre? Sei un ragazzo con la testa sulle spalle…

- Ma mamma, lascia che ti spieghi…

- Non devi giustificarti, se la ami sul serio! – in quel momento suonò il campanello.

- Ci sono visite per lei, signorino. – disse la cameriera entrando, seguita da un’ombra familiare.

- Ciao, scusa il ritardo… - ridacchiò Louis, apparendo nella stanza, dopo che la donna di servizio se n’era andata.

- Ecco, mamma, questo è…

- Ah, ma allora non era la tua ragazza, era un tuo amico.

- Amico? Siamo ancora a questo punto? – chiese Louis lanciando uno sguardo interrogativo a Pierre. – Fai presto a chiamarmi dall’Argentina, ma….

- Io… Non ho fatto in tempo, cioè ho cercato ma….

La madre di Pierre rimase un pochino perplessa. – C’è qualche problema?

- Ecco, vede signora… - iniziò Louis.

- No, aspetta ti prego. Lascia fare a me!

- Ma caro, lascia parlare il tuo amico…

- Stai calmo, caro… - ridacchiò Louis, evidentemente in una delle sue serate ispiranti. – E’ presto detto: io e Pierre stiamo insieme. Non siamo solo amici.

- Co….. – la signora rimase interdetta, immobile e in silenzio sul divano. – E’ vero, Pierre? – mormorò.

- Be’…

- Allora, Pierre caro? – disse Louis guardandolo storto.

- Be’, sì… Sì.

- Perché non me l’hai detto prima?

- Io ho cercato, ma…

- E ne sei sicuro?

- Di cosa?

- Dei tuoi sentimenti per questo ragazzo, ovviamente… - la signora sembrava quasi impaziente.

- Ecco…

- Pierre!! Mi hai fatto venire da Buenos Aires solo per poi dire "Be’, ecco…"?!? – sbraitò rabbioso Louis.

- No, no… - balbettò l’interpellato, per poi rivolgersi di nuovo a sua madre – Sì, ne sono sicuro!

- Alla buon’ora, disgraziato. – esclamò Louis. Poi sorrise, divertito. – Sei contento, adesso? – sussurrò all’orecchio di Pierre.

- Be’, sì… Grazie… - rispose il ragazzo, appoggiando la testa sulla spalla del compagno, essendo evidentemente ancora un po’ scosso.

- Su, su, animo… - sorrise l’altro, passandogli una mano fra i capelli, e poi baciandolo.

La signora stava in silenzio, osservando la scena.

- Come ti chiami?

- Eh?

- Sì, come ti chiami? Pierre non ti ha presentato…

- Eh, Capellone smemorato… Comunque, sono Louis Napoleon.

- Siediti, Louis… Dimmi un po’ di te.

- Sono l’attaccante della nazionale francese e numero 20… - cominciò il ragazzo accomodandosi. - Prima o poi convincerò Pierre a mollarmi la fascia di capitano, ma tanto lo sono lo stesso, anche senza fascetta… Vero? – chiese al compagno, tirandoselo in braccio.

- Ma figuriamoci… - esclamò l’altro girandogli le spalle.

Immagine: Louis con in braccio Pierre

- Sì, sì, mi dà ragione… Poi, gioco nel Paris-St.Germain… - proseguì Louis obbligando Pierre a rigirarsi.

- Va bene, ma… Dimmi di te.

- Ma… Veramente, questo sono io… Non ho nient’altro da dire…

- Be’, ma… I tuoi genitori… La tua famiglia…

- Ah, be’… Stanno a Los Angeles… Però, qualche giorno fa sono tornati per po’ qui a Parigi per il lavoro di mio padre…

- E cioè? Che lavoro fa?

- Eh… L’imprenditore… Mi pare… Comunque, non sono i soldi che gli mancano…

- Napoleon hai detto?

- Sì…

- Mi ricorda qualcosa…

Parigi – 31 Luglio, ore 21.02

- Ah… Vedo che non siete soli… - commentò il padre di Pierre entrando in salotto.

- Oh, caro, questo è… E’… - cercò di districarsi la signora Marguerite.

- Sì, sì, so chi è…

- Sei contento, papà? Ho fatto come volevi tu… - sorrise maliziosamente Pierre.

- Certo certo… Tu, piuttosto, dimmi una cosa – proseguì l’uomo sedendosi sulla poltrona di fianco al pianoforte – cosa ci trovi in mio figlio, che non vale niente…

- Eh, lo so anch’io che non vale niente… - ridacchiò Louis – Diciamo… Bho, deve avermi incastrato in qualche maniera…

- Louis!! Ma che cavolo?!? – ruggì Pierre rabbioso.

- Sì, sì, dai, lo sai che scherzo… Ti voglio bene, tesoro… - e così dicendo gli diede un bacio sulla guancia – La verità è che è tutta colpa di quella poltrona… - continuò indicando la poltrona dove stava seduto il padrone di casa.

- La… Poltrona? – chiese perplesso l’uomo.

- Sì, più o meno… Adesso, però, lei deve promettermi che Maggie la seppellisce e non se ne parla più, vero? Altrimenti mi arrabbio…

- Sì, sì, sono un uomo di parola, io, cosa credi? A proposito, come ti chiami? Pierre ha detto Louis, no?

- Sì, Louis… Louis Napoleon, per l’esattezza. – sorrise fiero.

- Louis… Na… Po… Le… On?

- Papà, qualche problema? – chiese Pierre allarmato.

- Napoleon?

- Papà?

- Tu sei il figlio di Jacques Napoleon?

- Sì… Lo conosce?

Il padre di Pierre si alzò in silenzio e, avvicinatosi, prese Louis per il colletto, sollevandolo e scansando suo figlio. – Fuori da casa mia!!! – urlò.

- Papà?!? – Pierre si alzò di scatto cercando di liberare Louis dalla stretta. Per tutta risposta, suo padre lo rovesciò con un manrovescio (da cui il nome). La reazione di Louis fu immediata: tirò un destro in stomaco all’uomo e quindi gli diede un pugno in faccia.

- Oddio! – la signora Marguerite balzò in piedi spaventata, correndo accanto al marito, steso per terra.

- Non t’azzardare più ad alzare le mani su Pierre, chiaro?!? – urlò Louis, in piedi, mentre aiutava il suo compagno ad alzarsi.

- Louis… Cosa diavolo hai fatto? – chiese con un filo di voce Pierre.

- Quello che c’era da fare… - rispose l’altro. – Vieni, andiamocene… - continuò avviandosi alla porta.

- Ma!! – si sentì un urlo da fuori – Lei non può entrare!! Si fermi o chiamo la polizia!!

- Sì, chiamala! Così denuncio quel cretino di El Cid che ha rapito mio figlio! – un uomo alto, biondo e alquanto isterico entrò in salotto urlando.

- Louis! Cosa ci fai qui!?!

- TU che cosa ci fai qui?!!!!

- Sono venuto a recuperarti ovviamente!!

- Cosa? Tempo sprecato… Me ne stavo andando!

- Cos’è quello? – chiese l’uomo indicando Pierre.

- Il mio ragazzo!

- Levatelo dalla testa! - si inserì il signor Philippe – Giù le zampe da mio figlio!

- Ehi, Louis, non vorrai mica stare con un El Cid!?

- Certo, e non sarete voi a fermarmi! – urlò il ragazzo, avviandosi verso la porta tenendo stretto Pierre.

Immagine: Louis Napoleon !!!

- E come se non ti fermiamo! – rispose il signor El Cid, afferrando il figlio per un braccio.

- Non ti è bastato il pugno di prima!? – continuò strepitando Louis, sempre più deciso.

- Pa…Papà! Lasciami! – Pierre cercava di divincolarsi dalla presa.

- Louis! Mollalo subito! Non vorrai mica portarti a casa una cosa del genere!?

- Certo! Non è una cosa! E’… E’ Pierre!! – Louis aprì la porta del salotto, diede uno strattone finale alla sua "cosa", portandosela fuori, si fiondò giù per le scale, spalancò il portone di casa e sparì nella notte, seguito dalle imprecazioni dei due imprenditori.

- A… Aspetta, Louis… Dove stiamo andando? – urlò Pierre cercando di fermare il suo ragazzo.

- Vattelappesca!

- Ma come?! – Pierre si piantò per terra, rifiutandosi di muoversi.

- Cammina, "cosa"!!

- Ascoltami, non credo sia una buona idea!

- Certo che lo è! Avanti!

- … Mi sono fatto male a una caviglia, mentre scendevamo le scale… - Pierre non aveva nemmeno finito di parlare che Louis l’aveva già sollevato da terra e aveva ripreso a correre.

- Louis, mettimi giù!!!!!

- Ma se non cammini!

- Va be’, ma non mi sembra il caso di portarmi in braccio! Mettimi giù!

- E sta zitto, Capellone! – gli rispose l’altro infilando il portone di un palazzo.

Immagine: Louis & Pierre

My cheeks burn as you trace a path from my lips. How should I act towards you tomorrow? Why is my heart beating so quickly? What sort of mystery will we explore next? I don't understand. Ah, I don't understand any more. I want to throw off my confusion, and go running (after you). Say you'll take me. Ah, please say you'll take me with you again, to a place I can never return from. It's not a dream. Ah, it's not a dream any more. From now on, a kiss will only be the beginning. Don't let go. Ah, don't let go of me again. Hold my heart and I in your hands.

continua...