Accoccolata sulla sabbia, incurante del
vento che giocava allegro coi suoi lunghi capelli
castani, Liz fissava con espressione assorta l'oceano
davanti a lei. I gabbiani che si rincorrevano stridendo e
sfiorando la cresta delle onde, bianca di spuma, erano
gli unici testimoni della sua presenza in quella calda
mattina di fine luglio.
"Caro diario, aiutami, ti prego! Sono ancora Liz
Parker? Sarò mai più Liz Parker? Perché la mia vita
dev'essere così difficile? Perché non posso essere come
tutte le altre ragazze? Perché mi sono innamorata di un
alieno? Possibile che il destino debba riservarmi più
brutte sorprese che cose belle? Ci ho pensato un'infinità
di volte ma forse, e solo forse, se scrivo con ordine
quello che è successo, comincerò a capire qualcosa
Erano trascorse due settimane da quando Isabel aveva
ritrovato Morgan. Morgan aveva mantenuto la casa che
aveva affittato ad Albuquerque per seguire l'indagine
affidatagli dai suoi capi, così ogni volta che era
possibile veniva a prendere Isabel al campus e passavano
spesso la notte insieme. Qualche volta andavano in
esplorazione nei dintorni, e ogni tanto Max ed io ci
univamo a loro. E' stato un periodo molto bello,
l'autunno nel New Mexico è qualcosa di assolutamente
meraviglioso, specie se si ha accanto il ragazzo che si
ama
Un giorno in cui Isabel e Morgan avevano voglia
di starsene tranquilli in casa, quest'ultimo diede le
chiavi della sua auto a Max perché fossimo liberi di
andare dove volevamo. Vagando senza meta arrivammo in un
posto molto isolato e protetto dal vento. Non ci fu
bisogno di parole, come spesso ci capitava: passammo
tutto il tempo a fare l'amore, e fu stupendo. Max non era
mai stato così tenero, eppure violento, dolce e forte
insieme. Forse perché era da tanto che non lo facevamo,
oppure perché a volte abbiamo delle premonizioni di cui
non ci rendiamo neppure conto
Il sole era ormai
calato all'orizzonte e l'aria era diventata gelida ma non
riuscivamo a staccarci l'uno dall'altra
Poi
tornammo ad Albuquerque, e Morgan ci riaccompagnò tutti
e tre al campus. L'indomani era domenica e ci sarebbe
stata una partita di basket cui avrebbe partecipato anche
Max. Morgan doveva rientrare a Washington così Isabel
decise di assistervi, e fu un bene per tutti
"
- Forza, Max, forza! - Tony incitò a gran voce l'amico
mentre Isabel, seduta al suo fianco, seguiva l'azione col
fiato sospeso.
Sul lato opposto del campo Liz e Patricia gridavano con
entusiasmo in coro agitando i pon pon coi colori della
squadra di cui faceva parte il ragazzo.
Il tabellone segna-punti indicò l'ormai prossima fine
della partita e il pubblico si agitò come sempre
succedeva quando il risultato era vicino alla parità.
Max stava ancora cercando di recuperare l'equilibrio dopo
un'azione di disturbo particolarmente difficile quando il
castelletto del canestro, sollecitato dal peso del
giocatore che vi si era aggrappato per infilarvi il
pallone, cedette all'improvviso investendolo in pieno.
Altri due ragazzi vennero travolti ma fu Max a ricevere
tutta la violenza dell'impatto. Dall'alto del suo posto
Isabel vide il sangue fuoriuscirgli copioso dalla nuca e
senza esitare si slanciò verso di lui scavalcando gli
spettatori seduti nelle file più basse.
Liz, sconvolta dall'orrore, rimase a guardare per qualche
secondo la gente che gridava e si muoveva nel caos più
totale prima di rendersi conto della presenza di Isabel
accanto ai feriti. "Oddio, Max!" pensò col
cuore in gola, poi lanciò da un lato i pon pon e corse
da lei.
Mentre l'arbitro e gli allenatori sollevavano il
castelletto per aiutare i due ragazzi ancora storditi a
liberarsi, Isabel e Liz girarono delicatamente Max sulla
schiena. - E' svenuto
- mormorò preoccupata Isabel.
L'uomo che le stava accanto le lanciò un'occhiata severa.
- Non toccatelo! Hanno già chiamato un'ambulanza,
lasciate che se ne occupi chi se ne intende! -
La ragazza non si volse neppure a guardarlo, tutta la sua
attenzione era concentrata su Max. - E' mio fratello, e
odia gli ospedali. Sarà meglio portarlo in camera sua,
invece
-
- Starà scherzando, spero! -
Isabel toccò con dita gentili la gola di Max. - Il
battito sta rallentando sempre di più. Maledizione,
bisogna portarlo via di qui! -
Incurante delle proteste dell'uomo Liz alzò su di lui
gli occhi imploranti. - La prego, ci aiuti! -
Continuando a borbottare questi scosse il capo ma si
decise a fare quanto richiesto.
Mentre deponeva sul letto il corpo ancora inerte del
giovane cercò di farle ragionare un'ultima volta. -
Siete sicure di quello che state facendo? - Poi, davanti
alla ferma decisione dei loro volti, se ne andò dopo
aver spiegato che avrebbe dovuto riferirlo al rettore. -
Deve essere al corrente di tutto quello che succede
all'interno del campus
-
Rimaste sole le due ragazze si diedero da fare intorno al
giovane. Liz prese un asciugamano, lo bagnò e se ne servì
per pulirlo del sangue che continuava ad uscire mentre
Isabel premeva sulla nuca un panno pulito in cui aveva
avvolto del ghiaccio nel tentativo di fermare l'emorragia.
- Puoi fare qualcosa per lui? - chiese Liz con voce
tremante, lo sguardo fisso al viso pallido e immobile di
Max.
- No
O forse
- inspirò a fondo e si concentrò
per proiettarsi nella sua mente. Dopo alcuni secondi tornò
in sé. - Niente da fare, è del tutto incosciente.
Riproverò fra un poco ma intanto voglio controllare se
è entrata qualche scheggia e toglierla
-
- E come? -
- Tranquilla, non gli farò male! - Isabel accennò un
vago sorriso nel notare l'espressione angosciata
dell'amica. - Trasformerò in acqua tutte le molecole che
non dovrebbero esserci -
- Oh!
- Sollevata, Liz l'aiutò a mantenere il
corpo di Max su un fianco e rimase a guardarla in
silenzio mentre sfiorava con attenzione la profonda
ferita sulla nuca.
- Ecco fatto
- Isabel si asciugò col dorso di una
mano la fronte madida di sudore. - Ce n'erano un bel po',
ma adesso è tutto a posto. Dobbiamo solo aspettare che
si riprenda
-
Mentre sorvegliavano le condizioni di Max arrivarono Tony
e Patricia, seguite dall'allenatore del giovane.
- Come sta? - domandò Patty guardando con una punta
d'ansia Max, ancora privo di sensi.
- Il battito cardiaco si è normalizzato e abbiamo pulito
la ferita. Adesso tocca a lui
-
- Ma perché non avete voluto che lo portassero in
ospedale? - chiese l'allenatore preoccupato. - Max è
rimasto ferito in maniera molto grave e credo che sarebbe
meglio farlo vedere da un medico - obiettò
ragionevolmente.
Isabel si strinse nelle spalle. - In realtà è solo un
taglio profondo, niente di più
-
L'uomo si chinò sul giovane e gli alzò le palpebre
fissando per un attimo le pupille inerti. - Sicura? -
- Sì, certo. Comunque la ringrazio per essere venuto di
persona - Ansiosa di liberarsi di lui, Isabel lo guardò
con un sorriso smagliante e lo accompagnò alla porta. -
E' stato davvero gentile, buona sera
-
Rimasti soli Tony osservò perplesso le tre ragazze. -
Non vorrete lasciarlo qui, vero? Io non so niente di
pronto soccorso, e se dovesse succedere qualcosa durante
la notte come
-
- Non ce ne sarà bisogno - lo interruppe Isabel con voce
decisa. - Vedrai che si riprenderà presto. Credo sia
sotto shock, tutto qui, ma tra poco si sveglierà, ne
sono certa! -
- Bene
- Il giovane si dondolò a disagio spostando
il peso da un piede all'altro. - Cosa posso fare? -
La ragazza tornò a sedersi accanto al fratello. -
Niente, grazie - Si volse un attimo a guardare la coppia.
- Vi dispiace lasciarci sole con lui? E' meglio che non
ci sia confusione, quando tornerà in sé
-
Compreso il messaggio Tony e Patricia salutarono a bassa
voce e se ne andarono.
Di nuovo sole, le due giovani si guardarono negli occhi
poi Isabel pose una mano sulla fronte di Max e si
concentrò. "Max, mi senti?" Il suo pensiero
divenne forte, insistente, e a poco a poco sembrò
penetrare nell'essenza del giovane, le cui palpebre
vibrarono impercettibilmente.
Liz, accortasene, trattenne per un attimo il respiro poi
prese una mano del ragazzo e gliela strinse forte.
Di lì a poco Max mosse piano le dita e Isabel riuscì ad
entrare in contatto con lui. "Finalmente! Max, sei
ferito, devi fare qualcosa! Le ossa premono contro il
cervello e prima intervieni meglio è! Mi hai sentito?"
Max non rispose ma sia lei sia Liz poterono vedere la
ferita rimarginarsi fino a scomparire ed emisero un
sospiro di sollievo.
D'improvviso gli occhi di Max si aprirono ed incontrarono
quelli della sorella. - Vilandra
-
Sorpresa, Isabel gli sorrise esitante. - Ciao.Tutto bene?
-
- Sì, almeno credo. Dove mi trovo? - La sua voce era
leggermente roca, dalla pronuncia controllata, come se
stesse parlando in una lingua non familiare.
Liz cercò il suo sguardo. - Sei nella tua stanza, al
campus. Isabel è riuscita a non farti portare in
ospedale
-
- E tu chi sei? -
Per un intero minuto la ragazza lo fissò senza riuscire
a parlare, poi si sollevò lentamente in piedi. - Sono
Liz, non ti ricordi di me? - chiese ansiosa.
Lui le diede uno sguardo assente. - Dovrei? -
Sconcertata Isabel lo guardò sollevarsi sui gomiti per
appoggiarsi contro la parete. - Cos'è l'ultima cosa che
rammenti? - chiese a voce bassa.
Dopo una breve riflessione Max chiuse gli occhi. - La
decisione del Consiglio di concedere ad Antar lo statuto
federativo in cambio di noi due -
- Nient'altro? -
- No -
- Non ricordi nulla di Roswell, della nostra vita qui,
sulla Terra? -
Il giovane scosse lentamente la testa.
Con un sospiro Isabel guardò Liz, la sua espressione
smarrita, e si lasciò scivolare per terra, le ginocchia
strette al petto. - Non è possibile
-
- Max, ti prego, guardami! Davvero non ti ricordi di me?
- chiese ancora Liz tornando a sedersi accanto a lui.
Max riaprì gli occhi e la fissò senza espressione. - No
- ripeté, poi si volse verso la sorella. - Allora, vuoi
spiegarmi dove siamo? -
Mentre Isabel raccontava in breve al giovane del loro
arrivo sulla Terra, di Michael e di Nasedo, Liz
continuava a guardarlo sentendo un sordo pulsare alle
tempie e la gola secca.
- Allora, chi è lei? - domandò infine Max accennando
alla ragazza tuttora al suo fianco.
- Liz Parker. E' la tua fidanzata. Max, tu l'ami da
sempre!
-
Il giovane si passò una mano tra i capelli. - Mi
dispiace ma davvero non me ne ricordo - disse con voce
incolore.
Sentendo il cuore spezzarlesi Liz si alzò e se ne andò
senza dire una parola, ferita a morte dalla sua
indifferenza.
Isabel la guardò uscire. - Che bisogno c'era di
trattarla così? - domandò piano.
- Perché, come l'ho trattata? -
- Oh, Max, io proprio non ti capisco! -
- Il mio nome non è Max -
- Beh, qui sulla Terra lo è, e farai bene a ricordarti
che io mi chiamo Isabel! Nessuno conosce la nostra vera
identità, tranne poche persone fidate, quindi stai
attento a quello che dici! E adesso riposati, mentre vado
a cercare Tony. Lui è il tuo compagno di stanza, e non
sa niente di noi. Ciao - Visibilmente irrequieta Isabel
diede un'ultima occhiata al fratello e uscì.
Non ebbe alcuna difficoltà a rintracciare il giovane,
poi si diresse verso il dormitorio femminile. Avrebbe
voluto parlare con Liz ma non riuscì a trovarla: non era
nella sua stanza e Patricia non aveva idea di dove fosse
andata.
La ragazza, infatti, si era rifugiata in un angolo del
curatissimo giardino che circondava il dormitorio, troppo
sconvolta per aver voglia di vedere l'amica. Desolata, si
sdraiò sulla schiena e rimase a guardare il cielo
stellato. Aveva freddo, nonostante fosse passata in
camera sua per cambiarsi prima di uscire, ma non riusciva
a smettere di pensare all'espressione di Max mentre
diceva di non ricordarsi di lei, e lente lacrime le
scivolarono lungo le guance gelate. "Alla fine si
ricorderà" cercò di rassicurarsi, "Forse
domani, forse fra una settimana, ma succederà. Deve
succedere!
" Si serrò le braccia al petto e
sorrise nel vedere una stella cadente. "Bene, il mio
desiderio ha buone probabilità di venire esaudito
"
Si asciugò le lacrime, poi si alzò e rientrò nella sua
stanza facendo attenzione a non svegliare Patricia.
- Max, perché hai smesso di frequentare i corsi? -
Isabel giocherellò con la cannuccia nel suo bicchiere di
aranciata e guardò il fratello di sottecchi. - Secondo
Tony non apri più un libro da una settimana. C'è
qualcosa che non va? E' da quando ti sei risvegliato che
non so
sei
strano
-
Il giovane fece una risatina secca. - Strano
Dovrei
essere su Antar, a rimettere ordine in quel caos, e
invece me ne sto qui in una piccola università del sud-ovest!
Certo che sono strano, che diavolo ci sto a fare qui? -
- E' trascorso quasi un anno da quando abbiamo deciso di
tornare sulla Terra per sempre! Là sono rimasti Tess e
Nasedo, e sono loro a controllare che Zoltar mantenga la
promessa fatta! -
- Lo avete deciso tu e Michael, vorrai dire: io ero
morto, me l'hai detto tu -
- Oddio, Max, non si può più parlare con te! -
Scuotendo la testa con espressione ironica il giovane
buttò in un cestino per i rifiuti quello che rimaneva
del suo pranzo e si avviò per uno dei sentieri che
serpeggiavano in tutto il parco nel quale sorgeva il
campus.
- Ancora nulla? - domandò sottovoce Liz, avvicinatasi
all'amica non appena questa era rimasta sola.
- No, mi spiace - Isabel finì di bere la sua bibita poi
si lasciò andare contro lo schienale della panchina di
legno su cui sedeva. - Continua a parlare di Antar, ne è
letteralmente ossessionato! -
- Capisco
- La ragazza si infilò una ciocca
ribelle sotto il berretto di lana che indossava. - Beh,
ciao -
- Ciao - Isabel prese il suo bicchiere di cartone, ormai
vuoto, e lo buttò prima di prendere i libri che aveva
deposto accanto a sé per tornare nell'edificio dove si
tenevano le lezioni.
Quando ebbe termine l'ultimo dei corsi che doveva seguire
quel pomeriggio, la ragazza andò in cerca del fratello e
lo trovò seduto su una panchina solitaria con lo sguardo
perso nel vuoto. - Ehi! - lo salutò sorridendo.
Lui ricambiò il sorriso e si alzò per raggiungerla. -
Ciao. Così non demordi
- disse accennando ai libri
che teneva sottobraccio.
- No, ormai il mio futuro è qui, sulla Terra, e di
conseguenza devo costruirlo con quello che questo mondo
mi mette a disposizione -
Nell'udire il tono un po' polemico della sorella Max la
prese per mano e l'attirò a sé prima di sedersi con la
schiena contro un albero. Divaricò le gambe per farla
sistemare comodamente, le ginocchia sollevate a
proteggerla dall'aria piuttosto fresca, e la circondò
con entrambe le braccia. - Non è mia intenzione
sconvolgere la tua vita, Isabel, ti voglio troppo bene
per questo, ma devi capire che io non sento di
appartenere a questo posto
-
Addolorata per quelle parole la ragazza si appoggiò al
suo petto sospirando. - Max, ricordi qualcosa di quello
che è successo due mesi fa, quando ho conosciuto Morgan?
-
Il giovane giocherellò pensoso con i suoi capelli dorati.
- Molto vagamente. I tuoi sogni, la tua paura, il tuo
dolore, la tua confusione. Il tuo amore per me -
Isabel si sentì arrossire, nonostante fosse stata lei a
tirar fuori l'argomento, e dovette far forza su se stessa
per continuare. - Sì. Io ero convinta di essere
innamorata di te, sapevo di esserlo, perché tu mi eri
sempre stato accanto, eri il mio punto di riferimento,
eri la roccia cui potevo appoggiarmi ogni volta che ne
avevo bisogno. E lo sei ancora. Tu sei una persona molto
buona, generosa, forte
Non si può non amarti,
anche quando tiri fuori il lato più testardo del tuo
carattere come in questo momento! Aver incontrato Morgan,
e aver fatto l'amore con lui, mi ha fatto capire come in
realtà io ti ami per tutto quello che rappresenti per me
mentre ciò che provo per Morgan è il desiderio di
trascorrere il resto della mia vita al suo fianco. - Gli
accarezzò delicatamente una mano. - Io voglio vivere con
lui, ma non posso vivere lontano da te. Tutto questo tuo
parlare di Antar mi spaventa
Ti prego, non partire
Se solo tu potessi ricordare cosa rappresenta Liz per te
capiresti cosa voglio dire. Voi due siete una cosa sola,
nessuno è mai riuscito a separarvi, né Michael, né
Tess o Nasedo. Anche quando Tess ha provato a manipolarti
la mente il tuo cuore e la tua anima sono rimasti con Liz.
Possibile che non ti ricordi nulla? -
- Vilandra, permetti che ti chiami col tuo vero nome, ti
prego
, io non posso farci nulla: per me tutto
quello che al momento esiste è Antar! Il mio dovere
m'impone di tornare sul pianeta e di verificare che vada
tutto bene, lo devo alla nostra famiglia, alla nostra
gente
Forse un giorno ricorderò e riprenderò il
mio posto sulla Terra, insieme a questa Liz di cui parli
tanto, ma adesso il mio compito è un altro, e io devo
andare
Per favore, vieni con me! -
- E Michael? -
- Michael
Il mio migliore amico, il mio braccio
destro, il tuo fidanzato, o meglio ex-fidanzato
-
Sorrise un po' amaro. - Anche lui si è inserito in
questa nuova vita, giusto? -
- Sì - Isabel intrecciò le dita alle sue. - Ora sta con
Maria. L'ha sempre amata, ma non aveva mai avuto il
coraggio di ammetterlo apertamente come hai fatto tu con
Liz. E dire che nella sua prima esistenza era la persona
più audace e spregiudicata che conoscessi
Io non
so dirti se accetterà di venire con te, nonostante i
frequenti contrasti lui ti vuole bene come se fossi
davvero suo fratello, però ama moltissimo Maria e gli
sarà difficile scegliere tra voi due
-
- Tu hai già scelto, vero? -
- Sì, Max. Ma mi si spezza il cuore, credimi! - Nel dire
così la ragazza si volse e lo abbracciò stretto. - Ti
prego, rinuncia! -
- Mi dispiace, non posso - Max le sfiorò con tenerezza
la guancia e le labbra, poi le diede un bacio sulla
fronte e la strinse forte. - Mi mancherai
-
La ragazza nascose il viso nell'incavo del suo collo. -
Forse è un segno del destino il fatto che tu ricordi
solamente quello che riguarda la nostra eredità aliena,
ma anche così non riesco ad accettarlo
Tu sei un
ragazzo meraviglioso e non meriti tutto questo
Adesso non puoi capirmi, ma hai perso così tanto
-
Trattenendo a fatica un singhiozzo lo baciò sotto
l'orecchio. - Torna sano e salvo, ti prego! - sussurrò.
Il giovane continuò a tenerla stretta contro di sé per
parecchio tempo poi, sentendola più calma, la scostò
leggermente per guardarla negli occhi. - Tornerò - disse
piano, e le sorrise con dolcezza trasmettendole tutto il
suo amore.
Isabel annuì sforzandosi di ricambiare il sorriso, ma
alla fine le lacrime ebbero il sopravvento e tornò ad
abbracciarlo stringendoglisi contro.
Il sole era ormai calato da un pezzo quando i due ragazzi
lasciarono il loro improvvisato rifugio e, nel vederli
entrare nel locale che ospitava la mensa, Liz dovette
mordersi le labbra per mantenere una parvenza di
tranquillità ma a Patricia non sfuggì il tremito che le
scosse le mani. - Liz, tutto bene? -
Liz cercò di sorridere all'amica. - Sì, certo - e chinò
lo sguardo sul piatto ancora intatto che aveva davanti.
- Ok. Allora, per favore, sforzati di mangiare: avrai
perso due chili, in questi giorni! -
Tony, seduto accanto a loro, aveva notato a sua volta
l'arrivo dei due giovani e scosse mentalmente la testa.
Fino alla settimana prima Max viveva e respirava per Liz,
ma da quando si era ripreso dopo l'incidente occorsogli
durante l'ultima partita di basket sembrava non rendersi
neppure conto della sua esistenza, e si vedeva benissimo
come Liz non fosse ancora riuscita a farsene una ragione.
Lui stesso, ad essere sinceri, non comprendeva fino in
fondo la faccenda dell'amnesia. Come poteva sparire da un
momento all'altro una parte della propria vita? E Max
sfuggiva tutti, non solo Liz. Neppure lui era più
riuscito a scambiarci due chiacchiere: sembrava che
sapesse sempre quando stavano per incontrarsi nella
stanza che condividevano perché finivano con lo starvi
insieme solo la notte, e Max si addormentava non appena
poggiava la testa sul cuscino. O almeno così sembrava
Sapeva per certo che non frequentava più nessun corso, né
lo aveva rivisto in biblioteca, perfino sua sorella
Isabel pareva sconcertata dal suo comportamento. Ma
quanto tempo ci sarebbe voluto perché tornasse tutto
come prima? Ad un tratto trasalì: Liz si era alzata
d'improvviso e si era avvicinata a Max. Solo Isabel poté
vedere l'espressione interrogativa della ragazza mutarsi
in profondo dolore quando suo fratello girò appena la
testa per lanciarle una breve occhiata senza neppure
rallentare il passo, e chinò lo sguardo per nascondere
la propria angoscia. "Oh, Liz
Perdonalo, ti
prego
"
Lo sguardo di Tony s'indurì nel vedere l'amica fuggire
letteralmente dal locale senza neppure tornare indietro
per prendere il giaccone. - Avrebbe almeno potuto dirle
qualcosa! - brontolò.
Patricia, che sapeva quante lacrime ogni notte Liz
versasse nella buia intimità della loro stanza, distolse
quasi con rabbia lo sguardo dalla coppia. - Più che
senza memoria a me sembra una persona completamente
diversa. Non dimenticherò mai la prima volta che lo
vidi, il giorno in cui Liz venne investita da una
macchina qui al campus
Com'è possibile che ora non
si ricordi di lei? -
- Ah, nessuno conosce davvero il cervello umano! Solo che
mi fa male vederla soffrire così tanto
-
Terminato di cenare i due fratelli si ritirarono
nuovamente in un angolo tranquillo del parco e si
sedettero l'uno di fronte all'altro tenendosi per mano.
Ci vollero pochi secondi per stabilire una connessione
mentale con Michael, e Max gli riferì in breve tutto
quello che era successo e la sua intenzione di tornare su
Antar.
Michael, che aveva saputo dell'amnesia dell'amico solo
perché Liz lo aveva detto a Maria e quest'ultima si era
confidata con lui, sulle prime protestò per non essere
stato informato subito dell'incidente poi espresse la sua
opinione contraria. "Io ho trasportato il tuo corpo
privo di vita fino all'astronave e Isabel ha consumato
tutte le sue forze per strapparti alla morte: non ti
seguirò su quel mondo maledetto, Max! Tu sai quanto
volessi ritrovare il nostro passato, ma nel caso non te
lo ricordassi su Antar aspettavano solo un simbolo! Loro
non hanno bisogno di te, Max, non più
Oppure è
solo una scusa per tornare da Tess?"
A quell'insinuazione il giovane s'irrigidì. "Lei
non c'entra. Io avevo un compito, e non l'ho ancora
portato a termine!"
"Hai fatto cessare una guerra che durava da più di
vent'anni, come ti aveva chiesto tua madre. Io sono
convinto che tu abbia fatto tutto quello che ci si
aspettava da te. Perché non provi a goderti la vita, una
volta tanto?"
"Questo vuol dire che non verrai con me?"
"Puoi scommetterci, mio signore e padrone! E se
pensassi di riuscire a convincerti mi fionderei lì ad
Albuquerque in un battibaleno, ma siccome conosco la tua
testardaggine non sprecherò il mio tempo! Però se vuoi,
essendo il tuo migliore amico, ti aiuterò a cacciarti
nei guai con la massima rapidità: verrò a prenderti
all'aeroporto e ti accompagnerò di persona all'astronave!"
"Non ce n'è bisogno" Max si concentrò
ulteriormente e nella sua mano destra apparve un
granilite. "Non ho nessuna intenzione di
costringervi a fare qualcosa che non volete. Tu e
Vilandra siete stati molto chiari. Abbiate cura di voi"
"Aspetta, cosa vuoi fare?" chiese Isabel
lasciando trasparire tutta l'angoscia che provava in quel
momento.
"Userò il potere di attrazione dei graniliti per
trasferirmi attraverso la loro energia fino alla cabina
di comando. Addio, Vilandra"
Ed il contatto s'interruppe di colpo.
La ragazza spalancò gli occhi con un gemito. - Max! -
Ma davanti a lei c'era ormai il vuoto.
Disperata Isabel si strinse le ginocchia al petto e
cominciò a piangere in silenzio. Era quasi mezzanotte
quando tornò nella sua stanza. MaryJo dormiva
profondamente e lei fece attenzione a non svegliarla
mentre si toglieva le scarpe e s'infilava ancora vestita
sotto le coperte.
L'indomani mattina come prima cosa andò in cerca di Liz.
La trovò nell'aula di biologia. - Ciao, non è un po'
presto per venire qui? La lezione inizia fra mezz'ora
- la salutò sforzandosi di sembrare tranquilla.
- Ciao. E tu cosa ci fai? -
- Cercavo te - Le si avvicinò e si sedette accanto a lei
guardandola con occhi smarriti. - Max è riuscito a
teletrasportarsi fino all'astronave con l'aiuto dei
graniliti: ormai è in viaggio per Antar
-
- Cosa?!? -
- Era il suo chiodo fisso. Voleva tornare là per portare
a termine il compito assegnatogli da nostra madre -
Liz scosse piano la testa. - Ma lo aveva già fatto! E'
stato perfino ucciso
-
- Neppure Michael è riuscito a dissuaderlo. Oh, Liz, tu
sai com'è
Quando si mette in testa una cosa
- Isabel s'interruppe e si alzò di scatto. - Era tuo
diritto saperlo. Mi dispiace per tutto il male che ti ha
fatto, e sono sicura che quando recupererà la memoria ne
soffrirà tantissimo
Lui ti ama, ti ama ancora,
anche se non lo ricorda più
- Serrò le mani a
pugno poi si volse e se ne andò.
Come in trance Liz aprì il libro di biologia e cominciò
a studiare.
- Come, è partito? - Maria fissò sbigottita Michael.
Il ragazzo controllò la cottura dell'hamburger e si
strinse nelle spalle. - Non vedeva l'ora di tornare da
Tess, ecco la verità! -
- Che vuoi dire? -
- Lui ha dimenticato tutto quello che riguarda la sua
vita sulla Terra, e quindi cerca la sua dolce metà
aliena. Tess, appunto
-
- Michael, lo pensi davvero? Ti rendi conto di cosa starà
provando Liz? -
Michael si pulì le mani col grembiule che portava legato
ai fianchi e si asciugò il sudore con uno strofinaccio
pulito. - Io non so cosa pensare! - Si lasciò scivolare
a sedere in terra. - Forse sarei dovuto andare con lui
-
- No, ti prego, non dirlo neppure per scherzo! - La
giovane gli si inginocchiò accanto e gli diede un
leggero bacio sulle labbra. - Non sopporterei di stare
lontana da te sapendoti in pericolo! -
- Ma lui è il mio sovrano - Il giovane la fissò
sgomento. - ed io l'ho abbandonato a se stesso
-
- Max è un adulto, ormai, ed è in grado di fare le sue
scelte. Ok, forse in questo caso le cose sono un po' più
complicate, ma
- Maria si portò una mano alla
fronte. - Oddio, Michael, stavo per dimenticarmelo! Ieri
sera lo sceriffo ha chiesto a mia madre di sposarlo: la
cerimonia è fissata tra due settimane
-
- Oh, Maria, perché è sempre tutto così difficile? -
- Non chiederlo a me! - La ragazza lo guardò sconsolata,
poi gli gettò le braccia al collo. - Vorrei andare a
trovare Liz, sarà a pezzi
-
- Più tardi chiederò al signor Parker di darci due
giorni di libertà, va bene? -
- Ok -
- Ok - Michael le prese il volto tra le mani e la fissò
intensamente. - Ti amo, Maria - disse prima di baciarla
con passione.
Quando si staccarono per riprendere fiato Maria sorrise.
- Mi piace baciarti
-
- Anche a me. Senti, se tua madre e Valenti si sposano
noi due
-
- potremo vivere insieme, finalmente! - finì per lui la
ragazza prima di rialzarsi in piedi. - Odio doverlo dire
ma sarà bene tornare al lavoro
-
- Già - Michael le diede un buffetto sulla guancia poi
tornò ad occuparsi di hamburger e hot dog.
Il padre di Liz non fece alcuna obiezione a concedere i
due giorni richiesti e l'indomani all'alba Maria e
Michael si misero in viaggio diretti a nord.
La ragazza fu molto sorpresa di trovarli ad attenderla
davanti all'edificio dei corsi e si affrettò ad
abbracciarli. Maria la strinse forte e sentì il suo
corpo sottile tremare per l'emozione. - Oddio, Liz, mi
dispiace tanto
- le disse piano. - Vedrai che
presto si rimetterà tutto a posto
-
- Lo spero, Maria, ma
non lo so, è passato troppo
tempo e lui
mi guardava in un modo
come se
fossi un insetto fastidioso!
- Liz balbettava tanta
era l'angoscia che provava e Maria guardò Michael in
cerca d'aiuto.
Il giovane si avvicinò alle due ragazze e toccò con
dolcezza i capelli di Liz. - Tornerà da te, vedrai
- disse cercando di suonare convincente, ma lui stesso
non sapeva cosa pensare. - Come l'hanno presa, gli Evans?
- chiese poi.
- Non sanno ancora niente - La voce di Isabel risuonò
improvvisamente a pochi passi da loro. La ragazza si
avvicinò a Michael e lo strinse in un rapido abbraccio.
- Non sanno né dell'incidente né dell'amnesia, e tanto
meno del viaggio - mormorò guardandolo in volto. - Ho
aspettato sperando che Max ritrovasse la memoria, ma
adesso dovrò dirglielo, e non so come fare
-
Il giovane emise un profondo sospiro. - Come ha fatto a
teletrasportarsi? -
- Non ne ho idea. Sembra che in lui ora ci sia solo la
parte originaria, quella aliena, se vuoi chiamarla così
Quando recuperò la memoria della sua vita precedente i
ricordi erano quelli del principe di Antar, ma in questi
giorni a volte mi ha dato l'impressione di essere
un'altra persona
Era come se
come se la vera
essenza della nostra razza fosse riaffiorata in lui, e lo
avesse sopraffatto
-
- O forse è la sua eredità genetica. Non dimenticare
che la tua famiglia ha governato per oltre mille anni, e
probabilmente è riuscita ad acquisire una conoscenza che
le ha consentito di mantenere il potere per tutto questo
tempo
-
- Vuoi dire che Max, in quanto successore diretto di
nostro padre, aveva una quantità d'informazioni
accessibile a lui soltanto? -
- Qualcosa del genere, sì, è probabile. E adesso
quest'amnesia gli ha liberato la mente scoperchiando il
vaso di Pandora -
- Intendi dire
-
- che ora Max è quello che avrebbe dovuto essere, ma
nessuno di noi sa fin dove si spingano i suoi poteri -
Michael era scuro in viso mentre pronunciava quelle
parole.
- Beh, se il vostro scopo era di consolare Liz direi che
avete preso un grosso granchio! - protestò Maria notando
il volto dell'amica impallidire di colpo. - Dai, tesoro,
non starli a sentire: quando ci si mettono, quei due
sanno essere dei veri menagramo!
Vieni, andiamo a
fare quattro passi, così ti racconto dei progetti di mia
madre
-
e si allontanò continuando a tenere un braccio intorno
alle spalle esili di Liz.
Rimasti soli Isabel e Michael si sedettero sul primo
gradino della scala di pietra che conduceva all'ingresso
dell'edificio alle loro spalle e seguirono con lo sguardo
le due ragazze allontanarsi.
- Liz? -
- Sta malissimo - Isabel appoggiò il mento sulle
ginocchia strette al petto. - Max l'ha sempre ignorata e
lei si è come ritirata in se stessa. Ha continuato a
frequentare i corsi, a differenza di Max, ma poi passa
tutto il tempo in biblioteca. Perfino la sua compagna di
stanza la vede solo a lezione e a mensa
-
- E tu? -
- Io
Oh, Michael, non posso pensarci
E' come
se lo avessi perso di nuovo
Continuo a ripetermi
che prima o poi ritroverà la memoria e tornerà da noi
ma a volte penso che forse non succederà mai, o che gli
possa capitare prima qualcosa di brutto
Lui è in
viaggio per Antar, ti rendi conto? Sta andando da solo
incontro agli uomini che hanno deciso la nostra
eliminazione! -
- Già
Io speravo che capisse l'inutilità di tutto
questo e invece l'ho solo spinto ad andarsene ancora più
in fretta! Se dovesse accadergli qualcosa non potrò mai
perdonarmelo
-
- Ti prego, Michael, non dirlo neppure! Io
l'ho
tradito per Morgan
- Con un gemito nascose il volto
contro le ginocchia.
In silenzio il giovane prese ad accarezzarle i capelli.
- Deve tornare, deve! - mormorò Isabel tra i singhiozzi,
poi si volse e cercò rifugio tra le sue braccia.
Intanto Maria cercava di sollevare il morale all'amica
raccontandole le mille idee che la madre stava tirando
fuori per organizzare il matrimonio più estroso che
Roswell potesse immaginare ma Liz manteneva
un'espressione assente che le faceva provare una pena
infinita. - Liz
- la chiamò allora strattonandola
gentilmente.
La ragazza sembrò infine reagire e le rivolse uno
sguardo desolato. - Io
- Senza sapere come
spiegarsi si sbottonò il giaccone e rialzò il bordo
della maglietta scostando un poco i pantaloni, di morbido
tessuto di lana elasticizzato. La zona appena sotto
l'ombelico era leggermente luminosa.
- Santo cielo, Liz, ma che cos'hai? - domandò stupefatta
Maria.
- Non lo so. Ogni volta c'era Max, che mi toccava e
faceva sparire tutto, ma ora
-
- E si ingrandisce? -
- In maniera quasi impercettibile, ma sì, si ingrandisce
-
Maria la osservò pensierosa rimettersi in ordine e notò
le sue labbra tremanti. - Liz, potrebbe
? -
Liz si strinse le braccia al petto. - Sì, forse
Ho
provato ad esaminare il sangue al microscopio e posso
solo dirti che contiene tante altre cose oltre ai globuli
rossi e bianchi: il guaio è che non so se dipenda da
quello che Max ha fatto per salvarmi la vita oppure da
qualcosa che sta crescendo dentro di me
-
- Un bambino, Liz, non "qualcosa"! - replicò
seria l'amica.
- "Qualcosa" - ribadì Liz con durezza. -
Qualcosa di talmente ibrido che non oso pensarci! -
- Non intenderai abortire, vero? -
- Oh, no, non potrei mai! A parte il fatto che non ho
nessuna intenzione di farmi esaminare da un medico, ma
sarebbe come uccidere Max stesso
E poi, comunque,
non è detto che sia questo il motivo di quelle chiazze -
- Beh, la speranza è sempre l'ultima a morire
-
borbottò Maria dando un calcio ad una piccola pietra.
- Maria, sono terrorizzata
Ho paura che non lo
rivedrò mai più, non so cosa stia succedendo al mio
corpo, e non sopporto più di vedere Isabel! -
- Perché, cos'ha fatto? -
Dopo una breve esitazione Liz si appoggiò contro un
albero e guardò Maria in volto. - Non te l'ho mai detto
prima perché era una cosa che riguardava solo lei e Max,
ma
Qualche tempo fa Isabel scoprì di essere
innamorata di Max, lo aveva sognato e
- Si strinse
nelle spalle imbarazzata ed accennò un sorriso. - Però
poi incontrò Morgan e si rese conto della differenza -
Il sorriso svanì e gli occhi le si colmarono di lacrime.
- Se tu avessi visto come si sono abbracciati l'altro
giorno, prima che lui partisse
mentre io
non
ho avuto diritto neppure a un semplice ciao
-
- Non vorrai dire che
? -
La ragazza scosse piano la testa asciugandosi le guance
umide di pianto. - No, anzi, Isabel mi ha detto di
perdonarlo, che in realtà ha solo dimenticato di amarmi,
ma
sono gelosa di lei, lo ammetto
Io non ho
potuto più toccarlo da quando si è svegliato dopo quel
maledetto incidente alla partita, mentre lei
Maria,
non ce la faccio più! -
- Coraggio, Liz, ci sei riuscita quando credevi che Max
fosse morto, adesso ha solo perso la memoria!
-
- Ma
-
- Niente ma! Tu sei una donna, ormai, quindi agisci come
tale! Prima di tutto devi cominciare a pensare a te
stessa come Liz e non come parte di Max, poi devi
riprendere a mangiare o finirai col ridurti ad un
mucchietto di pelle ed ossa, e in ultimo cerca di essere
libera per il 2 dicembre perché voglio che sia presente
al matrimonio di mia madre con lo sceriffo: sono sicura
che da sola con Kyle non riuscirei a sopravvivere!
- Con un sorriso d'incoraggiamento Maria tese il braccio
verso l'amica, che riluttante le diede la mano e si lasciò
condurre via.
Quando tornarono indietro trovarono Isabel e Michael
ancora seduti ai piedi della scalinata.
Fu Isabel a suggerire di andare a cena tutti insieme in
città e, sia pure a malincuore, Liz si unì al gruppetto.
Fu una serata molto tranquilla, durante la quale
cercarono di non pensare a quello che era successo, ma
nonostante i loro sforzi la tensione era forte e Maria,
cui non era sfuggita la malinconia di Liz, si scoprì a
cercare di continuo lo sguardo di Michael. Lo amava così
tanto che tremava all'idea che potesse succedergli
qualcosa e comprendeva l'angoscia della sua amica.
Avrebbe voluto aiutarla ma non c'era niente che lei, o
gli altri, potessero fare se non pregare perché Max
tornasse sano e salvo
Ricordò il giorno in cui Liz
le disse la verità a proposito dei fratelli Evans e di
Michael, e l'orrore provato sul momento, ma poi si era
abituata all'idea e a poco a poco aveva scoperto come,
nonostante le insolite origini, i tre fossero simili a
tutti i ragazzi della loro età, con le stesse debolezze
e gli stessi desideri. Sorrise involontariamente
ripensando ai guai che avevano passato insieme, e
trattenne a stento una risata isterica all'idea di sua
madre che veniva a sapere di essere la suocera di un
extraterrestre. Ma tant'è: la vita a volte riserva
strane sorprese
Lei e Michael ripartirono l'indomani dopo aver salutato
Liz ed Isabel prima che iniziassero le lezioni del
mattino. Liz era pallida e aveva gli occhi cerchiati
avendo passato buona parte della notte in bianco ma
sembrava più forte, determinata, mentre Isabel aveva
un'espressione chiusa. Non riusciva infatti a perdonarsi
per aver abbandonato Max e non le era stato d'aiuto
ricevere una telefonata di Morgan proprio mentre stava
finendo di vestirsi. Sentire la sua voce era stato come
ricevere una pugnalata in pieno petto e aveva dovuto
lottare con tutte le sue forze per mantenersi calma
davanti alla sua compagna di stanza, come sempre
attentissima ad ogni cosa che faceva. Ma era fermamente
decisa a credere che non sarebbe capitato niente di male
a Max, e solo i suoi occhi tradivano l'angoscia che
provava.
Michael le sorrise comprensivo prima di abbracciarla, poi
strinse con affetto anche Liz ed attese che Maria
salutasse entrambe prima di avviarsi verso la jeep.
Nelle settimane che seguirono Liz si costrinse a mangiare
con regolarità e si applicò con la massima
concentrazione per poter dare in anticipo gli esami di
fine corso. Ormai aveva la certezza di essere incinta e
non voleva rimanere lì, dove tutto le ricordava Max.
Quando tornò a Roswell per il matrimonio di Amy DeLuca
trovò sua madre ad attenderla all'aeroporto e,
nonostante tutto, fu contenta di vederla e di subire i
suoi ansiosi abbracci. Durante il tragitto verso casa
parlarono tranquillamente dei preparativi dei futuri
sposi e la donna evitò con cura qualsiasi domanda di
carattere personale essendosi resa conto che Liz non era
così serena come voleva farle credere.
Anche Jeff Parker accolse la figlia con un forte
abbraccio, dandole a malapena il tempo di scendere
dall'auto. Nonostante avesse ormai quasi diciannove anni
per lui rimaneva la bimbetta che correva sul prato dietro
una palla colorata o lo implorava di spingerla
sull'altalena, e sentiva molto la sua mancanza. Erano
passate diverse settimane dall'ultima volta che era
tornata a casa, ed era grato a Maria per aver tanto
insistito perché fosse presente al matrimonio di sua
madre.
Dopo cena, protetta da un caldo maglione, la ragazza uscì
sulla piccola terrazza della sua stanza e si sedette
sulla fedele brandina, lo sguardo fisso al grande cuore
rosso che una sera Max aveva disegnato sul muro. Senza
rendersene conto mosse le labbra nella silenziosa
pronuncia delle iniziali disegnate all'interno mentre con
la mano si accarezzava distrattamente lo stomaco. Così
la trovò la madre, che aveva bussato a lungo prima di
decidersi ad entrare in camera e accorgersi della
finestra aperta. - Liz
- la chiamò esitante.
Liz si volse di scatto verso di lei, un'espressione
colpevole sul viso. - Sì, mamma? - rispose, consapevole
del fatto che non poteva più rimandare le spiegazioni.
- Cara, anche tuo padre si è accorto che qualcosa non va
Cosa è successo? - La donna aveva a sua volta scavalcato
il davanzale della finestra e si era seduta su una sedia
vicino a lei.
- Perché pensi sia successo qualcosa? - chiese invece
Liz.
Prima di rispondere la madre sembrò riordinare le idee.
- Vedi, tesoro, ogni volta che decidevi di trascorrere il
fine settimana ad Albuquerque, anziché tornare qui, ci
avvertivi, e quando telefonavi avevi sempre tante cose da
raccontare. Negli ultimi tempi, invece, ti sei limitata a
dire che rimanevi all'università perché dovevi studiare.
Maria mi ha anche detto che ti sei ritirata dalla squadra
delle cheerleaders
Hai forse dei problemi con le
lezioni? E' per questo che hai bisogno di dedicare più
tempo ai libri? Non che mi lamenti, sia chiaro, ma
ritengo che un po' di svago ogni tanto faccia bene, non
credi? -
La ragazza si girò verso di lei e accennò un sorriso di
scusa. - Sì, hai ragione, ma il fatto è che vorrei
cambiare università. Per questo sto studiando di più,
perché se riesco a dare prima gli esami di fine semestre
posso chiedere il trasferimento per il prossimo anno -
- E dove vorresti andare? - chiese sorpresa la donna.
- All'università di San Diego. Ho già preso contatto
con loro e mi hanno detto che, non appena termino questi
esami, posso inviargli i documenti per l'iscrizione. Mi
mancano solo quattro test -
- Non capisco
Perché vuoi lasciare Albuquerque?
Credevo che ti ci trovassi bene! Lì ci sono pure Max e
sua sorella, o pensano di cambiare anche loro? -
- No, Isabel non sa niente e Max
Max è una storia
complicata
- Liz sollevò le gambe sulla sdraia e
si strinse le ginocchia al petto in un'inconscia
posizione difensiva. - Circa un mese fa, durante una
partita di basket, ha avuto un incidente. Si è ferito
alla testa e quando ha ripreso i sensi non ricordava più
nulla di me e dei nostri progetti
- Lo sguardo
divenne quasi distante e la voce si ridusse ad un
sussurro. - Se n'è andato, senza nemmeno salutarmi
Io non so se un giorno ritroverà la memoria e tornerà
da me, ma so che non posso rimanere ad aspettarlo lì,
dove ogni cosa mi ricorda lui
compresa Isabel
Ho bisogno di ricominciare daccapo, solo così potrò
andare avanti
-
- Vuoi dire che rinunci a lui? - domandò la donna
guardandola interrogativamente.
A quelle parole Liz raddrizzò le spalle accennando un
dolce sorriso. - No, mai. Max è troppo importante per
me, e sono disposta ad attenderlo per tutto il tempo
necessario! Ma nel frattempo devo vivere la mia vita, e
ora come ora posso farlo solo in un posto nuovo. Mi
dispiace, mamma
-
- Sei sicura di farcela? Forse sarebbe meglio che
tornassi per un po' a casa
-
- No, ti prego
Anzi, vorrei che mi aiutassi a
convincere papà -
- Va bene, se davvero pensi che sia la cosa giusta da
fare
- Le diede un affettuoso colpetto sulla spalla.
- Dai, adesso rientriamo, comincio a sentire freddo! -
Mentre la seguiva all'interno della stanza la guardò con
attenzione. - Ma ha perso completamente la memoria? E i
suoi genitori? Dev'essere un'esperienza terribile per
tutti loro
-
Liz, senza neppure voltarsi, andò a sedersi davanti alla
scrivania e prese in mano una cornice dorata che
conteneva una foto di lei con Max. - Lui ricorda solo
alcune cose, e Isabel lo ha detto a sua madre soltanto la
settimana scorsa. Non so come l'abbiano presa, non me
l'ha detto, ed io non ho nessuna voglia di saperlo
Non credo che tornerà in tempo per il matrimonio,
nessuno sa dove sia andato, ma qualcosa di lui resterà
per sempre con me e questo, per adesso, mi deve bastare
-
Perplessa per il tono leggermente distaccato della
figlia, la signora Parker accennò un sorriso di saluto e
se ne andò lasciandola sola con i suoi ricordi.
L'indomani mattina, mentre facevano colazione tutti
insieme, il signor Parker affrontò il discorso università.
Prima di tutto ci tenne a chiarire che non ne faceva una
questione di soldi, però voleva essere certo della
decisione della figlia. San Diego era molto più lontana
di Albuquerque e non era sicuro che la ragazza, abituata
alla vicinanza della famiglia e degli amici, potesse
trovarvisi bene.
Liz, tuttavia, si dimostrò molto ferma nel suo proposito
e l'uomo, alla fine, cedette. La notte precedente aveva
parlato a lungo con la moglie, che gli aveva detto tutto
quello che aveva saputo dalla ragazza, e, a parte
l'iniziale contrarietà, si era reso conto che forse
quella era la soluzione migliore. Liz sembrava stare
molto bene, aveva messo perfino su qualche chilo, però i
suoi occhi tradivano spesso una profonda malinconia e
capiva che lo sforzo d'integrarsi in un nuovo ambiente
l'avrebbe distratta dal suo dolore.
Anche a casa Evans l'atmosfera era un po' tesa. I
genitori adottivi di Isabel e Max erano rimasti
profondamente colpiti dall'incidente del giovane ed erano
molto preoccupati per la sua incolumità. Isabel aveva
deciso di non nascondere loro nulla, nell'inconscia
speranza di sentirsi tranquillizzare, ma invece aveva
dovuto consolare la madre, scoppiata in lacrime nel
sentire la verità sulle condizioni di Max. Il fatto che
neanche stavolta la ragazza portasse notizie del fratello
era stato per la coppia un duro colpo.
Forse fu perché aveva un grande bisogno lei stessa di
conforto che, dopo cena, telefonò a Morgan e lo pregò
di raggiungerla a Roswell.
L'uomo, che aveva appena portato a termine l'incarico per
cui lo avevano richiamato a Washington, prese il primo
aereo disponibile e l'indomani mattina si presentò a
casa Evans.
Gli aprì Isabel stessa, che aveva passato la notte
girandosi e rigirandosi nel letto senza riuscire a
chiudere occhio, e gli gettò le braccia al collo
lasciandosi cullare contro di lui. - Oh, Morgan, ti amo!
- mormorò poggiando la testa sulla sua spalla.
- Anch'io, principessa
Ti ho sentita così triste,
ieri sera
Sarei venuto lo stesso, lo sai, ma così
mi sono precipitato a casa tua a quest'ora impossibile! -
Erano infatti le sei e mezza, il sole aveva appena
cominciato a fare capolino, ed Isabel aveva aperto ancora
prima che lui potesse suonare il campanello rischiando di
svegliare i suoi genitori. La ragazza accennò un sorriso
di scusa. - Mi dispiace averti costretto ad alzarti nel
cuore della notte, ma sono così felice di vederti!
- Gli si strinse maggiormente contro e l'agente federale
le prese il viso tra le mani baciandola con una passione
travolgente che li lasciò tremanti e senza fiato.
Sorridendo tra le lacrime che erano apparse improvvise,
Isabel si sciolse con delicatezza dall'abbraccio e lo
trascinò verso la sua camera da letto. Senza dire nulla
gli tolse il cappotto e la giacca poi cominciò a
sbottonargli la camicia.
Sentendo il cuore battergli con forza Morgan l'aiutò nel
compito prima di sfilarle l'elegante vestaglia di lana
rosa e slacciare il nastro della scollatura della camicia
da notte. - Ti voglio
Mi sei mancata da morire
- sussurrò ricoprendole il viso di piccoli baci.
- Ed io ho bisogno di te, Morgan
Tantissimo
-
Isabel lo guardò negli occhi per un lungo istante prima
che lui le facesse scivolare la camicia da notte oltre le
spalle.
- Sei così bella
- L'uomo le sfiorò il collo in
una carezza sensuale, poi si sedette sul letto e l'attirò
a sé.
Si svegliarono entrambi verso le dieci, quasi sorpresi di
trovarsi l'una nelle braccia dell'altro, e Isabel rimase
a fissarlo per un poco senza parlare. Quel giorno, per la
prima volta, aveva visto nei ricordi di Morgan. Aveva
visto qualcosa del suo passato e del loro primo incontro,
e si sentì rassicurata. Solo un legame molto forte, in
momenti di tensione, poteva procurare quelle visioni, e
se mai avesse avuto qualche dubbio sui sentimenti che
provava per lui, e che Morgan provava per lei, adesso non
ne aveva più. Sorrise lentamente, gli occhi brillanti di
gioia, e scivolò su di lui baciandolo forte.
Piacevolmente stupito l'uomo la strinse a sé ricambiando
il bacio e facendo di nuovo l'amore con lei. - Vorrei
svegliarmi così tutti i giorni
- mormorò poi, la
voce ancora un po' ansante.
Isabel gli accarezzò il petto e gli diede un bacio
leggero sulle labbra. - Non in questa casa, però! Oggi
pomeriggio si sposa la madre di Maria, e solo per questo
i miei genitori dormono ancora, altrimenti saresti stato
già scoperto
- Prese la vestaglia caduta per terra
e la infilò guardandolo con espressione tenera. -
Vestiti, così andiamo a fare colazione: avrai una fame
terribile!
-
- Già - Morgan si alzò a sua volta ed indossò i
pantaloni e la camicia. - E dopo mi racconterai cos'è
che ti ha turbato così tanto
-
In cucina si diedero da fare insieme ai fornelli e Diane
Evans li trovò che mangiavano tranquillamente seduti al
tavolo. - Ciao, mamma! - la salutò Isabel. - Morgan è
venuto a trovarmi
-
- Sì, lo vedo. Buongiorno, Morgan. Tutto bene? -
L'uomo si alzò in piedi e le strinse la mano. - Salve,
signora. Tutto bene, sì, grazie. Mi dispiace essere
arrivato così all'improvviso ma
-
- Non preoccuparti - lo interruppe la donna sorridendo
comprensiva. - Isabel ha passato un periodo difficile, e
credo di non esserle stata molto d'aiuto
Sono
contenta che tu sia qui, sicuramente potrai fare qualcosa
di più per lei
-
- Lo spero. Mi ha detto che oggi si sposa la madre di
Maria. Amy DeLuca, se non ricordo male
-
- Sì, infatti, con lo sceriffo -
- Jim Valenti, sì, un uomo molto in gamba
-
La donna fece un piccolo cenno affermativo col capo prima
di dirigersi verso la credenza. - Isabel, perché non
telefoni a Liz per dirle se viene a pranzo da noi? -
- Non credo sia una buona idea, mamma -
- Pensi che non accetterebbe? - le chiese lei voltandosi
a guardarla.
Isabel si appoggiò stancamente contro lo schienale della
sedia. - Dopo quello che le ha fatto Max non credo che
abbia voglia di venire in questa casa: ti rendi conto di
cosa significhi per lei trovarsi in un posto dove tutto
glielo ricorda? -
- Ma prima o poi tuo fratello ritroverà la memoria e
tornerà, ne sono sicura! -
- Mamma, anch'io ne sono sicura, ma Liz si è vista
mettere in disparte come un oggetto inutile e senza
valore! So che accoglierà Max a braccia aperte quando
tornerà da lei, lo ama troppo per non farlo, ma adesso
sta ancora cercando di raccogliere i pezzi
Cerca di
capirla, in queste settimane ha evitato pure me
-
La voce di Isabel si spezzò. Troppo recente era il
penoso distacco dal fratello, e troppo forte il senso di
colpa che ancora provava per averlo lasciato andare da
solo. La sua mano si mosse senza volerlo verso quella di
Morgan e la strinse con forza. - Cerca di capirla
-
ripetè con gli occhi fissi alle loro dita intrecciate.
Più tardi, tuttavia, la vide insieme a Maria mentre
camminavano lungo la Main Street.
Le due ragazze si fermarono bruscamente trovandosi
davanti Isabel e Morgan.
- Ehi, ciao, federale! - fu il saluto divertito di Maria.
- Sei venuto a dare manforte allo sceriffo? -
- Veramente sono venuto per Isabel - rispose lui
stringendole deciso la mano, prima di fare lo stesso con
Liz, che teneva gli occhi bassi per non incontrare lo
sguardo della ragazza.
- Compere dell'ultim'ora? -
Maria sorrise ad Isabel con fare innocente. - Sì, mia
madre mi stava facendo impazzire con tutte le sue ansie,
il vestito, i fiori, le scarpe, sai, cose del genere, così
sono scappata con Liz! Adesso però dobbiamo andare, Kyle
ci sta aspettando per pranzo. Ciao, Isabel, ciao, Morgan
- e riprese a camminare sospingendo dolcemente Liz
davanti a sé.
La cerimonia fu molto simpatica. Gli addobbi della
piccola chiesa della congregazione cui appartenevano sia
Amy DeLuca sia Jim Valenti erano stati accuratamente
preparati da tutti gli amici di Maria, incluso Alex
tornato per l'occasione da Boston, mentre Nancy Parker,
la madre di Liz, aveva coinvolto la figlia e tutti i
dipendenti del Crashdown per preparare adeguatamente il
locale, dove si sarebbe svolto il rinfresco. Maria e
Kyle, elegantissimi nei loro abiti da cerimonia, fecero
del loro meglio per non lasciar trasparire l'imbarazzo
che provavano per aver dovuto scortare i rispettivi
genitori all'altare. Infine c'erano quasi tutti gli
agenti in forza presso il locale distretto di polizia, e
molti di questi riconobbero Morgan Coltrane, alto e
sicuro al fianco di Isabel.
La serata trascorse molto piacevolmente, le cose da
mangiare erano tantissime e preparate secondo le migliori
ricette del locale, e la band con cui Maria cantava tutti
i sabato sera fornì un adeguato sottofondo musicale.
Né Isabel né Maria si accorsero dell'improvvisa
sparizione di Liz, defilatasi nella sua stanza non appena
le era stato possibile. Solo Michael la vide aprire la
porta che dava accesso all'appartamento privato, e dopo
un poco la seguì. Senza bussare entrò nella sua stanza
e la vide rannicchiata sul letto che piangeva
sommessamente. Con un sospiro le si sedette accanto,
senza dire nulla, finché lei si raddrizzò e cercò
conforto tra le sue braccia.
Quando si fu sfogata si tirò un poco indietro per
guardarlo in viso. - Avete avuto sue notizie? - chiese.
Il ragazzo fece cenno di no col capo. - Nessuna. Mi
dispiace, Liz
-
Sentendosi terribilmente depressa lei tornò a sdraiarsi.
- Grazie per essere venuto, ma ora puoi tornare di sotto
-
- Ok. Comunque, se vuoi, ti mando Maria
-
- No, non ce n'è bisogno. La chiamerò domani. A casa
tua, vero? -
- Sì, la troverai da me. Buonanotte -
- Buonanotte
- Rimasta sola, Liz si spogliò e per
un po' rimase a guardarsi lo stomaco, dove la pelle
brillava ormai di una luminosità dorata compatta. -
Buonanotte anche a te, piccolo
- disse piano
sfiorandosi con la punta delle dita. - Oh, Max, guarda
come cresce tuo figlio
- Poi si mise il pigiama e
s'infilò sotto le coperte perdendosi immediatamente in
un sogno bellissimo dove Max era con lei ed il loro
bambino.
- Sicura, Liz? - chiese un'ultima volta il signor Parker
stringendo il ricevitore del telefono con forza, come se
così potesse essere più vicino alla figlia.
- Sì, papà. L'aereo parte fra meno di due ore, così
adesso ti devo salutare. E ricordati di non dare a
nessuno il mio nuovo indirizzo! -
- Va bene, tesoro. Fai buon viaggio, allora, e chiama
appena sarai arrivata! -
- Ok - Liz interruppe la comunicazione e ripose il
cellulare nello zaino. Si guardò lentamente intorno per
verificare ancora una volta di non aver dimenticato nulla
poi abbracciò Patricia e anche a lei fece una
raccomandazione. - Isabel non sa che vado a San Diego, e
ti prego di non dirle niente! Tu sai solo che me ne sono
andata
-
- Verrò a trovarti - promise l'amica stringendola con
affetto. - Mi mancherai, Liz, ma ti faccio tantissimi
auguri. E saluta l'oceano per me! -
La ragazza le sorrise poi prese la valigia ed uscì dalla
stanza.
Il volo verso la California si svolse senza problemi e la
nuova università si rivelò uno splendido posto immerso
nel verde a pochissima distanza dalla spiaggia.
L'appartamentino che aveva preso in affitto era subito
fuori del campus e vi si recò per lasciarvi i bagagli
prima di andare a controllare in segreteria che la sua
pratica fosse in ordine.
Natale era vicino ed i corridoi erano pieni di studenti
alle prese con i test di fine anno.
Sentendosi rinfrancata perché nessuno sembrava
accorgersi di lei seguì le indicazioni per gli uffici
amministrativi e poco dopo entrò in una stanza grande e
luminosa. "Credo che questo posto mi piacerà!"
pensò convinta mentre si avvicinava sorridendo ad una
scrivania dietro la quale sedeva una giovane segretaria
dall'aria simpatica e disponibile.
I giorni trascorsero veloci e tranquilli. Aveva passato
il capodanno da sola, riordinando la sua nuova casa e
facendo lunghe passeggiate in riva all'oceano, da cui era
affascinata, poi aveva cominciato i corsi e fatto
amicizia con molti ragazzi e ragazze. Non diceva nulla
del suo passato, Max era un dolore costante rinchiuso in
un angolo del suo cuore, e l'essere che cresceva dentro
di lei era ancora così minuscolo che nessuno avrebbe
potuto immaginare la verità, ma le faceva piacere
passare il tempo libero chiacchierando coi suoi nuovi
compagni di studi.
I mesi trascorsero veloci ed infine tutti poterono
rendersi conto della sua gravidanza. San Diego, tuttavia,
era una grande città, piena di gente di tutte le razze,
e una ragazza di diciannove anni incinta non faceva
notizia, come sarebbe invece successo a Roswell. Liz, del
resto, aveva continuato a comportarsi come se niente
fosse ed anche i professori non trovavano nulla di strano
nel vederla arrivare in aula con vestiti sempre più ampi.
Alla fine di giugno cominciarono gli esami e verso la metà
del mese successivo Liz telefonò a Maria pregandola di
raggiungerla il prima possibile.
La ragazza, preoccupata, si precipitò a San Diego
insieme a Michael il giorno dopo la chiamata e spalancò
gli occhi per la sorpresa quando vide l'amica aprirle la
porta. - Oddio, Liz, ma hai una pancia enorme! - disse a
mo' di saluto.
Liz rise suo malgrado. - Sì, infatti credo che stia per
nascere, per questo ti ho chiesto di venire
Ciao,
Michael! Sono contenta che ci sia anche tu
-
- Già, immagino, però guarda che non so niente di
bambini! - rispose lui fissandola perplesso.
- Ma potrai controllare che vada tutto bene
E' da
ieri che ho delle forti contrazioni, e non posso certo
chiamare un medico, quindi dovrai essere tu a tenere
d'occhio la situazione - Liz non diede segno di
accorgersi dello smarrimento della coppia, mentre si
dirigeva verso la camera da letto che aveva preparato. -
Qui potete sistemare le vostre cose. La mia stanza è
dall'altra parte del corridoio. Lì c'è il bagno e laggiù
la cucina. Non è molto grande però credo che ci sia
spazio sufficiente per tutti, che ne dite? -
Maria scosse la testa con fare sconcertato. - Liz, sicura
di sentirti bene? Dico, stai per avere un bambino e ti
preoccupi dello spazio per noi?!? -
Liz si strinse nelle spalle. - Jason sta benissimo, io
non vedo l'ora di stringerlo tra le mie braccia, cosa
vuoi di più dalla vita? -
"Max al tuo fianco, forse?" pensò l'amica con
una punta di cinismo, poi sembrò realizzare qualcosa. -
Jason? Come fai a sapere che è un maschio? E perché
Jason? -
- Che sia un maschio me l'ha detto lui, a volte riesco a
sentirlo, e Jason perché
- Liz sembrò perdere per
un attimo la sua sicurezza ma si riprese subito. - è un
nome che sarebbe stato bene a Max, così ho deciso di
darlo a suo figlio -
A quelle parole Michael sbuffò. "Ma senti tu che
roba! E quello sciagurato non ha mai dato notizie di sé
"
All'improvviso Liz si piegò su se stessa gemendo. -
Accidenti, questa è stata forte! - mormorò
faticosamente, poi andò a sedersi sul letto. - Scusate,
ma temo proprio
- Un'altra fitta le fece serrare le
labbra per non gridare. - Maria, aiutami, ti prego
Lì, nel primo cassetto, ho preparato lenzuola e
asciugamani: prendili, per favore
Michael, ti
spiace venire vicino a me? Mi sentirò più tranquilla se
tieni le mani sulla pancia per controllare che vada tutto
bene
-
- Che cosa?! - Sconvolto, il giovane si precipitò in
bagno per lavarsi vigorosamente le mani poi si tolse la
maglietta e ne indossò una pulita. - Max, questa me la
paghi! - disse furibondo prima di tornare da Liz e fare
quello che le aveva chiesto.
Nel frattempo Maria aveva disteso una montagna di
asciugamani sotto il corpo di Liz e la stava incitando a
respirare con regolarità. - Sembra che sia una cosa
molto importante
- diceva mentre asciugava il volto
sudato dell'amica. - Sicura di stare bene in questa
posizione? -
- Sì - Liz aveva poggiato la schiena contro la testiera
e si sforzava di controllare il respiro ma il bambino
premeva per uscire e il dolore le strappava grida
soffocate facendo trasalire ogni volta Maria, che non
sapeva più cosa dire o fare.
- Oddio, credo di vedere la sua testa! Michael, ti prego,
senti se sta bene! -
All'esclamazione di Maria il giovane pose una mano sullo
stomaco di Liz e si concentrò per seguire i movimenti
del piccolo. - A me sembra tutto a posto
- mormorò
guardando disperato Liz. Aveva una paura folle di quello
che stava per succedere e tremava all'idea che qualcosa
potesse andar storto ma Liz sembrava riporre la massima
fiducia in lui ed in Maria.
Poi, con un'ultima spinta, Jason venne alla luce e Maria
si affrettò ad avvolgerlo in un lenzuolo morbidissimo
per pulirgli il visetto rosso e grinzoso. - Forse è
meglio lavarlo! - disse, poi lo depose sul corpo esausto
di Liz. - Tienilo d'occhio mentre vado a prendere
dell'acqua calda
- sussurrò incapace di trattenere
le lacrime alla vista dell'amore sul viso stravolto di
Liz. - E' bellissimo, sai? - e corse in bagno a prendere
tutto l'occorrente.
Quasi senza pensarci Michael passò un dito sul cordone
ombelicale del piccolo, che si staccò lasciando un
piccolo incavo sulla pancina del bimbo. - Mi pare tutto
in ordine, tu che ne dici? - disse rivolto a Jason,
mentre lo sfiorava con la mano. - Liz, te la senti di
prenderlo in braccio? -
Liz non si fece pregare e tese le mani per afferrare
delicatamente il piccolo. - Oh, Jason, sei davvero bello
- mormorò mentre un sorriso le illuminava il volto. -
Grazie, Michael, sei stato bravissimo
-
Il giovane arrossì imbarazzato poi si avvicinò a Maria
per aiutarla con la vasca ricolma d'acqua tiepida. - Hai
pensato proprio a tutto, vedo
- disse depositando
il contenitore sull'apposito tavolino.
- Lo spero davvero! - Liz fece una breve risata. - Su,
adesso lavatelo, così potrò dargli da mangiare
-
Poco dopo, mentre Michael trafficava in bagno con tutto
quello che avevano usato, la ragazza si attaccò il
figlio al seno e Maria cercò di pulirla meglio che poté.
- Credo però che ti convenga fare una doccia, appena
riuscirai ad alzarti
Santo cielo, quanto sangue
Ti fa male? - domandò preoccupata.
Liz scosse piano la testa. - No, per niente. Credo che
sia tutto merito di quello che Max e Jason mi hanno fatto
Mi sento benissimo, e mi sembra che per Jason sia la
stessa cosa
Posso sentire quello che prova, sai?
Deve avere gli stessi poteri di suo padre
-
Al pensiero di Max Maria si sedette pensosa sul bordo del
letto. - Gli prenderà un colpo quando saprà di Jason -
disse con voce brusca.
L'amica non rispose ma continuò a giocare con i piccoli
pugni del bimbo. - E' nato un po' prima del previsto però
direi che non ne abbia risentito, che ne dici? -
- Dico che è un bellissimo bambino e che devi essere
fiera di te! - Maria si alzò e le diede un bacio sulla
guancia. - Adesso riposate tutti e due mentre Michael ed
io prepariamo qualcosa da mangiare. L'ora di pranzo è
passata da un pezzo e sto letteralmente morendo di fame!
-
Grazie alla porta lasciata aperta Liz poteva sentire i
familiari rumori dei piatti e delle pentole e sorrise tra
sé. I suoi erano amici davvero sinceri, che non
l'avevano mai abbandonata, ed era contenta che fossero
stati i primi a vedere il suo piccolo Jason
Il
pensiero di Max per un attimo le strinse il cuore ma poi
guardò il bimbo placidamente addormentato sul suo seno e
si curvò a baciarlo sulla testolina. "Un giorno il
tuo papà tornerà e potrai conoscerlo
E' una
persona meravigliosa che ha superato tanti pericoli,
tanti problemi
Supererà anche questo e potrà
scoprire la bella sorpresa che gli abbiamo fatto, vero,
amore? Ma a proposito di sorpresa
forse sarà il
caso che telefoni a mamma e la inviti a venire qualche
giorno qui. Chissà come la prenderà
" Poi
chiuse gli occhi e si addormentò a sua volta.
Maria sorrise intenerita nel vederla così, quando rientrò
nella stanza con un vassoio pieno di cose stuzzicanti da
mangiare, e quasi le dispiacque doverla svegliare.
Nel tardo pomeriggio Liz volle alzarsi per fare la doccia
poi si vestì e andò a sedersi sul dondolo sotto il
portico mentre Maria la seguiva tenendo con precauzione
Jason in braccio. - Sei sicura che sia una buona idea?
Voglio dire, hai partorito solo poche ore fa, forse
dovresti restare un paio di giorni a letto
-
- Oh, dai, Maria, ti ho detto che sto benissimo! Guarda,
non mi brilla nemmeno più la pancia! - e si sbottonò la
leggera vestaglia di cotone all'altezza del punto
incriminato.
La ragazza guardò perplessa lo stomaco nuovamente piatto
e senza più segni luminosi. - Mm, hai ragione, però
restatene tranquilla a goderti il sole e il tuo bambino:
saremo Michael ed io ad occuparci di tutto per il resto
della settimana, che ne dici? -
- Va bene. Domani chiamerò a casa per dire di Jason ai
miei, e mi farebbe molto piacere se restassi nei paraggi.
Temo che non sarà una telefonata facile
-
- Vuoi dire che non gli hai nemmeno detto di essere
incinta?!? - esclamò Maria sgranando gli occhi e quasi
cadendo a sedere accanto a lei.
- Già. Passami Jason, vuole mangiare di nuovo
-
- E come lo sai? -
- Credimi, sa farmi capire molto bene quello che prova! -
disse Liz ridendo mentre si tendeva a prendere il bimbo
poi si girò a guardare incuriosita l'amica. - Raccontami
di te e Michael. Come va la convivenza? -
- Benissimo! - La ragazza s'illuminò in volto e cominciò
a parlare con vivacità di tutto quello che combinavano
insieme. - Sai, ha deciso di seguire dei corsi serali per
poter prendere la licenza di investigatore privato. Jim
gli ha raccontato qualcosa del suo lavoro e lui ne è
rimasto affascinato. Lo sceriffo si era anche offerto di
pagargli l'iscrizione all'accademia di polizia, dove va
anche Kyle, ma Michael non ha voluto. Non crede sia una
buona idea mettersi così in vista, però in questo modo
potrà prendere la licenza e fare più o meno lo stesso
tipo di lavoro
-
- Michael investigatore privato?! - Liz scosse incredula
la testa. - Beh, ha un'immaginazione molto fertile ed è
fin troppo sospettoso, ma da qui a fare l'investigatore
-
- Pensi che non ne sia in grado? - disse piccata Maria.
- No, assolutamente! Anzi, penso che abbia trovato
proprio quello che fa per lui! Solo che mi sembra così
strano
Non riesco a credere che sia passato tutto
questo tempo da quando li conosciamo, eppure abbiamo
finito il liceo e ora
-
- Ora tu sei una mammina premurosa prossima alla laurea,
io ho appena finito i miei studi e Michael diventerà il
miglior detective di Roswell! -
- Hai finito gli studi?! Maria, è fantastico!
Congratulazioni! - Liz sorrise felice all'amica. - Sono
davvero contenta! Hai già trovato un impiego? -
- Sì, hanno aperto un piccolo ambulatorio, in ospedale,
specializzato in medicina olica. Sai, comincia ad esserci
un mucchio di gente che preferisce curarsi con la
medicina alternativa, così sono riuscita a farmi
assumere. Prenderò servizio a settembre
-
- Bene! -
Continuarono a chiacchierare per un bel pezzo finché
Michael si affacciò sulla soglia di casa e le guardò
interrogativamente. - Ancora non avete finito? Guardate
che la cena è pronta e si sta freddando!
-
Avevano appena terminato di mangiare quando qualcuno suonò
il campanello. Domandandosi chi potesse essere a
quell'ora Liz depose nel lavandino la pila di piatti che
teneva in mano e andò ad aprire la porta.
- Ciao, Liz, come stai? Ehi, ma non hai più il pancione!
-
- Non stavi andando a dormire, vero? -
- No, venite, entrate pure! - La ragazza fece un passo
indietro per far entrare le sue amiche. - Stavo per
preparare il caffè: lo prendete anche voi? -
- Sì, grazie -
Mentre entravano in cucina Liz fece le presentazioni. -
Charlene e Juliet, Michael e Maria. Università di San
Diego, West Roswell High -
Juliet tese sorridendo la mano verso la coppia. - Allora,
cosa ne pensate della California? -
- Veramente abbiamo visto solo la strada dall'aeroporto a
qui. Poi siamo stati troppo impegnati per avere il tempo
di girare - Maria sorrise con dolcezza al ricordo. -
Jason aveva fretta di nascere
-
- Possiamo vederlo? - chiese Charlene guardando Liz con
espressione implorante.
- Sì, ma fate attenzione a non svegliarlo, mi raccomando!
- Dopo aver dato un'occhiata al bollitore sul fuoco Liz
si avviò verso la sua camera da letto, dove aveva
sistemato il lettino del figlio. Accese l'abat-jour sul
comodino e si chinò sul bimbo. - Ecco qui il mio piccolo
Jason
-
- Oddio, ma è bellissimo! - esclamò Juliet con voce
soffocata. - E' un amore
-
Charlene rimase a fissare incantata il neonato. -
Complimenti, Liz, è splendido! -
Liz s'illuminò di orgoglio materno. - Grazie - disse
sottovoce, poi spense la luce e riaccompagnò le ragazze
in cucina. - Come mai da queste parti? -
Juliet si sedette e prese la tazza che Michael le mise
davanti. - Siamo andate al cinema e a mangiare qualcosa
in quel bar che hanno aperto la settimana scorsa, hai
presente? -
- Sì, è all'incrocio dopo il semaforo, giusto? -
- Già. Poi, visto che non era troppo tardi, abbiamo
pensato di venire a trovarti. Spero di non aver
disturbato: in fin dei conti hai partorito da poco
-
- Dove sei andata? - domandò Charlene.
- Veramente sono rimasta a casa. Mi hanno aiutato loro
- e indicò con un cenno del capo Maria e Michael.
- Cosa?!? Beh, avete avuto un bel coraggio! -
Maria fece una buffa smorfia. - Puoi dirlo forte
Se
ci ripenso mi vengono ancora i brividi! -
- Dai, Maria, siete stati bravissimi! - Liz sollevò la
propria tazza per fare un brindisi. - A Jason Maxwell
Parker Evans! -
Tutti imitarono il suo gesto tranne Michael, che rimase a
fissare pensieroso la tazza che teneva con entrambe le
mani. - Allora intendi dargli il suo nome
- mormorò
quasi fra sé, ma Liz lo udì e si fece molto seria. - E'
anche suo figlio - disse con tono deciso.
- Sei troppo generosa. Al tuo posto lo avrei mandato al
diavolo già da un bel pezzo
-
- Piantala, Michael! Se ci comportassimo tutti come te
sarebbe la fine! Cosa dovrei dire io, allora, con tutto
quello che mi hai fatto passare? Non farci caso, Liz,
parla solo perché gli piace sentire la sua voce! - Maria
diede un'occhiataccia al ragazzo. - Bevi quel caffè e
stai zitto! -
- Per favore, non litigate, adesso! - Liz si girò verso
le sue compagne di università. - Allora, dove andate per
le vacanze? - chiese continuando a sorseggiare la bevanda
ancora bollente.
L'indomani, dopo aver dato da mangiare al piccolo, Liz si
sedette sul divano e prese il telefono. Non aveva alcuna
voglia di parlare con la madre ma sapeva di non poter
rimandare oltre. Con un sospiro compose il numero. -
Pronto, mamma? Ciao, spero di non averti svegliata
- Si voltò verso Maria, seduta accanto a lei, e le cercò
la mano. - Senti, mi farebbe molto piacere che venissi
qui per qualche giorno. Può venire anche papà, se lo
desidera. E' da parecchio che non ci vediamo
-
Ascoltò per qualche secondo la risposta poi sorrise con
aria rassegnata. - Sì, lo so, non sono più tornata a
Roswell perché avevo molto da studiare però adesso sono
libera e sarei contenta di vedervi... - Tacque di nuovo e
scosse un po' la testa. - No, mamma, sto bene, solo che
non posso muovermi e vorrei che veniste voi. Devo
devo parlarvi di una cosa molto importante e
preferirei farlo di persona
Allora, pensate di
poter venire? - Attese mordicchiandosi nervosamente le
labbra poi chiuse gli occhi. - Bene, a lunedì. Grazie,
mamma - Interruppe la comunicazione e si lasciò andare
contro lo schienale. - Aiuto
- mormorò, mentre
Maria le stringeva le dita gelide. - Coraggio, sei stata
bravissima! Su, smettila di trremare, in fondo era solo
una telefonata! -
A quelle parole Liz tornò a guardare l'amica. - Credo
che quando arriveranno cadrò a terra morta stecchita -
- Non esagerare, adesso
Dai, andiamo a prendere
Jason: quel birbante avrà sicuramente voglia di un po'
d'aria fresca! -
Quando entrarono nella camera da letto di Liz si
fermarono di scatto sulla soglia. Semisdraiato sul letto
c'era Michael, che teneva il bambino in braccio e lo
guardava agitare allegramente mani e piedi.
- Michael
- Maria, profondamente commossa, lo chiamò
piano per non spaventare il bimbo.
Il giovane alzò di scatto la testa con aria colpevole. -
Scusami, Liz - disse prima di tenderle quasi a malincuore
il piccolo.
- No, continua pure a tenerlo tu. Non ha ancora fame e mi
sembra che gli piaccia stare con te
Vuoi venire
fuori? Si sta molto bene sul dondolo
-
Sorridendo riconoscente Michael si alzò badando a non
stringere troppo Jason nel timore di non farlo cadere e
seguì le due ragazze sul portico. - E' davvero un
bellissimo bambino, Liz, ma dovrai stare molto attenta
con lui. Nessuno ha bloccato la sua mente, e nei suoi
geni sono impressi gli stessi poteri e la stessa
conoscenza di Max: dovrai insegnargli quanto prima sarà
possibile a gestirli e a non farne uso davanti ad
estranei. Ti aspetta un periodo piuttosto impegnativo
-
- Per ora mi basta superare lunedì, quando verranno i
miei genitori - La ragazza si passò stancamente una mano
fra i capelli. - Immagino già i loro commenti
-
- Adesso preoccupati di Jason, credo che voglia mangiare!
- Michael le porse il neonato. - Hai ragione, sa farsi
capire fin troppo bene: ha una forza mentale incredibile
-
I due giovani si trattennero per tutto il resto della
settimana poi salutarono Liz e Jason e fecero ritorno a
Roswell per lasciare il posto ai signori Parker che, come
promesso alla figlia, arrivarono nella tarda mattinata
del lunedì successivo.
Liz indossava un paio di calzoncini corti ed un corpetto
allacciato sul davanti quando aprì loro la porta di
casa, e li abbracciò sentendosi tremare per l'emozione.
Non li vedeva da Natale e dovette riconoscere che gli
erano mancati. Indicò subito dove potevano sistemare i
bagagli poi li condusse fuori, sul portico, che dava su
un piccolo giardino non troppo curato ma oltre il quale
si poteva vedere l'azzurro dell'oceano. - Quando vi dissi
che volevo cambiare università - iniziò con fare
esitante, - non era solamente perché non sopportavo più
di stare in un posto che mi ricordava Max
Il fatto
è che
ecco, io
aspettavo un bambino
-
concluse a voce così bassa che per un attimo pensò che
non l'avessero sentita.
A quelle parole sua madre sbiancò e suo padre s'irrigidì.
- E Max? - disse con fare inquisitorio.
- Max è scomparso prima che sapessi di essere incinta.
Dopo l'incidente è rimasto una settimana al campus, poi
è partito senza dire a nessuno dove intendeva andare.
Non lo sa neppure Isabel! - Liz si appoggiò contro la
ringhiera e volse il capo in direzione della finestra che
corrispondeva alla sua stanza. - E io non volevo che la
sua famiglia sapesse del bambino -
- Perché? - le chiese dolcemente Nancy Parker.
- Perché Jason è mio e di Max. Se un giorno Max tornerà
da me troverà anche lui, ma se per un qualche motivo non
dovesse ritrovare la memoria non voglio che si senta
obbligato a sposarmi! Non lo sopporterei
-
- Tesoro, non è facile crescere un figlio da soli, per
di più mentre si è impegnati con lo studio! -
- Cosa dovrei fare, allora? Tornare a Roswell? Lì non c'è
l'università, e se non mi laureo che futuro potrò mai
offrire al mio bambino? Qui sto bene, ho nuovi amici, e
ho perfino il permesso di portare Jason con me alle
lezioni! -
- Possiamo vederlo? -
La pacata interruzione del padre servì a calmarla. - Sì,
certo - Senza aggiungere altro li condusse fino alla sua
stanza e indicò il lettino in cui dormiva placido il
piccolo.
I coniugi Parker fissarono il bimbo con una sorta di
reverente stupore poi uscirono silenziosamente come erano
arrivati.
- E' un bambino splendido e deve avere solo pochi giorni,
vero? - osservò sua madre.
- Infatti. E' nato mercoledì alle due del pomeriggio, un
mese prima del tempo, ma è andato tutto bene. -
- Lo hai già fatto registrare? -
- Sì. Si chiama Jason Maxwell Parker Evans - fu la
risposta un po' secca di Liz.
Suo padre sbuffò. - Max Evans
Che cosa ci troverai
mai, in lui?
-
La ragazza strinse le labbra per non rispondergli male,
poi si avvicinò al frigo. - Volete qualcosa da bere? -
chiese per pura cortesia.
- In quale ospedale sei andata? - le domandò la madre
mentre sorseggiava un bicchiere di limonata.
- Ho partorito qui, con l'aiuto di Maria e di Michael.
Non mi ha vista nessun medico, né prima né dopo. C'è
altro che volete sapere? -
La donna guardò perplessa il marito poi di nuovo la
figlia. - Noi ci preoccupiamo per te, cara, e per Jason.
Mettere al mondo un bambino non è poi così semplice
-
- Lo so benissimo! - Liz si sedette tenendo gli occhi
bassi. - Il fatto è che Max, quando mi ha guarita, ha
cambiato qualcosa dentro di me e non potevo permettere
che qualcuno lo scoprisse
Ma sto bene, davvero
No, mi manca
mi manca moltissimo
- Il viso le
si rigò di lacrime improvvise. Con un gemito si portò
la mano davanti alla bocca e corse via.
La madre, preoccupata, la seguì ma si fermò sulla
soglia della stanza vedendola inginocchiata accanto al
lettino con una mano posata dolcemente sulla schiena del
bimbo. "Liz, tesoro, non sai quanto mi dispiaccia
vederti così triste
" Scuotendo la testa tornò
in cucina. - E' con Jason, adesso. Vorrei tanto poterla
aiutare
-
- Questo può farlo solo Max, ma quel disgraziato sembra
sparito dalla faccia della terra! - L'uomo guardò
pensoso fuori della finestra. - Non so che fare -
Nei giorni che seguirono i due cercarono di aiutare la
figlia provvedendo alle mille piccole incombenze
quotidiane ma alla fine la ragazza, esasperata, riuscì a
convincerli di essere in grado di cavarsela da sola e
assisté con un certo sollievo alla loro partenza.
Quella notte dormì poco e male e quando infine giunse
l'alba si alzò, diede il latte al figlioletto, lo lavò
e vestì prima di prepararsi a sua volta, e si recò in
spiaggia. Data l'ora non c'era nessuno, solo lei e Jason,
e i gabbiani che si rincorrevano sfiorando la cresta
delle onde, bianca di spuma.
"Caro diario, ho cercato di ricostruirmi una vita ma
se non fosse per il mio piccolo e adorabile Jason credo
che non ce la farei ad andare avanti
Ogni mattina,
quando apro gli occhi, so che se non ci fosse lui
resterei lì, sdraiata, fino a morire d'inedia, ma Jason
sembra sentire che sono sveglia e mi chiama, e allora mi
alzo e ricomincio a respirare, a camminare, a vivere. E
ho solo diciannove anni
Oh, Max, incontrarti e
amarti è stato bellissimo, e ti ringrazio per avermi
dato questo angioletto, ma vorrei così tanto averti di
nuovo qui, con me
Dove sei, adesso? Cosa stai
facendo?"
Mancava ormai poco più di una settimana alla ripresa dei
corsi, e dopo una semplice telefonata di preavviso Maria
si presentò un giorno alla porta di casa di Liz.
- Maria, sono così contenta di rivederti! - l'accolse
sorridendo la ragazza. - Vieni, stavo cambiando Jason
-
Sedutasi sul bordo del letto Maria seguì interessata
l'operazione. - Mm, è cresciuto un bel po', sai? -
- Sì, mangia come un piccolo lupo! Dov'è Michael? -
- Sta parcheggiando. Questa volta abbiamo preso una
macchina a noleggio all'aeroporto. Se vogliamo visitare i
dintorni, considerato tutto l'occorrente necessario per
questo marmocchietto, abbiamo bisogno di un bel po' di
spazio così abbiamo scelto una station wagon. Solo che
davanti casa tua non c'era posto
- Sentendo il
campanello suonare scattò in piedi. - Eccolo, è tornato!
- e si precipitò alla porta.
Mentre Liz faceva la doccia Maria andò in cucina a
preparare il bollitore per il caffè. Era quasi
mezzogiorno e la stanchezza del viaggio cominciava a
farsi sentire. Canticchiando aprì il frigorifero e
sorrise soddisfatta nello scoprire un avanzo di torta
alla crema. - Ehi, che meraviglia! - La estrasse con
cautela e cercò un coltello per tagliarla. Mentre posava
i piattini sul tavolo sentì suonare il campanello. -
Michael, vai tu, per favore? - disse ad alta voce per
farsi sentire.
- Sì! - Michael, continuando a tenere in braccio Jason
intento a giocare con il colletto della sua camicia, aprì
senza chiedere chi fosse e per un attimo rimase senza
fiato. - Oh
- riuscì solamente a dire.
- Michael, chi è? -
Il nuovo arrivato guardò da Maria a Michael. -
Congratulazioni
- disse sorpreso.
Nell'udire una voce sconosciuta Jason si girò verso la
fonte e spalancò gli occhioni scuri sorridendo tra mille
gorgoglii, le braccia tese ed i piccoli piedi
festosamente scalcianti.
- Ehi, vuoi venire da me? -
Il bambino si agitò ancora di più nel tentativo di
raggiungerlo così Michael si decise a passarglielo.
Mentre cercava di prenderlo senza fargli del male il
piccolo gli posò le manine sulle guance squittendo
felice e un'improvvisa serie di immagini sembrò
esplodergli nella mente, prima fra tutte quella del suo
stesso volto. - Io non
non capisco
-
- Jason è tuo figlio, Max -
Il giovane scosse incredulo la testa. - No, non è
possibile
- Sistemò il bimbo nell'incavo del
braccio e con la mano libera gli sfiorò il capo. Di
nuovo immagini di se stesso, e di Liz, Liz che gli
sorrideva, Liz che lo guardava piangendo, che lo
stringeva a sé dandogli calore e affetto
E poi di
nuovo il suo viso. Capì che quelli erano ricordi del
bambino, cui si sovrapponevano quelli di sua madre, e
sentì il cuore scoppiargli nel petto. Piano piano scivolò
in ginocchio serrando forte il piccolo, che prese a
battergli le piccole mani sulle spalle continuando a
scalciare contento. - Oh mio dio
-
- Guarda un po' chi si rivede
Come hai fatto a
trovarci? - Maria, un'espressione dura sul viso, si
avvicinò e lo guardò scostante.
Max alzò lo sguardo su di lei per un attimo, poi tornò
a fissare il figlio. - Avevo bisogno di parlare con
Michael e ho chiesto di voi allo sceriffo. Mi ha detto
che forse vi avrei trovato qui -
- Già, forse. Siamo solamente passati a prendere Liz e
il bambino: partiamo domattina. E tu non sei gradito -
Senza dargli il tempo di ribattere si girò e sparì
all'interno della casa.
Non appena fu certa che Max non potesse vederla corse in
bagno e bussò freneticamente finché Liz non le ebbe
aperto. - Maria, cosa c'è? Sembri sconvolta! -
- E' naturale, è appena arrivato Max -
- Come? - La ragazza si strinse l'asciugamano intorno al
corpo e dovette appoggiarsi alla parete per non cadere. -
Allora
? -
- No, non ricorda ancora niente. Io
non te l'ho
detto prima proprio per questo
Vedi, lui è tornato
a Roswell giovedì scorso. Così, all'improvviso. Io
avevo appena aperto il Crashdown e me lo sono visto lì,
sulla soglia.. Giuro che mi è preso un colpo! - Maria si
sedette sul bordo della vasca e riprese il suo racconto.
- Cercava Michael, che non aveva trovato a casa perché
il giorno prima era andato con Kyle a fare una
commissione ad Albuquerque, e sperava che fosse al Café
Beh, sai com'è Max
Non ti dice niente se proprio
non è costretto, e sa mantenere quella faccia così
così impassibile
Insomma non ho la più pallida
idea di quello che ha fatto in tutto questo tempo, so
solo che, quando è tornato, Michael ha passato con lui
un giorno intero poi mi ha detto di chiamarti per
organizzare questo viaggio. Io credo che
sia per
qualcosa che gli ha detto Max
-
- Vuoi dire che
- Liz si sentì tremare al solo
pensiero. - vuoi dire che ha paura per me? -
- Oh no, Liz, non volevo dire questo! - Maria balzò in
piedi e la strinse in un abbraccio affettuoso. - No,
intendevo dire che forse è meglio che tu non lo veda!
Anche se non si ricorda di te Max non ti farebbe mai del
male! Questo lo sai, vero? -
- Sì, lo so. Maria, ma cosa sta succedendo? -
- Non ne ho idea. Comunque, se vuoi, puoi scoprirlo da te.
Ora è di là con Michael. Ha visto Jason, lo ha preso in
braccio
-
A quelle parole la ragazza si liberò di scatto e fece
per correre fuori ma l'amica spinse decisa una mano
contro la porta. - Prima però vestiti, mi raccomando! -
Liz la guardò quasi senza capire, poi sorrise suo
malgrado e annuì mentre usciva in corridoio.
Michael e Max sedevano entrambi sul divano nel soggiorno
quando la ragazza li raggiunse. Per un attimo sentì il
cuore mancarle e dovette farsi forza per continuare a
camminare. - Ciao - disse con voce esitante, gli occhi
irresistibilmente attratti dalla figura slanciata del
giovane.
- Ciao, non intendevo disturbarti. Non sapevo che vivessi
tu in questa casa
-
- Già - Liz comprese il sottinteso e si morse le labbra
per non piangere. "Se lo avessi saputo non ci
avresti mai messo piede
Bene, si vede che doveva
andare così
" Si chinò su di lui per
prendergli Jason. - Scusami, devo dargli da mangiare -
- Sì, ha fame
- Max la fissò senza lasciar
trasparire nulla delle sue emozioni. - Puoi sentire i
suoi pensieri? - domandò, sentendosi stordire dal
profumo della sua pelle.
- Qualcosa del genere, sì - e senza aggiungere altro
tornò in camera da letto. Mentre si accomodava sulla
sedia a dondolo di bambù regalatale dai genitori ricambiò
lo sguardo intento del bimbo. - Sì, amore, è il tuo papà.
Hai visto com'è bello? - Slacciò i primi bottoni del
leggero abito a fiori che aveva indossato solo pochi
minuti prima e sorrise con dolcezza mentre una lacrima le
scivolava lungo la guancia.
Di là, nel frattempo, Maria, sedutasi di fronte a Max,
era rimasta a guardarlo gelida. - E dire che una volta la
invidiavo per il rapporto che aveva con te
Povera
Liz, non la meriti affatto! -
- Piantala, Maria - Michael le prese una mano e gliela
strinse dolcemente. - Non è colpa di nessuno
E'
stato solo
il destino
-
- Destino! Bah! - La ragazza si sistemò meglio contro la
sua spalla e continuò a fissare Max.
- Avanti, sentiamo, perché hai fatto tutta questa strada
per parlarmi? - chiese Michael.
- Perché non hai acceso il tuo cellulare - Il giovane si
curvò in avanti poggiando i gomiti sulle ginocchia. - Io
capisco che tu non voglia più avere niente a che fare
con Antar, però questo non vuol dire che lo si possa
cancellare dalle nostre vite così, come se non fosse mai
esistito! Zoltar ci vuole morti, e sta per mandare una
squadra qui, sulla Terra! -
- Accidenti a te, Max!!! - Infuriato, Michael scattò in
piedi e cominciò a camminare nervosamente su e giù per
la stanza. - Maledizione, per tutto questo tempo siamo
stati tranquilli, noi qui e loro su quello stramaledetto
pianeta! Ma tu no, non potevi resistere lontano da Tess,
così ora siamo in un bel pasticcio! Pensa cosa faranno a
Jason se riusciranno a mettere le mani su di lui! -
A quelle parole Max si sentì mancare. L'idea del figlio
in pericolo di vita per colpa sua lo sconvolse. - Io
non pensavo
-
- Esatto, non pensavi! - L'amico si fermò a fissarlo con
cattiveria. - E dire che mi lamentavo di te quando eri
semplicemente Max Evans!
Come Zan di Antar sei
qualcosa di assolutamente impossibile! Sei più testardo,
arrogante e stupido di quanto lo sia mai stato io in
tutti questi anni! Perfino Isabel si tiene lontana da te!
Non capisci che stai facendo del male ad un sacco di
gente? Accidenti, ma cosa bisogna fare per ridarti la
memoria? Vuoi un'altra botta in testa? -
Maria seguiva affascinata la scena. Michael non era mai
stato così eloquente, ed era un vero piacere sentirgli
dire a Max tutto quello che lei stessa avrebbe voluto
rinfacciargli fin dal giorno in cui si era svegliato e
aveva cominciato a trattare Liz con ostentata
indifferenza.
Profondamente ferito dall'attacco del suo amico Max si
alzò a sua volta e senza dire niente se ne andò.
- Sì, bravo, vattene! Fuggi come un vigliacco! Ma ti
ricordi tutte le volte in cui tu e Isabel mi avete detto
di restare e combattere? Beh, adesso sono io a dirlo a te:
resta e combatti! Non c'è bisogno di fare un viaggio di
anni-luce, basta che ti guardi intorno e troverai un
mucchio di cose contro cui lottare, e altrettante per cui
farlo! Basta che dia un'occhiata dentro di te, credimi! -
Inseguito da quelle parole durissime il giovane si ritrovò
davanti alla porta della camera da letto di Liz.
Trattenendo il fiato fece un passo avanti e la vide
seduta sulla sedia a dondolo, intenta ad allattare il
loro bambino. Jason agitava allegro una manina e lei
giocava con le sue dita, mentre un alone dorato si
sprigionava dai punti di contatto. Come ipnotizzato entrò
e si mise in ginocchio accanto a loro, poi alzò una mano
e con l'indice sfiorò delicatamente il minuscolo palmo
del figlio. L'alone s'ingrandì, e alzando gli occhi Max
incontrò lo sguardo di Liz. Si fissarono a lungo senza
parlare. Nel velluto scuro delle iridi di Max si
leggevano una profonda desolazione e smarrimento, in
quelle della ragazza tenerezza e dolore.
- Mi dispiace, Liz, davvero
- mormorò lui prima di
tornare a fissare Jason. - Io non volevo
-
s'interruppe. Non sapeva cos'altro dire. Non voleva
Erano così tante le cose che non avrebbe voluto e che
invece
Se solo fosse stato possibile tornare
indietro
Si curvò per deporre un bacio sulla
testolina del bimbo poi si rialzò e uscì per sempre da
quella piccola casa vicino all'oceano.
Continuando a cullare Jason Liz non riuscì a trattenere
le lacrime. "Adesso è davvero finita
"
Un'ora più tardi tornò in soggiorno. Maria si era messa
a sfogliare una rivista mentre Michael guardava la
televisione senza seguire i dialoghi, ma entrambi
alzarono gli occhi nel vederla arrivare.
- Non è più necessario partire, credo - disse sottovoce
poi andò a sedersi sul divano. - Michael, ti prego,
vorrei che mi dicessi tutto quello che ti ha raccontato
Max
-
Il giovane prese il telecomando e spense la televisione
per prendere tempo ma davanti all'espressione intensa di
Liz si passò le mani fra i capelli e diede un'occhiata a
Maria, che ricambiò lo sguardo con aria di sfida.
- Sì, gliel'ho detto io! Santo cielo, si tratta di Max!
Come puoi pensare di tenerle nascosto qualcosa?!? -
Sbuffando Michael sedette più eretto. - Ok. Bene, Max
era diretto verso Antar ma è stato intercettato da una
pattuglia di controllo del Consiglio e condotto su Zoltar.
Lì lo hanno rinchiuso in cella senza neppure dargli il
tempo di essere sottoposto al giudizio della corte
marziale. Non è entrato nei dettagli, comunque ad un
certo punto è riuscito a scappare ed ha rubato un mezzo
con cui ha raggiunto Antar. Naturalmente si è rifugiato
a palazzo, da Tess e Nasedo, ma alla fine è scappato
anche da lì e si è deciso a tornare sulla Terra -
- Non pensi di aver tralasciato qualcosa? - borbottò
Maria. - Dille tutto quello che sai, avanti! -
Il giovane accavallò le gambe e roteò gli occhi. - Uffa
Quando era prigioniero su Zoltar Max è stato interrogato
perché rivelasse dove ci troviamo Isabel ed io ma è
riuscito a non rivelare nulla solo, particolare
trascurabile, ha abbandonato lì l'astronave con i piani
di volo ancora in memoria! Poi, su Antar, all'inizio è
stato accolto con tutti gli onori da Nasedo e Tess.
Quell'intrigante è riuscita persino a convincerlo a
sposarla, ma alla fine ha rivelato la sua doppia faccia:
il Consiglio le ha concesso pieni poteri e lei governa
insieme a quel mostriciattolo di Nasedo, e non ha
mostrato nessuna intenzione di permettere a Max di dire
la sua. La gente è abbastanza soddisfatta di come vanno
le cose, però qualsiasi decisione di una certa
importanza deve essere sottoposta al Consiglio e sembra
che Tess non vi ricorra praticamente mai. Max sospetta
che sia legata a doppio filo con Zoltar ma quando ha
cominciato a indagare lei ha contattato May Hornem,
l'alter ego del presidente Volnis. A quanto pare quella
vipera non disdegnava la compagnia di Max, ma nel momento
in cui lui è diventato scomodo ha deciso di liberarsene
Appena gli è stato possibile sottrarsi alla sorveglianza
delle pseudo guardie del corpo che lei gli aveva messo
alle costole, è tornato su Zoltar. Non ho idea di come
abbia fatto a recuperare l'astronave, non me l'ha detto,
però è riuscito a rientrare sulla Terra. Si è subito
reso conto che la strumentazione era stata manomessa, il
che vuol dire che hanno duplicato i piani di volo per
studiarli. Di conseguenza, c'è da aspettarsi l'arrivo di
una squadra di cacciatori alieni! -
Liz nascose il volto tra le mani. "Max
ha
sposato Tess
Ecco perché era così a disagio
"
Fu più forte di lei: prima che Maria potesse fermarla
scattò in piedi e corse via. Senza mai fermarsi arrivò
fino alla riva del mare e si lasciò cadere sulla sabbia.
"Oh, Max, come hai potuto
" Si strinse le
ginocchia al petto e scoppiò in un pianto dirotto.
Pianse a lungo, fino a sentirsi sfinita, poi si raddrizzò
lentamente. "Terminerò gli studi e dopo tornerò a
Roswell. E' inutile restare qui, tanto i ricordi mi
perseguiteranno sempre
ma almeno Jason potrà
vedere suo padre, ne ha tutto il diritto
" Con
il dorso della mano si asciugò rabbiosamente le guance.
- Ok, Liz, lo sapevi fin dall'inizio che innamorarsi di
un alieno non era la cosa più intelligente da farsi, ora
devi solo pagarne le conseguenze! - Dopo un ultimo
sguardo alla vastità azzurra dell'oceano girò su se
stessa e tornò in casa.
Michael la guardò senza parlare mentre cominciava a
radunare tutto il necessario per accudire Jason per
diversi giorni. Maria, invece, si limitava a seguirla
tenendo aperto il borsone in cui infilava man mano
confezioni di pannolini, tubi di crema, bavaglini e
tutine. - Questo significa che intendi partire lo stesso?
-
- Perché no? Ormai ho fatto l'idea a questo viaggio, e
non voglio perdere l'occasione di conoscere i dintorni. A
parte qualche giro coi miei compagni prima che nascesse
Jason, non mi sono più mossa da San Diego
-
- Bene, ottima idea! Ce l'hai un altro borsone dove
mettere i tuoi vestiti? -
- Sì, è sopra l'armadio -
- Ok, vado a prenderlo. Michael aveva pensato di partire
verso le nove, che ne dici? -
- Perfetto! - Liz chiuse la borsa ormai piena e si girò
verso l'amica. - Io andrò avanti anche senza di lui. Ci
riuscirò, vedrai! - disse con gli occhi lucidi.
- Lo so - Maria le sorrise. Sì, Liz era molto forte e ce
l'avrebbe fatta. Per Jason, ma anche per se stessa
Nei giorni che seguirono andarono a vedere l'osservatorio
di Monte Palomar e poi si spinsero più a nord, fino a
Long Beach.
Jason si comportò molto bene, mangiò e dormì
regolarmente, senza risentire in alcun modo del cambio di
ambiente, e Maria lo viziò in maniera spaventosa.
Qualche volta Liz sorprendeva lo sguardo meditabondo di
Michael sulla sua compagna quando teneva in braccio il
piccolo e un sorriso divertito le stirava allora le
labbra. Chissà, forse non avrebbe dovuto aspettare poi
tanto tempo per diventare zia
Quando tornarono a San Diego erano tutti molto abbronzati
e allegri. Avevano fatto molte escursioni ed erano
perfino andati a fare il bagno nell'oceano con gran
divertimento di Jason, che aveva sviluppato un grande
amore per l'acqua.
Michael e Maria, dopo essersi assicurati che Liz avesse
tutto quello di cui poteva aver bisogno, ripartirono per
il New Mexico, ed il giorno successivo la ragazza riprese
le lezioni.
Intanto a Roswell i genitori di Max avevano convinto il
figlio a tornare ad Albuquerque con Isabel, che era molto
preoccupata per l'atteggiamento del fratello. Sapere che
Liz aveva avuto un figlio da lui l'aveva lasciata
sconvolta, e il fatto che Max avesse sposato Tess non
rendeva le cose più semplici. Quello che però il
giovane non aveva rivelato a nessuno era che, mentre
cercava di fuggire dal palazzo in cui vivevano, Tess
aveva tentato di fermarlo temendo che volesse sobillare
la gente contro di lei e Max, per salvarsi la vita, aveva
dovuto ricorrere ai suoi poteri: la ragazza era morta in
una vampa di luce che aveva completamente disintegrato il
suo corpo.
Né avrebbe mai parlato delle terribili torture che aveva
dovuto subire quando era nelle mani di Hornem, cui era
riuscito a sopravvivere facendo ricorso a tutta la sua
energia, torture che lo avevano così indebolito da
lasciargli appena la forza di mantenere la concentrazione
necessaria per controllare le sue funzioni vitali e al
cui confronto quelle inflittegli da Pierce erano poco più
che dispetti infantili. La sua mente aveva vacillato più
di una volta ma qualcosa lo aveva costretto a reagire, a
lottare, qualcosa di caldo e intimo cui aveva attinto a
piene mani e che aveva creduto gli venisse dalla sua
mancata sposa. Per questo aveva riposto tutta la sua
fiducia in Tess e nel suo tutore, fiducia che pian piano
si era sgretolata quando aveva capito il gioco di quei
due. E il dubbio aveva cominciato ad insinuarsi nel suo
cuore quando aveva visto Liz tenere in braccio il loro
bambino. Possibile che si fosse sbagliato fino a quel
punto? Possibile che fosse stato il ricordo di Liz, e non
di Tess, a mantenerlo in vita quando tutto gli sembrava
perduto? Ma perché non gli tornava la memoria? Erano
trascorsi ormai dieci mesi, questo voleva dire che non
avrebbe mai più ritrovato quella parte della sua vita
che, secondo Isabel, era persino più importante di ciò
che Antar rappresentava per tutti loro? Per adesso,
tuttavia, non c'era nulla che lui potesse fare se non
tentare di reinserirsi nella realtà di Max Evans, per
quanto estranea gli sembrasse. Perché non era rimasto
nient'altro
Antar non aveva bisogno di lui, il
Consiglio di Zoltar aveva decretato la sua morte e quella
di Michael ed Isabel, e tutto quello che poteva fare era
rimanere al loro fianco. Però avvertiva un profondo
senso di perdita e sapeva che sarebbe stato molto
difficile resistere alla tentazione di farla finita.
Isabel aveva cercato più volte di convincerlo a dirle
cosa lo tormentasse ma ogni volta aveva dovuto cedere
davanti al suo ostinato rifiuto. - Almeno parla con
Michael! Ti prego, non puoi continuare a tenerti tutto
dentro! Ti rendi conto che hai solamente diciannove anni
e un'intera vita da vivere? Ormai sei qui, sulla Terra,
questo è il tuo mondo, e devi fartene una ragione!
Smettila di comportarti come un martire, tu sei un
semplice ragazzo, e ora hai un figlio di cui prenderti
cura! Va bene, hai commesso degli errori, ma chi è che
non ne fa? -
Max l'aveva guardata senza dire una parola poi si era
messo i libri sotto il braccio e, alzatosi dalla panchina
su cui la sorella lo aveva invitato a sedere per potergli
parlare in tutta tranquillità, se n'era andato verso il
dormitorio maschile. Stavolta il suo compagno di stanza
era un ragazzo di origini messicane molto aperto e
gioviale, si chiamava Danny Mendez ed era un genio in
matematica, ma, dopo averlo invitato un paio di volte ad
unirsi a lui e ad i suoi amici, aveva capito che Max
desiderava essere lasciato in pace e si era ritirato in
buon ordine.
Il giovane trascorreva molto tempo in biblioteca. Non
aveva niente di meglio da fare così aveva deciso di
dedicarsi completamente allo studio. Sapeva che si
trattava di un modo come un altro per riempire il vuoto
che sentiva dentro, ma non aveva voglia di analizzare i
suoi pensieri e quindi cercava di concentrarsi su cose più
semplici.
La sorella lo teneva d'occhio con discrezione. Non si
fidava della sua aria tranquilla e indifferente, e faceva
di tutto per non lasciarlo troppo tempo da solo. Finché
un giorno lo sorprese intento a guardarsi le mani con
aria quasi di disgusto. - Max, tutto bene? - gli chiese
preoccupata.
Lui scosse lentamente la testa. - Isabel, come fai a
comportarti così, come una ragazza qualunque? -
Isabel si strinse nelle spalle e gli sedette accanto. -
Anni di esperienza, immagino, e sapere che non c'è
niente che io possa fare per cambiare le cose
Non
so se e quando i nostri nemici ci troveranno, né intendo
vivere nel terrore. Non è stato mai facile, a Roswell
eravamo sempre sul chi vive, ma poi abbiamo imparato a
conoscere i nostri poteri, a controllarli, soprattutto
grazie a te, e ho cominciato ad avere veramente fiducia
in me stessa. Tu mi hai aiutato tantissimo e vorrei tanto
poterti ricambiare
Non potrò mai perdonarmi per
averti lasciato da solo, ma non me la sentivo di
abbandonare tutto questo per un mondo che aveva già
dimostrato di non avere bisogno di noi! Max
davvero
ami Tess? -
- Cosa c'entra questo, adesso? - borbottò Max
infilandosi le mani in tasca e volgendo lo sguardo
altrove.
- Tess ha sempre brigato per attirare la tua attenzione,
però posso dirti che se lei ti avesse amato come ti ama
Liz non ti avrebbe fatto tanto male! -
- Che vuoi dire? -
- Max, lei ti ha usato fin dall'inizio, lo capisci? Ha
cercato di dividerci mettendoci contro con la storia del
destino delle coppie, poi non ha esitato un momento a
restare su Antar per governare in tuo nome, infine ti ha
convinto a sposarla prima di venderti al Consiglio! Ora
ha il diritto legale di rappresentarti e non ha più
bisogno di te, così ti ha sguinzagliato dietro i soldati
di Volnis. Sì, in effetti ce n'è abbastanza per
giustificare la tua paranoia ma se non trovi il modo di
venirne fuori finirai con l'impazzire
Io non posso
insegnarti come fare, è una cosa che devi trovare in te,
e una volta lo sapevi! Max, maledizione, quando ti tornerà
la memoria? - Lo fissò disperata. Gli voleva un bene
dell'anima e desiderava saperlo di nuovo il ragazzo
sereno e dolcissimo che era prima che una stupida partita
di basket gli rovinasse la vita.
- Isabel
- Il tono del giovane era basso, esitante,
sofferente. - Ho ucciso tanta gente per riuscire a
liberarmi, prima su Zoltar e poi su Antar
Io
non posso dimenticare i loro volti, la loro paura
Le mie mani sono sporche di sangue
Eppure una volta
sapevano guarire
Come posso essere cambiato fino a
questo punto? -
Ricordando le parole di Michael la ragazza gli prese le
mani tra le sue e lo guardò negli occhi. - Tu non sei
cambiato, Max, è solo che la tua parte umana è finita
in un angolo nascosto della tua mente e non riesce a
riemergere
Adesso è la tua essenza aliena che ha
preso il sopravvento, e nessuno può sapere dove tutto
questo ti porterà perché quello che ricordi doveva
servirti per vivere e regnare su Antar, mentre qui le
cose sono molto diverse e tu hai dimenticato questa realtà!
Quando la memoria ti tornerà scoprirai il modo per
riordinare il caos che ora provi ma credimi: sei una
persona meravigliosa, e se hai ucciso è stato solo per
difenderti
Non devi sentirti in colpa per questo
- Gli accarezzò gentilmente il dorso delle mani. - Forse
dovresti parlare con Liz. Vi siete sempre capiti così
bene
Lei potrebbe aiutarti
-
A quelle parole Max chiuse gli occhi trattenendo a stento
un gemito. Come poteva andare da lei quando sentiva
ancora il cuore battergli forte al ricordo della passione
che lo aveva unito a Tess? Forse quella ragazza gli aveva
manipolato la mente, ma ciò non toglieva il fatto che
lui aveva diviso il suo letto, l'aveva sposata, l'aveva
uccisa. No, non poteva tornare da Liz
Ma c'era
Jason, suo figlio, e lui desiderava moltissimo rivederlo.
Fu così che verso la fine di settembre, quando la
sorella lo invitò ad andare con lei a Roswell dai
genitori, lui declinò l'offerta. - Veramente
pensavo di andare a trovare Jason -
A quelle parole Isabel sorrise. - Michael mi ha fatto
vedere le foto che hanno fatto al mare: è un bambino
bellissimo! Mi piacerebbe molto vederlo, e immagino cosa
direbbe la mamma
Perché non gliene hai ancora
parlato? -
Erano in fila a mensa, ed il giovane si chinò in avanti
per prendere le posate. - Ho bisogno di tempo. Ora come
ora non me la sento
-
Comprendendo il turbamento che doveva provare per quella
situazione così ingarbugliata la ragazza decise di
cambiare discorso. - Ho parlato con Morgan, poco prima di
venire qui: ti saluta -
- Grazie. Come vanno le cose, fra voi due? -
Piacevolmente sorpresa per l'insolito interesse del
fratello, Isabel rispose senza esitare. - Bene, molto
bene! Ci è capitato persino di avere
-
s'interruppe di colpo ricordando di trovarsi in mezzo ad
una piccola folla e ridusse la voce ad un sussurro - di
avere delle visioni
- concluse guardandolo
significativamente negli occhi.
Lui ricambiò lo sguardo senza capire e la sorella lo
fissò costernata. - O mio dio, non ti ricordi delle
visioni? - Si volse per rispondere alla domanda
dell'addetto al bancone poi lanciò un'occhiata a Max. -
Adesso non è il caso di parlarne, ma
Hai da fare,
stasera? -
- Certo, come no! Ci sono cinque capitoli di
microbiologia che mi aspettano ansiosi!
- le
rispose lui con un certo sarcasmo.
- Ok, allora riprenderemo il discorso dopo cena! - e tese
una mano per prendere il piatto che l'inserviente le
stava porgendo.
In realtà dovettero rinviare la chiacchierata a dopo la
mezzanotte perché Patricia, che quel semestre divideva
la stanza con Isabel, li aveva raggiunti al tavolo ed
aveva insistito perché si unissero a lei e Tony per
andare al cinema.
Era quindi molto tardi quando i due fratelli, dopo aver
salutato gli amici, s'incamminarono nel parco e sedettero
su una panchina, illluminata da una bellissima luna piena.
Max distese le lunghe gambe ed incrociò le braccia sul
petto. - Ok, adesso parlami di queste visioni - mormorò.
La ragazza s'infilò le mani in tasca voltando il viso
per studiare la sua reazione. - In momenti di forte
tensione noi abbiamo delle visioni, questo te lo ricordi,
vero? - e al cenno affermativo del giovane proseguì. -
Quando questi momenti sono
condivisi
anche
l'altra persona può averle
E' successo con Maria,
e soprattutto con Liz. E il fatto che sia capitato anche
a me e Morgan mi rende felice perché significa che il
nostro è un rapporto molto profondo
Certo, sul
momento Morgan ne è rimasto sconvolto, però poi si è
abituato all'idea
-
- Di che tipo di visioni si tratta? -
- Di solito immagini del passato. Una volta tu e Liz le
avete addirittura provocate e siete riusciti a
rintracciare uno dei due graniliti -
- E come abbiamo fatto a provocarle? - chiese Max
perplesso.
Isabel sorrise suo malgrado. - Non avete fatto altro che
baciarvi. Ricordo che avevamo preparato l'appartamento di
Michael con tante candele, ma poi arrivò Maria e vi
interruppe sul più bello
-
Max si rabbuiò. "Liz
" Per un momento
rivide se stesso con Tess, mentre facevano l'amore nella
loro camera da letto, poi di colpo i capelli della
ragazza divennero scuri, i suoi lineamenti cambiarono, e
fu Liz. Con un brivido si alzò e fece qualche passo in
avanti dando le spalle alla sorella. - Perché ho
dimenticato questa vita e ricordo solo l'altra? - domandò
con tono disperato.
- Forse perché lo vuoi - Isabel parlò sommessamente. -
Dopo l'incidente, vedendo che non ti tornava la memoria,
ho fatto qualche ricerca su Internet ed ho letto che
l'amnesia può avere un'origine traumatica oppure
psicologica. In questo caso siamo noi stessi a rimuovere
qualcosa che ci causa sofferenza. Forse questo è il modo
che, inconsapevolmente, hai scelto per sopravvivere
Tu hai sempre avuto un forte senso del dovere, che ti ha
costretto più di una volta a fare delle scelte molto
difficili, come quella di affrontare un mondo pressocché
sconosciuto per esaudire la richiesta di nostra madre
Non ti sei mai tirato indietro, sei sempre sembrato così
forte, così deciso
Ma evidentemente il tuo lato
umano alla fine ha chiesto il suo prezzo e tu lo hai
pagato facendo una scelta -
- Quella sbagliata, a giudicare da quanto che mi ha detto
Michael
- Max si era voltato di nuovo verso di lei
e la guardava negli occhi. - Secondo lui avrei fatto
meglio a dimenticarmi di Antar -
- Hai dato la tua vita ben due volte, per quel maledetto
pianeta! - La ragazza scattò in piedi con un'espressione
accorata sul bel viso. - Anch'io ero desiderosa di
tornare sul nostro mondo natale, ma dopo tutti gli
intrighi ed il sangue versato, compreso il tuo, fu chiaro
che in realtà quella gente non aveva davvero bisogno di
noi: voleva solo un simbolo, una bandiera da seguire! Tu
hai dato tutto te stesso per Antar! Per questo non volevo
che ci tornassi e non ti ho seguito: io ormai avevo
scelto la Terra, e avrei dato non so cosa perché tu
facessi lo stesso! Ma tu sei l'erede al trono, non potevi
sottrarti a questa responsabilità, e alla fine hai
dovuto pagare un prezzo altissimo
Hai perso
qualcosa di meraviglioso, che forse non ritroverai mai più
Non importa se adesso c'è Jason: Liz era parte di te,
della tua anima! -
A quelle parole il giovane scosse le spalle esasperato. -
Beh, adesso non ci sono più né Antar né Liz, e questo
è tutto! -
Isabel lo fissò negli occhi cercando di capire cosa lui
stesse provando davvero in quel momento. - Sei così
triste, amaro
- mormorò infine. - Io vorrei tanto
aiutarti ma non so come
-
Lui accennò un piccolo sorriso. - Non preoccuparti per
me, Isabel. Sono sopravvissuto a tante cose, sopravvivrò
anche a questa - Le diede un bacio sulla fronte poi le
volse le spalle e scomparve nella notte.
- Ma no, dai, perché? - Liz sorrise divertita e con una
mano si scostò i capelli dal viso. - Secondo me dovresti
andarci! -
Il ragazzo che le sedeva di fronte agitò un dito con
espressione furba. - Ah, Jeannie dovrebbe darti retta più
spesso! -
- Sei proprio uno stupido! - La suddetta Jeannie diede
una gomitata all'amico poi, sentendo l'allegro gorgoglio
del bimbo semiadagiato nel suo passeggino, aggiunse: -
Senti? Perfino Jason è d'accordo!
-
Mark bevve un sorso di coca cola prima di ribattere. -
Lui non conta, è troppo giovane per capire certe
sfumature -
- Lasciagli un po' di tempo e potrà darti qualche
lezione interessante! - Liz difese il figlio.
Soddisfatta, Jeannie si chinò in avanti e fece il
solletico ai piedini di Jason. - Oh sì, questo piccolino
ha uno sguardo molto intelligente! -
Il neonato le sorrise gioioso continuando a ciangottare.
Charlene passò a Liz il contenitore delle patatine. -
Pensi di tornare alla biblioteca nel pomeriggio? -
La ragazza si servì senza farsi pregare. - No, è una
giornata troppo bella per passarla al chiuso, e la
ricerca è quasi finita, quindi credo che porterò Jason
in spiaggia -
- Mm, quasi quasi vengo con te, così mi dai qualche
consiglio su come vestirmi stasera! - Jeannie allungò
una mano per prendere a sua volta una patatina e, nel
portarsela alla bocca, sgranò gli occhioni blu. - Ehi,
guarda che roba!
Ragazze, giratevi con discrezione:
sta passando un tipo assolutamente fantastico! -
Mark seguì il suo sguardo e fece una spallucciata. -
Bah, questione di punti di vista
-
Mentre Charlene iniziava a voltarsi Jeannie sorrise
estasiata. - Sta venendo da questa parte!
-
Il giovane roteò gli occhi con aria disgustata. -
Patetico
- borbottò a mezza bocca.
- Liz? -
Jeannie spalancò la bocca per la sorpresa, Mark, quasi
sentendosi sfidato, sedette in posizione più eretta, e
Charlene osservò il nuovo venuto con curiosità.
Liz, invece, che non aveva fatto in tempo a girarsi,
trasalì e voltò di scatto la testa in direzione della
voce pacata. - Max! - Accanto a lei Jason agitò felice
le braccia e gorgogliò ancora più forte.
Intenerito, Max avanzò verso il passeggino. - Posso? -
le chiese dandole un rapido sguardo interrogativo.
- Sì, certo -
Allora il ragazzo prese il bimbo in braccio e lo baciò
sulla testa.
Liz, che si era alzata in piedi sperando nel profondo del
suo cuore di essere abbracciata, si morse le labbra e
cercò di nascondere la delusione. - Ciao - disse piano
accennando un sorriso.
Lui si girò a guardarla e sorrise a sua volta. - Ciao.
Vorrei parlarti
-
- Sì, certo - Si volse verso gli amici. - Scusate, ci
vediamo lunedì mattina -
- Ok, a lunedì, allora! - I tre giovani la salutarono
tranquillamente ma sui loro volti si poteva leggere la
perplessità e tre sguardi curiosi seguirono
l'allontanarsi della coppia.
- Pensate quello che penso io? - disse Charlene a bassa
voce.
- Cioè che sia il padre di Jason? - Jeannie continuò a
fissare la figura di Max. - Chissà
Hanno gli occhi
dello stesso colore, ma potrebbe anche essere una
coincidenza
-
- Liz non ha mai parlato di lui e in casa non ci sono
fotografie. Magari questo Max è solo un amico - Mentre
lo diceva, tuttavia, Charlene sembrava la prima a non
credere alle proprie parole.
Mark si adagiò comodamente contro lo schienale della
panca. - Se una ragazza mi guardasse come Liz ha guardato
quello là me la sposerei all'istante
-
- Oh! - lo fissò stupita Jeannie.
- Beh, questo non vuol dire niente - obiettò Charlene.
- Scherzi? - Il giovane bevve ancora un po' di coca cola.
- Liz è una ragazza seria, non flirta con nessuno, non
mi sembra proprio il tipo capace di andare a letto col
primo venuto
Secondo me è lui -
- E' carino
- mormorò Jeannie sognante.
- E' un bastardo, visto che l'ha mollata - fu la fredda
osservazione di Charlene.
- Sono affari loro. Allora, che si fa? Andiamo in
spiaggia? - domandò Mark cambiando decisamente discorso.
Raggiunto un angolo tranquillo i due ragazzi si sedettero
sull'erba. Max guardò per qualche secondo il bimbo
dormire beato tra le sue braccia, ancora incapace di
credere che fosse suo. - E' molto cresciuto in questo
mese
- disse, parlando piano per non svegliarlo.
- Sì - Liz sorrise suo malgrado. - Cresce giorno dopo
giorno, ed è un vero tesoro
Tornerò a Roswell,
quando avrò finito gli studi, così potrai vederlo ogni
volta che vorrai. Ha bisogno di te, e tu hai bisogno di
lui -
Il giovane cercò i suoi occhi. - Come stai? -
Lei contrasse il viso per la sofferenza. - Bene, grazie -
- Isabel pensava di venire, desidera vedere Jason, ma poi
ha preferito rinviare ad un'altra occasione
Comunque ti manda i suoi saluti
-
Liz fece un cenno col capo, incapace di parlare. "Oh,
Max, ho un tale desiderio di toccarti, di baciarti
E' così difficile starti vicino e non potere
Ti
prego, abbracciami! Ti prego!
" Poi abbassò lo
sguardo sull'anello che non si era mai tolta dall'anulare
sinistro e inghiottì convulsamente per trattenere le
lacrime. - E i tuoi genitori? - chiese sottovoce.
- Stanno bene. Loro
- Il viso di Max era
impenetrabile - non sanno ancora del bambino. Non gli ho
detto nulla di tutto quello che è successo
Io
E' difficile parlarne -
- Vorrei poterti aiutare
- La ragazza lo fissò con
un'espressione colma di rimpianto. - Mi dispiace vederti
soffrire - aggiunse talmente piano che lui quasi non la
udì.
"Ti dispiace? Sì, forse è vero
sembri così
serena, forte
" Il giovane la guardò di
sfuggita prima di tornare a concentrarsi sul bambino
addormentato.
- Ho saputo da Maria che sei tornato all'università -
- Sì, infatti -
La laconica risposta di Max fece rabbrividire Liz. "Non
ce la faccio
No, non ce la faccio più!" -
Scusa, devo andare - Prese la borsa abbandonata
sull'erba, si alzò e tolse dalle braccia del ragazzo
Jason per adagiarlo delicatamente nel passeggino.
- Aspetta, ti accompagno! - Max si alzò a sua volta e
fece un passo verso di lei, che però arretrò di scatto.
- No, ti prego! - Con gesto meccanico si ravviò i
capelli dietro l'orecchio. - Io
lo so che non è
colpa tua ma
cerca di capirmi! Tu
mi hai
salvato la vita
mi hai amato come non avrei mai
osato sognare di essere amata
avevamo progettato di
sposarci
e adesso non è rimasto più nulla. Quando
ti ho visto arrivare, prima, per un attimo ho sperato che
tu
Ma si vede che Tess aveva ragione: il nostro
destino non era quello di stare insieme, e alla fine ha
vinto lei! - Chinò lo sguardo sul figlio. - Ti ho detto
che potrai vederlo quando vorrai, è giusto così, però
per favore
non oggi
- Mordendosi nervosamente
le labbra afferrò le maniglie della carrozzina e la
sospinse verso il sentiero voltandogli le spalle.
Il giovane rimase a guardarla allontanarsi, troppo
sorpreso per accennare a trattenerla o seguirla. Quella
mattina si era alzato all'alba per poter prendere il
primo aereo diretto in California, sentendosi
insolitamente emozionato all'idea di stringere di nuovo
il corpicino caldo e soffice di suo figlio, e poi, quando
aveva visto Liz seduta coi suoi amici, aveva provato una
strana sensazione. Ne aveva osservato la linea dritta
delle spalle, i capelli lisci sparsi sulla schiena e la
vita sottile, e per un istante gli era sembrato di
ricordare le proprie mani strette intorno ai suoi fianchi.
Era stato solo un attimo, che gli aveva lasciato un senso
di vuoto e solitudine. E nel vederla andarsene sentì che
era ormai troppo tardi per lui. Troppo tardi per tornare
su Antar, troppo tardi per una vita normale sulla Terra.
Non vedeva un futuro per lui, si sentiva inutile e fuori
posto. Chiuse gli occhi, e l'improvviso ricordo di Isabel
e Michael, entrambi feriti, fra i detriti che ancora
sfregiavano l'orgogliosa capitale del loro mondo
d'origine, gli attraversò la mente. Sentì, come allora,
l'energia fluire attraverso le mani per ripristinare
l'integrità delle cellule morte, ed emise un profondo
sospiro. "Mi sono rimasti soltanto loro
Non
posso imporre la mia presenza a Liz, e Jason adesso ha più
bisogno di lei che di me
" A passi lenti
s'incamminò in direzione dei cancelli del campus, poi
prese un taxi e si fece portare all'aeroporto.
Arrivò ad Albuquerque in serata, si ritirò in camera
senza neppure cenare, e si mise a letto sforzandosi di
rilassarsi per poter dormire un poco. Si sentiva
distrutto e tutto quello che voleva era l'oblio del sonno.
Era notte fonda quando si svegliò di colpo, madido di
sudore e con il cuore che batteva all'impazzata. Aveva
sognato di fare l'amore con Liz, poi un guscio intorno a
lui si era disintegrato in mille frammenti, aveva visto
il proprio viso riflesso negli occhi scuri di Liz
sdraiata in una culla di luce, ed infine Tess immobile
nel vasto corridoio antistante la loro camera da letto
con una pistola puntata dritta al suo cuore. "Maledizione,
Tess, sono stato così stupido, così cieco
Come ho
fatto a non capire subito
Michael non sbagliava
quando ha detto che sono arrogante
io
penso
di avere sempre ragione
e invece
" Si
voltò sul fianco e guardò il buio oltre la finestra
accanto al suo letto. Rimase in quella posizione fino al
sorgere del sole, allora si alzò e andò in bagno per
prepararsi, dopodiché andò a studiare in biblioteca.
Fu lì che lo trovò la sorella, rientrata da Roswell nel
primo pomeriggio. - Non so perché non sia sorpresa di
trovarti qui
- lo salutò allegramente a bassa
voce, per quanto in quel momento la sala di lettura fosse
vuota.
Max alzò su di lei uno sguardo inespressivo.
- Come stanno Jason e Liz? - disse ancora Isabel
sedendosi accanto a lui.
- Bene. E a Roswell? -
- Tutto a posto. Papà e mamma ti mandano i loro saluti,
e sarebbero felici di rivederti. Ti saluta anche Michael
-
Max fece un sorrisetto ironico. - Davvero? Allora c'è
ancora qualche speranza per me? -
- Cosa vuoi dire? -
- Che posso ritenermi perdonato per aver combinato un
disastro dopo l'altro, almeno mi auguro
-
La ragazza spalancò gli occhi per la sorpresa. - Max!
Non c'è niente da perdonarti! Anzi, al contrario,
dovresti essere tu a perdonare noi per averti lasciato
andare da solo! Se non altro non avresti sposato Tess
-
Max chiuse lentamente il libro che aveva davanti. - Io
non ho avuto nessuna visione quando ho fatto l'amore con
lei
- disse piano, ma Isabel lo sentì e lo
abbracciò stringendolo forte. - E' un buon segno! -
Nei giorni che seguirono il giovane si dedicò totalmente
allo studio nel tentativo di combattere l'apatia che
minacciava di inghiottirlo ogni volta che si soffermava a
pensare al futuro, poi il sabato mattina prese il suo
zaino e raggiunse la sorella, che lo aspettava davanti al
dormitorio femminile, per andare con lei in aeroporto.
Quando fu di nuovo davanti alla graziosa villetta in cui
era stato accolto da bambino si sentì profondamente a
disagio. Non era facile per lui trovarsi lì, si sentiva
quasi un intruso, eppure gli Evans erano i suoi genitori
adottivi, conoscevano la sua vera identità, sapevano che
non ricordava ancora nulla degli anni vissuti con loro,
non doveva fingere che fosse tutto normale
Ma aveva
deciso di parlargli di Jason e la sola idea bastava a
riacutizzare la pena.
Terminato il pranzo la famiglia si trasferì in salotto
per prendere il caffè e Max, dopo aver lanciato un
rapido sguardo alla sorella, raccontò del bambino che
Liz aveva avuto da lui.
Diane Evans, come previsto da Isabel, si commosse fino
alle lacrime all'idea di un nipotino, ma il giovane si
affrettò a precisare la situazione. - Aspetta
-
Non riusciva a chiamarla "mamma", non ancora,
ma non voleva neppure ferirla usando il nome di battesimo
così si rivolse a lei in modo impersonale che, tuttavia,
colpì dolorosamente la donna. - io non posso portare qui
Jason, è troppo piccolo ed ha bisogno di Liz. E lei non
se la sente di venire
-
- Potremmo andare noi a San Diego! - propose lei
guardandolo speranzosa.
- Non è così semplice - Il giovane la fissò negli
occhi. - Non ho alcun ricordo della relazione che ho
avuto con lei, e su Antar ho sposato Tess -
- Tess?! Quella ragazza bionda tanto carina amica di
Isabel? -
- Sì, mamma, proprio lei - annuì Isabel.
- Oh santo cielo!
-
- Già - La ragazza guardò la madre con espressione
esasperata. - Quando c'è di mezzo Liz Max riesce a
combinare solo grossi pasticci! -
- Relazione? - s'intromise il signor Evans fissando con
una certa durezza il figlio. - Tu amavi alla follia
quella ragazza, e ora parli di relazione? -
- Caro, lui ha dimenticato tutto, cerca di capirlo
-
- E questa Tess? E' rimasta su Antar? - chiese l'uomo.
Max incrociò le braccia sul petto. - Sì -
- E' tua moglie e l'hai abbandonata così, senza un
motivo? Perché non è tornata insieme a te? -
Isabel si volse verso il fratello. "Coraggio, Max,
dillo, di' tutto, e dopo ti sentirai meglio
"
pensò con affetto.
Ma il giovane non sembrava dello stesso parere. Si alzò
di scatto dalla poltrona e si avvicinò alla finestra.
Guardò distrattamente fuori per qualche secondo prima di
tornare a voltarsi verso di loro. - Quando Antar è
diventato un pianeta federato di Zoltar e noi siamo stati
esiliati lei è rimasta per guidare la nostra gente.
Aveva promesso che avrebbe vegliato sul corretto
comportamento di Volnis e del suo Consiglio, invece ne è
divenuta una preziosa alleata ed ha ottenuto la massima
libertà d'azione. Quando sono arrivato io ha cercato di
capire se sarei stato dalla sua parte, ma quando si è
resa conto che non avrei mai consentito a reggere il suo
gioco mi ha venduto a Zoltar. Non so ancora come sia
riuscito a fuggire
-
- E adesso? -
- Adesso Antar è a tutti gli effetti un mondo federato,
senza inutili simboli a guidarlo - fu la secca risposta
del ragazzo.
- Che cosa intendi dire? Che fine ha fatto Tess? - domandò
perplessa Isabel.
- Non voglio parlarne -
- Ah, no! Non puoi pensare di cavartela così! - Phillip
Evans agitò un dito nella sua direzione. - Hai lasciato
nei guai Liz Parker, non voglio che tu faccia lo stesso
con tua moglie, anche se ti ha tradito! -
Gelidamente infuriato per quell'insistenza il giovane
fece per uscire dalla stanza.
- Max! -
Il richiamo stridulo, angosciato di sua madre lo bloccò
ad un passo dalla porta. Lentamente si volse e cercò i
suoi occhi. - Tess non era incinta quando l'ho uccisa
mentre stava per spararmi -
Senza fiato per lo stupore la donna cercò di alzarsi per
andare da lui ma ricadde senza forze sul divano.
Fu Isabel che, pur sconvolta da quella rivelazione, si
slanciò fuori della stanza e su per le scale fino alla
camera del fratello. - Max! Apri! Per favore! - gridò
bussando freneticamente, poi toccò la serratura e senza
attendere oltre spalancò la porta. - Max! - Corse verso
il giovane sdraiato sul letto. Aveva gli occhi chiusi e
una mano abbandonata sul cuore, le dita ancora illuminate
da un fioco bagliore. - Accidenti, Max, smettila! -
esclamò allontanando con un brusco gesto il braccio dal
torace. - Max
- ripeté disperata sfiorandogli il
viso. Scese fino al collo e sentì il sangue pulsare
debolmente. "Sia ringraziato il cielo!" Pose la
propria mano sul suo cuore. "Il battito è
irregolare
" - Max, svegliati! Rimetti tutto a
posto, ti prego! -
Al suono della sua voce Max riaprì gli occhi e la guardò
con espressione infinitamente stanca. - Lasciami andare
- sussurrò.
- No, mai! Sei mio fratello, e ti voglio troppo bene per
permetterti di fare una simile sciocchezza! - Lo scosse
con forza. - Avanti, rimetti tutto com'era! -
- Sei
insistente
- mormorò lui stirando le
labbra nell'ombra di un sorriso.
- Non sai ancora quanto! Forza, ripara quello che hai
rotto! -
Con una smorfia Max si concentrò e dopo una manciata di
secondi emise un profondo sospiro. - Soddisfatta? -
- Sì! Certo che sono soddisfatta, accidenti a te! -
Tremando per l'emozione la ragazza gli si sdraiò accanto
e lo abbracciò. - Mi farai venire i capelli bianchi
- disse sorridendo fra le lacrime.
- Non sia mai - fu il commento di Max, che girò la testa
per baciarla sulla fronte. - Non credo che Morgan me lo
perdonerebbe
-
- No, penso di no - Isabel tirò su col naso e gli si
strinse maggiormente contro. - Adesso cerca di riposarti.
Ne hai bisogno
- A poco a poco sentì il corpo del
fratello rilassarsi. - Ti sei tenuto dentro una cosa del
genere per tutto questo tempo
Dev'essere stato
terribile
Posso fare qualcosa per te? -
Max chiuse gli occhi sospirando. - No, ci vuole solo
tempo. Tempo perché anche questi ricordi sbiadiscano
-
- Non avrei mai creduto Tess capace di tanto
Sembrava che ti amasse davvero
-
- Sì, a modo suo. Finché fossi stato come voleva lei.
Poi non ha avuto alcun problema a decidere di liberarsi
di me -
- Cos'hai provato, quando hai scoperto la verità? -
Il giovane scosse lentamente il capo. - Non saprei dire
con esattezza
Forse, in fondo, mi aspettavo
qualcosa del genere
Però mi ero affezionato a lei,
e quando l'ho vista puntarmi contro quella pistola mi
sono sentito
terribilmente disilluso
Mi ha
sparato contro e ho dovuto difendermi, poi non ho più
avuto la possibilità di soffermarmi a ripensarci
-
Tornò a guardare la sorella, un'espressione perplessa
sul viso. - Continuo a non capire perché non riesca a
ricordare gli anni trascorsi qui a Roswell, in fin dei
conti la vita di Zan è stata un susseguirsi di lotte,
fughe, e morti
Liz mi è sembrata una ragazza
dolcissima, è molto bella, e merita un po' di felicità
dopo tutta la sofferenza che le ho causato
Stando a
quello che sia voi che lei mi avete detto il nostro era
un grande amore
Allora perché l'ho dimenticato? -
- Forse è un tentativo inconscio di proteggerla, e di
proteggerti. Stare vicino a noi non è facile, a volte si
è rivelato molto pericoloso. E poi questo tuo senso del
dovere verso Antar, che ti ha attirato contro l'intero
Consiglio di Zoltar
Tu non sei mai riuscito a stare
lontano da Liz fisicamente, così hai scelto quest'altro
modo
- Isabel reclinò la testa all'indietro per
guardarlo. - Ma a quanto pare la cura si è rivelata
peggiore del male -
- Sembrerebbe proprio di sì
- Max si coprì il
volto con il braccio. - E ora è troppo tardi per tutto -
- Non è mai troppo tardi
- lo corresse lei. Rimase
sdraiata al suo fianco per qualche minuto poi decise che
era meglio lasciarlo solo. Amava profondamente Morgan,
certo, ma quella vicinanza, l'atmosfera di intimità
dovuta alle confidenze, il lento respiro di Max le
stavano causando un certo disagio. Si sollevò allora su
un gomito e lo guardò con tenerezza. - Io torno di
sotto, tu cerca di dormire un poco, va bene? -
Lui abbassò il braccio e la fissò negli occhi,
consapevole del suo turbamento. - Sì, d'accordo -
rispose accennando un sorriso.
Rimasto solo si volse prono, lo sguardo attirato dalla
foto incorniciata sul comodino che lo ritraeva
abbracciato a Liz. "Chi sei?" Sentì un brivido
corrergli lungo la schiena, allora abbassò con rabbia la
fotografia per non vederla più e si mise a sedere sul
letto circondandosi le gambe con le braccia per
riflettere. Dopo un po' prese la giacca e lasciò la
stanza. Incontrò il padre ai piedi della scala ma non
rallentò il passo. - Ciao, vado a fare un giro - disse
semplicemente dirigendosi verso la porta d'ingresso.
L'uomo lo seguì pensoso con lo sguardo. "Oh, figlio
mio
" Scosse piano la testa e si diresse in
cucina dalla moglie.
Una volta fuori di casa il giovane s'incamminò verso il
Crashdown. Il locale era piuttosto lontano ma aveva
voglia di camminare, di distrarsi un po', e non si
accorse dei due uomini che ad un certo punto cominciarono
a seguirlo.
Impiegò una buona mezz'ora per arrivare al Café e non
appena si fu seduto ad un tavolo arrivò Michael con una
caraffa e un barattolo di zucchero. - Tieni, hai una
faccia! -
Il giovane sorrise suo malgrado servendosi
abbondantemente. - Grazie, sì, avevo proprio bisogno di
caffè
- Bevve una lunga sorsata poi guardò
l'amico. - Allora? -
- Allora dimmi tu - Michael si sedette di fronte a lui
incrociando le braccia sul tavolo. - Poco fa ho ricevuto
una telefonata di Isabel. Ti ha visto uscire di casa da
solo e si è preoccupata. Mi ha detto di Tess. Un bel
casino
Senti, capisco che questo sia un brutto
momento per te, ma non mi sembra il caso che ti danni
l'anima per quello che è successo su Antar! Ormai è
andata, non puoi farci più niente, e poi si trattava
della tua vita contro la sua! Diamine, quella lì aveva
creato guai da quando era arrivata a Roswell! E a
proposito di guai
- abbassò ulteriormente la voce
piegandosi verso di lui - in città ci sono facce nuove
Secondo Valenti non sono federali, non ne hanno l'aria, e
io temo che
Ecco, ne sono entrati due proprio
adesso - Si alzò in piedi imitato da Max ed entrambi
rimasero per un attimo immobili nel vedere i nuovi
arrivati, i cui volti si girarono verso di loro come se
avessero saputo di trovarli lì ancora prima di varcare
la soglia.
I due uomini estrassero contemporaneamente le mani dalle
tasche del cappotto mostrando l'arma che vi tenevano
nascosta e Michael, con un'imprecazione, si tuffò a
terra per non essere colpito. "Dannazione, lo
sceriffo aveva ragione, questi qua non sono dell'FBI!"
Per fortuna in quel momento non c'erano altri clienti così
nessuno vide le sfere luminose scaturire dalle mani di
Max e proiettarsi contro i due, che crollarono al suolo
senza un grido.
Con fare assente Max si sfiorò il fianco e la ferita
causatagli dall'unico colpo esploso contro di lui
scomparve, poi si avvicinò alla porta chiamando Michael.
- Vieni, aiutami a toglierli da qui -
- Sono alieni, vero? - chiese il ragazzo prima di
sollevare uno dei corpi gettandoselo di traverso sulla
spalla.
- Già - Max prese le armi semidistrutte dalla scarica di
energia che aveva tramortito i loro proprietari. - Queste
sono pistole della guardia di Zoltar. Ok, portiamoli
dallo sceriffo: dobbiamo farci dire un po' di cosette
-
- Cioè
- Michael era stupito. - non sono morti?!?
-
- No, ho usato un livello di potenza sufficiente a
stordirli -
- Beh, complimenti! Io non sono mai riuscito a
controllare l'emissione di energia
- Attese che
l'amico si caricasse l'altro uomo poi fece un cenno col
capo. - La jeep è parcheggiata sul retro -
- Ok -
Mentre uscivano Michael intravide una delle ragazze di
turno nel pomeriggio. - Sarah, devo uscire, ma tornerò
fra una mezz'ora! - gridò defilandosi prima che lei
potesse vederlo.
Arrivati davanti all'ufficio dello sceriffo il giovane
scese dalla vettura e andò ad avvertire Valenti, che li
fece passare dall'entrata di servizio e li aiutò a
trasportare in cella i due prigionieri senza attirare
sguardi indiscreti.
- Chi sono? - chiese alla fine.
- Alieni. Sono stati mandati sulla Terra per eliminarci -
Max si appoggiò con la schiena alla parete opposta, lo
sguardo fisso ai corpi adagiati sul pavimento spoglio
dietro le sbarre. - Michael ha detto di avere visto gente
nuova in giro. Dobbiamo sapere se si tratta di altri come
loro oppure no -
Lo sceriffo si grattò il mento riflettendo. - Beh, non
è tanto semplice
Il prossimo fine settimana, in
concomitanza con la festa di Halloween, ci sarà
un'edizione straordinaria del Crashfestival, quindi puoi
immaginare quanti turisti arriveranno
Potremmo
provare ad interrogarli ma dubito che otterremo qualcosa.
Immagino che siano addestrati a resistere a tentativi del
genere -
- Sì, forse, ma con un po' di aiuto
- Max
socchiuse gli occhi concentrandosi e nella sua mano
destra apparve un granilite. - Michael, vieni - Toccò la
serratura e la porta della cella si spalancò davanti a
lui sotto lo sguardo sbigottito di Jim Valenti.
Mentre Michael teneva d'occhio i due alieni che stavano
cominciando a riprendersi, Max si sedette a gambe
incrociate davanti a loro e li fissò intensamente.
Lo sceriffo, preoccupato per l'incolumità dei due
ragazzi, estrasse la pistola e tolse la sicura. "Avranno
pure dei poteri straordinari ma preferisco non correre
rischi
"
Di lì a poco Evans si rialzò, le labbra stirate in un
sorriso gelido. - Ok, possiamo andare -
In preda alla rabbia un uomo si frugò furtivo dietro la
schiena e tirò fuori una minuscola arma, subito imitato
dal compagno.
Con un'esclamazione d'allarme Michael lanciò una scarica
di energia che uccise entrambi gli alieni.
- Grazie - disse Max mentre il granilite si
smaterializzava tra le sue mani.
- Figurati! - Michael emise un profondo sospiro. -
Allora? Cos'hai scoperto? -
- Ce ne sono altri otto. Due a Roswell, tre ad
Albuquerque e tre a Phoenix -
- Tess aveva informazioni vecchie, eh? - dedusse il
ragazzo.
Max non rispose ma si voltò e uscì dalla cella.
- E adesso cos'avete intenzione di fare? -
- Eliminarli - Il giovane socchiuse gli occhi
concentrandosi e, dietro di lui, i due cadaveri si
dissolsero in una nuvola di luce. - Senza lasciare tracce
- precisò.
L'uomo rimise la pistola nella fondina. - Non puoi andare
in giro ad ammazzare la gente, Evans! -
- Sono soldati scelti, sanno cosa rischiano, e vanno
fermati prima che uccidano qualcuno. Io posso guarire
ferite anche mortali, ma non posso essere ovunque. E non
voglio che qualche innocente ci vada di mezzo -
- Stai pensando a Liz e Jason? - chiese Michael a voce
bassa.
Max serrò la mascella ma non replicò e, reclinato il
capo in segno di saluto verso Valenti, lasciò i locali
della prigione.
- A presto, sceriffo, e grazie per la collaborazione -
Michael sorrise all'uomo e si affrettò a seguire il suo
compagno.
Quando ebbe parcheggiato di nuovo sul retro del
Crashdown, il giovane spense il motore. - Intendi giocare
al vendicatore solitario? - E dato che l'amico non
rispondeva insisté. - Guarda che la cosa ci riguarda
tutti, quindi dobbiamo avvertire Isabel e muoverci
insieme! -
- E intanto loro capiranno di essere stati scoperti e si
nasconderanno, e noi saremo nei guai -
- Ho capito. Bene, aspettami, torno fra un minuto! - Così
dicendo Michael estrasse la chiave dal quadro e scese
dalla jeep. Entrato nel locale andò dal signor Parker e
lo avvertì che doveva prendersi un paio di giorni di
permesso poi telefonò a Maria, le spiegò sommariamente
che doveva partire con Max per una questione urgente e le
chiese di avvertire Isabel. - Dovremo andare ad
Albuquerque e a Phoenix ma saremo di ritorno molto presto.
Ciao, Maria, ti amo - Senza lasciarle il tempo di
protestare riattaccò il ricevitore e tornò da Max. -
Fatto! Ora possiamo andare! -
Scuotendo la testa il giovane sprofondò nel sedile della
vettura. - Va bene, allora prendi la Main e poi gira a
destra. Sono al civico 192 -
L'operazione si svolse senza alcuna difficoltà. I due
alieni, colti di sorpresa, non ebbero il tempo di reagire
e Max li uccise senza alcuna esitazione, poi disse a
Michael che la tappa successiva sarebbe stata Phoenix.
- Perché non li hai interrogati? - cercò di protestare
Michael, colpito dalla fredda determinazione con cui
aveva agito.
- Il loro comandante è a Phoenix. Solo lui può sapere
qualcosa di più -
- Allora faremmo meglio a prendere l'aereo. In macchina
ci vorrà un sacco di tempo
-
- Non ce ne sarà bisogno. Appena fuori dalla città vai
alla caverna -
- Intendi usare l'astronave?!? Sei impazzito? -
- Non mi serve l'astronave, ma ho bisogno di entrambi i
graniliti e tanto vale prenderli direttamente -
- Cosa devi farci? -
- Vedrai - Max fece uno strano sorriso. - Ti insegnerò
un piccolo trucco
-
Meno di un'ora dopo si trovarono all'interno
dell'astronave e Max diede a Michael un granilite. -
Tienimi per il braccio e concentrati più che puoi. Tu
non conosci Phoenix così dovrai mantenerti in contatto
mentale con me altrimenti rischierai di finire chissà
dove! -
- Dov'è il loro nascondiglio? -
- A due isolati dall'università. Io posso visualizzare
l'ingresso del campus, tu no, quindi stai attento a non
perdermi -
- Puoi contarci
- Un po' preoccupato il ragazzo
fece come gli era stato spiegato, chiuse gli occhi per
concentrarsi meglio, e si sentì percorrere da una
scarica di energia.
- Siamo arrivati, puoi lasciarmi il braccio - disse Max
con il riso nella voce.
Michael lo guardò truce. - Non so perché ma ho la netta
sensazione che, anche se avessi conosciuto questa città
come le mie tasche, non avrei mai potuto teletrasportarmi
da solo
Ho ragione? -
Max si strinse nelle spalle. - Io so di poterlo fare. Ma
adesso muoviamoci! -
Si allontanarono prima che qualcuno potesse accorgersi
della loro presenza e giunsero davanti alla casa dentro
cui si nascondevano i tre soldati di Zoltar. I due amici
si guardarono negli occhi capendosi al volo. Immobili,
protetti dall'ombra del maestoso albero del cotone che
torreggiava nel giardino, monitorarono l'interno e
avvertirono la presenza di due uomini.
- Sbrighiamoci, voglio sistemarli prima che torni l'altro
- Max indicò la porta poi vi si diresse correndo e l'aprì
senza far rumore.
- Aspetta, come facciamo a riconoscere il capo? -
bisbigliò Michael.
- Sarà quello con l'aria più intelligente. Ma insomma,
che ne so? - Il giovane spalancò cautamente l'uscio ed
entrò. Non fece in tempo a raggiungere l'estremità del
corridoio quando Michael lo vide alzare la mano destra ed
emettere un lampo di luce. Si affrettò verso di lui e
guardò i due corpi esanimi. - Allora? -
- E' quello lì - Indicò l'uomo più anziano e gli si
accovacciò accanto. - Tieni d'occhio la strada, non
vorrei che il terzo ci arrivasse alle spalle
-
- Ok - Michael tornò correndo verso l'ingresso, chiuse
la porta e si appostò vicino alla finestra.
Poco dopo Max fu di ritorno. - Ancora niente? -
- No, e tu? -
- Sono arrivati con due astronavi, le hanno nascoste tra
i monti del Black Range, poi si sono divisi fra i tre
obiettivi che gli aveva fornito Tess. Se falliranno, è
previsto l'invio di altre squadre ma per adesso ci sono
solo loro. Appena avremo finito qui andremo ad
Albuquerque dopodiché, almeno spero, saremo al sicuro
per un po'
-
- Ottimo - L'attenzione del giovane fu attratta da un
movimento ad una decina di metri dall'incrocio all'angolo
della casa. - Eccolo, ci siamo! -
Dovettero aspettare solo pochi minuti, poi l'uomo aprì
la porta e Max lo disintegrò con l'energia proiettata
dalle sue mani.
Michael si lasciò andare contro la parete. - Santo
cielo, Max, sei micidiale! -
- No, sono pieno di rabbia - Poi estrasse il granilite
dalla tasca del giubbotto. - Prendi il tuo: si va ad
Albuquerque -
L'ora di cena era passata da poco quando i due ragazzi si
ritrovarono davanti all'abitazione degli Evans.
- Grazie, Michael - disse Max tendendo la mano verso
l'amico.
- Gli amici servono a questo. Buonanotte
-
- Buonanotte - Con un sorriso il ragazzo entrò in casa
mentre Michael, dopo qualche secondo, si volse e tornò
alla jeep.
Nel cuore della notte Max, che non era riuscito a
prendere sonno, si alzò e si rivestì. Badando a non far
rumore scese le scale, prese i documenti e le chiavi
dell'auto del padre e uscì. Giunto davanti al Crashdown
parcheggiò e, dopo essersi accertato che non ci fosse
nessuno, utilizzò la scala di sicurezza per arrampicarsi
fino alla piccola terrazza della camera di Liz. Il luogo
aveva un'aria abbandonata, probabilmente dovuta al fatto
che lei mancava da casa da parecchio tempo, ma c'era
ancora una sdraia e vi si sedette, lo sguardo attratto
dal grande cuore rosso con delle iniziali al suo interno
dipinto su una parete. Il ricordo dell'ultimo incontro
con Liz gli diede un senso d'angoscia. Si sentiva in
colpa per la situazione in cui si trovava, desiderava
aiutarla a prendersi cura del bambino, ma sapeva che lei
non sopportava la sua presenza. Avvertiva il suo dolore,
la sua amarezza e avrebbe desiderato poterli cancellare.
Solo che non era possibile, e a lui non restava che
sperare che il tempo curasse le sue ferite. Rimase lì
seduto fin quasi all'alba, poi si alzò e raggiunse la
scala. Aveva sceso il primo gradino quando la finestra si
spalancò.
La madre di Liz, come per un presentimento, si era
svegliata di colpo e aveva sentito il bisogno di andare
nella stanza della figlia. Dai vetri aveva visto un'ombra
muoversi e si era avvicinata per verificare. Nel
realizzare che si trattava di Max si sentì ribollire per
la rabbia e scavalcò il davanzale. - Max Evans!
Accidenti a te, come ti permetti di venire qui? Vattene!
Sparisci! - Lo raggiunse e cominciò a tempestarlo di
pugni, il volto rigato di lacrime. - Hai distrutto Liz, e
osi venire in questa casa! Maledetto, maledetto! -
Colto di sorpresa dalla veemenza della donna, Max cercò
di difendersi ma stava in equilibrio precario e
nell'arcuarsi all'indietro per evitare l'ennesimo attacco
cadde di sotto.
La signora Parker emise un gemito d'orrore e si affacciò.
Il corpo di Max giaceva scomposto sulla strada, e la
donna si coprì la bocca con la mano. "Oh mio dio!"
Corse dentro casa e andò a svegliare il marito. - Jeff!
Jeff, svegliati! Max Evans è caduto dalla scala di
sicurezza! Dobbiamo chiamare un'ambulanza! Svelto! -
L'uomo si scosse a fatica. - Come? Cos'è successo? -
- Ho visto Max nella terrazza di Liz e gli sono andata
addosso, ma lui era sulla scala ed è caduto! Non si
muove, Jeff
Ho paura che
Oddio, non può
essere morto! Non può! -
Finalmente lucido il marito prese la vestaglia e si
precipitò giù per le scale. - Tu resta qui, io torno
subito! - esclamò senza voltarsi. Aperto l'ingresso di
servizio si trovò a pochi metri dal giovane. "Santo
cielo!
" Gli corse accanto e gli slacciò il
giubbotto per sentire se il cuore batteva ancora, poi si
rialzò ed emise un sospiro di sollievo. "E' vivo,
per fortuna!" Tornò in casa per telefonare, e di lì
a poco giunse l'ambulanza.
Mentre gli addetti caricavano la barella arrivò un'auto
di pattuglia. L'agente che ne discese interrogò
brevemente uno degli infermieri, il quale poté solo
riferire che avevano risposto ad una chiamata d'emergenza.
Quando il mezzo di soccorso si allontanò a sirene
spiegate l'uomo si voltò lentamente per cercare di
capire cosa potesse essere successo e vide qualcuno
vicino ad una porta seminascosta, forse la porta di
servizio del locale sull'altro lato dell'edificio. - E'
lei che ha telefonato? -
- Sì - Parker fece un passo avanti, il viso stravolto
dall'ansia. - Il ragazzo si chiama Max Evans. E' caduto
dalla scala mentre stava sul bordo della terrazza. E'
stato un incidente, un terribile incidente
-
- Capisco. Però in mattinata le sarei grato se passasse
in ufficio per la denuncia -
- Certo, naturalmente. Grazie, agente - L'uomo rincasò e
il poliziotto si aggiustò il cappello sulla testa.
"Cosa diavolo ci faceva all'alba sulla scala di
sicurezza?" Guardò la terrazza poi la strada, su
cui spiccavano alcune macchie di sangue. "Non è
molto alto ma, di schiena, dev'essere stato un bel volo
"
- Ciao, papà. Cos'è quella faccia sorpresa? - Isabel
scese l'ultimo gradino e andò a dargli un bacio sulla
guancia.
- Ero sicuro di aver lasciato qui le chiavi della
macchina ma non ci sono più. Beh, ora facciamo colazione
e poi le cercherò meglio
-
Si sedettero a tavola, poi la signora Evans si avvicinò
ai piedi delle scale e chiamò il figlio. Sconcertata per
non aver ricevuto una risposta si rivolse ad Isabel. -
Hai per caso sentito se usciva? -
- No, mamma. Aspetta, vado su a vedere! - La ragazza
scostò la sedia e salì in fretta al piano di sopra per
trovare la stanza di Max vuota con il letto sfatto.
"Accidenti, dove diavolo sarà andato" Si
affacciò alla balaustra e guardò il padre. - Credo che
Max sia uscito con la tua macchina - disse un po'
preoccupata.
- Benedetto ragazzo, e dove se ne sarà andato all'alba?
-
- Caro, Max non sta bene, questa amnesia gli crea un
mucchio di problemi, non potrebbe
? -
A quelle parole Isabel scosse decisa la testa scendendo
in fretta le scale. - No, stai tranquilla, mamma, ieri
abbiamo parlato molto e so che non ci avrebbe riprovato -
S'interruppe di colpo e fissò la donna, che aveva
sgranato gli occhi per la sorpresa. - Vuoi dire che
?
-
La ragazza raggiunse con calma l'ultimo gradino. - Come
hai detto tu Max non sta bene, però credo che abbia
superato il momento più difficile e quindi non devi
temere qualcosa di drastico da parte sua. Ieri sera non
ha voluto dire nulla di dove sia stato con Michael:
magari adesso è da lui. -
In quel momento suonarono alla porta e il signor Evans
impallidì paurosamente nel trovarsi davanti Jim Valenti.
- Oddio, sceriffo, si tratta di Max? -
L'uomo si tolse il cappello cercando con lo sguardo
Isabel. - Ehm, sì, però vorrei parlare con sua figlia,
se non le spiace
-
Lei gli andò vicino torcendosi le mani. - Non si
preoccupi, loro sanno la verità su di noi. Allora? E'
successo qualcosa a mio fratello? -
- Lo hanno portato al pronto soccorso. Sembra che sia
caduto dalla terrazza della casa dei Parker, stamane
all'alba, e quando l'ambulanza è arrivata era ancora
privo di sensi. Sono passato in ospedale, lo stavano
portando a fare delle radiografie, e penso che dobbiate
andare da lui il prima possibile -
- Sì, certo! - Agitatissima, Isabel tornò di corsa in
camera per prendere le chiavi della sua macchina. - Papà,
mamma, andiamo! - e seguì lo sceriffo fuori di casa.
Max era appena stato riportato in corsia e i suoi
genitori cercarono di parlare col medico che gli aveva
prestato le prime cure. Isabel, invece, si avvicinò al
fratello e gli prese una mano. - Max, come stai? -
Lui la guardò con occhi velati dalla sofferenza. - Credo
di non avere
un solo osso intero
- sussurrò
respirando a fatica. - Portami via
-
- Sì, certo. Ti hanno fatto prelievi di sangue? -
- No, non ancora
Le lastre non sono
importanti
-
- Bene. Ok, vado ad avvertire papà! - Si curvò a
deporre un bacio sulla sua fronte e si sforzò di
sorridergli. - Sei decisamente perseguitato dalla
sfortuna
- mormorò tirando su col naso.
- Comincio
a crederlo anch'io
- Il giovane
chiuse gli occhi, il respiro spezzato. - Sta
arrivando qualcuno? - chiese con un filo di voce.
- No, non adesso - Isabel diede una rapida occhiata
intorno a sé. - No - ripeté con sicurezza.
Max mosse debolmente la mano ancora stretta tra le dita
della sorella e lei, intuendo quello che voleva fare, lo
aiutò a posarla sul suo torace. Dopo alcuni secondi
emise un sospiro. - Grazie
ora va un po' meglio
-
- Già, immagino, ma sarà meglio evitare che ti facciano
una nuova serie di lastre! Ora vado, ciao! -
- Ciao - Il ragazzo cercò di sorridere ma dovette
mordersi le labbra per trattenere un gemito.
Sconvolta, Isabel corse dai genitori e fece loro capire
la necessità di far uscire subito Max dall'ospedale.
dall'ospedale.
La signora Evans, ricordando come Max si fosse rimesso a
posto le fratture provocategli dagli agenti federali che
li avevano prelevati, sollecitò il marito a firmare
l'apposita dichiarazione, contro il parere del medico, ed
in breve poterono riportare a casa il figlio.
Quando fu al sicuro nella sua stanza il giovane usò i
poteri di cui era dotato per curarsi le ferite e nel
tardo pomeriggio la madre lo trovò tranquillamente
addormentato. Commossa, gli sedette accanto e lo accarezzò
sui capelli. "Tesoro
vorrei tanto che la tua
vita tornasse ad essere semplice e spensierata come
quando eri bambino
"
In quel momento Max si svegliò e le sorrise. - Ciao -
disse piano.
- Ciao, caro. Come ti senti? -
- Benissimo, grazie - Si sollevò lentamente a sedere.
Indossava ancora la maglietta e i pantaloni con cui era
uscito la sera prima perché nessuno aveva osato
svestirlo nel timore di peggiorare le sue condizioni.
- Puoi dirmi com'è successo? Lo sceriffo ci ha detto
solo che sei caduto dalla terrazza dei Parker. Cosa ci
facevi lì? -
Il ragazzo si appoggiò alla testiera del letto. - Avevo
voglia di vedere quel posto. Volevo
sentirlo
E poi, mentre scendevo con la scala di sicurezza, è
arrivata la signora Parker. E' stato allora che ho perso
l'equilibrio e sono caduto. -
- Davvero è andata così? - s'intromise Isabel, apparsa
in quel momento sulla soglia della stanza.
- Sì -
Il tono deciso del fratello la colpì sgradevolmente.
"Dunque le cose sono un po' più complesse di quello
che vorresti farci credere
"
"Non azzardarti ad entrare nei miei pensieri!"
La voce mentale del fratello la colse di sorpresa. Non
sapeva che lui avesse quella capacità e si strofinò le
braccia per nascondere il disagio. - Ok - borbottò,
senza far caso all'occhiata perplessa che le lanciò la
madre, poi aggiunse: - Te la senti di partire stasera? -
- Certo. Dammi solo il tempo di cambiarmi -
- C'è un volo alle nove, quindi fai le cose con calma
-
La donna si rimise in piedi con un'espressione afflitta
sul viso. - Ma così avrete a malapena il tempo di cenare
con noi! Non potete rinviare a domani? -
Isabel le diede un breve abbraccio affettuoso. - Mi
spiace, mamma, ma domattina ho un test di chimica e non
posso assolutamente mancare
-
Più tardi, quando ormai i due ragazzi erano andati via,
telefonò Nancy Parker per chiedere notizie di Max e la
signora Evans, che aveva preso la chiamata, rispose con
un po' di diffidenza. - Sta meglio, grazie. Ma mi
piacerebbe capire come sia accaduto. Mi ha detto che era
venuto da voi perché voleva vedere la terrazza
-
"- Sì, infatti l'ho trovato lì. Il fatto è che
vedendolo mi sono infuriata
Lui
beh, lui ha
messo incinta Liz e poi è sparito dalla circolazione, e
credo che possa capire cosa provi nei suoi confronti! Io
l'ho colpito ed è
scivolato giù dalla scala di
sicurezza
Mi dispiace, mi dispiace tantissimo
Forse dovrei avvertire Liz ma non ne ho il coraggio
-"
Nell'udire la donna piangere sommessamente mentre parlava
la madre di Max si placò. Comprendeva il suo punto di
vista, del resto anche lei era rimasta scioccata alla
notizia della nascita del piccolo Jason, e di certo non
doveva essere stato piacevole trovarsi in casa un intruso.
Cercò di confortarla tranquillizzandola sulle condizioni
di suo figlio e la pregò di non parlarne con Liz. - Si
preoccuperebbe inutilmente, e comunque non potrebbe fare
nulla. A quest'ora il loro aereo starà per decollare e
domani hanno dei test, quindi terranno i cellulari spenti.
Max sta bene, mi creda
-
"- Ma è caduto da un'altezza di tre piani, mio
marito ha detto che era privo di sensi! -"
- Non so che dirle, ha solo una caviglia slogata e un po'
di mal di testa. - improvvisò la signora Evans - Stia
tranquilla, è tutto a posto! Buonanotte
-
La madre di Liz rimase per un attimo interdetta poi salutò
ed interruppe la comunicazione. Si era angosciata per
tutto il giorno all'idea di essere stata la causa di quel
terribile volo ma se Diane diceva che era tutto a posto
evidentemente doveva essere vero. Magari Max poteva
guarire se stesso come aveva fatto con sua figlia
Sì,
forse le cose stavano così! Sentendosi sollevata andò
in soggiorno e raccontò al marito quello che aveva
saputo.
Un'altra settimana trascorse tranquillamente poi il
giovedì successivo arrivò ad Albuquerque Morgan
Coltrane.
Isabel ed il fratello erano appena usciti dall'edificio
dove avevano seguito l'ultima lezione della giornata e
l'uomo si avvicinò alla ragazza stringendola in un
abbraccio fortissimo prima di voltarsi a salutare Max con
un sorriso irresistibile. - Ciao, Max! E' incredibile ma
Isabel diventa più bella ogni volta che la vedo! -
La ragazza sorrise divertita per il complimento. - Beh,
adesso non esagerare
- Lo guardò negli occhi
speranzosa. - Quanto tempo ti fermerai qui in città? -
- Ho avuto solo qualche giorno di permesso, ma è meglio
di niente! - Morgan le diede un bacio veloce sulle labbra.
- Ora andate a posare i libri: voglio portarvi in un
locale messicano aperto da poco di cui mi hanno parlato
in modo fantastico! -
- Anche io? - si sorprese Max.
- Certo! Sei il fratello di questa splendida creatura, e
quindi sei obbligato moralmente ad unirti a noi! Su,
adesso andate: vi aspetto qui
-
- Ok - Isabel gli sorrise e corse via mentre Max,
scrollando mentalmente le spalle, la seguì con calma.
Fu una serata molto piacevole, il cibo piccantissimo
incontrò il favore dei fratelli Evans, poi Morgan chiese
ad Isabel di trascorrere il fine settimana a casa sua.
La ragazza si voltò pensierosa in direzione di Max,
intento a sgranocchiare delle patatine di taco intinte in
salsa di peperoncino, che le lanciò un rapido sorriso. -
Non preoccuparti per me, vai pure
Forse andrò a
San Diego
-
- Ok, allora darai un bacio a Jason da parte mia, vero? -
- Sì, certo - Il viso del giovane s'illuminò al
pensiero del figlioletto, ma poi uno strano senso di
calore lo pervase all'idea di rivedere Liz. Quella
ragazza lo affascinava, con la sua riservatezza, la sua
serietà, l'amore con cui si occupava del bimbo
Quella volta, però, avvertì prima del suo arrivo e Liz
ebbe il tempo di prepararsi psicologicamente ad
incontrarlo. Fu per questo che, quando andò ad aprire la
porta d'ingresso, teneva Jason in braccio e sorrideva
serena. - Ciao, Max - disse tranquilla mentre il bambino
si agitava gioiosamente nel disperato tentativo di andare
dal padre.
- Ciao - Il giovane rimase per un attimo a fissarla.
"Sei così diversa da lei
così dolce
e
bella anche dentro
" Poi si scosse notando la
fatica che faceva per tenere a bada il piccolo e glielo
tolse dalle braccia. - Sì, amore, vieni qui! - disse
sorridendo per l'entusiasmo con cui Jason lo accoglieva
ogni volta.
- Ti adora
- mormorò Liz un po' imbarazzata.
- Sì, me ne sono accorto! - Max sorrise e, seguendo il
suo invito, entrò in casa.
- Ti ho preparato la stanza degli ospiti: è un po'
piccola ma è molto luminosa. -
- Sei molto gentile, non volevo crearti tutto questo
disturbo
-
Lei scosse le spalle. - No, figurati. Anzi, così mi
darai una mano con Jason, in questi ultimi giorni è
diventato molto irrequieto. Forse sentiva che saresti
venuto - Pronunciò quelle parole quasi con indifferenza
ed il giovane si sentì fremere. "Jason ha ereditato
tutte le potenzialità del mio lato alieno
Liz si
rende conto di cosa questo significhi?" Poi,
ricordando quello che lei gli aveva detto una volta a
proposito del bisogno che lui ed il bimbo avevano l'uno
dell'altro, comprese che la ragazza ne era perfettamente
consapevole. Ad un tratto percepì l'imperiosa richiesta
di Jason e glielo riconsegnò. - Vuole mangiare -
- Oh! - Liz prese il bambino e si avviò in camera da
letto. - Scusa, ma trovo più comodo allattarlo stando
sulla sedia a dondolo. - disse dandogli le spalle.
Vedendo che lui l'aveva seguita arrossì mentre si
slacciava il golfino e porgeva il seno al figlio.
- E' bello vederti allattarlo
-
La ragazza divenne ancora più rossa. - Sei
sei
molto gentile
- mormorò.
Max le s'inginocchiò accanto per sfiorare con la punta
delle dita la guancia soffice di Jason, che prese a
sgambettare contento e cercò di afferrare un dito con la
manina libera.
Profondamente emozionato il giovane non riusciva a
staccare lo sguardo dal bimbo. - Liz, io
- Una
lacrima gli brillò inopportuna sul bordo delle ciglia. -
Io vorrei poter ricordare
- sussurrò.
Liz gli accarezzò il volto col dorso di una mano e lui
rialzò la testa ad incontrare i suoi occhi. - Se davvero
lo vuoi ci riuscirai
- disse sorridendo, poi si
protese in avanti per baciarlo.
Fu un bacio casto, breve, pieno di dolcezza, e Max si
sentì fremere.
Quasi spaventata dalla sua iniziativa la ragazza si scostò
subito cercando di capire la sua reazione.
Il giovane la fissò a lungo in silenzio prima di
accennare un timido sorriso e tornare a giocare con la
mano di Jason.
Poi Liz cambiò posizione al bambino e Max si alzò. -
Vado a preparare qualcosa per pranzo - La sua fu quasi
una fuga ma lei sentì la speranza nascerle di nuovo nel
cuore.
Quando andò in cucina tenendo il figlio contro la spalla
per aiutarlo a digerire spalancò gli occhi nel vedere la
tavola apparecchiata ed una serie di pentole sui fornelli.
- Che profumino! -
Max le sorrise divertito. - Beh, me la cavo, ma penso che
in questo momento tu sia troppo affamata per poter
giudicare imparzialmente
-
Poco dopo poterono gustare le pietanze preparate in
maniera più che discreta dal giovane poi Liz si alzò
scusandosi. - Devo cambiare Jason, e quando torno preparo
il caffè e ce lo prendiamo con calma di fuori, va bene?
-
Più tardi, mentre sorseggiavano la bevanda, la ragazza
si guardò intorno. - Come vanno gli studi? - chiese
senza avere il coraggio di voltarsi verso di lui.
- Bene, grazie. Io
ho deciso che, visto che devo
restare qui, tanto vale che mi dia da fare
-
- Allora hai rinunciato a tornare su Antar? -
Un po' a disagio Max incrociò le caviglie. - Veramente
sono stato costretto a scappare - ammise. - Non ho potuto
spezzare il legame tra il governo del pianeta e il
Consiglio di Zoltar perché me ne sono reso conto troppo
tardi. Tess e Nasedo sono stati molto bravi ad ingannarmi
-
"Tess?" - Questo vuol dire che, se potessi,
andresti di nuovo lassù? - chiese Liz desolata.
- Io non posso scegliere - replicò Max guardando fisso
davanti a sé. - Loro hanno scelto per me. Antar ha
raggiunto un equilibrio che non ho alcun diritto di
sconvolgere. Non c'è più un posto cui appartenga -
La ragazza percepì l'amarezza nella sua voce e d'istinto
gli si avvicinò. - Questo non è vero - Gli prese una
mano e la strinse forte. - Qui c'è Jason, ci sono io
La nostra casa sarà sempre aperta per te! -
Col cuore che gli batteva all'impazzata Max ricambiò la
stretta. - Liz, io
- S'interruppe. Un muscolo sulla
mascella vibrò tradendo la sua tensione interna. - Liz
- ripeté sottovoce, poi si voltò verso di lei e le
sfiorò delicatamente le labbra con il pollice. - Sei
dolcissima
. -
Il bacio fu dapprima gentile, e man mano si trasformò.
Divenne intenso, profondo, affamato, e i due giovani si
strinsero in un abbraccio da cui si sciolsero solo per
riprendere fiato.
Max fissava ansimante la ragazza. Aveva visto i suoi
ricordi, aveva sentito le sue emozioni, e un intero mondo
si era aperto davanti a lui.
Liz, invece, era sconvolta. Le immagini che aveva
ricevuto dall'inconscio del ragazzo erano terribili. Le
torture subite su Zoltar, la morte di Tess, la caduta
dalla terrazza sotto gli occhi allucinati di sua madre,
la profonda solitudine di chi si sente inutile
Con
un gemito fu di nuovo tra le sue braccia. - Mio dio, Max!
- riuscì a mormorare prima di ricominciare a baciarlo
per scacciare tutto il dolore che aveva sentito in lui.
In preda al desiderio il giovane la prese in braccio e,
senza interrompere il bacio, rientrò in casa. Avanzando
alla cieca andò quasi a sbattere contro il tavolo della
cucina. Senza esitare ve la depose, eliminò in fretta
gli ostacoli che li separavano e la fece sua.
Liz gli cinse i fianchi con le gambe assecondando i suoi
movimenti frenetici e alla fine emise un grido
liberatorio. - Max! -
Allora lui la guardò negli occhi e vi lesse un amore
sconfinato. - Liz
tesoro
- Le sfiorò le
labbra in un ultimo bacio poi si raddrizzò e l'aiutò a
rimettersi in piedi. - Ti ho fatto male? -
- No - Liz gli sorrise, un sorriso pieno di gioia. Dopo
un attimo, quasi imbarazzata, gettò una rapida occhiata
dietro di sé. - Jason
Che ne dici di portarlo
sulla spiaggia? - disse tornando a guardarlo in volto.
Il ragazzo socchiuse un attimo gli occhi. - Già, si è
svegliato
D'accordo -
Il pomeriggio trascorse molto in fretta poi, dopo cena,
il lettino del bimbo venne spostato nella stanza degli
ospiti e i due ragazzi si ritrovarono ancora una volta
soli.
Non parlarono, non ce n'era bisogno, ma si spogliarono a
vicenda con gesti lenti e sensuali e fecero l'amore tutta
la notte.
Il sole stava sorgendo quando finalmente si abbandonarono
al sonno, l'uno nelle braccia dell'altra.
A parecchie centinaia di miglia di distanza anche Isabel
e Morgan dormivano languidamente abbracciati quando un
sogno, quasi una premonizione, svegliò di colpo la
ragazza. Tremando per l'angoscia si passò una mano sulla
fronte. Aveva visto suo fratello e Liz sdraiati insieme
sul letto, colpiti entrambi alla tempia, ed il braccio
teso dell'assassino con la pistola ancora fumante stretta
nella mano. "Oh mio dio
Max
" Si
morse furiosamente le labbra. "Potrebbe anche essere
soltanto un incubo ma non posso rischiare
" Si
raggomitolò voltando la schiena a Morgan, che non si era
accorto di nulla, e chiuse gli occhi concentrandosi.
"Max! Max, puoi sentirmi? Credo di aver avuto una
visione! C'è qualcuno, non so chi sia, non ho visto il
suo volto, che vuole ucciderti! Anche Liz è in pericolo!"
Reagendo al contatto mentale della sorella il giovane
spalancò gli occhi. "Isabel!"
"Max, stai attento, ti prego!"
Max, ormai perfettamente vigile, si tese nello sforzo di
percepire ogni minimo rumore e dopo qualche secondo sentì
il vago fruscio del tessuto contro il tessuto. D'istinto
si gettò sopra il corpo di Liz per proteggerla tendendo
contemporaneamente il braccio destro verso la porta. -
Nasedo! Maledetto bastardo! - Una sfera di energia scaturì
dalla sua mano e andò a colpire l'uomo immobile sulla
soglia, che riuscì a sparare un solo proiettile prima di
crollare a terra, morto.
Svegliata bruscamente Liz si agitò e, sentendo il grido
di Max ed il fragore dello sparo, lanciò un urlo.
Il giovane, visto il foro lasciato dalla pallottola a
soli pochi centimetri dalla testa di Liz, se la strinse
al petto e cercò di calmarla accarezzandole i capelli. -
Shh, tranquilla, è tutto finito
- Continuò a
cullarla finché sentì che il suo corpo cominciava a
rilassarsi. - E' finito
- ripeté.
A poco a poco la ragazza fece capolino dal cerchio delle
sue braccia. - Chi era? - domandò con un filo di voce.
- Nasedo. Voleva vendicare Tess. Isabel mi ha avvertito
appena in tempo. A proposito
- Socchiuse gli occhi
e si collegò alla sorella per rassicurarla. Sorrise nel
percepire il suo sollievo, poi diede un bacio a Liz sulla
tempia. - Aspettami qui, non ti muovere! - Prese i jeans
abbandonati per terra e li infilò in fretta prima di
avvicinarsi al corpo dell'alieno e trascinarlo in
corridoio, dove usò i suoi poteri per distruggerlo.
"Sì, adesso è veramente finito tutto
"
Andò a controllare Jason, che dormiva placido, ed infine
tornò da Liz. - Va meglio? - le chiese con una punta
d'ansia.
Lei annuì mettendosi in ginocchio, incurante della
propria nudità, e lo abbracciò forte. - Jason sta bene?
- chiese piano.
- Sì, dorme ancora
- Max la strinse con tenerezza.
Quel corpo caldo e sottile tremava ancora e lui si sentì
morire dentro. - Liz, amore mio
- Le mise una mano
sulla nuca, assaporando il profumo di quella massa di
capelli soffici. Rimasero così, dandosi reciproco
conforto, per diversi minuti poi Liz si sciolse
dall'abbraccio e gli accarezzò il volto. - Sarà meglio
che mi vesta, ora
- mormorò scostandosi da lui e
scendendo dal letto.
Mentre era in bagno davanti allo specchio per legarsi i
capelli lo vide entrare e fermarsi alle sue spalle. Era
ancora a torso nudo, il volto serio ed intenso. Le diede
un bacio alla base del collo poi, incontrando il suo
sguardo riflesso, le pose le dita sulla scollatura del
maglioncino e le fece scivolare verso il basso lasciando
una traccia luminosa.
La ragazza sorrise e posò la propria mano sulla sua.
Quella luce significava che il loro era di nuovo un
rapporto profondo, sincero, e aveva la forza di
fronteggiare qualsiasi attacco. Anche quando veniva da un
alieno mutaforma che avevano creduto amico. Ancora una
volta Max era al suo fianco, e sapeva che nessuno, mai più,
avrebbe potuto dividerli.
"Caro diario, sono Liz Parker, e tra quindici
giorni diventerò Liz Parker Evans. Il mondo è tornato
ad essere un posto meraviglioso, ed io sono di nuovo
viva, respiro, cammino, volo! Perché ho un bimbo
bellissimo con lo stesso sorriso di suo padre, e Max, il
mio adorato Max, è di nuovo con me
"
FINE
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