CAPTAIN SANAE
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Quando tutto ebbe inizio…



Ricordo perfettamente il giorno in cui tutto ha avuto inizio.

Era un chiaro giorno di primavera. Il sole scaldava e, nonostante fossimo in Marzo e quindi appena all'inizio della scuola, faceva già un caldo di inizio estate.
Stavo portando una sacca di palloni appena gonfiati nella rimessa, quando sentii la voce di Kumi che per poco non mi stordiva. Stava urlando il mio nome a tre centimetri dal mio orecchio.
Mi voltai seccata - Cosa c'è, Kumi-chan? - le chiesi.
La seconda manager della Nankatsu mi sorrise. Non era raro vederla sorridere, specialmente nell'ultimo periodo, da quando, insomma, lei e Izawa-kun avevano iniziato a fare coppia fissa.
- Sanae-senpai! - esordì - Ti prego, ho bisogno del tuo aiuto! -
Roteai gli occhi con disappunto - Dimmi - le risposi semplicemente.
- Uhm… - mormorò, guardandosi attorno con aria furtiva - Dopo gli allenamenti, puoi fermarti un quarto d'ora? - chiese, con lo sguardo implorante di un cucciolo che vuole essere portato fuori a passeggio
- Certo - risposi, sospirando - Dove? -
- Nell'aula del club di fotografia! - esclamò, dileguandosi.

Poi, non ricordo nulla con chiarezza. Le solite chiacchiere, i soliti allenamenti, i soliti asciugamani da lavare e le magliette lavate da stendere, cercando di evitare che i tiri sempre imprecisi di Ishizaki sporcassero il bucato appena fatto.

Una giornata come le altre, insomma. Ma era anche la giornata che avrebbe cambiato la mia vita per sempre.

- L'equilibrio sta per infrangersi, temo - aveva esordito Yayoi Aoba, solo due settimane prima, durante uno dei nostri incontri del fine-settimana, quando non lavoravo.

Sì, perché io lavoro, in una caffetteria nel centro città. Avevo iniziato per guadagnare i soldi necessari ad andare a trovare Tsubasa in Brasile, ma poi lui era tornato, e, a conti fatti, quei soldi mi sarebbero serviti per l'università.
La frase di Yayoi, comunque, mi colpì molto. Era vero… Tutto, da anni e anni, andava avanti uguale e monotono. In realtà, neppure la partenza di Tsubasa per il Brasile aveva cambiato le cose.
Yayoi aveva ragione, qualcosa stava per cambiare. Entro un anno, saremmo andati ognuno per la sua strada, sul serio, questa volta. Con la fine del liceo, sarebbe giunta la fine della Nankatsu che conoscevo. Noi ragazze saremmo andate all'università o avremmo trovato lavoro, mentre loro, i ragazzi, avrebbero firmato ingaggi più o meno importanti.

Fu quel giorno che mi decisi a parlarle dell'università e dei miei risparmi. E lei ne fu totalmente entusiasta, tanto che mi propose di affittare un appartamento assieme.
Ne rimasi sconvolta.
Pensavo volesse passare tutta la sua vita accanto a Misugi, com'era sempre stato.
- Lo vorrei… Ma prima o poi, se non già ora, la mia presenza gli sarà del tutto inutile. Ormai non sono altro per lui che la sua ombra… Ho paura di restare indietro, nel frattempo, Sanae - aveva detto, serissima.

Se lei, che aveva molte speranze più di me col ragazzo che amava, faceva di questi discorsi, mi chiesi come avrei dovuto comportarmi io. Vivere, era la risposta.

Comunque, i timori di Yayoi si rivelarono fondati poco dopo il giorno che cambiò la mia vita. Come se le cose, che ormai si stavano frantumando, non avessero più alcuna possibilità di restare intatte, per nessuno.

Neppure Maki era tranquilla. L'ultima volta che l'avevo vista, era furiosa con Kojiro, e, temo, l'avrebbe sbranato se le fosse stato a portata di mano.
- Non capisco più cosa prova per me! - aveva esclamato, furibonda, quasi rovesciando la sua tazza di thé.

Ed io?

Io continuavo la mia vita come sempre, cercando di contenermi nella mia adorazione verso Tsubasa, ma ogni mio sforzo risultava quasi sempre assolutamente inutile. Non c'era via di scampo. Non riuscivo a dimenticarlo, neppure quando era lontano, in Brasile.
Però, almeno, avevo fatto qualche piccolo progresso.
Avevo scoperto una nuova passione, che non era né lui né il calcio. Il giornalismo.
E' iniziato tutto quando Yukari, che faceva parte del club, si è malata. Aveva già lasciato la Nankatsu da un anno, dopo aver litigato e rotto, per la decima volta, quell'anno, con Ishizaki. Adesso stanno assieme da tre mesi. Spero duri.
Comunque, Yukari si ammalò, ed io dovetti andarla ad aiutare a tirar giù un paio di articoli. Aveva la febbre talmente alta che finii per scriverli io. Al capo - redattore piacquero tanto che mi propose, quando potevo, di scrivere qualche articolo per il giornale scolastico. Accettai subito, ed iniziai così a farmi anche un nuovo giro di amicizie tra i membri del club. Specialmente con Hitoshi, il capo-redattore. Pensava avessi talento. Aveva un anno in più di noi ma, essendosi dedicato eccessivamente al giornalismo, era rimasto bocciato. O meglio, si era fatto bocciare. Poteva farcela, ma si era reso conto che non avrebbe ottenuto all'esame il punteggio necessario per poter frequentare una scuola di giornalismo, figuriamoci la facoltà!

In definitiva, la mia vita era già abbastanza frenetica tra lavoro, giornale e club di football. Avevo bisogno di tutto tranne che di qualcos'altro di impegnativo. Ed, invece, ho accettato.

Stranamente, gli allenamenti finirono dieci minuti prima del solito, come se tutti avessero fretta di andarsene. Io non avevo ancora terminato i miei lavori, quindi li salutai con la scusa validissima di voler prima finire di ritirare le ultime cose. L'indomani era giorno festivo, e sarei stata costretta a rimandare tutto al Lunedì.
Ancora più stranamente, Tsubasa, Taro e Genzo si fermarono, chiacchierammo del più e del meno una decina di minuti mentre continuavo a sistemare palloni ed, infine, mi chiesero se avevo bisogno di una mano e se volevano che mi aspettassero. Rimasi sbigottita a quella proposta. Rifiutai gentilmente, sorridendo.

- No, davvero ragazzi, voglio finire tutto quel che c'è da fare -
- Kumi non è molto d'aiuto, eh? - ridacchiò Genzo, passandosi una mano tra i capelli.
Annuii - Bisogna capirla - risposi - è primavera -
Genzo e Taro sorrisero, annuendo, mentre Tsubasa ci guardava senza capire - Cosa centra la primavera? - chiese.
I due amici lo portarono via con la forza, mentre discutevano di api e fiorellini.

Terminai, lo ricordo con precisione, alle sei precise. Mi cambiai, e velocemente, mi diressi verso l'aula in cui avevo l'appuntamento con Kumi-chan, in preda alla curiosità.

Mi fermai fuori dalla porta e sentii un fitto vociare. Bussai. Kumi non doveva essere sola.
- Avanti! - esclamò la voce calda e dolce di Jukki.
Mi chiesi cosa ci facesse lì.

Conosco Jukki dalle elementari, siamo sempre finite in classe assieme, ma abbiamo iniziato ad essere davvero amiche solo un anno e mezzo fa, quando scoprii che era la ragazza di Taro Misaki. Fu una cosa quasi scioccante, per me. Non l'avrei immaginato neppure lontanamente, se lei non fosse venuta da me a chiedermi consiglio e appoggio…

Entrai, e mi trovai di fronte a quasi tutte le fidanzate dei giocatori della Nankatsu. E non solo loro, anche le innamorate conclamate… Di queste ultime, riconobbi Leia. Non la conoscevo particolarmente bene, ma era famosa per essersi dichiarata, poche settimane prima, a Genzo. In breve, l'aveva saputo tutta la scuola. Le ragazze la esaltavano come la ragazza che era riuscita ad avvicinare il tenebroso Wakabayashi, un'impresa ardua e impossibile.
Bella consolazione. Era stata rifiutata. Ma a questo, nessuno accennava. O quasi. Due settimane prima, incredibilmente, mi venne l'istinto irrefrenabile di spaccare qualcosa sulla testa di tutta la squadra al completo, Tsubasa e Genzo davanti a tutti. Li avevo sentiti scherzare come cretini negli spogliatoi. Tsubasa non sapeva neppure di cosa parlava, ma si atteggiava a deficiente quanto Genzo. Sentirsi superiori solo per aver rifiutato una ragazza… Da quando conoscevo dei vermi?

- Sanae - Senpai! - esclamò Leia, scendendo di scatto dal banco sul quale era seduta - Aiutaci! Solo tu puoi farlo! -
- Eh? Di cosa parlate? - chiesi, stupiti, notando il fermento sui loro volti.
- Ci dobbiamo vendicare! - sbottò, infervorata, Kumi.
- Vendicare? Di chi… perché? Come? E… cosa centro io? -
- Semplice… dei ragazzi! - disse Yukari, appoggiandomi una mano sulla spalla, con sguardo serio.
- Solo tu ci puoi aiutare, perché solo tu… ci puoi allenare e insegnare a batterli sul campo di calcio! -

Guardai Jukki stranita. Non capii sul subito cos'era successo. Ma, automaticamente, sfuggendo al mio controllo, il mio capo annuì - Sì, certo, vi aiuterò -

continua...