L'Ombra e la Speranza

16. Il potere del Palantìr



Grainne si svegliò poco prima dell'alba nelle braccia di Legolas, la testa appoggiata contro il petto dell'elfo che, stretto in un angolo della panca davanti al camino, la cingeva a sé come se non volesse più lasciarla andare.
La fanciulla aprì piano gli occhi e alzò lo sguardo verso il viso del principe che dormiva serenamente seduto sullo scomodo sedile di legno. Sollevò lentamente una mano e, sorridendo, gli sfiorò le labbra che aveva a lungo baciato la sera precedente.
Non le importava più di nulla, né del suo passato, né della maledizione che incombeva su di lei, né del futuro che il loro amore non avrebbe probabilmente mai avuto. Tutto ciò che voleva era assaporare ogni istante trascorso accanto a Legolas, senza pensare agli ostacoli che avrebbe potuto incontrare, perché finalmente una certezza, una sola, grande certezza, aveva polverizzato tutti i dubbi che la tormentavano. Legolas la amava e lei amava lui ; solo questo era importante, e con lui accanto avrebbe potuto fare qualunque cosa.
Grainne si voltò verso la finestra ; l'oscurità stava svanendo nella nebbia del mattino che si alzava a poco a poco dall'erba intrisa di rugiada, e il cinguettio degli uccelli chiamava la risveglio tutte le creature che abitavano la foresta. Era tempo di partire.
La ragazza tornò a guardare Legolas e le dispiacque doverlo svegliare, perché nel sonno il suo viso mostrava tutta la serenità e l'innocenza di un bambino, e lei si disse che in vita sua non aveva mai visto nulla di più bello.
- Legolas... -
Lentamente, l'elfo aprì gli occhi e la prima cosa che vide fu il volto tranquillo della fanciulla che teneva stretta a sé. Sorrise e la baciò, come per ringraziarla del buon risveglio che gli aveva offerto.
- E' ora di mettersi in viaggio, vero, piccola guerriera ? - le disse dolcemente - Edoras ci aspetta. -
Grainne annuì ed entrambi si alzarono sgranchendosi gli arti ancora rattrappiti per la notte trascorsa su quello scomodo giaciglio. Poi raccolsero le loro cose e lasciarono la stanza.
Dopo essere scesi al pianterreno, i due videro che la sala, che la sera precedente era stata quasi completamente distrutta dal combattimento che vi aveva avuto luogo, era già in perfetto ordine...e tristemente vuota.
- Credi che Beretar se ne sia già andato ? - domandò Legolas a Grainne.
La ragazza alzò le spalle. - E chi lo sa ? - rispose - Non ho mai conosciuto nessuno di più imprevedibile. -
Sperando in cuor loro che il gigantesco guerriero dai capelli rossi si trovasse ancora da qualche parte nella locanda, i due cercarono l'ostessa e la trovarono china a lavare il pavimento.
Dopo aver regolato con loro il conto, la donna disse che Beretar si era alzato molto presto ed era partito senza nemmeno fare colazione. Delusi, Grainne e Legolas lasciarono la locanda e andarono a prendere i loro cavalli, che il garzone aveva condotto in una piccola stalla sul retro la sera precedente.
- Sapevo che non l'avremmo rivisto. - disse Grainne sellando il suo cavallo - Beretar è così orgoglioso che rinuncerebbe perfino alla vendetta pur di non essere costretto a tornare sui suoi passi. -
- Non importa - ribattè Legolas conducendo il suo destriero fuori dalla stalla seguito da Grainne - Ce la faremo anche senza di lui. Siamo partiti in due e in due arriveremo. Sono certo che, se riusciremo a portare a termine la nostra missione, anche Beretar avrà la sua vendetta. -
- La mia vendetta me la prendo da solo, Elfo. -
Nel sentire quella voce profonda e decisa, Grainne e Legolas si voltarono di scatto.
Da dietro l'edificio apparve il guerriero fulvo che, cavallo alla mano, si avvicinò ai due che lo guardavano piacevolmente sorpresi.
- Beretar ! - esclamò Grainne - Non ci speravamo più ! Credevamo che fossi già lontano, ormai ! Allora verrai con noi ? -
L'uomo inarcò un sopracciglio, e un sorriso sarcastico gli comparve sulle labbra. - Verrò con voi - rispose - Ma, beninteso, non lo farò per aiutarvi, né per Edoras. Il mio conto con quella città è chiuso da anni. Voglio solo che il cane che ha osato farmi questo - disse indicando la cicatrice - la paghi cara. -
Legolas lo guardò e sorrise, convinto che dietro le parole dell'uomo non ci fosse solo quell'aspro desiderio di vendetta personale.
- Non importa la tua motivazione ; il tuo scopo è comunque anche il nostro. Siamo felici che tu sia con noi, Beretar. - disse.
L'uomo non rispose e balzò in sella, imitato dai suoi nuovi compagni di viaggio.
- Bene - disse spronando il suo cavallo - Andiamo. -



Intanto, nelle oscure prigioni di Edoras, Aragorn giaceva sul pavimento della sua fredda cella, stanco ed affamato. Nemmeno il più piccolo raggio di luce penetrava fra quelle quattro mura, e il Ramingo aveva perso completamente la cognizione del tempo.
Da quanti giorni si trovava là dentro ? Tre ? Quattro ? Non lo sapeva, né gli importava saperlo. Legolas era stato ucciso e lui trascinato per chissà quali oscuri motivi in quei freddi sotterranei.
Per tutti il giorno che seguì il suo arrivo non aveva ricevuto nessuna visita ; solo dopo molte ore una guardia gli aveva portato una ciotola di cibo e se ne era poi andata senza dire una parola. Nessun altro si era più fatto vedere da allora.
Cosa volevano da lui ? Perché avevano deciso di risparmiarlo anziché ucciderlo come avevano fatto con gli altri ?
Pensando a ciò che era accaduto a Fangorn, il sangue gli ribollì nelle vene.
Legolas, amico mio, ti vendicherò, si disse.
Vi vendicherò tutti.
Forse quel desiderio di vendetta era tutto ciò che lo teneva in vita, insieme al ricordo della sua amata Arwen. Con il cuore gonfio d'angoscia, pregò che la fanciulla non venisse a sapere cos'era successo, perché era certo che la disperazione avrebbe potuto spezzare quel fiore tanto fragile.
Arwen...
Il Ramingo tornò in sé a causa di un improvviso rumore di passi che si fece sempre più forte avvicinandosi alla sua cella. Con un rumore secco, la serratura scattò e una guardia aprì la porta facendo entrare un cavaliere in alta uniforme, il quale depositò accanto ai suoi piedi un pesante oggetto sferico avvolto in un prezioso telo rosso porpora. Guardandolo negli occhi, Aragorn riconobbe in lui il cavaliere che aveva guidato l'imboscata a Fangorn.
- Lasciaci soli. - disse alla guardia con un cenno della mano. Il soldato chiuse la porta e se ne andò.
L'uomo, tenendo le mani dietro la schiena, si avvicinò lentamente ad Aragorn.
- Tu sai chi sono io ? - gli disse in tono arrogante.
Aragorn gli lanciò un'occhiata piena d'odio, squadrando la sua figura da capo a piedi. - Certo che lo so. - rispose - Sei uno sporco traditore che non merita altro che la morte. -
L'uomo scoppiò in una risata, gettando indietro la testa corvina.
- Il mio nome è Zoren, e comando i Cavalieri di Rohan in attesa del ritorno del Capitano...cosa che, ahimè, temo non avverrà mai. E' terribile, vero ? - disse sogghignando.
Aragorn tacque, senza staccargli gli occhi di dosso.
- Io invece so benissimo chi sei tu, Ramingo. Aragorn, figlio di Arathorn...meglio conosciuto nelle terre del Nord come Grampasso. O dovrei forse chiamarti Elessar, "gemma elfica"...oppure Estel, "speranza", come faceva tua madre ? - Dopo aver pronunciato queste parole con disprezzo, si chinò verso il Ramingo. - Quali speranze nutrisse riguardo a te, non lo so...ma temo che non ne vedrà realizzata alcuna. -
Aragorn si alzò di scatto, cercando di avventarsi contro il cavaliere, ma questi, con un rapidissimo movimento, sguainò la spada e glie la puntò alla gola.
- Siediti e ascolta. - ordinò - Non ho intenzione di perdere più tempo del dovuto con te. Ti avrei già ucciso, se il mio Signore non mi avesse ordinato di portarti qui vivo e cosciente. -
Aragorn rimase immobile, disubbidendo al comando di Zoren.
- Il tuo Signore...quale tremendo incantesimo può aver sconvolto a tal punto la mente di Theoden Re ? - disse.
- Theoden ? - disse Zoren - No, il vecchio Re non può immaginare nulla di quanto sta accadendo...del resto, come potrebbe, visto il luogo in cui si trova ora ? -
- Cosa gli avete fatto, dannate carogne ? ! - esclamò Aragorn.
- Credo che la cosa non ti riguardi. -
Zoren si mosse piano attorno al Ramingo, senza abbassare la spada.
- Theoden è un debole...non è degno del trono. Il suo permissivismo e i suoi atteggiamenti libertari verso la feccia della popolazione stanno riducendo il nostro regno ad un nido di larve...ma noi non lo permetteremo. -
- Noi ? - disse Aragorn.
- Edoras sta aspettando il suo nuovo Signore...un grande Re che la renderà capitale di tutta la Terra di Mezzo non appena gli altri popoli liberi saranno caduti sotto il suo potere. -
- Stai delirando - disse Aragorn incredulo.
- Nessun delirio ! - gridò Zoren con un lampo di follia negli occhi - Le uniche farneticazioni sono quelle di coloro che si oppongono all'avvento di Sauron ! Lui l'ha promesso ! Sciocco Ramingo, hai davanti a te colui che sarà uno degli uomini più temuti della Nuova Era, quando il potere del Signore che dimora nelle tenebre di Mordor si sarà mostrato in tutta la sua grandezza ! Quel giorno, io e tutti coloro che l'avranno servito fedelmente avremo la nostra ricompensa...il controllo di Rohan è solo una goccia nel mare di tutto ciò che lui può ottenere ! -
Mordor...ora capisco.
Aragorn scosse la testa, sconvolto dalle parole del cavaliere.
- E' quello che lui ti ha fatto credere, Zoren ! Ma non ci sarà alcuna ricompensa per te, né per nessun altro ! Non capisci che sei solo una marionetta nelle mani di Sauron ? Che si libererà di te e di tutti gli altri non appena avrà raggiunto il suo scopo ? Rifletti, Zoren ! L'unica cosa a cui egli potrà condurre la Terra di Mezzo sarà la sua distruzione, e voi tutti sarete distrutti con essa ! Vuoi davvero tutto questo ? Sei così assetato di potere da non capire dove ti porterà un tale inganno ? -
Zoren sogghignò.
- Ti sbagli, Elessar...solo i nemici dell'Oscuro Signore sono votati alla morte, e io non sarò di certo tra quelli. E nemmeno tu... - L'uomo rinfoderò la spada e sollevò da terra il pesante involto color porpora. - ...perché tu ci aiuterai. -
Con un rapido gesto della mano, Zoren tolse il telo scoprendo una lucidissima sfera di pietra nera. Aragorn deglutì, temendo ciò che lo aspettava.
- Anche lui conosce la tua identità, erede di Isildur. Il tuo potere gli sarà di grande utilità, una volta che lui si sarà fatto strada dentro di te...perciò ora guarda, Elessar...guarda nel Palantìr... -
Aragorn cercò di resistere, ma sentiva che la terribile forza di colui che si trovava al di là della sfera stava prendendo il sopravvento.
- Guarda nel Palantìr ! - ordinò Zoren - Lasciati andare al suo potere ! -
Portandosi una mano alla tempia, Aragorn, incapace di staccare gli occhi dall'oggetto, vide in esso prendere forma un occhio fiammeggiante, e una voce sibilante si insinuò nella sua mente.
Elessar...
- No ! Non mi avrai ! -
Con uno scatto, Aragorn colpì la sfera facendola cadere dalle mani di Zoren, e nel momento stesso in cui la toccò, una fulminea ondata di energia pervase il suo corpo, costringendolo ad accasciarsi al suolo.
- Dannato Ramingo... - ringhiò Zoren chinandosi a raccogliere il Palantìr - Non potrai resistere all'infinito. Prima o poi le tue difese cederanno...e allora sarai uno di noi... - Poi, mentre Aragorn stava per rialzarsi, l'uomo gli sferrò con rabbia un calcio in faccia, facendolo nuovamente crollare sul pavimento.
- Guardia ! - gridò. Lo stesso soldato che pochi minuti prima l'aveva condotto dal suo prigioniero arrivò di corsa. - Niente cibo né acqua fino a quando lo ordinerò. Voglio vedere fino a che punto arriverà la tua resistenza, Elessar...e ricordati che, quando crollerai, sarò lì ad aspettarti... -
Detto questo, uscì dalla cella.
Aragorn, con la vista offuscata dal sangue che gli ricopriva il volto, riuscì solo a sentire la serratura scattare di nuovo e i passi dei due uomini che si allontanavano.
- Sei...sei solo un illuso... - disse alzandosi a fatica. Ma, dentro di sé, temeva fortemente il momento in cui le forze lo avrebbero abbandonato costringendolo a cedere alle lusinghe dell'Oscuro Signore.



Con gli occhi pieni di rabbia, Zoren si recò nella sala del trono. Vedendolo arrivare con passo spedito, i due soldati di guardia spostarono le loro lance per farlo passare, ma quando l'uomo fu giunto dinnanzi al portone, si fermò un momento, esitante.
Anche se si rifiutava di ammetterlo, l'omuncolo che si era insediato al posto di Theoden lo inquietava profondamente, pur sapendo benissimo che si trattava di un semplice intermediario tra l'Oscuro Signore e i suoi servitori...
Zoren respirò profondamente e fece il suo ingresso nell'ampio salone. I suoi occhi vagarono lungo le pareti della stanza semivuota, avvolta nell'oscurità, fino a quando individuarono, accanto ad una finestra dal quale un pesante tendone cremisi lasciava trapelare un lievissimo spiraglio di luce, una piccola figura ammantata di nero.
Il cavaliere deglutì nervosamente, mettendosi sull'attenti.
- Mio Signore... -
- Ha resistito ? - sibilò la figura senza muoversi di un passo.
- Sì. - rispose Zoren chinando il capo.
- Lo immaginavo. Posa il Palantìr e vattene. -
Lentamente, la sagoma nera si diresse verso il trono, sul quale si sedette togliendosi il cappuccio che copriva il volto deformato dalla malvagità e dalla sete di potere di Grima Vermilinguo, il tanto fidato consigliere di Re Theoden. Zoren, tremando, tentò di avvicinarglisi.
- Mio Signore, ho ordinato di tenerlo senza cibo né acqua finchè... -
- Il digiuno non servirà a piegarlo, idiota ! - sbottò Vermilinguo, facendo sobbalzare il cavaliere - Pensa piuttosto a far portare del cibo al vecchio...Theoden morto non ci servirà a nulla ! -
- Sì, mio Signore. - disse Zoren con voce incerta, inchinandosi ossequiosamente. Poi il cavaliere si diresse verso il portone ed uscì dopo aver posato la sfera su una colonna di pietra che si trovava al centro della sala.
- Sciocco incapace... - sibilò Vermilinguo appena Zoren fu uscito, alzandosi dal trono e dirigendosi in fretta verso il Palantìr - Presto non mi sarai più indispensabile...e allora troverò il modo di liberarmi anche di te... -
Dopo aver tolto il telo color porpora che copriva la sfera, l'uomo la fissò intensamente, avvicinando ad essa una mano senza però toccarla. Lentamente, nel Palantìr apparvero i contorni della città di Isengard, quindi l'immagine si focalizzò sull'alta torre di Orthanc e infine su ciò che in essa si trovava : un uomo dalla lunga barba bianca e dagli abiti dello stesso colore, seduto su un altissimo trono di pietra...Saruman, lo stregone.
- Mio Signore, Elessar non ha ceduto al potere del Palantìr... -
- Lo so. - rispose Saruman - E' più forte di quanto immaginassi. Ma non temere, mio fedele Grima, riusciremo a piegarlo al volere di Sauron, prima o poi. E' solo questione di tempo. Egli non è che un uomo, dopo tutto...che sia anche il Re di Gondor non ha alcuna importanza. Il suo sangue non gli servirà da scudo. Ma dimmi, che ne è di Theoden ? -
- Theoden si trova nei sotterranei del palazzo, mio Signore, nella più buia delle prigioni. La pozione che gli ho fatto somministrare lo mantiene in uno stato di parziale coscienza...il vecchio crederà di vivere in un sogno. -
- O in un incubo. - lo interruppe lo stregone, sogghignando.
- Esatto, mio Signore... - rispose ossequioso Vermilinguo - C'è solo da sperare che quell'idiota di Zoren non lo faccia morire di stenti... -
- Sarà bene per te che non lo faccia, Grima. - disse Saruman con voce sibilante - Altrimenti sai bene chi si assumerà la colpa del tradimento di Rohan, se dovessimo perdere il nostro prezioso burattino, vero ? Con tutte le conseguenze che ne deriveranno... -
Vermilinguo deglutì, raggelato da quella frase. - Sì, mio Signore. - rispose - Hai altri ordini ? -
- Sì - disse Saruman dopo aver riflettuto un momento - Abbiamo il Ramingo, ma non la ragazza. Lui la vuole, Grima ; è riuscita a sfuggire agli artigli dei Nazgûl, ma ora si sta avvicinando ad Edoras. E' assai preziosa ; trovala, a costo di sguinzagliare i Cavalieri per tutta la Terra di Mezzo ! -
- Sì, mio Signore. - disse Vermilinguo inchinandosi di fronte alla figura dello stregone che svanì a poco a poco facendo tornare il Palantìr una semplice pietra nera levigata.
- Maledetta...avrei dovuto farla seguire quando se n'è andata... - ringhiò tra sé e sé spalancando i portoni. Appena lo videro uscire, le guardie si misero sull'attenti.
- Tu - ordinò ad una di loro - Vai a chiamare Zoren. -
Dopo pochi minuti, il cavaliere giunse trafelato al cospetto di Vermilinguo.
- Comanda, mio Signore. -
- Il Capitano sta per tornare. E' vicina alla città, molto probabilmente cercherà di entrare di nascosto. Raddoppia le guardie, triplicale, fai quello che vuoi purchè tu la prenda viva. Quando sarà nelle tue mani, conducila immediatamente nelle prigioni, ma stai attento : nonostante la sua apparenza, è estremamente pericolosa. -
- Non fallirò. - disse Zoren inchinandosi.
- Non ti sarà permesso di fallire - disse in tono gelido Vermilinguo - Quella donna è l'unica persona in grado di mandare in fumo il nostro grande piano, perciò torna con lei o non tornare affatto. E ora vai. -




Continua...