Nota: la fic è vista dal POV di Sendoh,
tranne la parte racchiusa nella cornice che è scritta in terza persona.
THE DREAM
By Yurika
- Vieni da me... vieni da me... coraggio... non aver paura...
segui la mia voce...
Qualcuno mi sta chiamando. Dove sono? Cè solo nebbia intorno
a me.
- Coraggio... vieni... sono qui...
Che cosa vuole da me? Ho paura, non voglio andare.
- Sono qui... segui la mia voce...
Ma le mie gambe si muovono da sole. Cè solo nebbia intorno a
me. E una voce. Che mi chiama.
Allimprovviso mi appare una debole luce. Mi dirigo in quella
direzione. La nebbia sembra a poco a poco alzarsi. Intravedo la sagoma
di una persona. È seduta per terra. Mi avvicino ancora. Un bambino.
Che gioca nella sabbia.
Gli vado davanti, ma non alza lo sguardo. Rimane con la testa abbassata
continuando a costruire il suo castello con paletta e secchiello.
- Che posto è questo?
Non posso fare a meno di domandarglielo. Sono confuso. Ho paura e
non so perchè.
- Ti stavo aspettando.
Il bambino resta sempre a guardare la costruzione che va creando con
mani esperte.
- Aspettavi... me?
Perchè dovrebbe aspettare proprio me? Io non lo conosco! Voglio andarmene
via di qui.
Il ragazzino annuisce, ma ancora non mi mostra il suo viso.
- E da tanto che ti aspetto.
- Che cosa vuoi da me? Sei tu che mi hai fatto venire qui?
- Non lo sai?
Un senso di panico mi afferra alla gola stringendola in una morsa
dacciaio che mi impedisce di parlare e rischia di farmi soffocare.
Riesco a malapena a fare segno di no con la testa.
- Oh! Allora non sei ancora venuto per me...
La sua voce tradisce un tono fortemente deluso. Si alza rimanendo
con la testa abbassata.
<Voglio vedere il suo volto!>
Mi volta la schiena.
<Voglio sapere chi è!>
Si allontana sparendo nella nebbia.
- Aspetta... torna indietro!
Vorrei urlare per trattenerlo, ma riesco solo ad emettere un gemito
roco. Cerco di inseguirlo.
<I piedi... i miei piedi non si muovono!>
Guardo in basso per capire cosè che li stia trattenendo e inorridisco.
La sabbia mi sta risucchiando! Provo ad uscire da quel pantano vischioso,
ma i miei sforzi sembrano essere del tutto inutili. Continuo ad affondare
inesorabilmente, non riesco a liberarmi, vengo trascinato sempre più
velocemente, non riesco a chiedere aiuto, la voce mi ha abbandonato,
sono solo e non posso salvarmi. Solo la testa è ancora fuori, la tengo
sollevata più che posso in un tentativo disperato, sperando ancora
di riuscire a tirarmi via da questa storia.
Luce... non cè più luce, cè solo nebbia umida e appiccicosa
e silenzio e la sabbia che mi inghiotte. Il mio respiro è pesante,
sono stanco, così stanco, vorrei solo poter chiudere gli occhi e smettere
di lottare e lo faccio, mi lascio scivolare nelloblio, avvolto
dalla palude che sarà la mia tomba.
Un grido lacerante squarcia la notte.
Ci metto alcuni minuti a capire che sono stato io a urlare in quel
modo. Gli occhi sbarrati nel buio, laffanno che mi scuote il
petto, il tamburellare frenetico del mio cuore. Lentamente riprendo
coscienza di me stesso. Sotto il corpo sento la solidità del materasso
del mio letto, la pelle è a contatto con il morbido cotone delle lenzuola.
Sono a casa. Sono al sicuro. Sono vivo.
Passo una mano sulla mia fronte madida di sudore. Un incubo! Un fottutissimo
incubo. Anzi no, mi correggo. Il solito fottutissimo incubo!
Mi siedo appoggiando i piedi sul freddo pavimento e scuotendo la testa
cercando di riacquistare un minimo di lucidità. Quando prendo abbastanza
forze da potermi reggere in piedi mi alzo e mi dirigo in cucina. Tanto
per stanotte di dormire ancora non se ne parla! Mi preparo una tisana
calda e mi metto al tavolo sorseggiandola lentamente per non ustionarmi
la lingua. E comincio a pensare.
Penso ad un tempo lontano, a quando ero piccolo e mio padre era ancora
vivo. Allora non abitavo a Kanagawa e il mio cognome non era ancora
Sendoh. Akira Kigai, questo è il mio vero nome. Mio padre era il Grande
Sacerdote del tempio Izumo. (*)
Kigai è un nome che suscita immediatamente rispetto. Nella nostra
lingua vuol dire guardiano. In effetti mio padre era il
guardiano della nostra comunità, vegliava affinché gli spiriti dei
defunti riuscissero a trovare la strada per laldilà senza rimpianti.
In pratica, era un esorcista.
Mi ricordo poco di quegli anni. So che venivo trattato con grande
rispetto e deferenza dagli altri monaci, perchè un giorno avrei dovuto
succedere alla carica del mio illustre genitore. Infatti, fin da bambino
possedevo una grande energia spirituale che mi permetteva di vedere
e comunicare con i morti. Gli altri bambini mi tenevano a distanza
per questo e spesso io mi sentivo solo. Gli unici veri amici che avevo
erano i monaci del tempio, ma essi mi trattavano più come un principino
da venerare piuttosto che come un normalissimo ragazzino bisognoso
daffetto.
Purtroppo il mio papà morì presto. Fu stroncato da un infarto quando
io avevo sei anni. Non ho memoria di quel periodo, probabilmente è
un avvenimento troppo doloroso e ho preferito dimenticarlo. Mi ricordo
solo un uomo gentile dal sorriso stanco che mi accarezzava la testa
dicendo che ero la cosa più importante che la vita gli avesse donato.
Gli volevo molto bene, anche se potevo trascorrere poco tempo assieme
a lui.
Subito dopo la sua morte mia madre mi portò via dal tempio. Non so
quale fu il motivo, ma lei litigò furiosamente con i monaci che mi
volevano trattenere con loro per farmi diventare il nuovo Grande Sacerdote.
A volte mi sembra di ricordare le grida di mia madre che diceva che
gli avevano già sottratto il marito e che non si sarebbe fatta portare
via anche il figlio. Così, una notte, mi prese con sè e fuggimmo da
Izumo. Ci trasferimmo qui a Kanagawa. Mia madre riprese il suo cognome
da nubile, Sendoh appunto, e lo impose anche a me, in modo da troncare
ogni rapporto con la nostra vita precedente.
Da allora sono passati 11 anni. Non ha più voluto sentir parlare nè
del tempio, nè dei monaci. Anche quello su mio padre è un discorso
tabù con lei.
Comunque, da quando sono venuto a vivere qui ho perso le mie capacità.
Sono diventato un bambino come tutti gli altri. Sono andato a scuola,
mi sono fatto degli amici, ho cominciato a giocare a basket... insomma,
ho condotto la normale vita di un ragazzo della mia età.
Però adesso... questo incubo mi tormenta! Non ne conosco la provenienza
nè il significato. Ho solo la ferma consapevolezza che non sia un
sogno qualunque, ma che sia qualcosa di tremendamente significativo,
come da bambino ero sicuro di distinguere una presenza spirituale
da una persona in carne e ossa.
Che io abbia riacquistato almeno una parte dei miei oscuri poteri?
Che sia unanima bisognosa daiuto quella che tormenta le
mie notti? Non lo so... e non so cosa fare...
Mi prendo la testa fra le mani appoggiando i gomiti sulla tavola e
premendo i palmi sugli occhi. Mi concentro sul dolore che questo gesto
mi provoca per riuscire a smettere di pensare.
- Akira, tesoro! Cosa fai sveglio a questora?
Scosto le mani dal viso e cerco di guardare attraverso lo sciame di
puntini rossi che mi ballano davanti agli occhi. Mia madre è sulla
soglia della cucina che mi fissa con aria assonnata e preoccupata
allo stesso tempo.
- Io... non riuscivo a dormire.
Mi si avvicina e mi posa le mani ai lati del viso, accarezzandomi
le guance con i pollici.
- Che coshai, bambino mio? Stai forse male?
- No mamma, non ti preoccupare. Ho solo avuto un incubo.
Lespressione di mia madre si fa ansiosa. Mi scruta fin nel profondo
degli occhi, come se volesse leggermi lanima.
- Un incubo? Che genere di incubo? Che cosa hai sognato?
Le mani ancora appoggiate al mio volto tremano vistosamente. Gliele
afferro e le porto alle labbra, baciandole teneramente.
- Nulla di importante, credimi. Anzi, a dirti la verità non me lo
ricordo neanche più!
Le sorrido rassicurante ben sapendo di mentirle. Non posso dirle la
verità, è ovvio che ne rimarrebbe sconvolta e io non voglio fare del
male alla mia mamma!
Osservo i suoi capelli neri, dritti e lisci come spaghetti che le
ricadono sulle spalle, così simili ai miei se non li portassi sempre
costretti in unacconciatura che va ai limiti del proibito: sparati
verso il cielo come gli aculei di un istrice. La pelle delicata, appena
increspata da qualche inesorabile ruga che, però, non ne attenua la
fresca bellezza, conferendole un aspetto maturo e rassicurante. Gli
occhi castani, dolci e materni, che mi guardano con amore.
Gli occhi sono la cosa che abbiamo più dissimile, perchè io ho preso
lo strano colore di quelli di mio padre, un grigio metallico che,
a volte, può sembrare blu. Però il sorriso è identico a quello di
mia madre, le nostre bocche sembrano quasi luna il riflesso
dellaltra.
- Va bene, allora. Ora prova a tornare a letto, domani mattina hai
scuola.
Il suo tono amorevole mi accarezza gentile ridandomi un po di
forza.
- Daccordo. Buona notte.
- Buona notte, Akira. Ah! Akira...
Mi richiama quando ormai sono quasi uscito. Mi volto verso di lei
con espressione interrogativa.
- Ti ricordi della promessa, vero? Di non parlare mai a nessuno...
di quelle cose...
Come potrei dimenticarmela? A causa di quella promessa mi devo portare
dentro il peso e langoscia di nascondere i miei timori e quella
che, intuisco, possa essere la mia vera natura.
Tuttavia la mantengo, perchè so che per lei è importante.
- Certo mamma. Vai a dormire anche tu ora.
Fa un sospiro di sollievo e mi sorride.
- Sì, tesoro, ora vado anchio.
Le accenno un sì con la testa e mi dirigo verso la mia stanza. Mi
auguro solo di non sognare ancora!
- Vieni da me... vieni da me... coraggio... non aver paura...
segui la mia voce...
- Che posto è questo?
- Ti stavo aspettando.
- ...doh... Ehi, Sendoh! Ma ci ascolti?
- Cosa, scusa?
La voce di Koshino mi riporta bruscamente alla realtà. Sono in un
locale che hanno aperto da poco insieme a tutti i ragazzi del club
di basket. Ci capita spesso di passare il sabato sera insieme. Sono
delle brave persone e degli ottimi amici e mi diverto sempre in loro
compagnia. Però questa sera sono distratto. Sono tre notti di seguito
che continuo a fare quel sogno. Prima non mi capitava mai di farlo
per più di una volta alla settimana, ma ultimamente la sua frequenza
si è intensificata, tanto che adesso ho il terrore di chiudere gli
occhi per non dovermi ritrovare avvolto da quella nebbia oscura e
appiccicosa. Persino quando sono sveglio non posso fare a meno di
pensare alle parole di quel bambino misterioso e al loro significato.
- Insomma, che ti piglia questa sera? Sei stato tutto il tempo seduto
in quellangolo a fissare il vuoto senza spiccicare una parola.
- Koshino ha ragione, sembri più musone persino di Fukuda!
- Che cosa??? Prova a ripeterlo se ne hai il coraggio, stupido Hikoichi!!!
Fukuda comincia a inseguire uno spaventatissimo Aida che corre in
mezzo ai tavoli cercando di seminare il suo accanito inseguitore.
Ridacchio alla vista di questa scena.
- Lasciando perdere quei due mentecatti, che ne diresti di venire
con noi a ballare giù in pista?
- No grazie, Hiroaki, adesso proprio non mi va. Cominciate ad andare
voi, poi magari vi raggiungo.
- Ok, capitano, come vuoi.
Alza le spalle e si allontana seguito dagli altri compagni.
Rimango seduto al tavola a sorseggiare la mia coca cola. La mia mente
continua ad inseguire gli stralci dellincubo che mi sta perseguitando.
- Allora avevo ragione, sei proprio Sendoh!
Guardo in direzione della voce che mi ha rivolto la parola. Un ragazzo
dai corti capelli neri e dai profondi occhi scuri è in piedi di fronte
a me. Lespressione sicura e un po canzonatoria e la cicatrice
sul mento lo denoterebbero come un teppista, ma secondo me gli si
adatta meglio la definizione di duro dal cuore tenero.
- Mitsui! Anche tu qui? Sei venuto a vedere il nuovo locale?
- Già, sono qui con un paio di amici, ma devo dire che non è un granché.
È pieno di figli di papà con la puzza sotto il naso, decisamente non
è il mio ambiente.
Fa una smorfia di disgusto e si siede vicino a me senza aspettare
di esservi invitato. Accenno un sorriso divertito.
- E quale sarebbe lambiente adatto a te? Non dirmi che ti piace
frequentare quei posti pieni di motociclisti che hanno voglia di menare
le mani e di camionisti ubriachi!
Mi osserva qualche istante serio in volto, decidendo se la mia voleva
essere una battuta o una provocazione. Alla fine opta per la prima
ipotesi e scoppia a ridere.
- No, ma che dici?!? Semplicemente intendevo dire che preferisco i
posti dove ci va la gente reale.
- Intendi dire che tutte le persone qua dentro non sono reali?
Sono tutti frutto di un esperimento di clonazione di massa?
Mi faccio più vicino a lui sussurrandogli le mie parole con tono finto-cospiratorio.
Lui arrossisce leggermente e mi rivolge un sorriso in tralice.
- Decisamente hai guardato troppi episodi di X-Files! Intendevo dire
che i ragazzi che vengono in questo tipo di locali sono molto più
interessati allapparenza piuttosto che allessenza. Preferiscono
nascondersi dietro ad una facciata da fighetti imbellettati
per non dover mostrare al mondo che sono solo mocciosi impauriti di
non essere accettati per ciò che sono.
Mi faccio improvvisamente serio. Cosa cè di male a voler apparire
migliori di quello che si è? Non lo facciamo tutti, forse? Io, comunque,
lo faccio. Nascondo le mie ansie e le mie paure dietro una maschera
sempre sorridente. E non mi serve che un bulletto qualunque venga
a farmi la predica per questo!
- Mi sono stufato di stare qui, io me ne vado.
Mi alzo dalla sedia e, recuperata la mia giacca, vado verso la pista
per avvertire gli altri della mia fuga. Perchè almeno a me stesso
non posso mentire e so che questa è una fuga.
- Ma aspetta! Ho detto qualcosa di male? Che ti è preso?
- Nulla, tu non centri. Solo che non mi va più di stare qui.
- Ok, se mi dai cinque minuti...
- Ci vediamo, Mitsui!
- Sendoh...
Non mi fermo ad ascoltare le sue proteste e mi guardo in giro alla
ricerca di qualche mio compagno.
Finalmente scorgo Fukuda sul bordo pista in piedi con le spalle contro
la parete.
- Io me ne vado a casa. Ci pensi tu ad avvertire gli altri?
- Sì capitano, ci penso io. Ci vediamo lunedì a scuola.
- Va bene. Buona serata.
Mi saluta con un cenno. Recupero la mia giacca ed esco dal locale
troppo affollato e rumoroso. Alzo gli occhi verso una luna a tre quarti
che illumina il cielo sgombro di nuvole. Inspiro laria pungente
della notte, inebriandomi della sua fragrante purezza.
- Sendoh, per fortuna sei ancora qui! Che ne diresti di fare un pezzo
di strada insieme?
Mitsui si avvicina affiancandomisi e rivolgendomi un sorriso. Alzo
le spalle indifferente e mi dirigo lungo la strada che mi porta verso
casa. Lui mi segue subito dopo.
Avrei preferito rimanere per conto mio, ma in realtà la sua presenza
non mi infastidisce. Forse è meglio che non stia da solo con le mie
elucubrazioni.
- Ti ricordi il discorso che ti stavo facendo poco fa sulla gente
che frequenta quel genere di locali?
- Quello su chi preferisce nascondersi piuttosto che mostrarsi per
ciò che è?
- Sì, proprio quello. Sai, una volta io ero come loro.
Lo guardo stupito e incuriosito. Si volta verso di me rivolgendomi
un bel sorriso.
- Conosci la storia del mio incidente per il quale ho dovuto abbandonare
il basket per un po di tempo?
- Sì, ho sentito dire qualcosa. Se non sbaglio, è avvenuto quando
frequentavi il primo anno delle superiori.
Eccome se ne ho sentito parlare! Hikoichi ci ha fatto una testa così
con tutte le informazioni che aveva racimolato sul tiratore da tre
punti dello Shohoku, tutte ordinatamente scritte sul suo onnipresente
blocco per gli appunti.
- Esatto! Quando mi hanno detto che sarei dovuto rimanere fuori dal
campo per non rischiare di danneggiare in modo irreparabile il mio
ginocchio mi sentii morire. Il basket era tutta la mia vita. Avevo
perso ciò che più importava nella mia esistenza. E lunico responsabile
ero io. Se non avessi cercato di spingermi oltre le mie possibilità
durante la riabilitazione, non avrei aggravato in quel modo le mie
condizioni. Non potevo perdonarmi per questo. Passavo le mie giornate
in camera, sdraiato sul letto, con le imposte chiuse, senza che neppure
uno spiraglio di luce entrasse, gli occhi sbarrati nel buio. Non dormivo.
Nella testa continuavo a rivedere le partite che avevo giocato e vinto.
Ero stato un campione, ma ormai ero solo un perdente. Dopo circa due
settimane i miei genitori mi fecero uscire dalla stanza con la forza.
Allora cominciai a frequentare tutti i locali malfamati in cui ti
danno da bere tutto lalcool che vuoi senza chiederti documenti.
Cercavo nellalcool loblio che riuscisse ad aiutarmi a
dimenticare dello schifo in cui avevo ridotto la mia vita. Fu una
sera di quelle in cui conobbi Tetsuo e la sua banda. Stavo attraversando
un vicolo dopo essere uscito dallennesimo bar. Ero ubriaco fradicio
e mi reggevo a malapena sulle gambe quando scontrai contro un tizio
che cominciò a sbraitarmi qualcosa contro. Ovviamente ero troppo stordito
per capire che diavolo stesse dicendo. So solo che poco dopo fui circondato
da una manica di ceffi con la chiara intenzione di massacrarmi. In
quei tempi pensavo molto alla morte. Passavo intere giornate a scervellarmi
sullargomento, ma lunica conclusione a cui arrivavo era
che quella fosse lunica soluzione per dare un taglio allo squallore
di cui mi ero circondato. Vedendo quei tipi che non si sarebbero fatti
il minimo scrupolo ad uccidermi pensai che qualcuno avesse esaudito
le mie preghiere. Ma sai come si dice, no? Stai attento a ciò che
desideri perchè potresti ottenerlo. Ed è vero! Allinizio mi
feci pestare senza opporre la minima resistenza. Poi arrivò il momento
in cui il dolore superò la disperazione, che pure credevo infinita,
e decisi che non sarei morto lì. In fondo ero pur sempre un ex campione
e lasciarmi colpire a morte da una banda di rifiuti umani in un sordido
vicolo non era proprio da me. Così una furia prorompente si impadronì
del mio corpo, scorrendomi nelle vene insieme al sangue pulsante.
Capii non solo che non volevo morire lì in quelle circostanze, ma
che non volevo morire affatto! Mi difesi meglio che potei, ma contro
di me cerano il numero preponderante dei miei avversari e il
fatto che fossi già conciato parecchio male. Sarei stato spacciato
se, ad un certo punto, lunico tizio che ancora non si era fatto
avanti non avesse intimato agli altri di fermarsi. Mi si avvicinò.
Io ero accovacciato per terra con le braccia sullo stomaco che aveva
appena ricevuto un calcio prodigioso. Mi sollevò la testa per i capelli
fino a portarmi allaltezza del suo viso. Il mio nome è
Tetsuo mi disse e questi sono i miei ragazzi. Non te la
cavi affatto male. Facciamo un patto. Unisciti a noi e io ti risparmio
la vita. Ora so che non mi avrebbe mai ucciso veramente. Forse
vivrei privato della milza, ma di sicuro non mi avrebbe ammazzato.
Però allepoca non lo sapevo. Così feci lunica cosa che
mi rimaneva da fare: accettai.
Fa una pausa per riprendere fiato e io lo guardo un po costernato.
Non pensavo che quel ragazzo avesse dovuto affrontare quel genere
di patimenti!
- Così iniziò la mia vita da teppista. Non è che mi piacesse, solo
che non sapevo cosaltro fare. Mi sentivo triste, solo e amareggiato.
Quei ragazzi che mi avevano pestato a sangue erano anche gli unici
che mi avessero teso una mano. Credevo di essere capace solo di giocare
a basket, invece scoprii di essere bravo anche a fare a botte. In
questo modo divenni nel giro di pochissimo il braccio destro di Tetsuo.
Andavo in giro a bere, a fumare, a pestare i ragazzini e a scippare
le vecchiette solo per il gusto di farlo. Non ero orgoglioso, ma fingevo
di esserlo, altrimenti anche i pochi che avevano accettato la mia
compagnia mi avrebbero allontanato come un buono a nulla.
- Ma scusa, gli amici che avevi prima? Che fine avevano fatto?
- Loro... oh bè, loro avevano i loro impegni... e poi i miei vecchi
amici erano tutti coinvolti, in un modo o nellaltro, nellambito
del basket. Credi che avrei mai accettato i loro sguardi dispiaciuti
a vedermi come un povero invalido che non poteva più fare ciò per
cui era portato fin da quando era nato, mentre loro erano ancora in
grado di correre e saltare come se niente fosse? O, peggio ancora,
sarei riuscito a vedere la pietà sui loro volti senza poi pestarli
a sangue?
- Capisco.
Capisco davvero. Al suo posto probabilmente avrei agito alla stessa
maniera.
- Poi ci fu quella bravata nella palestra dello Shohoku. La mia rabbia
e il mio tormento erano arrivati ad un punto tale che avevo deciso
che, se io dovevo stare nel fango, allora ci avrei trascinato anche
tutti gli altri. Se io non potevo giocare, nessuno avrebbe dovuto
farlo. E così cercai di coinvolgere la squadra in una rissa a causa
della quale sarebbe stata squalificata dal torneo. Ma la cosa finì
diversamente da come mi ero proposto.
Ora Mitsui sorride leggermente con lo sguardo perso nel passato.
- Cosa è successo?
Non so perchè, ma questa storia mi coinvolge in maniera inaspettata.
Lui sembra riscuotersi allimprovviso. Mi guarda con i suoi occhi
oscuri e magnetici e mi sorride di nuovo.
- Quando ho messo di nuovo piede in palestra dopo due anni di assenza,
la mia rabbia è salita a livelli inimmaginabili. Perchè in quel momento
più che mai capivo che quello era il posto dove sarei dovuto stare,
quello e non la strada. Avrei voluto prendermi a calci da solo, ma,
visto che non potevo, preferii sfogarmi sui poveri malcapitati che
si stavano allenando. Alla fine di quella giornata, dopo aver rivissuto
attraverso la bocca di Kogure la mia sofferenza e dopo essermi inginocchiato
di fronte al coach Anzai per chiedergli unaltra possibilità,
mi sentii di nuovo, dopo tanto tempo, in pace con me stesso. Era nato
un nuovo Hisashi Mitsui quel giorno, non più lMVP delle medie,
non più il teppista agli ordini di Tetsuo... solo un ragazzo che aveva
finalmente ritrovato la gioia di lottare per ciò che credeva avesse
davvero importanza.
Adesso gli sorrido anchio e lui abbassa lo sguardo come se fosse
imbarazzato, ma non volesse darlo a vedere.
Non so perchè, ma anche se abbiamo vissuto esperienze così diverse
mi convinco che questo ragazzo potrebbe essere lunico in grado
di capirmi fino in fondo. Senza rendermene conto, comincio a parlargli
del mio passato.
- Mio padre era uno sciamano molto importante. Allepoca vivevamo
ad Izumo. Era molto bello lì! Mi ricordo che dal santuario, quando
girava il vento, si sentiva il rumore del mare e il profumo del legno
di cedro pervadeva in tutte le stanze. Cera molta pace e tranquillità
tutto in torno. Qualche volta, quando mio padre andava a compiere
un esorcismo, io lo accompagnavo. In quelle occasioni mi sembrava
più vicino ad un dio che a un uomo. I suoi occhi gentili e tranquilli
diventavano freddi come lacciaio e io provavo una sorta di reverenziale
timore nei suoi confronti.
Io avevo il suo stesso dono. Anchio ero in grado di poter
visualizzare le presenze ed ero in grado di comunicare con loro. Ancora
non ero capace di compiere veri e propri riti, naturalmente, però
cercavo di rendermi utile come potevo. Riuscivo a percepire la sofferenza
di quelle anime in pena. Esse mi parlavano e mi dicevano che non volevano
abbandonare il nostro mondo perchè avevano ancora delle cose da fare.
Allora io piangevo. Mio padre mi prendeva in braccio e mi consolava
gentilmente. Non fare così piccolo mio! mi ripeteva noi
siamo qui apposta per aiutarli. Eppure mi pareva inconcepibile
che le urla che emettevano prima di svanire fossero espressioni di
gioia per la loro liberazione. Vedi Akira, a volte gli spiriti
che lasciano i corpi dei defunti perdono la strada che li porta verso
laldilà. Essi si convincono di avere ancora un posto in questo
mondo, ma non è così. Questo mondo è fatto solo per i vivi. Così noi
li aiutiamo a ritrovare la strada che avevano smarrito. Probabilmente
loro non capiscono che lo facciamo solo per il loro bene, ma questo
non significa che ciò che facciamo sia male. Quante volte mi
avrà ripetuto queste parole! E io pendevo dalle sue labbra come fanno
tutti i bambini che ascoltano i genitori raccontar loro la favola
della principessa tenuta prigioniera dalluomo malvagio! In questo
modo sono cresciuto, almeno fino ai sei anni. Purtroppo, lestate
del mio sesto compleanno mio padre morì. Mia madre ne rimase sconvolta.
Credo che, in qualche modo, desse la colpa della sua scomparsa al
suo lavoro al tempio. Per questo mi prese con sè portandomi più lontano
che poteva. Non voleva che anchio diventassi uno sciamano come
lui. Da quando sono arrivato a Kanagawa ho perso i miei poteri. Probabilmente
non sono più in grado di concentrarmi come una volta. I monaci del
tempio mi facevano fare ogni giorno ore di allenamento per raggiungere
il grado di concentrazione necessaria per imparare larte dellesorcismo.
A volte mi manca quel senso di pace che ti si insinua nelle membra
portando il tuo corpo ad uno stato di torpore tale da farti provare
la sensazione di essere morto pur avendo la consapevolezza che sei
vivo come non mai. Non ridere, ma ci sono dei momenti in cui, per
ricreare almeno in parte quella speciale atmosfera vado a pescare.
Lo stare fermo ad aspettare che il pesce abbocchi allamo rimanendo
fermo e in silenzio ad osservare lo sciabordio ritmico dei flutti
ha effetti quasi ipnotici. Questo non vuol dire che in quei casi sia
in grado di sfruttare nuovamente il mio dono. Dalla morte di mio padre
non ho più avuto alcuna visione.
Faccio una piccola pausa, esitando sul da farsi. Ho già raccontato
fin troppo di me a questo semi-sconosciuto. Gli ho detto cose che
non sa nessuno, neppure il mio migliore amico, Hiroaki. Per lui, per
questo ragazzo dallo sguardo duro e fermo, ma dalla voce gentile ho
infranto la promessa che da anni mi lega a mia madre. Posso fidarmi
così tanto da andare oltre e continuare con il mio racconto?
- Ma ora qualcosa è cambiato, vero?
Mi volto verso di lui riscosso dalle sue parole.
- Come... Cosa ti fa pensare una cosa del genere?
Fa una rapida smorfia dubbiosa.
- Non saprei... qualcosa nel tuo tono di voce, forse.
Si ferma di colpo facendo arrestare anche me posandomi le mani sulle
spalle e girandomi in modo che i nostri sguardi si incrocino.
- Non sei costretto a parlarmene se non ti va.
La sua voce calda mi provoca violenti brividi sotto pelle.
Sì, lo sento. Posso fidarmi di questi occhi scuri come la notte e
profondi come leternità. Posso fidarmi della piega dura e virile
della bocca che sa spiegarsi nel più luminoso dei sorrisi. Posso fidarmi
di queste mani forti che si appoggiano fermamente sulle mie spalle,
divenendo lunico appiglio a cui io possa aggrapparmi. So con
la consapevolezza del cuore che sa leggere il linguaggio di un altro
cuore che lui è lunico a cui poter affidare le mie confidenze.
- Lo so. Ma voglio raccontartelo.
Gli rivolgo un sorriso caldo e avvolgente, uno dei miei sorrisi più
veri e lui sembra abbandonarvisi. Sta per spostare le sue mani da
me, ma io lo fermo facendo intrecciare le nostre dita e posandomele
sul petto.
- Da qualche tempo faccio sempre lo stesso sogno. Un bambino, di cui
non riesco a vedere il volto, mi chiama a sè. Gioca con la sabbia
costruendo un castello. Intorno a noi ci sono solo nebbia e silenzio.
Quando gli vado vicino dice che mi stava aspettando da tanto tempo.
Io gli domando dove ci troviamo e che cosa voglia da me, ma lui, invece
di rispondere, con aria delusa dice che non sono venuto per lui e
se ne va. Io vorrei inseguirlo, ma ho i piedi bloccati dalla sabbia
e lentamente essa mi risucchia finché non mi ritrovo totalmente immerso
con la sensazione di soffocare. A quel punto mi sveglio.
Ho un po paura a scoprire la sua reazione a ciò che gli ho appena
esposto. In fondo potrebbe benissimo prendermi per un pazzo paranoico,
anzi, mi stupisco che finora non labbia ancora fatto.
Invece Mitsui mi guarda con espressione seria sembrando non mettere
per nulla in dubbio le mie parole.
- Dunque?
Rimango un po perplesso a questa domanda. Allento leggermente
la presa sulle sue dita, ma lui non le sposta.
- Dunque... cosa?
- Immagino che tu ti sia fatto unidea sul significato di questo
sogno. Sei o no il figlio di un grande sciamano?
Le ultime parole le pronuncia con tono ammiccante.
- Non scherzare su queste cose.
- Scusa. Non volevo prenderti in giro.
- Non ti preoccupare, non me la sono presa. Comunque unidea
me la sono fatta, ma non so se sia quella giusta. Credo che cerchi
il mio aiuto, ma non sono sicuro per cosa lo voglia.
- In pratica credi che sia uno spirito che non riesce a trovare la
strada per laldilà, come dicevi prima.
Esito un momento prima di annuire.
- Ma non ne sei del tutto convinto.
- No.
Sorrido al pensiero che Mitsui, con cui avrò scambiato la parola sì
e no quattro volte in vita mia, mi capisca meglio di quanto non faccia
io stesso.
Per un po rimane assorto in qualche pensiero, poi alza di nuovo
lo sguardo su di me.
- Io credo che le risposte giuste tu le sappia già.
Sbatto gli occhi un paio di volte perplesso.
- E come potrei saperle?
- Perchè sono contenute dentro di te. O, per meglio dire, allinterno
del tuo sogno.
- Quindi mi stai suggerendo che non cè proprio nessun mistero
da svelare, ma solo da interpretare.
- In un certo senso è così.
Si mordicchia le labbra con la mente di nuovo persa dietro chissà
quali elucubrazioni.
- Secondo me gli fai la domanda sbagliata.
- Che cosa vuoi dire?
- Insomma... se quel ragazzino risultasse essere un fantasma, come
sostieni, allora sapresti già cosa vuole da te.
- Trovare la pace.
- Esattamente! Per cui, la prossima volta non chiedergli Cosa
vuoi?, ma chiedigli Chi sei?.
Rimango qualche attimo a testa bassa a riflettere sulle sue parole.
- In effetti, non hai tutti i torti. Forse dovrei provare.
- Io toglierei il forse.
Mi metto a ridere, rasserenato dal suo tono canzonatorio e rassicurante
allo stesso tempo.
- Va bene, grande saggio, farò come dite voi!
Anche lui ride ora. Rimaniamo a fissarci. Una luce intensa brilla
nei suoi occhi e io ne vengo attratto, ipnotizzato dalla sua magia,
incantato come il topo di fronte agli occhi del serpente che lo sta
per divorare. Il rumore dei passi di un passante mi richiama a me
stesso. Solo adesso mi accorgo di stringere ancora le mani di Mitsui
nelle mie. Immediatamente gliele lascio andare e sorrido imbarazzato.
Un senso di gelo invade la mia pelle nel punto dove , fino a poco
prima, il suo calore era in stretto contatto con il mio corpo.
- Sarà meglio che vada, si è fatto molto tardi.
Non capisco perchè, ma ho lirresistibile impulso di scappare
via e allo stesso tempo vorrei non doverne mai più andare.
- Già, hai ragione. È meglio andare anche per me.
- Bene. Allora, ci vediamo Mitsui.
Riprendo la via di casa.
- Ah, Sendoh! Aspetta!
- Sì?
Mentalmente mi do dellidiota per aver risposto tanto prontamente
al suo richiamo. Che diavolo mi sta succedendo?
- Volevo solo dirti che sei hai bisogno... di qualunque cosa... io
ci sarò sempre per te.
Come ringraziamento gli regalo un sorriso, cosa che lui sembra apprezzare
parecchio.
Mi volto e mi allontano. Non so perchè, ma durante tutto il tragitto
canticchio allegramente il ritornello di una canzone sentita alla
radio qualche giorno fa e che dice: ... dimmi dimmi perchè dico
non devi aver paura che lamore è una conquista che nessuno ti
potrà più rubare... (*2)
- Vieni da me... vieni da me... coraggio... non aver paura...
segui la mia voce...
Qualcuno mi sta chiamando. Dove sono? Cè solo nebbia intorno
a me.
- Coraggio... vieni... sono qui...
Che cosa vuole da me? Ho paura, non voglio andare.
- Sono qui... segui la mia voce...
Sono di nuovo davanti al bambino che gioca nella sabbia senza che
mi mostri il suo volto. Tutto è come sempre. Come ogni volta sto per
fargli la solita domanda. Ma qualcosa mi trattiene. Il ricordo di
un giovane dagli occhi profondi che mi dice che se voglio delle risposte
devo fare le domande giuste.
- Sei... sei un fantasma?
Il bambino continua la sua costruzione senza alzare lo sguardo.
- Tu li conosci i fantasmi. Ti sembro uno di loro?
Rifletto un po prima di rispondere.
- A volte essi assumono laspetto dei vivi perchè si dimenticano
di essere morti.
- Oh no! Non se ne dimenticano. Cercano di non ricordare, ma non si
può scordare ciò che si è... o ciò che si è stato.
- Non capisco.
- Perchè non sei ancora pronto per capire.
Di nuovo il bambino si alza e di nuovo sparisce nella nebbia, mentre
io comincio ad affondare sempre di più risucchiato dalla sabbia che
mi reclama come una sua legittima preda.
Mi sveglio sudato e ansante come sempre. Ma almeno oggi non ho paura.
Solo un senso di stordimento e di confusione aleggia nella mia mente
appannata come un vetro con sopra la condensa.
Mitsui aveva ragione. Le risposte sono contenute nel sogno. Se imparo
a fare le domande esatte, riuscirò anche ad ottenere le risposte che
sto cercando. Devo solo capire come formulare i quesiti necessari
per ottenerle.
Mi sdraio di nuovo sul letto avvolgendomi con le coperte. In pochi
minuti mi riaddormento di un sonno pesante e senza sogni. Per la prima
volta da quando è cominciata questa storia, riesco a dormire dopo
aver fatto il solito incubo.
Il lunedì mattina mi alzo con un forte mal di testa. È come se qualcosa
pulsasse dentro il mio cervello cercando di uscirne. Mi dirigo con
passo malfermo in cucina. Ho assoluto bisogno di unaspirina!
- Buon giorno, tesoro! Siediti, tra poco la colazione sarà pronta.
Mia madre cucina girata verso i fornelli senza degnarmi nemmeno di
uno sguardo.
- Mamma, dove sono le aspirine?
- Stai male?
Si volta subito con aria preoccupata e mi si avvicina posandomi una
mano fresca sulla fronte per controllarmi la temperatura, tenendo
ancora con laltra il mestolo con cui stava servendo il riso.
- Non mi sembra che tu abbia la febbre.
- No, non ti preoccupare. È solo un po di emicrania.
- Siediti che te la porto subito. Intanto comincia a mangiare.
Faccio come mi dice e sbocconcello qualcosa nellattesa del suo
ritorno.
- Ecco qua, piccolo mio. Sei sicuro di non sentirti altro? Forse è
meglio se per oggi rimani a casa.
- Ma no, mamma, davvero non è niente! Vedrai che ora mi passa tutto.
E poi se non vado agli allenamenti Taoka è in grado di venirmi a recuperare
a casa trascinandomi fino alla palestra per un orecchio.
Le rivolgo un sorriso rassicurante e lei sembra tranquillizzarsi.
- Probabilmente hai ragione tu e io mi preoccupo troppo. Di sicuro
non sarà nulla di grave. Il fatto è che da quando mi sei rimasto solo
tu ho il terrore di perdere anche te.
Il suo fragile corpo è scosso da un violento brivido e i suoi dolci
occhi castani si riempiono di lacrime. Allimprovviso si getta
su di me inginocchiandosi al mio fianco e aggrappandosi al mio collo.
- Promettimi che non te ne andrai mai, prometti che non lascerai mai
la tua mamma da sola.
La voce disperata e rotta dai singhiozzi mi spaventa. Labbraccio
più forte che posso cercando di infonderle una fiducia e una sicurezza
che sono ben lungi anchio dal provare.
- Mamma, che ti prende? Certo che non ti lascio sola! E poi dove credi
che voglia andare? Per favore, non fare così. Asciugati le lacrime
e regalami uno dei tuoi bei sorrisi augurandomi una buona giornata,
così potrò andare tranquillo e sereno a scuola come quando ero piccolo.
Le sorrido asciugandole le piccole gocce salate che ancora indulgono
sulle sue guance. Lei posa le sue mani ai lati del mio viso e mi dà
un bacio sulla fronte.
- Sono la madre più fortunata del mondo ad avere un figlio come te.
Buona giornata, Aki-kun.
- Grazie mamma. Ora devo proprio andare o farò tardi.
Mi alzo e raccolgo la cartella che ho lasciato ai miei piedi quando
sono sceso in cucina. Quando mi volto a guardare verso la porta di
casa, dopo che sono uscito, vedo mia madre in piedi sulluscio
salutarmi con la mano. Ricambio il gesto e mi allontano un po
rincuorato.
Per un po cammino per le strade del mio quartiere sovrapensiero.
Mentre aspetto che scatti il verde ad un attraversamento pedonale
mi appoggio al palo del semaforo fischiettando un allegro motivetto.
Ed è allora che la vedo.
Una bambina di circa dieci anni con i codini e le ginocchia sbucciate.
Si trova sul marciapiede opposto al mio e mi sorride. Non ci sarebbe
niente di male se non fosse... non fosse per quegli orribili ematomi
che le devastano il viso, le gambe e le braccia, il colorito mortalmente
pallido e langolazione totalmente innaturale del suo collo.
Comincio a tremare senza riuscire a mantenere il controllo sul mio
corpo. Una sensazione di gelo mi penetra fin nelle ossa. Laria
intorno a me diventa rarefatta ed è come se il tempo si dilatasse
allinfinito, allungando i secondi in minuti e i minuti in ore,
facendo scorrere più lentamente il traffico che mi circonda.
Le labbra della bambina cominciano a muoversi formando delle sillabe
e delle parole, ma io non riesco a sentire la sua voce. Mi sento strano,
impotente, come se sapessi che in realtà sarei in grado di ascoltarla,
ma che mi sono dimenticato come fare.
Cerco di urlare, di gridarle che non sono in grado di capirla e che
la smetta di ripetere quelle parole, perchè, non so come, ma ho la
piena consapevolezza che sta pronunciando sempre le stesse tre parole.
Ma la mia lingua resta incollata al palato e non si decide a muoversi,
così come le gambe che non si vogliono schiodare dal posto in cui
si trovano per correre via e portarmi lontano da tutto questo orrore!
Dopo un tempo che a me è sembrato pari alleternità, un camion
passa improvvisamente davanti ai miei occhi, oscurandomi la vista
della bambina. Quando, infine, il mezzo è passato, di lei non cè
più alcuna traccia. La vita ricomincia a scorrere regolare e il tempo
torna al ritmo che gli è consono. Scatta il verde e mi sento spingere
dalla gente alle mie spalle che vuole attraversare la strada. Improvvisamente
mi rendo conto di essere di nuovo in grado di camminare.
Passo dopo passo, con lo sguardo stralunato e il cuore che mi martella
nel petto, riesco a raggiungere il Ryonan. Solo in quel momento ricomincio
a respirare.
Una settimana, sette giorni sono passati da quella prima visione.
Da allora non faccio che ritrovarmi davanti folli presenze che mi
parlano con voci mute, tendendomi le braccia monche o scheletriche
in cerca di un aiuto che io non posso dar loro. Tutte le volte cerco
una via di fuga, ma non riesco a muovermi. Tutte le volte vorrei trovare
scampo alla loro insopportabile vista, ma una forza misteriosa mi
impedisce di scappare, finché non sono loro a lasciarmi andare, esasperati
dalla mia incapacità. Ogni giorno questa situazione non fa che frustrarmi
sempre di più.
Prima cè stato luomo con venti coltellate nella pancia.
Un rivolo di sangue secco gli colava dalla bocca e teneva con una
mano gli intestini che minacciavano di uscirgli dal corpo. Poi la
donna completamente gonfia e bluastra con i capelli e i vestiti bagnati.
Poi, ancora, luomo cui mancava lintera metà del volto,
lunico occhio rimastogli pendeva dallorbita vuota attraverso
la quale si vedeva una porzione di materia cerebrale. Il resto del
corpo non era messo meglio: un braccio gli mancava completamente,
una gamba era mozzata fino allaltezza del ginocchio, la pelle
sul torace era scomparsa mettendo a nudo le costole spezzate che perforavano
i polmoni. In seguito ho perso il conto degli obbrobri che ero costretto
a vedere.
Ho pianto, vomitato, urlato e vomitato ancora, ma niente di ciò che
potevo dire o fare mi ha aiutato ad uscire da questo incubo in cui
sono sprofondato senza volere.
Temo di impazzire. Ogni istante che trascorre lo vivo nellattesa
che si presenti unaltra di queste orrende creature, nate dalla
fantasia di un folle o, semplicemente, dalla più vera delle realtà.
Le mani mi tremano, non posso tenere in mano un bicchiere dacqua
senza correre il rischio di rovesciarmelo addosso. La mia condizione
è anche peggiorata dalla consapevolezza di non poter parlare di questo
mio segreto a nessuno. Chi potrebbe ascoltarmi senza darmi del pazzo
visionario? Forse lunica è mia madre. Ma come potrei raccontarle
una cosa simile? È così fragile, anche se non vuole darlo a vedere.
Se glielo dicessi si spezzerebbe di certo! Sono completamente solo!
Qualche volta, dal fondo della mia disperazione, un viso si fa strada
nella mia coscienza come la fioca luce di una candela che cerchi di
illuminare gli abissi oscuri dellinferno. Corti capelli scuri
e lucidi dai riflessi blu, occhi neri e profondi, sorriso in tralice
e ammiccante. Mitsui. Lui potrebbe capire, forse... ma non posso piombare
davanti a lui e riversargli addosso i miei problemi... in fondo ci
conosciamo appena. E poi persino lui avrebbe delle serie difficoltà
a prendere sul serio questo tipo di situazione. Non posso pretendere
limpossibile!
Tuttavia, mi ritrovo davanti al cancello dello Shohoku. Ho persino
saltato gli allenamenti per venire qui. Se Taoka lo venisse a sapere
questa volta mi caccerebbe via dalla palestra a pedate.
Ormai anche i membri del club di basket dovrebbero avere finito. Ecco,
infatti, passare Akagi e Kogure che parlano con alcune riserve. Poco
dopo è la volta della manager Ayako seguita dal nano-adorante Miyagi.
Subito dietro di loro cè anche Sakuragi che sbraita qualcosa
verso Rukawa che sta al suo fianco con gli occhi chiusi portandosi
a mano la bicicletta. Mi domando come mai non sia ancora salito sul
sellino pedalando via lasciandosi indietro gli strepiti fastidiosi
della scimmia rossa. Poi noto la premura con cui il rosso dirige la
volpe facendogli evitare di andare a sbattere contro i pali della
luce che lui non può vedere a causa del suo evidente stato catalettico
e allora penso che, forse, per lui quella voce che urla nel suo orecchio
non è tanto fastidiosa. Facendo questa considerazione un sorriso mi
increspa le labbra. Ed è con quel sorriso sul volto che Mitsui mi
trova con le spalle appoggiate al muro di recinzione della loro scuola.
- Sendoh! Ma che bella sorpresa! Che ci fai qui?
Mi volto a guardarlo. I suoi occhi brillano di una luce intensa che
scalda immediatamente il mio cuore e attenua il senso di angoscia
che ha gravato sul mio petto nellultima settimana.
- Sei qui per parlare con Akagi? Cè forse in vista qualche partita
di allenamento?
- No, niente del genere. Io... avevo bisogno di parlare con te.
Rimane stupito dalla mia affermazione, ma sembra riprendersi alla
svelta e mi rivolge un franco sorriso.
- Benissimo! Senti, conosco un locale tranquillo dove potremo parlare
senza essere disturbati. Seguimi, non è tanto lontano.
Gli faccio cenno di sì con la testa e mi metto al suo fianco. Per
tutto il tragitto non fa che parlarmi di quanto sia contento di vedermi
e di quanto siano pesanti gli allenamenti che il gorilla impone a
tutti loro. Io mi limito a sorridere e ad annuire. Non avrei mai detto
che Mitsui fosse un tipo tanto loquace, ma devo dire che questa è
una piacevole sorpresa. Ascoltare i suoi discorsi mi evita di pensare
ai miei problemi.
Entriamo in un caffè molto carino con i tavolini che rimangono separati
da pannelli di legno colorato. In questo modo la privacy è assicurata.
Una volta serviteci le nostre ordinazioni, un tea verde per me e un
caffè dorzo per Mitsui, lui diventa serio in volto.
- Allora Sendoh, di cosa mi volevi parlare?
Rimango per un attimo senza parole, colpito dallimprovviso cambio
di umore del mio accompagnatore.
- Ecco, io... scusami, forse non sarei dovuto venire da te.
Senza sapere perchè mi tiro indietro. Abbasso la testa con aria colpevole,
non sapendo cosa aggiungere. Ora avrei solo una gran voglia di andarmene
via. La verità è che ho paura. Paura di quello che potrebbe pensare
di me al termine della nostra conversazione. Paura di essere di nuovo
considerato anormale e di venire emarginato.
- Non essere sciocco! Sono o non sono stato io a dirti che ci sarò
sempre per qualunque cosa di cui tu avessi bisogno?
Accenno un sorriso stiracchiato.
- Sì, è vero. Ma non so se la penserai ancora in questo modo dopo
aver sentito ciò che sto per dirti.
Fissa i suoi occhi magnetici nei miei e mi parla molto seriamente.
- Mettimi alla prova.
Esattamente come quella sera di qualche giorno fa comincio a parlargli
senza nemmeno rendermene conto. Gli dico tutto, non tralasciando il
minimo dettaglio. Descrivo fin nei minimi particolari le presenze
che mi aleggiano intorno e il puro terrore che mi suscita la loro
vista. Alla fine mi accascio sullo schienale della panchetta su cui
sono seduto. La mano che è poggiata sul tavolo vicino alla tazza comincia
a tremarmi violentemente. Non ho il coraggio di guardarlo in faccia.
Poi una mano calda e ferma si posa sulla mia arrestandone il tremito.
Alzo il viso incontrando il suo sguardo pieno di preoccupazione per
me e di affetto... amore, forse? No, questo non è possibile! È sicuramente
solo frutto dei miei sensi sconvolti. Non che non ci siano stati già
sia ragazze che ragazzi che fossero disposti a giurare il loro amore
per me. Ma un conto è lo slancio che possono provare dei ragazzini
superficiali per il bel sempre-sorridente asso della squadra
di basket del Ryonan, un altro è il tipo di sentimento saldo e maturo
che sarebbe in grado di provare un ragazzo che ha subito tante esperienze
negative nel suo passato e che conosce a fondo la natura della mia
facciata da allegro giovane spensierato.
- Devessere dura per te. Hai idea del perchè i tuoi poteri siano
tornati così allimprovviso e senza un minimo di controllo?
- No, non ne ho la più pallida idea! Non so neanche come siano tornati.
Rimane qualche secondo in silenzio osservando il fondo vuoto della
sua tazza e tenendomi sempre per mano, cosa di cui, in cuor mio, lo
ringrazio infinitamente. Ho la sensazione di andare alla deriva in
un mondo sconosciuto e ostile e la mia mano aggrappata alla sua è
lunica ancora di salvezza che mi rimane per non scomparire del
tutto, inghiottito dallo sconforto che mi sta assalendo.
- Pensi che quel sogno che mi hai raccontato laltra volta abbia
a che fare con questa storia?
Mitsui ha centrato esattamente il punto.
- Io credo di sì. Non può trattarsi solo di una coincidenza, le due
cose non possono essere separate. Le mie visioni sono
cominciate subito dopo che, seguendo il tuo consiglio, ho iniziato
a porre delle domande diverse al bambino misterioso.
- Allora gli hai parlato come ti avevo detto? E che ti ha risposto?
Apro la bocca per riferirgli gli ultimi sviluppi del mio incubo ricorrente
quando essa rimane aperta in un grido silenzioso.
Un uomo è appena uscito dalla porta della toilette che si trova proprio
di fronte a me. Sta guardando verso di noi e, lentamente, si dirige
verso il nostro tavolo. A mano a mano che viene più vicino riesco
a distinguere gli occhi innaturalmente sporgenti, come se fossero
sul punto di schizzare fuori dalle orbite. La pelle del suo volto
è blu, denotando una chiara mancanza di affluenza di sangue in quella
direzione. Il suo collo è completamento ricoperto di lividi ed escoriazioni
dalle quali escono piccolissime gocce di sangue.
- Sendoh che coshai? Stai male?
Di nuovo provo a parlare, ma la voce non vuole uscire dalla gola.
La creatura è ormai arrivata da noi, sta ritta in piedi alle spalle
di Mitsui, incombendogli addosso come unoscura minaccia.
- Santo cielo Akira, parla! Sei più bianco di un lenzuolo!
Stringo convulsamente la mano del ragazzo seduto di fronte a me e
con un grande sforzo riesco a sollevare laltra indicandogli
con un dito qualcosa dietro alle sue spalle. Lui si gira immediatamente.
Intanto, luomo muove la bocca, ma, come sempre, io non riesco
a udirlo. Alla fine se ne va e io mi accascio tremante, con la testa
sopra al tavolino.
- Akira che cosa è successo?
Le mani calde di Mitsui mi accarezzano la testa riportandomi un po
di tranquillità. Sollevo il capo e lo guardo disperato.
- Hai... hai visto?
- Che cosa?
- Luomo! Quelluomo che era dietro di te! Santo cielo,
non puoi non averlo visto!
Il mio tono si è fatto isterico e richiama lattenzione di alcuni
degli avventori. Mitsui mi accarezza il viso e scuote la testa in
un gesto di diniego con gli occhi ricolmi di scuse non espresse.
- Dimmi coshai visto, per favore.
Lentamente, cercando le parole, provo a descrivere ciò che è appena
avvenuto. Alla fine del mio racconto Mitsui si alza in piedi.
- Vieni con me.
Lo seguo senza capire che stia succedendo. Chiede alla cameriera dove
possiamo trovare la stanza del direttore del locale e, fattacela indicare,
ci dirigiamo verso la porta su cui compare la scritta Riservato.
Bussa ed entriamo non aspettando di essere invitati.
- Che succede ragazzi?
- Mi scusi se la disturbiamo, signore. Vede, è da quasi mezzora
che un cliente del suo locale è entrato in bagno e ancora non ne è
uscito. Magari non è nulla, però sembrava non avere unaria molto
sana.
- Ma certo, avete fatto bene ad avvertirmi. Vado subito a controllare.
Il direttore si fionda verso la porta della toilette e bussa piano
cercando di aprire la maniglia. Quando nota che la serratura è chiusa
dallinterno prova a bussare più forte. Non avendo ottenuto risposta,
decide di chiamare un suo dipendente e insieme sfondano lentrata.
Mitsui ed io siamo rimasti dietro di loro per tutto il tempo, circondati
dagli altri clienti del locale richiamati dal trambusto. Ai nostri
occhi compare la scena delluomo che avevo appena visto a fianco
al nostro tavolo che pende da uno dei tubi dellacqua con stretta
al collo la sua cintura.
Dietro di me sento una donna gridare e scoppiare in lacrime. Io rimango
immobile a fissare quello spettacolo mentre Mitsui mi si fa più vicino
e mi stringe un braccio, consolandomi con la sua presenza. Non ho
più neanche la forza per piangere.
Poco dopo arriva la polizia che porta via il cadavere e ci trattiene
per interrogarci. Sono ore estenuanti quelle che passiamo nellattesa
che siano rilevate tutte le impronte e che venga il nostro turno di
essere interrogati dal commissario. Quando finalmente tocca a me ripeto
lo stesso racconto che si era inventato Mitsui per convincere il direttore
ad entrare nel bagno a controllare che fosse tutto a posto. Appena
prima che ci lascino andare sentiamo il commissario che ci ha interrogato
spiegare al direttore che luomo che si è suicidato era limpiegato
di una ditta la cui sede è qui vicino, con moglie e tre figli a carico,
che era stato appena licenziato. Il mese prima aveva chiesto una forte
somma in prestito a degli strozzini per potersi pagare una casa al
mare, il sogno della sua consorte. Ora che era stato licenziato, però,
non avrebbe più potuto saldare il suo debito e si era tolto la vita
nel timore che se la prendessero con la sua famiglia.
Alla fine riusciamo ad uscire da quel caffè in cui laria si
era fatta ormai irrespirabile. Sono fisicamente distrutto e con la
mente in pezzi. Chiedo a Mitsui di portarmi in un posto allaperto
dove possa riposare un attimo. Ho bisogno di riacquistare un po
di energie. Lui annuisce e, prendendomi per una mano, mi porta a sedere
sul muretto che costeggia la spiaggia.
Rimaniamo qualche minuto in silenzio, respirando laria salmastra
e lasciandoci accarezzare dagli spruzzi del mare che arrivano fino
a noi trasportati dal vento.
- Come ci sei riuscito?
Lui si volta a guardarmi con unespressione smarrita negli occhi.
- Come sono riuscito... a fare cosa?
- A credermi.
- Continuo a non capire.
Sorrido stancamente abbassando lo sguardo sulle mie dita intrecciate
e posate in grembo.
- Se qualcuno mi avesse detto che stava vedendo un fantasma gli sarei
scoppiato a ridere in faccia. Tu, invece, non hai avuto la minima
esitazione. Non hai affatto dubitato delle mie parole, ti sei precipitato
nella stanza del direttore avendo capito perfettamente quale fosse
la situazione. Hai una grande presenza di spirito, Hisashi Mitsui.
Lui continua a fissarmi, poi abbozza un gesto di noncuranza.
- Non avevo motivo per dubitare di quello che mi stavi dicendo.
- Perchè?
- Perchè ho letto nei tuoi occhi che dicevi il vero.
Comincio a ridere. Una risata amara che mi graffia dentro fin nel
profondo, riaprendo vecchie ferite e lasciando il mio cuore sanguinante.
La risata aumenta sempre di più divenendo convulsa e incontrollabile,
facendomi scendere due lacrime dagli occhi e dopo le prime due ne
seguono altre e altre ancora, finché non mi ritrovo in singhiozzi
circondato dal morbido abbraccio di Hisashi.
- Non mi lasciare da solo stanotte, ti prego! Non voglio stare solo.
Il suono della mia voce viene attutito dalla stoffa che ricopre la
spalla su cui ho appoggiato la bocca. Sento la sua mano accarezzarmi
la testa e questo gesto mi tranquillizza immediatamente, mettendo
un freno alle lacrime che, imperterrite, continuavano a salirmi agli
occhi.
- No che non ti lascio! Ogni volta che avrai bisogno io starò con
te, ricordi? Te lho promesso. Ma tua madre...
- La mamma non capirebbe! Se le raccontassi questa storia... non posso
farlo, sarebbe un dolore troppo grande per lei. Per favore, portami
via. Portami via.
Mi culla come si fa con i bambini, posandomi piccoli baci sulla nuca
mentre io continuo a ripetergli di portarmi via. Aspetta che mi sia
calmato e infine si alza porgendomi una mano per aiutarmi a tirarmi
su.
- Andiamo a casa mia.
- Però...
Esito un istante, ma lui sembra leggermi nel pensiero.
- Tranquillo, abito da solo. Me ne sono andato di casa qualche mese
fa.
Gli sorrido sollevato e afferro la mano che è ancora tesa davanti
a me. Non gliela lascio andare finché non arriviamo alla porta del
suo appartamento.
Entriamo nel suo grazioso monolocale. È molto piccolo, però è accogliente
ed è tenuto con grande cura. Sono quasi stupito dallordine e
dalla pulizia che mi circonda. Subito sulla destra dellingresso
si trova langolo cottura. Sulla parete di destra cè il
letto occidentale ad una piazza e mezza, la parete di fronte è interamente
dominata da unenorme finestra che fa entrare parecchia luce;
messa ad angolo, cè la televisione con sotto il videoregistratore
e sulla parete sinistra cè un grande scaffale a ripiani con
scatole contenenti scarpe e vestiti e lo stereo con i cd. Accatastati
per terra, i libri e le riviste formano delle pile ordinate. Infine
cè la porta che deve condurre al bagno.
Mi fa cenno di sedere e io mi metto per terra con la schiena appoggiata
al bordo del letto. Hisashi mette sul fuoco il bollitore dellacqua,
poi tira fuori dallo spazio tra la rete del materasso e il pavimento
un tavolinetto ripiegabile e lo posiziona al centro della stanza.
Pochi minuti dopo è seduto accanto a me, poggiate sul tavolino davanti
a noi ci sono due tazze di tea fumanti.
Porto le ginocchia al petto stringendole con le braccia e appoggiandovi
sopra il mento. Lo sguardo è fisso sulle volute sinuose del vapore
che si alza dal liquido ambrato.
- Stai ancora pensando alla scena di oggi, vero?
- A quella... e a tutte le altre che mi stanno perseguitando in questultima
settimana.
- Non avresti potuto far niente per salvarli.
Stringo le mani a pugno in un gesto di impotenza.
- Lo so. Io non sono in grado di salvare i vivi. Ma forse potrei aiutare
i morti. Se solo mi ricordassi come si fa!
Faccio ricadere le braccia lungo i fianchi e distendo le gambe. Porto
la testa allindietro chiudendo gli occhi. Sono così stanco!
Due labbra calde si posano sopra le mie e una mano si mette a giocare
con i miei capelli. Il tocco lieve mi rilassa e mi abbandono a quelle
cure.
Il mio labbro superiore viene preso e succhiato dolcemente, poco dopo
la stessa attenzione viene riservata a quello inferiore. Una lingua
maliziosa segue il contorno della mia bocca, chiedendo tacitamente
il permesso di entrare. Non mi faccio pregare per concedere ciò che
è stato richiesto. Il dolce tocco della sua lingua che accarezza languidamente
la mia fa partire una scarica di deliziosi brividi lungo la mia schiena.
È una danza morbida e coinvolgente che mi lascia con una vaga sensazione
di euforicità.
Troppo presto questo bacio viene interrotto. Riapro gli occhi e incontro
lo sguardo di Hisashi che brilla di malizia e tenerezza. Le sue dita
continuano ad attorcigliarsi con le mie ciocche.
- Perchè lhai fatto?
Ho bisogno di saperlo.
- Sai, era da un po che tu mi piacevi. Mi sei piaciuto da quando
ti ho visto giocare nella partita contro il Kainan. È stato in quel
momento che ho capito che non sei affatto una persona come tutte le
altre.
Di tutto il suo discorso solo una cosa mi rimane nel cervello, battendo
fastidiosamente come un dente cariato.
- Ti... piacevo? Perchè usi il passato? Ora... non ti piaccio più,
è così?
- No.
- ... capisco.
La mia voce non può fare a meno di esprimere delusione. Eppure cosa
mi aspettavo? In fondo lo capisco. Come si può voler bene ad una persona
strana come me? Che io non sia come tutti gli altri è evidente, dolorosamente
evidente. Ed io non ho mai desiderato tanto di essere normale come
in questo momento. Tutto per te. Perchè solo ora mi sto accorgendo
che con quel bacio ti ho voluto donare il mio cuore. Ma tu non lo
vuoi. Come darti torto? Non lo vorrei neanchio...
- O meglio... non solo. Ora credo proprio di essermi innamorato di
te!
Sussulto come se avessi appena ricevuto la scossa.
- Mi... mi stai prendendo in giro?
- No! Certo che no, perchè dovrei fare una cosa del genere?
- Non lo so. Credevo provassi solo pietà per me.
Il suo volto si piega in una smorfia nello sforzo di trattenere una
risata.
- E perchè dovrei provare pietà per te? Se mai ammirazione...
Mi bacia la fronte.
- ... attrazione...
Mi spinge sul pavimento sdraiandomisi sopra.
- ... tenerezza...
Mi bacia gli occhi e le guance.
- ... desiderio...
Mi bacia sulla bocca.
- ... passione!
Si avventa sul mio collo strappandomi un gemito. Sposto la testa da
un lato per lasciargli una porzione maggiore di pelle da esplorare
e inarco la schiena sotto il suo corpo, sperando in un più intimo
contatto.
Lo voglio! Lo desidero con tutto me stesso! Voglio fondermi con la
sua pelle profumata, voglio sentire le nostre carni unite e palpitanti,
voglio sentire il suo cuore battere sopra il mio, toccare la sua anima
con la mia.
Mi spoglia lentamente, assaggiandomi con trasporto. Rimango a torso
nudo e lui si siede a cavalcioni su di me e inizia a sfiorare il mio
petto con le dita in magici percorsi, approfondendo il contatto nei
punti in cui sente che la mia reazione è più accentuata.
- Sei bellissimo!
La sua voce bassa e roca mi provoca tremiti in tutto il corpo. Il
suo sguardo è estasiato. I suoi occhi sono più scuri che mai, ma sono
anche più luminosi delle stelle nelle notti senza luna. La sua virilità,
ancora racchiusa dai pantaloni della divisa, preme contro il mio stomaco.
Mi mordo le labbra nel tentativo di trattenere un nuovo gemito. Una
luce particolare gli accende il viso e si piega su di me baciandomi
appassionatamente togliendomi il respiro, lasciandomi senza fiato
e ancora più eccitato.
- Hisashi, per favore...
Mi muovo sotto di lui cercando di fargli capire il mio bisogno.
- Fermo, piccolo mio. Abbiamo ancora un sacco di tempo.
Mormora direttamente nel mio orecchio alternando le parole a gentili
morsi sul lobo. Riprende con la bocca il percorso che prima aveva
seguito con le mani. I miei gemiti diventano sempre più forti. Cerco
di spingerlo con le mani verso il basso per ottenere una soddisfazione
maggiore, ma lui mi afferra i polsi e me li porta ai lati della testa.
- Siamo proprio impazienti, eh? Vediamo cosa si può fare per il mio
bel cucciolo voglioso.
Lascia la presa su uno dei polsi e porta la mano sullapertura
dei miei pantaloni. Appena sento la sua pelle calda venire a contatto
con la mia dolorosa eccitazione non trattengo un urlo che viene prontamente
soffocato dalla sua bocca che si posa voracemente sulla mia.
Rimango ipnotizzato dal lavoro che compie su di me. Il suo ritmo è
serrato per poi rallentare bruscamente. La sua bocca continua a divorare
la mia. Mi tendo fino allo spasimo chiedendo la giusta soddisfazione,
ma lui mi impedisce ogni movimento schiacciando il mio corpo accaldato
col suo.
Stacca le sue labbra dalle mie ed io annaspo in cerca di un po
daria.
- Ho voglia di assaggiarti, Akira. Ho voglia di gustare il tuo sapore.
Non ho il tempo di dirgli che è quello che voglio anchio, di
pregare affinché lo faccia che già sento la sua lingua in opera sulla
mia eccitazione e una nuova serie di gemiti mi prorompe dalla gola.
Lecca tutta la lunghezza dellasta, dallo scroto fino al glande,
per poi ripercorrere il cammino inverso lasciando baci umidi e piccoli
morsi. Sussulto ad ogni suo tocco. Spingo il bacino più verso di lui
e finalmente sento la sua bocca avvolgermi accogliente. Succhia sempre
più forte portandomi a sfiorare lestasi più volte. Comincio
a singhiozzare tanto è il piacere che mi sta donando. Con uno strattone
più forte ottiene il mio orgasmo, bevendomi fino allultima goccia,
lasciandomi spossato e tremante.
Hisashi si sdraia vicino a me e mi abbraccia.
- Sei la cosa più bella che abbia mai visto, in questo momento.
Mi giro tra le sue braccia e lo bacio, cercando di infondergli tutto
lamore, la gratitudine e la passione che provo per lui.
- Wow!!! Se continui così verrò nei pantaloni senza neanche bisogno
di essere toccato.
Ridacchio e lo faccio stendere sulla schiena portandomi addosso a
lui.
- E no, bello mio! Non crederai che te lo permetta, vero?
Ricomincio a baciarlo strusciandomi contro di lui e risvegliando i
miei sensi assopiti. Mi lascia ben poco il dominio della situazione
e, con un colpo di reni, inverte nuovamente le posizioni.
- Non sai neanche cosa hai appena risvegliato.
La sua voce è ammiccante e mi guarda con uno strano sorriso pericoloso
e provocante. Assumo la mia migliore espressione maliziosa e ricambio
il suo sguardo di sfida.
- Sono un tipo piuttosto curioso. Ho proprio voglia di vedere ciò
che hai da... mostrarmi.
Hisashi mi sfila gli ultimi indumenti rimasti e si alza in piedi spogliandosi
a sua volta. Rimane di fronte a me, nudo e invitante, lasciandomi
ammirare il corpo statuario e la virilità svettante. Non posso fare
a meno di leccarmi le labbra.
- Che ne diresti di spostarci sul tuo letto? Mi sembra un pochino
più comodo.
Sorride alla mia proposta. Mi si inginocchia accanto mentre io rimango
fermo sul pavimento.
- Ogni suo desiderio è un ordine.
Con un gesto repentino mi solleva da terra tra le braccia. Rimango
spiazzato e mi appendo al suo collo per reggermi, scoppiando a ridere.
Finiamo tutti e due sul materasso mentre io continuo a ridere e a
baciarlo e a stringerlo e ad accarezzarlo. Le risa sono ben presto
sostituite dai mugolii e i mugolii dai gemiti. Le sue dita nel mio
corpo mi fanno impazzire facendomi muovere al loro ritmo. Quando vengono
sostituite dal sesso del mio Hisashi, il disagio iniziale lascia ben
presto il posto ad un piacere ancora più intenso. Urlo il suo nome
ad ogni sua spinta, mentre lui geme il mio ogni volta che affonda
in me, spingendosi sempre più profondamente. Lo sento come non ho
mai sentito nessun altro prima dora. È come se fossi allo stesso
tempo colui che prende e colui che dà. Sento la sua carne dentro di
me e sento il suo calore intorno a me. Muove la sua mano sulla mia
erezione adeguandola al ritmo dei suoi movimenti. Sento il suo seme
caldo sprigionarsi nel mio intestino e colare tra le mie natiche.
Vengo urlando il mio amore per lui mentre si accascia sul mio petto,
nascondendo il viso nellincavo del mio collo. Scivola via da
me rimanendomi stretto. Non abbiamo neanche la forza di parlare. Con
un gesto stanco ci copre con il morbido piumino e ci addormentiamo
luno tra le braccia dellaltro.
- Vieni da me... vieni da me... coraggio... non aver paura...
segui la mia voce...
Qualcuno mi sta chiamando. Dove sono? Cè solo nebbia intorno
a me.
- Coraggio... vieni... sono qui...
Che cosa vuole da me? Ho paura, non voglio andare.
- Sono qui... segui la mia voce...
Perchè mi devo ritrovare qui ancora una volta? Non voglio stare qui!
Io ora sono... felice!
Ma il bambino questa volta non è solo. Di fronte a lui, ritto in piedi,
cè la sagoma di un uomo girato di spalle. Senza capirne il motivo
ho la certezza di conoscerlo.
- Padre!
Luomo non si volta al mio richiamo. Il bambino si porta una
mano davanti al viso e allunga laltra verso luomo. Una
luce accecante fuoriesce da non so dove costringendomi a chiudere
gli occhi. Quando, in fine, riesco a riaprirli vedo luomo portarsi
le mani al petto e stramazzare per terra scomparendo nel nulla.
- Papà, nooooooooo!!!!
Mi precipito nel punto in cui è sparito, ma ormai di lui non cè
più traccia. Mi volto e vedo il bambino continuare a giocare tranquillo
con la sabbia.
- Sei stato tu? Sei stato tu a fare questo?
Non riesco a trattenere le grida disperate che per troppi anni ho
rinchiuso in fondo al mio cuore.
- Non dare la colpa a me, io non posso fare nulla che non sia condiviso
dalla tua volontà.
- Vuoi dire che tu sei... una parte di me, è così? Qualcosa che è
dentro di me?
- Sì, puoi dire così. Ma ho un nome.
- Ma questo non può essere!
- Perchè no?
- Stai dicendo che sono stato io a uccidere mio padre?
- A questo non posso rispondere.
- Perchè?
- Perchè tu non lo vuoi sapere davvero.
- Sta zitto! Non credo a nulla di questo! Ma se fosse vero lui...
lui cosa penserebbe di me? Lo perderei per sempre? Mi porteranno via
anche da lui?
Le lacrime scendono copiose sulle mie guance. Come potrei vivere senza
Hisashi proprio ora che lho finalmente trovato? È da tutta la
vita che aspetto qualcuno che mi accetti per ciò che sono, ma se in
realtà fossi il mostro che ha ucciso il proprio padre nemmeno lui
potrebbe voler continuare a starmi vicino. Non può, non deve essere!
- Perchè lo chiedi a me? Io, in fondo, sono solo un bambino.
Il ragazzino si alza e se ne va ed io accolgo come una benedizione
labbraccio della palude che mi risucchia dentro sè.
- Akira! Akira svegliati!
Apro gli occhi pieni di lacrime e mi vedo davanti il viso stravolto
dalla preoccupazione di Hisashi. Devo aver gridato nel sonno e, quindi,
averlo svegliato.
Allimprovviso, come colpito da un fulmine, vengo assalito dal
ricordo della nuova visione del mio incubo.
Mi getto tra le braccia del mio amato riscoppiando in singhiozzi.
Lui mi stringe a sè, cullandomi come aveva fatto anche poche ore prima
vicino alla spiaggia.
- Ti prego amore mio, non fare così! Ci sono io qui con te, non hai
nulla da temere.
- Prometti... promettimi che non mi lascerai mai!!!
Mi aggrappo a lui come se fosse lunico pilastro che regge la
mia intera esistenza che si sta disgregando - e in un certo senso
è proprio così. La mia voce disperata deve averlo allarmato ulteriormente
perchè mi stringe ancora più forte riempiendomi le spalle, il collo
e il viso di baci di una folle tenerezza.
- Certo che non ti lascerò mai! Sei la mia vita Akira, ora lo so,
non potrei più fare a meno di te. Qualunque cosa succeda, staremo
sempre insieme.
Il cuore mi urla di ascoltarlo, ma la mente non può fare a meno di
domandarsi se sarebbe ancora convinto di queste parole se gli dicessi
che potrei essere stato io a provocare la morte di mio padre.
Sono in un costante stato di nervosismo. Sussulto ogni volta che sento
chiudere una porta, i passi degli altri mi rimbombano nella testa
come tanti tamburi e urlo se a qualcuno capita di sfiorarmi inavvertitamente.
Sono giorni che mi impedisco di dormire riempiendomi di caffeina e
teina per non essere costretto a rivivere il sogno. Ho le palpebre
pesanti e un cerchio alla testa che rischia di farmi impazzire ogni
volta che mi viene rivolta la parola.
La sera dopo gli allenamenti mi vedo con Hisashi e lui sembra molto
preoccupato per la mia condizione, ma io gli sorrido e gli assicuro
che sto bene.
In realtà non sto affatto bene. Il dubbio che in realtà mio padre
sia morto per causa mia mi assilla in ogni istante. Non riesco neanche
più a guardarmi allo specchio la mattina tanto è il timore di scorgere
una luce colpevole nei miei occhi e a farne le spese sono i miei capelli,
visto che, senza potermi riflettere, non riesco a sistemarli molto
bene. Così, spesso mi ritrovo con qualche ciocca scomposta che mi
ricade sugli occhi irritandomi ulteriormente.
Come se non bastasse, le visioni sono aumentate. Non cè luogo
in cui vada dove non mi compaia davanti uno di questi spiriti in cerca
di aiuto. Si rivolgono sempre a me, ma io continuo a non riuscire
a percepire la loro voce.
Non so più che fare. Non voglio impazzire, ma se continuo così temo
che sarà inevitabile. E Hisashi continua a guardarmi con aria preoccupata
chiedendomi cosa cè che non va e io che cerco di rassicurarlo
mentendo a lui e a me stesso. Non posso raccontargli la verità, non
posso perderlo. È lunico collegamento che mi rimane con una
vita normale, fatta di felicità e di amore. Non posso perderlo!
Sono stanco, distrutto! Taoka oggi sembra essere più severo ed esigente
del solito o forse sono io che non riesco a correre e a saltare come
faccio normalmente. La vista è un po appannata, i movimenti
lenti e scoordinati. Non azzecco un passaggio neanche per sbaglio
e quando, per pura fortuna, la palla mi finisce in mano riesco sempre
a farmela sfuggire o a farmi stoppare da qualche mio compagno.
Basta adesso, non ne posso più di sentire le urla isteriche di quel
vecchio idiota! Non sono una macchina, anche io posso avere dei momenti
di stanchezza, non posso essere sempre al pieno della mia forma, giusto?
- Insomma Sendoh, si può sapere che diavolo ti sta prendendo in questi
giorni? Un epilettico strabico avrebbe più possibilità di te di centrare
quel maledetto canestro!?! Ti vuoi dare una svegliata?!?
Ma cosa vogliono sempre tutti da me? E che me ne faccio delle occhiate
guardinghe di Koshino che cerca di intuire se cè qualcosa che
mi turba o di quelle ansiose di Hikoichi che mi sta sempre intorno
offrendomi una bevanda energizzante per riprendermi o un asciugamano
per tergermi il sudore!?!
- Sei o non sei il capitano del Ryonan? Mi aspetto grandi cose da
te e tu mi ripaghi poltrendo in questo modo... non so più che decisioni
prendere nei tuoi confronti, ho fatto...
Non lo ascolto più. Un soffio gelido mi lambisce il collo facendomi
immediatamente irrigidire e provare mille brividi di terrore.
Riconosco questa sensazione. O dei, vi prego! Non adesso, non qui!
Il mio corpo trema senza controllo. Devo essere impallidito perchè
vedo tutti i ragazzi fermarsi e guardarmi sconcertati mentre persino
Taoka mette un freno al suo predicozzo per domandarmi se mi senta
bene.
Il respiro mi diventa affannoso nellaspettativa di ciò che è
inevitabile.
E difatti, allimprovviso la porta viene spalancata violentemente
da un colpo di vento e corpi straziati e senza vita si riversano nella
palestra da ogni parte.
- Ma che cavolo... Come ha fatto la porta ad aprirsi da sola?
Gli strepiti di Taoka cadono nel vuoto mentre tutti si guardano intorno
sconcertati e io emetto un grido strozzato sentendo una morsa gelida
afferrarmi alla gola.
Tutte quelle bocche che si aprono e si chiudono incessantemente, tutti
quei visi devastati che si rivolgono speranzosi verso di me. Ma non
cè niente che io possa fare, niente!
Tutto dun tratto, mille voci cominciano a parlare tutte insieme.
Allinizio sono solo un lieve brusio che sale lentamente alla
mia coscienza per poi diventare sempre più forti finché non urlano
sovrapponendosi e intrecciandosi in grida dagonia.
- No... no!!!
Il mio mormorio si perde in mezzo a quella cacofonia di suoni insistenti.
I miei compagni, ignari di ciò che li circonda, si volgono di nuovo
verso di me.
- Stai bene, Sendoh? Sei pallidissimo!
La donna dal corpo gonfio e i vestiti bagnati si affianca a Koshino
e mi tende le braccia.
- Aiutami, non respiro!
- Sendoh hai bisogno di qualcosa? Te lavevo detto di prendere
la bevanda vitaminica! Vuoi che ti asciughi il sudore?
Luomo dal ventre squarciato si mette davanti a Hikoichi.
- Guariscimi, ti prego... guariscimi!
- Ragazzo mio, forse è meglio se per oggi te ne torni a casa.
Da dietro Taoka spunta luomo a cui rimane solo metà del corpo.
- Il gas... cè puzza di gas...
Comincio a indietreggiare e subito si fa avanti luomo che abbiamo
trovato impiccato nel bagno del locale.
- Non potevo pagare... li avrebbero uccisi tutti!
Continuo a indietreggiare mentre nella testa non faccio che ripetermi
No, no!.
Mi volto in cerca di una via di fuga, ma mi accorgo di essere circondato.
Mi giro di nuovo per chiedere aiuto a qualcuno e mi ritrovo di fronte
alla bambina che avevo visto allincrocio stradale la prima volta
che ho riavuto una visione.
- Portami a casa.
Non voglio più sentirli, non voglio più ascoltare niente!
Mi porto le mani nei capelli cercando di far uscire quelle fastidiose
voci dal mio cervello, ma esse non ne vogliono sapere di andarsene.
La mia fronte scotta e sento la testa che mi sta per scoppiare.
- Basta!!! Andate via... STATEMI LONTANI!!!!
Unenergia luminosa sembra materializzarsi dalla mia voce creando
un violento spostamento daria. Vedo i miei compagni tapparsi
le orecchie con le mani gemendo e cadendo in ginocchio come se temessero
che i loro timpani stessero per esplodere. Vedo gli spiriti che mi
perseguitano venire spazzati via dalla forza misteriosa nata dal mio
grido disperato ed essere scaraventati lontano da me. Vedo crearsi
un varco in mezzo a quelle inquietanti presenze che mi porta dritto
verso luscita.
Senza aspettare un secondo di più, mi precipito in quella direzione
correndo più veloce che posso e non fermandomi finché non sento i
polmoni bruciare e il cuore che vuole schizzare via dalla gola.
Appena i ragazzi rimasti in palestra si furono un po ripresi,
si guardarono in faccia lun con laltro allibiti.
- Ma che diavolo è preso al capitano?
- Avete sentito il suo grido? Era... era spaventoso!
- Certo che lo abbiamo sentito, devono averlo sentito anche in Australia,
se è per questo!
- Voi credete che Sendoh... sia impazzito?
- Adesso piantatela di dire scemenze! Sendoh è un giocatore troppo
bravo e furbo e, soprattutto, è indispensabile per la mia squadra,
quindi non può impazzire, chiaro? Sarà solo un po stressato
per gli allenamenti. Adesso cambiatevi e correte a cercarlo, forza!
Il tono autoritario di Taoka spezzò ogni tentativo di ulteriore conversazione.
I giocatori fecero come era stato loro ordinato e si separarono in
gruppi di tre o quattro persone cercando il loro capitano per tutta
Kanagawa. Era ormai sera quando si ritrovarono davanti alla palestra
senza nessuna buona notizia da comunicare.
- Dannazione, ma dove cavolo può essere finito? Davvero nessuno di
voi ha idee in proposito?
Espressioni di evidente nervosismo erano dipinte sulle facce dei membri
del Ryonan.
- Sentite, io unidea ce lavrei. Ormai è tardi, andate
a casa. Faccio ancora questultimo tentativo e poi vi faccio
sapere.
- Ma Koshino, sei sicuro di voler rimanere da solo?
- Ma sì, tranquillo. Te lho detto, credo di sapere dove trovarlo.
E poi non credo che sarò solo.
Hiroaki ignorò gli sguardi interrogativi che si posarono su di lui
e si diresse si corsa verso lo Shohoku. In cuor suo pregava affinché
gli allenamenti dei loro avversari si protraessero fino a tardi come
i loro.
Arrivato alla scuola si guardò intorno alla ricerca di un viso noto.
Non faticò molto prima di trovare chi stava cercando. Per fortuna,
usciva proprio in quel momento dalla porta degli spogliatoi.
- Mitsui!
Il ragazzo interpellato si girò verso la voce che lo aveva appena
chiamato.
- Koshino! Che ci fai qui? Gli è successo qualcosa?
Lultima frase la aggiunse appena venne colto da un orribile
presentimento.
- Allora non è nemmeno qui con te?
Mitsui scosse la testa in senso di diniego.
- Raccontami cosa è successo, per favore.
Koshino sembrò esitare un attimo, poi cominciò a parlare.
- E da un po di giorni che Sendoh è strano, ma non conosco
il motivo. Sicuramente lavrai notato anche tu.
- Sì, ma ogni volta che gli chiedevo cosa avesse mi rispondeva di
stare bene e che era tutto a posto.
Hiroaki assentì per far capire che aveva compreso.
- Con me faceva la stessa cosa. Ma si vedeva che stava male. Anche
agli allenamenti era sempre più distratto e stanco. Oggi poi era un
vero disastro. Taoka lo stava redarguendo severamente, quando allimprovviso
si è fatto bianco come un cencio. Tremava come una foglia si guardava
intorno con aria smarrita, come se vedesse cose che a noi erano del
tutto invisibili. Sembrava anche facesse fatica a respirare.
A quelle parole Mitsui sbiancò in volto spalancando i suoi begli occhi
dematite.
- Ehi, tutto ok? Non ti sentirai male anche tu, spero!
La seconda guardia dello Shohoku fece un gesto secco con la mano.
- Non preoccuparti per me, vai avanti.
- Bè, sì dunque... a quel punto si è messo a bofonchiare no,
no indietreggiando per voler scappare da noi, ma non era noi
che stava guardando, te lo assicuro! Poi... poi cè stato quel
grido. A ripensarci, ancora mi vengono i brividi! Sendoh ha urlato
qualcosa, ma non era proprio la sua voce, era una cosa strana, spaventosa,
sembrava provenire direttamente dalla bocca dellinferno! E poi
era dolorosa. Credevo che mi sarei spezzato in due. Quando sono riuscito
a riaprire gli occhi, lho visto che correva come un disperato
fuori dalla palestra. Lo abbiamo cercato ovunque, ma sembra che sia
scomparso. Questo è tutto, credo.
Mitsui era rimasto tutto il tempo ad ascoltare il racconto di Koshino
con aria assorta. Appena laltro ebbe smesso di parlare annuì.
- Grazie mille, ora ci penso io. Tu torna pure a casa.
- Come tu torna pure a casa? Non puoi andare a cercarlo
da solo! Va bene, lui è il tuo ragazzo, ma rimane pur sempre il mio
migliore amico!
- Lo so! Ma, credimi, non cè niente che potresti fare per lui
in questo momento.
Hiroaki sembrava davvero furibondo.
- E tu sì invece? Tu potresti aiutarlo?
- Lo spero.
Lespressione sconsolata e il tono sommesso con cui Hisashi aveva
pronunciato queste parole fecero desistere il ragazzo da ulteriori
rimostranze.
- Va bene, allora. Però ascolta... quel grido... non era assolutamente
umano. Non so cosa tu e Sendoh stiate nascondendo, ma io gli voglio
bene e se dovesse succedergli qualcosa non me lo perdonerei mai!
Mitsui sorrise stancamente.
- Vale lo stesso per me.
Koshino annuì e se ne andò. Mitsui corse immediatamente alla ricerca
del suo dolce koibito, immaginando quanto dovesse sentirsi solo e
spaventato in quel momento. Doveva fare più in fretta che poteva!
Si diresse a colpo sicuro sulla spiaggia in cui erano andati subito
dopo i fatti incresciosi accaduti nel caffè. Fu lì che lo trovò, accoccolato
accanto agli scogli, rannicchiato su sè stesso tremante e piangente.
- Akira! Stai bene?
I grandi occhi umidi di Sendoh si alzarono incontrando lo sguardo
preoccupato del ragazzo che amava.
- Io non volevo che succedesse tutto questo. Io non lho mai
voluto!
- Lo so.
Mitsui gli circondò le spalle con un braccio e lui si abbandonò nel
calore e nella sicurezza della sua stretta.
- Ho paura Hisashi. Ho tanta paura!
- Ci sono qua io, ora. Vieni, andiamocene da qui.
Si lasciò trasportare fino allappartamento del suo koibito.
Mitsui lo aiutò a spogliarsi e lo infilò sotto il piumino, mentre
lui continuava a tremare.
- Mi allontano un attimo per fare una telefonata, ma torno subito,
ok?
Sendoh fece un debole cenno di assenso con il capo. Hisashi telefonò
prima alla madre di Akira, dicendole che il figlio sarebbe rimasto
a dormire a casa sua e che, quindi, non si preoccupasse; poi chiamò
Koshino per avvisarlo di aver trovato il suo amico e che stava bene.
Dopo aver chiuso la comunicazione, si spogliò anche lui e si mise
a letto circondando Sendoh con le braccia. Immediatamente quello gli
si fece più stretto, affondando il viso sul suo petto. Lo accarezzò
sulla schiena con movimenti lenti e rassicuranti finché non lo sentì
rilassarsi e non percepì il suo respiro divenire profondo e regolare.
Mi sveglio solleticato da un timido raggio di sole che sfugge alla
guardia delle tende chiuse. Un soffio caldo mi sfiora lorecchio.
Apro gli occhi e mi trovo ancora immerso nel protettivo abbraccio
di Hisashi. Strofino gentilmente il naso contro il suo e lo bacio
delicatamente sulle labbra. Finalmente si sveglia e gli sorrido felice.
- Come ti senti oggi?
- Sto bene. Perchè ci sei tu con me.
Mi avvicino di nuovo a lui e gli bacio il collo strusciandomi sensualmente
sul suo corpo.
- No... Akira... ah!... mmh... senti Akira... e stai un po fermo
con quelle mani!!
Mi afferra i polsi e mi fa mettere prono sul letto stendendomisi sopra
e tenendomi le mani ferme sopra la testa. Lo guardo con gli occhi
pieni di malizia.
- Ti piace sempre dominare, vero Hisa-chan?
Solleva gli occhi al cielo e scuote la testa rassegnato.
- Non è questo! Dobbiamo parlare.
Sento una forte fitta allo stomaco e volto la testa da un lato tentando
di nascondere una smorfia.
- Lo so. Solo speravo di poter fare qualcosa di più piacevole prima.
- Non che non mi piacerebbe, ma non è questo il momento.
Il suo calore mi abbandona e Hisashi si alza dal letto andando a vestirsi.
- Ti preparo qualcosa da mangiare, ieri sera non abbiamo cenato. Con
la pancia piena si ragiona meglio.
Sporgo metà del busto dal letto aggrappandomi alla sua vita.
- Ma io non voglio ragionare, voglio fare lamore con te!!!
- Non fare il bambino capriccioso.
- E dai! Facciamo le sporcellonate.
- Non dire assurdità!!!
Mi dà una gomitata sulla testa facendomi finire con la faccia per
terra.
- Sei crudele!
Non si volta neanche a guardarmi e si mette ai fornelli improvvisando
una colazione nutriente.
- Sai, Hisa-chan? Saresti una mogliettina perfetta.
- Ma oggi tu hai deciso di morire o cosa? Almeno evita di parlare
quando hai la bocca piena! Per dire di queste cavolate, poi.
Continua a borbottare per tutto il tempo in cui mangiamo mentre io
me la rido sotto i baffi. È semplicemente delizioso quando tiene il
broncio!
- Akira, ora devi raccontarmi tutto.
Si fa improvvisamente serio e mi guarda con aria inflessibile. So
già che questa volta non potrò sottrarmi alle sue domande.
- Hisashi, tu hai promesso di stare sempre con me, giusto?
Lui si limita ad annuire.
- La penseresti ancora così se ti dicessi... che sono stato io a uccidere
mio padre?
I suoi occhi si sgranano in unespressione di assoluto stupore.
- Che stai dicendo? Mi hai detto che tuo padre è morto di infarto.
- Questo è quello che mi ha sempre detto mia madre. Ma la verità è
che io non conservo memoria dei giorni che vanno dalla morte di mio
padre fino al nostro arrivo a Kanagawa.
- E questo che significa, scusa? Non ricordi, va bene. Ma ciò non
vuol dire che tu abbia assassinato...
- Ma io lho visto! Nel sogno ho visto quel bambino fare qualcosa!
E poi mi ha detto che lui è una specie di entità che agisce di mia
volontà... insomma, è una parte di me!!!
Di nuovo la disperazione si impadronisce di me. Mi porto le mani al
viso coprendolo per nascondere la vergogna che provo per me stesso.
Hisashi sospira a fondo e mi scosta le mani dal volto sostituendole
con le sue che mi accarezzano gentili.
- Ci devessere una spiegazione a tutto questo. Forse le cose
non sono andate come pensi tu. Forse hai interpretato male le parole
del sogno. O forse cè qualcosa che ancora non sai. Ci sono troppi
interrogativi irrisolti per trarre delle conclusioni, quindi evita
di distruggerti a questo modo. Dimmi di ieri. Cosa è successo in palestra?
- Loro... loro sono venuti a cercarmi.
- Parli degli spettri?
- Sì. Tutti quelli che ho incontrato in questi giorni. E questa volta
ho sentito le loro voci. Alcuni credono di essere ancora vivi e mi
chiedono aiuto per salvarli. Altri sanno di essere morti, ma sono
spaesati e confusi e non trovano la strada per andare nellaldilà.
Io... non so cosa fare.
Mi rifugio nuovamente tra le sue braccia. È lunico posto dove
mi senta protetto e al sicuro. Lui mi dà piccoli baci sulla fronte,
sugli occhi e sulle gote, poi mi sfiora le labbra con le sue in una
carezza gentile.
- Devi smetterla di fuggire, Akira. Stai fuggendo dal tuo passato,
dalla verità, da te stesso... fuggi dal giorno in cui tua madre ti
ha portato via dal tempio in cui sei cresciuto.
- Che cosa dovrei fare, secondo te?
Mi scosta un po da lui per fissarmi dritto negli occhi.
- Devi affrontare quello che ti sta accadendo e lunico modo
che hai per farlo è venire a conoscenza degli avvenimenti che hanno
portato al tuo trasferimento qui. Devi tornare a Izumo.
Inorridisco alla sua proposta indietreggiando leggermente.
- Non puoi parlare sul serio! Mia... mia madre ne morirebbe se sapesse
che sono tornato lì.
- Non devi necessariamente dirglielo, se non te la senti. Basterà
che le dici che vai fuori per un week-end con alcuni amici e non sospetterà
di nulla. Ma il problema qui non è tua madre, vero? Sei tu che hai
paura di affrontare questo viaggio.
Non so più dove guardare. I suoi occhi penetranti mi bruciano nel
profondo dellanima, riescono a mettermi completamente a nudo
e non ho un posto dove rifugiarmi dalla loro indagine.
- Io... sono terrorizzato! Non voglio sapere. Se dovesse essere come
credo... io non voglio averne la conferma. Se fossi stato io... se
fossi stato veramente io a...
- Allora affronteremo questa eventualità... insieme.
- Cosa?
In questo momento devo avere la stessa espressione di un cucciolo
spaventato perchè Hisashi mi guarda con infinita tenerezza.
- Pensavi che avresti dovuto affrontare tutto da solo, vero? Sei solo
un baka! Te lho detto che io starò sempre vicino a te.
Ancora non credo alle sue parole. Mi faccio più vicino portandomi
a pochi centimetri dal suo viso.
- Vuoi dire che a Izumo...
- Voglio dire che a Izumo ci andremo insieme.
Non fa in tempo a finire la frase che gli sono già addosso buttandogli
le braccia al collo.
- Ti amo, ti amo tantissimo!
Lo bacio con foga levandogli il respiro.
- Va bene, va bene! Messaggio recepito, ma ora smettila di stringermi
così o mi soffocheraaaaaaaaaaa... OUCH!
Hisashi ha perso lequilibrio sotto il mio assalto e finiamo
entrambi per terra. Rido come un matto e mi stringo ancora di più
a lui.
- Hisashi....
- Mmh...
- Adesso le facciamo le sporcellonate?
Scoppia a ridere. Che bella la risata del mio amore!
Abbiamo viaggiato per non so quanto su quei maledetti treni! Non ne
potevo veramente più! Siamo partiti stamattina allalba in direzione
di Kyoto dove ci aspettava la coincidenza che ci avrebbe portato a
Izumo. Dalla stazione abbiamo preso la corriera che, finalmente, ci
ha portato al tempio.
È tutto esattamente come me lo ricordavo! Il grande torii ci accoglie
facendoci accedere nel recinto sacro. Vari padiglioni adibiti ad abitazione
per i monaci si estendono in tutto il suo perimetro. Ledificio
principale è imponente con la sua rampa di scale che porta allingresso
vero e proprio. Il colore caldo del legno di cedro mi rilassa e mi
fa sentire a casa.
Sì, questa è stata la mia casa!
La mano di Hisashi stringe protettiva la mia.
Un giovane monaco ci viene incontro.
- Posso esservi daiuto?
- Grazie. Potrei parlare con... mh... Tsuyoshi-san?
Provo a chiedere del monaco che più di tutti si è occupato di me durante
la mia infanzia. Era uno dei più anziani, ma era sempre allegro e
gentile.
- Non so se possa ricevervi. Purtroppo Tsuyoshi-san è molto vecchio
e ultimamente non è stato troppo bene. Se posso aiutarvi io...
- Ecco, io dovrei parlare proprio con lui. Potrebbe provare a riferirgli
che Akira Send... Akira Kigai è qui per vederlo?
Mi sembra così strano usare il mio vero nome! Anche Mitsui mi guarda
un attimo confuso prima di ricordare che Sendoh è il cognome di mia
madre.
Il giovane monaco sgrana gli occhi assumendo unespressione spaventatissima
che mi fa sorridere. Neanche gli avessi detto che sono Kami in persona!
- Kigai-san? Lei è Kigai-san? A-aspetti qui, torno subito.
Fa un profondo inchino e scompare in mezzo ai corridoi che portano
nelle sale interne. Io faccio un profondo respiro e Hisashi mi accarezza
una guancia per tranquillizzarmi.
- Grande Sacerdote! Siete tornato! Abbiamo pregato tanto affinché
questo giorno arrivasse!
In breve veniamo circondati da una quantità di monaci che mi scrutano
e mi guardano con evidente rispetto e soggezione.
- Non chiamatemi così, vi prego. Io non sono affatto un sacerdote,
men che meno grande.
- Forse in questi anni avete trascurato il vostro addestramento, ciò
non toglie che voi siate lo sciamano più potente del nostro tempio
e, pertanto, il nostro Grande Sacerdote.
- Ma io...
- Ora venite con noi. Tsuyoshi-san vi sta aspettando.
Seguiamo gli zelanti abitanti del tempio verso una costruzione bassa
e un po staccata dalledificio principale. Entriamo in
una stanza praticamente priva di arredamento se non fosse per un basso
tavolinetto, una cassapanca, un paravento in carta di riso e il futon
su cui è seduto un vecchietto dallaria vivace.
- Sei davvero tu, mio piccolo Akira?
Quasi stento a riconoscerlo il mio caro compagno dinfanzia.
È davvero invecchiato parecchio, la pelle è diventata dura come pergamena
e si tende grinzosa sulle ossa sottili come quelle di un uccellino.
Profonde rughe gli solcano il viso e le mani. Eppure gli occhi sono
sempre gli stessi, brillanti e intelligenti con calde sfumature daffetto.
- Non dovreste chiamare in un modo tanto confidenziale il Venerabile,
Maestro.
- Sciocchezze! Io lho tenuto in collo da quando aveva pochi
giorni di vita e quindi mi è concesso chiamarlo come preferisco, giusto
Akira?
Gli rivolgo un sorriso impreziosito dai cari ricordi che la sua figura
mi suscita.
- Ma certo Maestro! Mi sentirei a disagio se mi chiamaste in qualunque
altro modo.
- Sentito? E ora andate a prepararci un tea con dei dolci, abbiamo
molte cose di cui parlare. Vieni, ragazzo mio avvicinati. Porta pure
qua anche il tuo amico.
Ci sediamo sul tatami accanto al futon di Tsuyoshi-san e vedo che
lui sta fissando intensamente il mio accompagnatore.
- Maestro, permettetemi di presentarvi Hisashi Mitsui. Lui sa tutto
del... di ciò che sono.
- E ci mancherebbe altro! Ciò che sei dovrebbe essere per te fonte
dorgoglio e non dimbarazzo.
- Avete ragione Maestro.
Abbasso il capo dispiaciuto. Non so perchè, ma di fronte a lui mi
sento di nuovo il ragazzino di sei anni che si sente escluso dai giochi
dei suoi coetanei perchè considerato un diverso.
- Tornando a te... Mitsui-san, giusto? Ti ringrazio per essere un
amico del nostro ragazzo. Per noi lui è fonte dimmensa gioia,
anche se non se ne rende conto.
- Ma no, che dite? Non dovete ringraziarmi. Per me è un piacere stare
al suo fianco.
Mi accorgo che Hisashi è leggermente arrossito. Evidentemente questa
situazione lo mette in imbarazzo più di quanto sarebbe disposto ad
ammettere.
- Che cosa intendete dire quando affermate che per voi sono fonte
di gioia?
Cerco di riportare lattenzione su di me e Hisashi se ne accorge
perchè mi lancia unocchiata di gratitudine.
- Esattamente quello che ho detto. Credi davvero che in tutti questi
anni ti abbiamo dimenticato? Sappiamo tutto di te. Abbiamo seguito
i tuoi progressi scolastici fino ad oggi e abbiamo partecipato alla
felicità dei tuoi successi sportivi. Siamo molto orgogliosi del tuo
talento.
Sono sorpreso e allibito. Hanno sempre saputo dove io e mia madre
ci trovassimo, eppure non hanno mai fatto nulla per riportarmi indietro.
- Vedo che sei stupito. Immagino tu ti stia chiedendo perchè non ti
siamo venuti a prendere. Vedi, quando tua madre ti ha portato via
da qui abbiamo pensato che quella potesse essere la cosa migliore
per te. In fondo eri solo un bambino ed era giusto che tu vivessi
la tua vita compiendo le tue scelte, giorno dopo giorno. Ma io sapevo
in cuor mio che prima o poi saresti tornato.
Rimango senza parole. Allora da che cosè che mi stavo nascondendo
se non da loro? Sono confuso e frastornato. Ho vissuto fino ad oggi
pensando di essere braccato dal mio passato, quando in realtà esso
mi aveva già lasciato libero molto tempo fa.
Uno dei monaci ci serve il tea e i deliziosi dolcetti tipici di questo
tempio. Per un po rimaniamo in silenzio sorseggiando la bevanda
scura dalle nostre tazze e mangiando i dolci.
Stiamo zitti per alcuni minuti, ognuno immerso nei propri pensieri.
I monaci si muovono silenziosi intorno alla stanza e quando sincontrano
nel corridoio per parlare bisbigliano.
Tsuyoshi-san mi guarda con aria amorevole tenendo la tazza tra le
mani tremolanti.
- Akira, ragazzo mio, è passato molto tempo dallultima lezione
che timpartii sulle abitudini del nostro tempio. Immagino che
tu non ti ricorda esattamente quali dovrebbero essere i tuoi doveri
se mai decidessi di tornare qui.
Scuoto la testa.
- No, in effetti, non mi ricordo molto. Ho solo una vaga idea dei
compiti che spettavano a mio padre.
Lanziano Maestro fa una breve pausa per fare scorta di fiato
prima di cominciare a parlare.
- Tuo padre è stato uno dei migliori Grandi Sacerdoti che abbiamo
mai avuto qui ad Izumo. Il suo spirito era forte e la sua volontà
di ferro. Non cera esorcismo, per quanto complicato fosse, che
non poteva compiere. La carica suprema che ricopriva non è affatto
ereditaria, come lascerebbe supporre il tuo caso. Ad ogni generazione
viene scelta la persona dotata di maggiore potere spirituale. È solo
un caso che proprio tu, figlio del precedente Grande Sacerdote, sia
stato scelto per succedergli. Il tuo potenziale è grande, persino
più grande di quello che aveva tuo padre. Se decidessi di rientrare
nella nostra comunità diventeresti il più forte sciamano che sia mai
stato ospitato in questo tempio.
Rimango un po stupito da questa rivelazione.
- Non immaginavo di essere... una tale autorità!
- E chi lavrebbe mai sospettato?
A quanto pare Hisashi è persino più stupito di me.
- Certo che lo sei! Solo una persona dotata di un elevatissimo potere
spirituale può manifestare le capacità che tu già mostravi di avere
da bambino. Per questo ti abbiamo tenuto più che potevamo separato
dai tuoi coetanei. Eri lunico ragazzino della tua età a riuscire
a comunicare con le anime smarrite. Ma questo era anche pericoloso,
perchè, come tu vedevi loro, così loro venivano attratti dalla tua
potente energia e per questo si radunavano attorno a te come falene
attorno al fuoco.
Abbasso il capo riflettendo sulle parole del monaco. Ora riesco a
spiegarmi il perchè sia stato circondato da tutti quegli spiriti nella
palestra.
- Il tuo compito come Grande Sacerdote sarebbe di far ritrovare la
strada giusta per laldilà a tutti coloro che lhanno persa.
Vengono da tutte le parti del Giappone per richiedere laiuto
della massima autorità del tempio Izumo. Purtroppo noi monaci siamo
solo in grado di compiere esorcismi minori e, oltretutto, solo se
siamo in gruppi di almeno tre fratelli. Il tuo ritorno sarebbe provvidenziale,
non solo per noi, ma anche per tutti coloro che non possiamo aiutare
perchè il nostro potere spirituale, anche sommato, non è sufficiente
a raggiungere il grado che serve per compiere i Riti Maggiori.
- Sì, capisco ciò che mi state dicendo. Ma io non credo di essere
veramente adatto a ricoprire questo ruolo. Forse voi non lo sapete,
ma per lungo tempo i miei poteri sono spariti e solo recentemente
ne sono tornato di nuovo in possesso.
- Oh no, ragazzo mio! I tuoi poteri non sono affatto spariti. Erano
solo assopiti.
Sbatto gli occhi un paio di volte senza capire.
- Assopiti? Volete dire che... dormivano?
Il Maestro emette una flebile risatina che si trasforma presto in
un attacco di tosse. Un novizio gli è subito accanto aiutandolo a
bere qualcosa per riprendersi. Quando, finalmente, la crisi sembra
essersi un po placata, ricomincia la sua spiegazione.
- A quanto pare ti dovrò spiegare le cose nel modo più semplice, esattamente
come facevo quando tu eri il mio amato allievo. Vedi, i tuoi poteri...
bè, in un certo senso possiamo proprio dire che dormivano. Ma questo
solo perchè erano stati sigillati da una forza molto potente.
- Una forza molto potente? Chi è che è stato in grado di fare una
cosa del genere? Qui al tempio...
- Oh no! Qui al tempio nessuno sarebbe in grado di sigillare unenergia
tanto forte quanto quella che tu possiedi.
- Ma allora, chi?
Tsuyoshi-san mi sorride compiacente.
- Tu stesso, Akira.
- C-cosa? Come sarebbe a dire io stesso? Perchè mai avrei
dovuto fare una cosa del genere?
Lanziano monaco sospira con lo sguardo perso in memorie lontane.
- Penso che sia a causa di ciò che successe il giorno in cui morì
Hiroshi Kigai.
- Hiroshi Kigai? Volete... volete dire mio padre?
Luomo annuisce col capo, sempre con gli occhi persi nel vuoto.
Sento la mia voce tremare, così come tutto il mio corpo. Hisashi posa
una sua mano sulle mie che sono posate sul mio grembo e me le stringe
forte. Mi volto a guardarlo e nelle pozze dopale liquido che
tiene fisse su di me riesco a leggere le parole che mi ha espresso
qualche giorno fa: affronteremo questeventualità... insieme.
Respiro profondamente cercando di riacquistare un minimo di calma.
Quando mi sento pronto, affronto la domanda per cui ho intrapreso
questo viaggio.
- Che cosa è successo a mio padre?
Il maestro sembra riscuotersi dai suoi pensieri e si volta verso di
me con aria smarrita.
- Tu non... non te lo ricordi?
- No. Non conservo alcuna memoria di quel giorno, nè di quelli immediatamente
successivi.
Tsuyoshi-san si fa di nuovo pensieroso stringendosi un po in
se stesso.
- Capisco, era proprio come mi ero immaginato. Evidentemente i fatti
accaduti nellinfausto giorno che ha visto morire il Grande Sacerdote
Kigai erano troppo duri da sopportare per un bambino così piccolo,
così la tua magia ha operato per te un sortilegio che ti ha tolto
la memoria e, con essa, anche la capacità di usare il tuo dono. Ma
ora, evidentemente, il sigillo che ti eri auto-imposto si è fatto
più fragile. Forse tu stesso lo stai rendendo tale, giacché ti sei
reso conto di poter affrontare la verità.
- Sono pronto, Maestro. Vi prego, raccontatemi tutto ciò che sapete.
Luomo acconsente con un gesto e io mi appresto ad ascoltarlo.
- Come già ti ho detto, tuo padre era uno sciamano molto potente.
Ora aggiungo anche che era generoso. Nel suo lavoro non si risparmiava
mai, avrebbe sacrificato la vita per riuscire a d alleviare le pene
degli spiriti che vedeva smarrirsi nel nostro mondo. Però, dopotutto,
era solo un uomo ed aveva anche lui i suoi limiti. Era malato. Soffriva
di una grave disfunzione cardiaca. Da tempo i medici che lo avevano
in cura gli raccomandavano di non fare sforzi eccessivi, per lui potevano
essere fatali. Come ben saprai, uno sciamano per compiere i suoi esorcismi
deve attingere dallenergia della vita che lo circonda, ma questo
comporta anche un dispendio anche della propria energia vitale. Negli
ultimi tempi il Venerabile era stato vittima di alcune crisi che avevano
parecchio preoccupato tutti noi. Tua madre era in uno stato di pura
ansia. Non faceva che ripetergli che doveva lasciare il suo lavoro
se non voleva che lei si ritrovasse vedova e tu... orfano. Ma per
tuo padre essere il Grande Sacerdote non era un semplice lavoro, era
la vocazione della sua esistenza. Per questo ignorò ogni nostro tentativo
di tenerlo lontano da rituali che richiedessero uno sforzo notevole.
Alcuni furono anche tanto stolti da proporre che tu fossi investito
immediatamente della carica che ti sarebbe spettata un giorno, in
modo da poter sostituire tuo padre se ce ne fosse stato bisogno. Naturalmente
tuo padre pose un rifiuto categorico a questa richiesta. Così andò
avanti a compiere il suo dovere ogni giorno, apparentemente come se
la sua salute non ne risentisse.
Un giorno tu ti trovavi, come spesso facevi, a giocare nel giardino
del tempio. Stavi costruendo un castello con la sabbia che si trova
nella piazzuola di fianco al padiglione principale. Il tuo papà era
tornato da poche ore da un viaggio che lo aveva portato a Tokyo dove
gli avevano chiesto di esorcizzare un gruppo di anime smarrite, morte
a causa del crollo improvviso di un palazzo. Era stato un lavoro molto
duro e stancante, per cui si stava riposando nella sua stanza. Ad
un tratto, ti sentì piangere e invocare aiuto. Quando arrivò nel giardino
ti vide in lacrime e spaventato che cercavi di difenderti da uno spirito.
Altre volte avevi avuto a che fare con loro, ma in genere si trattava
di spiriti di leggera entità e uno dei piccoli incantesimi che ti
avevamo insegnato bastava a tenerli lontani. Questo invece era molto
più forte di quelli che eri solito incontrare e ogni tuo tentativo
di difesa era stato vano. Tuo padre si è messo subito davanti a te
a proteggerti. È riuscito a scacciare lo spirito, ma a costo di un
enorme sforzo. Quellesorcismo gli è stato fatale. Non abbiamo
fatto in tempo a raggiungervi che lui era già accasciato per terra
che non respirava più. Il suo debole cuore non ha retto. E così hai
dovuto assistere impotente alla morte di tuo padre.
Le parole del vecchio Maestro evocano in me ricordi che a fatica si
delineano su uno sfondo di nebbia. Rivedo me bambino che gioco nel
giardino del tempio. Rivedo la disperata ferocia con cui lo spettro
si è scagliato contro di me. Rivedo mio padre accorrere in mio aiuto.
Rivedo il suo corpo riverso per terra senza più accennare alcun movimento.
Grosse lacrime di rimpianto per colui che ho perso mi solcano le guance.
- Allora... non sono stato io ad ucciderlo.
Tsuyoshi-san spalanca gli occhi in unespressione spaventata.
- Ma che dici, ragazzo mio? Certo che non lhai ucciso tu! Come
hai potuto solo pensarlo?
- Ma non ho fatto nulla per impedire che morisse. Se non avesse dovuto
salvare me... se io fossi stato in grado di difendermi da solo...
- Smettila Akira! Non puoi incolpare te stesso per ciò che è successo.
Eri solo un bambino, non cera nulla che avresti potuto fare.
Dovresti essere grato a tuo padre, ha sacrificato la vita per salvare
il suo unico figlio. Invece tu stai insudiciando la sua memoria con
le tue assurde recriminazioni.
Perché? Perchè Hisashi mi aggredisce in questo modo?
No, mi sbaglio. Non mi sta aggredendo. Non cè furia nelle sue
parole, solo tanta preoccupazione e tanto amore.
- Il tuo amico ha ragione, Akira. Non dire mai più cose così orribili.
Non hai proprio nulla da dover perdonare a te stesso.
Abbasso nuovamente il capo scoppiando in singhiozzi. Il Maestro distoglie
da me i suoi occhi lucidi e Hisashi mi tiene per una spalla posandovi
sopra la fronte.
- Perchè mia madre mi ha portato via da qui?
La mia voce è appena percepibile attraverso i singhiozzi.
- Credeva fosse la cosa migliore sia per te che per lei. Temeva che
se tu fossi diventato il nuovo Venerabile, come prevede la nostra
legge, saresti andato in contro allo stesso destino di tuo padre e
questo lei non poteva tollerarlo. Per un po abbiamo cercato
di farla desistere dal suo intento, ma alla fine abbiamo dovuto cedere.
Dal momento in cui avevi visto tuo padre morire non avevi più detto
una parola. Non piangevi, non mangiavi... eri come caduto in una specie
di coma vigile. A quanto mi risulta, appena hai messo piede nella
tua nuova città sei tornato a parlare e a sorridere, evidentemente
non conservando più alcuna traccia dentro di te degli avvenimenti
che avevi appena vissuto.
Continuo a piangere per molte ore, prima accarezzato dallo sguardo
affettuoso di Tsuyoshi-san e poi consolato dalle braccia premurose
di Hisashi. Ci hanno messo a disposizione lalloggio del Grande
Sacerdote del tempio, ovvero ledificio in cui abitavo quando
ancora stavo qui.
Non so che dire, non so che fare. Lunica cosa che mi fa sentire
ancora in vita sono queste lacrime salate che non smettono di scendere
dagli occhi rossi e gonfi. E poi la stretta rassicurante di Hisashi.
E poi le sue labbra sulla mia pelle bollente. E poi la sua dolce voce
che mi acquieta e mi consola. E poi, finalmente, la pace scende su
di me.
Mi sveglio che è ancora lalba. Gli uccellini cinguettano fuori
dalla finestra del piccolo padiglioncino in cui siamo stati alloggiati.
Ho voglia di respirare laria fresca del primo mattino, quando
ancora il sole non si è mostrato in tutto il suo fulgore e le cose
sembrano ammantate da un alone di mistero che conferisce loro laspetto
di un mondo irreale.
Mi alzo prestando attenzione a non svegliare Hisashi che sta ancora
dormendo tenendomi abbracciato. Povero amore! Quanto ti devo aver
fatto stare in pena in questi giorni!
Esco nel giardino del tempio. La nebbia sottile mi avvolge risuonando
come un invito silenzioso. Spinto da non so quale rimembranza mi avvio
verso una zona meglio illuminata nella quale spicca una piazzuola
con della sabbia. Al centro vi è un bambino che sta giocando a fare
delle costruzioni. Mi fermo solo quando sono di fronte a lui. Il piccolo
alza la testa e lo vedo in viso per la prima volta.
I capelli neri e spettinati. I suoi occhi di uno strano grigio metallico,
come gli occhi di mio padre - come i miei. Mi rivolge un sorriso luminoso,
come il sorriso di mia madre - come il mio.
- Questa volta sei venuto davvero per me.
Gli sorrido dolcemente.
- Sì.
Mi corre incontro abbracciandomi. Chiudo gli occhi e lo tengo stretto
facendomi pervadere dal calore che emana direttamente al mio cuore.
Quando infine torno a guardare, il bambino è scomparso. Ma ora so
che è dentro di me e non se ne andrà mai più via.
- Venerabile, sul serio volete lasciarci di nuovo?
- Per favore, vi ho già detto di non chiamarmi così! Mi mettete in
imbarazzo.
Sono di nuovo circondato dai monaci del tempio che mi guardano con
espressioni di ansia mista a delusione.
- Su, su, avanti! Cosa sono quelle facce scure? Il nostro Akira ha
detto che per ora non se la sente di essere il nostro Grande Sacerdote.
E come dargli torto? È troppo giovane, combinerebbe solo pasticci.
Lasciate che prima faccia un po di esperienza del mondo e impari
a convivere con i suoi poteri ridesti. Un giorno tornerà da noi.
Sorrido in direzione del mio vecchio Maestro che, in occasione della
partenza mia e del mio koibito, ha deciso di alzarsi in piedi per
venirci a salutare allingresso, sorretto da due novizi che si
prendono cura di lui.
- Sì, però...
- Basta con questa storia! Finora ce la siamo cavata perfettamente
anche da soli. Qualche anno in più che differenza volete che faccia?
Si vede benissimo che i monaci più giovani ci sono rimasti molto male,
ma non osano replicare alle sagge parole del loro fratello più anziano.
Ringraziamo tutti per la cortese ospitalità che ci hanno offerto e
mi attardo un pochettino con Tsuyoshi-san, abbracciandolo forte per
fargli capire quanto gli sia grato per tutto ciò che ha fatto per
me. Non solo adesso, ma anche in passato. Quando mi stacco da lui,
ha di nuovo gli occhi lucidi.
Hisashi ed io ci allontaniamo da Izumo senza dire una parola. Quando
siamo sul treno mi afferra una mano senza che nessuno ci veda.
- Pensi davvero di tornare lì un giorno?
Rifletto un attimo su quella domanda prima di rispondere.
- Sì, credo proprio di sì. Ma questo avverrà solo fra molto tempo.
Per ora non ho alcuna intenzione di allontanarmi da Kanagawa.
Il mio dolcissimo ragazzo rimane pensieroso per un po con il
suo bello sguardo sicuro fisso in un punto indistinto. Io mi perdo
nella sua contemplazione.
- Akira?
- Mh?
- Credi che mi permetteranno di installare un canestro nel giardino
del tempio?
FINE
Note:
(*) Il tempio di Izumo esiste veramente. È uno dei templi scintoisti
più antichi del Giappone. È costruito interamente in legno. È soggetto
a rifacimenti periodici che ne mantengono inalterate le antiche forme
e lo stile architettonico.
Le gerarchie interne e il culto sciamanico che gli ho attribuito,
invece, sono totalmente di mia invenzione.
(*2) La canzone è Dimmi dei Tre Allegri Ragazzi Morti,
tratta dallalbum Mostri e normali"
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