VIAGGIO DI UN POETA
Ieri Gyokuran è morto
se nè andato in
silenzio durante la notte, lo stavo vegliando quando lelettrocardiogramma
ha cominciato a sobbalzare istericamente, ho subito
avvertito il pericolo, ho sentito il sudore gelato che mi
copriva la fronte con un velo, non era agitazione, era
paura, terrore, dun tratto mi ricordai delle mie
prime esperienze da medico, di quei pazienti che avevo
assistito e delle vite che scivolavano via, trasportate
dal vento, in un lampo mi ricordai di tutte le leggende e
le fiabe che mi raccontava la mia nonna quando ero ancora
bambino,
<< quando Sarjarim decide di prendere accanto a se
lanima di un nostro amico invia su Sia due
bellissimi spiriti argentati, questi spiriti hanno il
viso coperto da una maschera bianca, una sorridente e laltra
triste e malinconica queste due essenze prendono l'anima
e la portano davanti allaltare dorato di Sarjarim
lo sai, loro sono due importanti stelle della nostra
galassia Marets e Firaok loro scendono sul pianeta per
portare le anime dalla nostra dea poi tornano nel cielo
>>
guardai il viso di Gyokuran, era sempre più pallido, lunica
cosa che manteneva colore umano erano i suoi capelli
biondo oro. Presto le convulsioni cessarono e Gyokuran
riprese la sua stabilità, mi risedetti accanto al letto
e disperatamente presi la testa tra le mani
piangere non serve a nulla, avevo fatto ciò che potevo
contro un virus che non conoscevo minimamente, nessun
libro di medicina lo nominava, nessuno aveva mai
contratto una malattia con sintomi tanto particolare, non
esisteva nessun vaccino e nemmeno il nostro defunto
pianeta ci sarebbe stato daiuto
tentando di riprendere lucidità andai a lavarmi il viso,
presi lacqua gelata a due mani, anche lei sembrava
voler scappare, proprio come la vita di Gyokuran, era uno
stupido complesso il mio, fin da quando ero piccolo
desideravo fermare ciò che di solito fugge, imprigionare
laria con le mani, mantenere lacqua con le
dita aperte, sapevo per principio che non era possibile a
desideravo ardentemente bloccare in un qualche modo ciò
che non sta mai fermo, ciò che fugge. Lentamente quel
mio pensiero bambino ed infantile maturò fino a
diventare passione per la medicina, sapevo che la vita
corre, fugge a qualunque norma ma quando comincia ad
andarsene, quando comincia a chiedere di finire allora la
si può bloccare, la si può fermare ed impedire che se
ne vada. Così capii che non era possibile fermare lo
scorrere del tempo solo fermando le lancette di un
orologio o che non si riuscirà mai ad impedire alla
pioggia di scendere, ma si poteva fare di più
era
possibile riportare alla vita organismi che oramai
avevano nella pelle e nelle ossa la stanchezza, scoprii
che era possibile salvare delle vite solo con laiuto
di erbe e che la vita scappa, non scappa da te, al
contrario, tu fuggi con lei, ed è una fuga che dura fino
alla fine
forse non ci avevo mai pensato perché la
mia vita non fuggiva, io me ne rimanevo immobile nella
mia grande casa in riva al mare, dove non si poteva
giocare per la paura di rompere un vetro o uno specchio,
dove non si potevano esprimere le proprie idee senza
scontrarsi con i miei genitori, dove arcigni e severi
professori mi insegnavano le lingue, la matematica, la
filosofia e mille altre materie umanistiche, quando io
nella mia testa avevo già deciso di diventare un medico
con come unico amico il mio pianoforte a coda nero, i
suoi tasti e le sue splendide note.
la macchina che aiutava Gyokuran a mantenere vivo il suo
flebile e faticoso respiro palpitava al posto del suo
cuore, guardandolo steso su quel letto in attesa che
Marets e Firaok lo portassero da Sarjarim mi venne quasi
voglia di staccare la macchina e lasciarlo morire in
pace, senza agonizzare sul suo corpo. Ecco, solo il suo
corpo era ancora in vita, la sua anima se ne era già
andata
nella stanza aleggiava aria pesantissima, fuori sentivo
in passi di Enjyu che andava avanti e indietro per il
corridoio, anche lei era consapevole che la fine di
Gyokuran era vicina eppure come me non si voleva
arrendere, a per motivi diversi, Enjyu avrebbe voluto
vivere in eterno con lui, ora che potevano esser felici,
io perché ero un fallimento
<< un medico non si può lasciar andare davanti
alle proprie emozioni >> il mio professore me lo
diceva sempre, io lo consideravo come una massima
insegnatami dal mio maestro, lui credeva in me, gli
bastarono poche lezioni, poi un giorno mi guardò in
faccia e mi disse
<< tu sarai un grande medico
puoi giurarci
>> se mi avesse visto ora non penso che avrebbe
pensato lo stesso.
La stanza era buia, solo una fioca lampada elettrica
diffondeva un po di luce, in quel chiarore il viso
del mio amico sembrava brillare di una luce evanescente,
sembrava che la sua anima ormai tanto debole riuscisse ad
emanare lucentezza e spedire messaggi
sorridendo mi
chiesi stupidamente se per caso poteva ancora lanciare
messaggi telepatici ad Enjyu poi scossi la testa e i resi
conto della sciocchezza che avevo appena pensato, mi
alzai ed uscii nel corridoio per andare dalla ragazza,
offrirle un tè e mescolarci una piccola dose di
sonnifero e farla dormire tranquilla.
Gyokuran se ne andò qualche ora dopo, in silenzio, senza
lasciare traccia in quella stanza a parte il suo cadavere
bianco steso tra le coperte, fuori sapevo che mi
aspettava affrontare uno dei compiti più ingrati della
vita di un medico, il mio cuore si disperava, la mia
anima piangeva ed anche la mia mente, ma il mio viso
rimaneva impassibile, un dottore non si può permettere
le lacrime
coprii il viso di Gyokuran con il
lenzuolo poi uscii in silenzio per andare a cercare
Hiragi, davanti alla porta trovai Enjyu già sveglia il
suo sguardo triste ed i suoi occhi imploranti che
parlavano per lei << sta bene, è sempre stabile
>>
già, un medico deve mantenere la
compostezza, deve controllare le proprie emozioni e
reprimerle per lasciare spazio solo alla freddezza nel
momento in cui ce ne fosse stato bisogno, ma se questa
regola valesse anche davanti agli occhi tristi di unamica
e dietro al cadavere di un tuo compagno non lo avrei mai
saputo, decisi io, sul momento che non le dovevo mentire,
decisi di sorriderle e di dirle tutta la verità senza
una lacrima poi capii che tutte le promesse che mi ero
fatto non erano altro che una bugia a me stesso e che
anche a lei avrei mentito sorridendo
nemmeno questo
fu vero una lacrima mi solcava il viso, una sola ma era
una lacrima di dolore, di solitudine e infinita
tristezza, in quella era racchiuso tutto il tempo passato
insieme a Gyokuran, dentro quella goccia di pianto era
chiusa la mia tristezza, il giorno in cui forai lorecchio
di Gyokuran, le risate di Enjyu, prendere il tè alla
mattina insieme a Mokuren, le frequenti liti di Shion e
Gyokuran, le ramanzine del capitano e le crisi di
isterismo di Shyusuran, i calmanti iniettati di sorpresa
e le bustine di sonnifero sciolte nella sua tisana, la
serra sempre verde, i canti di Mokuren, tanto armonici e
melodiosi da destare lanima delle piante, da
parlare al loro cuore, la base inondata di altissime
arbusti, Shion ed il suo comportamento sovversivo, "il
popolo errante", i deliziosi pranzetti di Enjyu, i
digestivi per quando cucinava Shyusuran, la terra, la sua
vita
in quel momento compresi che tutto da un
giorno allaltro sarebbe cambiato, quella lacrima
che stava scendendo sulla mia guancia mentre raggiungevo
Hiragi era il ricordo della base ZKK-101, il ricordo di
una missione, forse il ricordo della mia intera
esistenza, ma una memoria che sarebbe svanita, evaporata
nellaria, più leggera dellaria oppure
assorbita dal terreno, in quellistante di inconscia
pazzia desiderai che la mia lacrima e tutto quello che in
se racchiudeva diventasse vapore, diventasse
leggera, leggera
e volasse via dallaria di
quella luna a noi così ostile, e volasse sulla terra e
diventasse aria, e su quel pianeta che rappresentava la
salvezza spargesse tutti i ricordi di una vita, cosicché
nulla venisse dimenticato
FINE
|