Double Date

Nota. Forse questo capitolo è un po' duro ma… Ancora non vi fidate di me? Continuate a leggere, poi mi saprete dire… sempre al solito posto… biapi@katamail.com, come sempre i soliti sono gli aventi diritto.
Buona lettura,
Siroi-chan

DOUBLE DATE - CAPITOLO 4
Disordini di ordine vario…

Misaku scese dall'auto e si guardò in giro con sospetto: dove erano finite le guardie che avrebbero dovuto vigilare sul suo appartamento? L'agente che l'aveva scortata a casa chiamò i colleghi con la radio: nessuna risposta… Mentre infilava la chiave nella serratura sentì una sinistra tensione invaderla tutta, rimbalzare sul viso preoccupato dell'agente con la radio inutilmente ancora alla bocca, e tornare a lei… aprì piano…
'Un ciclone avrebbe fatto meno danni' cercò di scherzare con se stessa Misaku. L'agente le aveva chiesto di fermarsi all'ingresso mentre lui perquisiva l'appartamento, o meglio quello che ne rimaneva dopo essere stato messo sotto sopra da mani esperte. 'Che fine avranno fatto le guardie?…' non poteva evitare di chiedersi la giornalista mentre, attenta a dove metteva i piedi, penetrava nell'ormai irriconoscibile suo soggiorno. Scostò alcuni scuoiati cuscini che giacevano sul pavimento, sollevò una piantana abbattuta sullo scrittoio capovolto mentre cercava di pensare a come avrebbe potuto rimettere tutto in ordine! Guardandosi attorno, libri a terra, vasi rigirati, cassetti sfondati, si rese conto di che furia doveva essere passata di lì, alla ricerca bramosa di un documento che tutti sapevano in mano sua… 'Takashi aveva ragione… qui non si scherza!'. Improvvisamente una scossa l'attraversò 'Diamine! Devo avvertirlo subito… Yuzaka avrà seguito i miei spostamenti… saprà che sono stata da lui… proverà anche da lui…'. Si avviò in camera da letto con un terrore che stentava lei stessa a decifrare 'Devo chiamarlo subito…' ma fu bloccata sull'uscio della sua camera dalle braccia dell'agente "Devo fare una telefonata importante" disse cercando di evitare la presa del poliziotto, senza avvedersi della ruga sulla sua fronte "E' meglio che non entri, signorina MacCarthur…" fece lui scostandola dolcemente… ma lei d'istinto sollevò lo sguardo sopra la spalla dell'uomo… e li vide…
"Dio mio!" riuscì solo a sussurrare, prima di perdere i sensi tra le braccia dell'agente che chiamava rinforzi con la radio…
*DRIIN*DRIIN*DRIIN*DRIIN*DRIIN* Il telefono suonava in casa Toshiba da cinque minuti buoni. Dall'altro capo del filo una giovane donna stritolava con mani sudate la cornetta. In altre occasioni si sarebbe notata la sua particolare bellezza: aveva ereditato l'elegante silhouette e splendidi capelli corvini dalla madre giapponese e i due, vagamente a mandorla, spicchi di cielo, ora opachi per le lacrime, dal padre inglese (NdS: parliamoci chiaro! Non ho idea se questo sia geneticamente possibile… Mendel forse sta rigirandosi nella tomba… ma voi datemela per buona… ^_^… NdR: Wow! Eccome se te la dò per buona… grazie Siroi!… Penso sia il caso anch'io approfondisca i rapporti fra culture diverse… NdK: ah-eem! E posso chiederti, di grazia, come faresti?… NdR: hi hi… indicendo il primo INTERNAZIONALE MOKKORIFESTIVAL!!!… NdK: GRRRRR… NdR: se vuoi Kaori, tu puoi occuparti dell'aggiornamento del sito sui possibili incroci genetici che… NdK: BRUTTO PORCO! B*******O! Ora parteciperai al FESTIVAL DELLE MARTELLATE!!… NdS: *coff*coff*… NdR&K: … uhm?… NdS: questo voleva essere un capitolo particolarmente drammatico… NdR: però è un po' palloso… NdK: … già… NdS: GRR… NdR&K: ehm… fuori?… NdS: GIA'…)
'Rispondi… ti prego… rispondi…' Non riusciva a pensare a nulla. L'agente l'aveva fatta sedere in soggiorno sull'unica sedia con ancora tutte e quattro le gambe. Sentiva il telefono scivolarle dalle mani… 'Rispondi dannazione!!' urlò nel silenzio della sua mente annebbiata dal dolore. Chiuse gli occhi mentre amare lacrime sempre più abbondanti le bagnavano il viso. Era sempre stata una donna forte… una reporter d'acciaio… aveva viaggiato molto e visto povertà e miserie da levare il respiro… aveva scelto un mestiere di denuncia e non si era mai sottratta agli incarichi più pericolosi… ed i suoi occhi avevano spesso visto la violenza e la crudeltà di cui l'essere umano è capace… ma adesso non riuscivano a togliersi di dosso l'immagine di quei due giovani uomini decapitati sul suo letto. Aveva la sensazione che non sarebbero mai stati in grado di cancellare quella macabra e banale scritta di sangue assorbita dalle sue chiare lenzuola: certi lavori fanno perdere la testa… (NdS: è una trovata un po' banale, vero?… NdK: uhm… forse… NdR: è il capitolo che è palloso… NdS: NON L'AVEVO CHIESTO A VOI!!!)
'Certi lavori fanno perdere la testa'… Era un monito per lei… lo sapeva… ma non era la paura a farla tremare così. E non era stato il sangue a farla svenire ed ora rabbrividire: era l'intima consapevolezza che quei due agenti erano morti a causa sua… a causa della sua testardaggine… Era davvero devota al proprio lavoro ma ora… ora si chiedeva se davvero ne valeva la pena… ora sentiva tutta la sua convinzione sciogliersi in banali 'Capricci!'… era stata disposta a rischiare la vita… la propria vita… ma adesso sentiva quanto il proprio coraggio fosse stato inutile… adesso che la morte aveva bussato ad una porta che non era la sua… adesso che poteva bussare ad un'altra porta…
*DRIIN*DRIIN* 'Rispondi…' Misaku piangeva ormai senza sosta. "Pronto?". Si sentì mancare… La voce leggermente ansimante di Takashi la raggiunse e l'avvolse come un caldo abbraccio "Pron…" non riusciva a parlare. I singhiozzi le facevano tremare il petto. "PRONTO?" Gli era sembrato di sentire la voce di… "MISAKU? SEI TU?" si agitò subito. Corrucciò gli occhi e scostò leggermente la cornetta dall'orecchio. Quando la riavvicinò distinse chiaramente il pianto della giornalista ed il vociare di qualcuno dietro "MISAKU? TESORO?…" "Takashi…" lei era riuscita a pronunciare l'unica parola che in quel momento le riempiva l'anima. Al sentire la sua voce così dolce e lontana Takashi sentì una fitta al cuore: era sicuramente successo qualcosa di grave. La donna di cui si era innamorato non era tipa da lasciarsi andare in pubblico alle emozioni. Stava per tempestarla di domande ma capì che doveva darle il tempo di calmarsi, che la sua agitazione non avrebbe fatto altro che inquietarla ancor di più. Le disse con dolcezza "Sono qui, tesoro." E sentì il pianto cominciare a quietarsi. "Dove diavolo eri?" gli chiese lei dopo poco con un pizzico di rancore… quel lento e lungo TU TU TU TU l'aveva quasi uccisa. 'Bene! Si sta riprendendo' pensò Takashi, constatando che la disperazione stava pian piano cedendo il posto alla rabbia. Era il primo passo per reagire: davanti al dolore ci si immobilizza e si rimane in preda agli avvenimenti. Lo sconforto rende passivi… e per rialzarsi bisogna per prima cosa riattivarsi… e la rabbia è il segreto… la rabbia è un sentimento attivo… quando senti il tuo sconforto tramutarsi in rabbia scatta qualcosa… ed inizia la ripresa…
"Ero sotto la doccia, scusa… Non ho sentito il telefono…" "E Tetsuo dov'è?" chiese Misaku. La voce di quell'uomo aveva un effetto meraviglioso su di lei. "E' già uscito" si sentiva anch'egli più tranquillo al sentirla parlare di nuovo fuori dalle lacrime "Un suo compagnetto è passato a prenderlo con la madre…" "Con la madre?…" le forti emozioni provate la rendevano fragile e suscettibile anche ai sentimenti meno appropriati al momento "E chi è questa?" domandò con una voce nervosa che non si aspettava risposta. Takashi trattenne un sorriso: si sentiva lusingato all'idea che la compagna avesse ancora spazio per la gelosia in mezzo alla moltitudine di emozioni ed eventi che stava cadendo loro addosso. "Pranza lì e poi va direttamente alla lezione d'inglese" continuò Takashi.
"E' stato qui." Aveva parlato con durezza all'improvviso Misaku. Takashi si sentì mancare l'aria. Ma prima che potesse dire qualunque cosa lei riprese: "Cercava di certo il nostro documento…" e poi, con voce ferma, gli raccontò tutto. Misaku parlava, parlava… le lacrime sembravano un ricordo lontano: sembrava avere riacquistato tutto il suo autocontrollo. Adesso era Takashi però che si reggeva alla scrivania. "Verrà a cercarlo da te…" aveva soffiato velocemente nella cornetta Misaku. "Ma la polizia ha già mandato a casa tua altre due squadre… per oggi sarà difficile che si avvicini… forse è un bene che Tetsuo sia fuori casa… si risparmierà questo scompiglio…" aveva parlato senza fermarsi. Sapeva che ora era la sua volta di sorreggerlo.
Takashi fissava il vuoto. Mentre la bella giornalista continuava ad esporgli le loro future mosse, si diresse, mosso da un'indefinibile sensazione, verso la cassaforte. Meccanicamente sollevò il controcoperchio della cassapanca accanto al piccolo sofà, compose la combinazione, girò la rotella e prese un busta di carta da quella fredda scatola di metallo. "… gli agenti mi accompagneranno da te fra qualche ora, il tempo di sbrigare alcune formalità… gli ho detto che mi sarei fermata a casa tua… per te va bene?" stava continuando Misaku. "Ah? Sì, sì certo…" le rispose soprappensiero Takashi, le mani che tiravano fuori dei fogli dalla busta. "… così per loro sarà anche più facile proteggerci…" "OH MIO DIO!" aveva esclamato improvvisamente il giovane avvocato facendo trasalire Misaku. "Che c'è?" chiese lei agitandosi. "Tetsuo…" "Tetsuo cosa? Takashi? Che succede?". Lui non rispondeva ancora. "Takashi?" "Misaku… c'è un problema…" era evidente che Takashi cercasse di rimanere calmo ma la sua voce tradiva mille paure "Tetsuo deve aver scambiato le buste coi documenti… qui ci sono solo degli esercizi di inglese…" ed il tono divenne quasi isterico. "COSA?" urlò Misaku "Ma cosa dici, Takashi?… Come potrebbe…" "Sai quanto è disordinato…" l'aveva interrotta Takashi "Deve avere per errore infilato i documenti in una sua cartellina… qui nella busta ci sono gli esercizi di inglese che abbiamo corretto assieme…" fece mesto Takashi. "Beh, non ci facciamo prendere dal panico. Avviserò la polizia che raggiunga Tetsuo a casa di quel suo amichetto…" "Ma no, a quest'ora sarà già diretto alla lezione d'inglese…" "Ok! Non preoccuparti! Lo faremo rintracciare… Sta' tranquillo…". Sì, era tutto sotto controllo. L'importante era rimanere lucidi. "Come si chiama il suo maestro?" Misaku cercava di nascondere l'apprensione che lei stessa provava con una vena di professionalità. "Hiroshi Uesugi" rispose piano Takashi. "Ok. Comunico subito il nome alla polizia…" poi, prima di chiudere chiese "… erano almeno veramente tuuuttii giusti i compiti?" e sorrise attendendo una risposta che non tardò "Sì… tuuuttii giusti…" riuscì a sorridere lui, poi continuò "… grazie amore…" e riattaccarono insieme, un po' più sereni, senza poter sentire un sinistro clic che succedeva ai loro saluti…


… CONTINUA…