Per Coloro Che Verranno

Capitolo quarto
LA DECISIONE TRACOTANTE


"Idiota! -la rabbia in questa parola fa più male della spinta- Stupida idiota! Cosa hai intenzione di fare? Ti sei divertita? Se hai scelto la via dei baccanali, io…".
Mu colpisce con il pugno sinistro una colonna della Prima Casa alla quale è appoggiata una figura avvolta in un mantello nero, il cappuccio ricade a rendere indefiniti i suoi lineamenti.


Ci sono dei momenti in cui è davvero difficile comprendere noi stessi. E ci sentiamo sbagliati, corrotti anche. Sporchi.
Forse Shun si sente un po' così.
Contrastante natura: il cortile fiorito di fronte al Tempio dei Cloth è così perfetto, immobile quasi e invece nell'animo del ragazzo quale tormento!


"Sai che ti uccideranno se ti scopriranno in compagnia di un saint? Sai che se cedi ai sentimenti non sarai più in grado di annientare il tuo cosmo? Rispondimi, disgraziata! Rispondimi!".
Mu afferra la donna per le spalle, la scuote con violenza eppure… non c'è crudeltà nei gesti del saint.
"Ho solamente trascorso poche ore con un uomo… la Luna è in Gemelli… mi è concesso".
"No!".
"D'accordo. Non mi è mai stato concesso parlare, ridere, piangere… non mi è mai stato concesso amare, nemmeno te… non posso avere sentimenti, non posso esistere in fondo… è vita, questa, per te? Rispondimi, Mu…".
"Io non voglio che tu muoia…".
"O forse non vuoi morire tu…".
Mu si volta di scatto, l'espressione distorta dal rancore: "Questo non devi pensarlo. Mai!".
La donna si allontana da lui, raggiunge una stanza della dimora del saint di Ariete e si accoccola su un piccolo letto scomposto.


Il sole sale a colorare di arancio vivo l'orizzonte e in quest'alba all'apparenza uguale a mille altre, Shun ripensa alla donna incontrata nei boschi di Artemide.
"Perché tanto peso nell'anima? Perché se ascolto i moti delle mie emozioni mi sento sofferente, mancante? Non può… davvero questa sensazione opprimente è causata da quella donna? Può avermi a tal punto colpito con i suoi gesti le sue parole? Sì… ma quali parole? In fondo solo poche frasi… domande e nessuna risposta… splendida, comunque… oh, basta così!".
Shun cerca di intontire i pensieri dandosi un colpo leggero sulla nuca.


"Ascolta…".
La donna volge appena la testa, mantenendo oscurato dall'ombra del cappuccio il volto.
"Non dire mai, mai più una cosa simile… non pensarla nemmeno…", un singhiozzo soffocato spezza la voce di Mu.
"Mu…-la donna si alza dal letto e si avvicina al saint per afferrargli la mano: le sottili dita bianche della ragazza si intrecciano a quelle di Mu in un gesto che sa di un affetto atavico, inspiegabile- …vieni, siediti vicino a me… è tanto tempo che non stiamo vicini, ad ascoltare i battiti del cuore dell'altro".
Mu la segue sul lenzuolo stropicciato e la stringe in un abbraccio dolente, timoroso. Il corpo della donna è così fragile, il giovane lo sente sotto il mantello e riconosce le forme note, familiari.


"Cosa assilla la tua mente, giovane Shun?".
"Oh… quando sei arrivato?".
"Da un tempo sufficiente a cogliere il tuo turbamento. Cosa assorbe a tal punto i tuoi pensieri da non farti nemmeno percepire il cosmo di un amico?".
Shaka è in piedi accanto all'ingresso del Tempio, gli occhi chiusi, il volto disteso come se nulla potesse turbarlo.
"Perdonami, Shaka. Non volevo mancarti di rispetto con la mia distrazione".
Shun è sempre profondamente riverente nei confronti del saint della Vergine, come se per tutto il tempo che gli sarà concesso abbia un debito di gratitudine nei confronti dell'uomo che gli permise di indossare il suo sacro cloth.
Shaka si siede a qualche metro da Shun incrociando le gambe: "Dunque?", domanda deciso a indagare i pensieri del giovane.


"Mu… non piangere…".
La donna asciuga con due dita una lacrima aspra dalla guancia di Mu, lui le afferra la mano stringendola forte, come se volesse non lasciarla mai. Si volta, ma lo sguardo di lui è abbassato, per non mostrarle la sua debolezza, il suo dolore.
Lei tocca impercettibilmente il cappuccio che le scivola lungo il capo, i capelli ricadono davanti al suo viso e lei li allontana con un gesto.
Circonda con la mano libera il viso di lui, costringendolo a girarsi verso di lei.
"Mu… guardami… per favore. Guarda il mio viso, guarda le mie lacrime! E sorridine perché ancora so piangere, perché nonostante tutto non sono morta nell'anima… e nemmeno tu lo sei. In fondo vivremo finché ci saremo l'uno per l'altra".
Mu finalmente alza gli occhi e davanti si trova quelli di lei: quanto è bella! Non ricordava tanta dolcezza nei suoi occhi, tanta vivacità. È la vita che scorre in questi occhi! La vita ha vinto, vince su tutto ciò che si abbatte su questa giovane donna che ora gli appare una bambina. Indifesa? No. Questo certo no.


"Nulla. Non preoccuparti, Shaka. Distrazione. Nient'altro".
"Shun… ancora non hai capito nulla. Il tuo animo è troppo pulito per essere impenetrabile: ogni emozione, ogni dolore, ogni preoccupazione ti si legge immediatamente sul viso".
"… probabilmente la vita sfortunata non mi ha ugualmente insegnato a tacitare i miei sentimenti… non sono un buon saint. Non sono stato un buon saint. E non c'è bisogno che tu me lo ricordi per l'ennesima volta".
Lacrime calde rigano il volto di Shun al ricordo delle tante umiliazioni subite per quel suo indugiare alle sensazioni, agli umori. Gli stessi bronze saints videro sempre debolezza in lui. I suoi stessi fratelli!
"Continui a non capire -prosegue Shaka che ha udito le calde lacrime di Shun cadere sul pavimento freddo della sala- e vorrei avere il potere di tacitare il tuo male senza conoscerlo. Non capisci, Shun… non capisci che questa è la tua forza, il tuo dono".
"Il mio dono! -non riesce a impedirsi di pensare- Anche lei… lei… mi ha detto che questo è un dono…".
Shun appoggia il capo alle ginocchia e lascia che le lacrime continuino a rigare il suo viso.


"Sei la mia gioia, piccola. La luce più viva che il destino mi abbia concesso…".
Mu sente una pace completa entrargli nelle vene con una forza gentile e inarrestabile: davvero l'esistenza è un continuo alternarsi di dolore e serenità, ma se il viso di questa donna può far tornare il desiderio di non perderne nemmeno un istante, se questi occhi possono far ridere il cuore incattivito di un uomo come Mu, allora vale davvero la pena.
Anche rischiare. Vale la pena.
"Ora non essere tu a piangere… sai quanto tempo è che non mi puoi regalare un sorriso, piccolina? Regalamelo ora… lo hai detto tu: la Luna è entrata in Gemelli".
Eppure le lacrime non riescono a fermarsi.


Shun.
Davvero distrutto. Ma da che cosa.
"Shun! -grida Shaka alzandosi improvvisamente e atterrando l'amico alle spalle: il viso di Shun preme sul pavimento grigio- Che diavolo ti prende? Cosa ti spaventa?".
Shun cerca di liberarsi dalla morsa del saint: perché Shaka è così adirato? Lui che trascorre i suoi giorni in una quiete meditativa. Lui. L'imperturbabile.
"Lasciami andare, Shaka… cosa vuoi sapere? Cosa non tolleri di me?".
Finalmente Shaka allenta la presa.
Shun si solleva a fatica, ma non è il peso del colpo ricevuto a renderlo lento, dolorante.
"Shaka?"
"…"
"Shaka… tu… tu sai cosa significa amare?".
Il saint della Vergine spalanca gli occhi, fino ad ora serenamente socchiusi, e fissa lo sguardo su Shun.
"Che cosa hai detto?"
"Se… se conosci il significato dell'amare…".
Il volto rilassato di Shaka si contrae impercettibilmente in una smorfia di rabbia, ma è un istante: subito torna disteso e il sorriso accompagna la risposta alla domanda di Shun.
"No. Non conosco il senso di questa parola. Almeno non come chiedi tu. Io conosco solamente un tipo di amore, quello per il Buddha. E non è l'amare di cui mi interroghi tu".


Mu solleva il corpo della donna e la fa sedere sulle sue ginocchia, le passa una mano tra i capelli: le lacrime, se possibile, rendono ancora più bello il suo viso.
"E sia. Tu mi regali la vita, piccola luce, lo hai fatto sempre, nel Jamir, durante le battaglie combattute per Atena, ora. Anche ora che mi sento incoerente con ciò che mi circonda, con queste mura alla cui custodia sono preposto, tu mi concedi il calore della terra e dell'amore. Non mi hai lasciato solo mai, correggendo i miei errori boriosi, addolcendo il mio animo.
"Mi hai dato la forza e la gioia. Eppure non ne eri costretta.
"Quanto hai rischiato per me, semplicemente per amore… e ora…
"Io… io non ne sono capace! Non so donarti la medesima gioia… così… se c'è un uomo al mondo che può farlo… bene. Io ti metto nelle sue mani. Perché ti faccia tornare a sorridere, dolce stella oscurata…".
La giovane donna ha ascoltato in silenzio, dentro di lei si mescolano gioia e dolore. Gioia e dolore. In atroce connubio.
"Ascoltami… grazie. Per quello che mi concedi. Ma non voglio più sentirti parlare così. Sei la cosa più importante della mia esistenza, Mu. Lo sei stato e lo rimarrai per sempre. Noi esistiamo perché siamo qui, insieme. Nessun uomo mi porterà via da te. Te lo prometto".
Mu vorrebbe trovare le parole per rispondere a questa frase semplice, disarmante, ma non riesce a dire nulla, solo: "Grazie. Grazie e… perdonami se ho paura".
Lei gli cinge il viso e appoggia le sue labbra umide di pianto sulla sua fronte, tra i due piccoli segni viola che la rendono unica.
Un bacio.


"Ti fa male? Questa incapacità di amare…".
"No. Non più. Ricorda una cosa, Shun. Spesso è molto più doloroso conoscere davvero il significato di questo sentimento. Per un istante di gioia, verrai condannato ad un dolore incalcolabile".
"È concesso ad un saint?"
"Domanda sciocca. Certamente. Nulla lo vieta e tu stesso puoi vederlo: Shiryu non è forse un uomo diverso, vivo, da quando ha scelto di non privarsi dell'amore di Shunrei?"
"Già… ed è felice, Shaka! Felice! Perché tu mi racconti solo di un amare doloroso?"
"Perché così deve essere, giovane amico. Non cercare di sapere ciò che non è dato di conoscere"
"Io… io non ti capisco. Se ai saints è concesso… a me? A me è permesso?"
"Forse no, Shun. Ma questo non deve fermarti, mai. Ascolta la tua anima e cerca solamente lì le risposte".
Shaka si volta e si allontana, lasciando solo il saint. Il custode della Sesta Casa è ormai lontano, con un pensiero lancinante nella mente: "Vivi, Shun. Vivi e… perdonami se ho paura".


Shaka attraversa la scalinata accanto alla Prima Casa. Mu è sull'ingresso.
Senza nemmeno voltarsi verso l'amico, Shaka inizia a parlare: "Dunque, Mu? Hai dato il tuo permesso?".
"E tu, Shaka?", chiede il saint tenendo lo sguardo fisso al suolo.
"Non so. Avremo fatto la cosa giusta? Davvero sarà possibile che ciò a cui abbiamo concesso di indugiare non venga mai alla luce?".
"Naturalmente no, Shaka. Lo sai bene. Ma io non posso permettere che ancora soffra e sia straziata da questa prigione in cui deve vivere per non morire. Io ho per lei un amore che tu non potrai mai capire ed è per questo amore che ho scelto di lasciarla libera di avere dei sentimenti. Per questo amore e per la forza che non smette mai di darmi".
"Ho capito", si limita a ribattere Shaka prima di proseguire il suo cammino verso la Sesta Casa.
"Ho capito -pensa- e anche se ti sarebbe impossibile crederlo lo stesso vale per me nei confronti di lui. Gratitudine per la vita che mi trasmette attraverso i suoi occhi, le sue vibrazioni".

Appena prima di svanire oltre la curva, Shaka si volta e Mu alza lo sguardo: il saint della Vergine apre gli occhi.
Si guardano per un istante.
Una lacrima solitaria e pungente riga i volti dei due uomini.
"Li perderemo?".



CONTINUA...