CAPITOLO III
Se solo cercava di riordinare quello che c'era nella sua
mente si sentiva ancora più confusa e le girava la testa.
Ma d'altronde come mai poteva sentirsi? Aveva in mano le
sorti non solo del suo mondo, ma anche di quello di tutti
gli universi paralleli esistenti
aveva pure qualche
ragione per sentirsi nervosa
sembrava quasi
ridicola una cosa simile.
Tuttavia non aveva dubbi avrebbe dato la sua vita per
aiutare quelle persone. Non sapeva perché tutta quella
decisione, ma fin dal primo momento in cui aveva visto lo
sguardo di Kagome, aveva capito che ormai le decisioni
erano già state prese, non da lei, non da Masaki, ma da
qualcun altro
ma chi? Chi aveva potuto decidere che
loro erano le persone adatte.
Se ci fosse stato uno sbaglio cosa avrebbe fatto? Non
avrebbe potuto aiutare nessuno
e questo la faceva
sentire impotente.
L'immagine di quel villaggio distrutto e dei feriti era
sempre presente nella sua mente e ogni volta che chiudeva
gli occhi era lì a provocarle le lacrime.
- vuoi stare attenta signorina?- le disse il professor
Yuki guardandola dall'alto in basso.
- sono attenta, professore. Mi scusi
- rispose in un
soffio. Si sentiva stanca.
- dopo le lezioni dovrai fermarti dal preside
-
continuò lui.
Sakura spalancò la bocca e gli occhi, ma come? Cosa
aveva fatto di tanto grave?
- perché?- domandò perplessa.
- ti deve parlare.- rispose freddo, allontanandosi e
continuando a spiegare.
Lo guardò di spalle avvicinarsi alla lavagna, ma la sua
mente non era più lì.
Sentiva un brutto presentimento nell'aria e sapeva con
certezza che la sua vita scolastica sarebbe cambiata. Il
suo cuore batteva inspiegabilmente nel petto più forte
del solito.
Oh mio Dio, cosa è successo?
Come sentì la campanella di fine lezione si precipitò
in corridoio, nonostante fosse costretta ad aspettare
dopo la pausa pranzo, era troppo nervosa per stare ferma.
Cercò di evitare gli alunni che ormai affollavano quello
stretto spazio.
Voleva uscire all'aria aperta e cercare di respirare un
po'.
Non se ne accorse, ma il suo viso era tirato e teso.
Qualcuno le afferrò la mano.
Lei si girò di scatto.
- cosa c'è?- domandò Masaki.
Aveva subito notato il suo nervosismo e non aveva potuto
evitare di intervenire, era venuto a cercarla per
mangiare insieme a lei e trovarla in questo stato gli
aveva procurato una profonda fitta al cuore
cosa
poteva averla sconvolta in tal modo?
- il preside mi ha chiamato in presidenza
- ammise
appena furono seduti sul prato nel retro della scuola.
- beh, cos'è successo?- rispose, era una cosa normale
per lui, tutte le volte che rispondeva male o era
indifferente lo mandavano lì.
- il problema è che non ho fatto niente
-
- basta che lo dici anche al preside.- commentò
tranquillamente.
- no, sono sicura che il professore lo sapeva già prima
di sgridarmi perché non stavo attenta!-
- in che senso?-
- nel senso che doveva già dirmi della convocazione del
preside
-
- capisco
quindi non sai perché ti vuole parlare!-
- appunto, ho molta paura!- alzò la voce Sakura, perché
si sentiva così, le sembrava di avere una mano che le
prendeva il cuore e glielo stringeva.
- perché paura?- domandò Masaki perplesso. Ora sì che
si era perso, non riusciva a capire per niente la sua
nuova amica, non riusciva a comprendere. Il sentimento di
Sakura era tanto forte che lo sentiva anche lui
attraverso la sua voce, il suo tremore, il suo viso e i
suoi occhi.
- tu non sai in che situazione vivo
- commentò
semplicemente.
Lui la guardò un attimo, si abbracciava lentamente le
ginocchia e gli nascondeva il suo sguardo. Allora lui
tornò tristemente a osservare l'orizzonte.
- è vero! Non lo so
e non posso saperlo se non me
lo dici.-
lei respirò a fondo per qualche secondo, chiuse gli
occhi con forza e quando li riaprì si accorse che stava
già parlando.
- ho qualche problema in famiglia
-
Lo guardò, il suo sguardo era su di lei e aspettava che
continuasse. Perché la guardava così? Cosa doveva fare?
Voleva che lui sapesse, lo voleva più di ogni altra
cosa, ma perché?
Quei suoi occhi e quel suo aspetto che per tutto l'anno
scolastico l'avevano affascinata ora li vedeva in modo
diverso, ora erano più veri, lui era lì a pochi passi
da lei che non faceva altro che domandarle di confidarsi.
- vivo con mio padre, lui lavora giorno e notte e non lo
vedo mai
-
- beh, anch'io non vedo mai i miei, sono attori e sono
sempre via
può capit
- si bloccò guardando
il suo sguardo lucido, cosa aveva fatto? No, scusami, non
volevo, pensò. Ma poi capì che stava per continuare.
- mio padre mi considera una pazza!- concluse lasciando
senza fiato il ragazzo che era a pochi passi da lei.
Miura la guardò ancora incredulo, le si avvicinò e
fissando il suo sguardo in quello di lei, capì che non
era stato uno scherzo di cattivo gusto
- ma perché?- domandò di riflesso.
- per quello che ho visto
ho provato più volte a
dirgli della mamma di quello che mi ha detto per lui e
per tutti, ma lui non ha voluto saperne, mi cacciava via
non l'ho visto per mesi dopo che la mamma era morta
e lui
ora torna tardi e praticamente non lo vedo
mai
ma tante volte mi ha reso le cose difficili
mi ha fatto trovare la casa chiusa
mi ha fatto
sospendere a scuola
ha chiamato i genitori dei miei
amici per farli allontanare da me
lui è ancora
convinto che io sia impazzita e che voglia fargli del
male! È convinto che sia una persona pericolosa! - urlò
iniziando a piangere.
Senza pensarci due volte Masaki le si avvicinò e
l'abbracciò lentamente. Ora capiva perché aveva avuto
tanti dubbi a parlare della sua esperienza e perché
l'aveva vista intristirsi così improvvisamente. Poi pensò
al padre, come aveva potuto? E senza accorgersene la
strinse ancora di più a se, fino a che le sue lacrime si
calmarono. Le offrì un fazzoletto arrossendo. Era la
prima volta che consolava qualcuno. Doveva essere stato
un incubo per quella ragazza, così fondamentalmente
buona essere sempre giudicata male. Ma adesso ci sono io,
si disse Masaki.
- grazie.- affermò infine Sakura, asciugandosi le
lacrime con il fazzoletto che gli aveva dato.
- quindi hai paura che il preside ti chiami per colpa di
tuo padre?-
- già
ho paura di quello che può fare
la
mia vita è diventata così complicata, soprattutto
adesso
- disse sorridendo impercettibilmente.
- beh, in effetti!- commentò lui. I fatti degli ultimi
giorni avevano incasinato doppiamente la vita di
entrambi, ma in più Sora viveva una situazione
spiacevole, da molto tempo ormai.
- comunque asciugati le lacrime che devi andare
ti
aspettò così ti accompagno a casa.- le disse
gentilmente.
- davvero lo faresti?- domandò lei sorpresa.
Lui rise arrossendo.
- certo. Andiamo.-
- si sieda la prego.- disse il preside indicandole una
poltroncina.
Era un uomo alto, piuttosto massiccio e l'aria austera
era esaltata dai capelli bianchi e dallo sguardo torvo.
- l'ho chiamata per conto di suo padre
- cominciò
sedendosi.
"ecco!" si disse di riflesso la ragazza.
- ci ha fatto pervenire una pratica di trasferimento per
l'istituto San Paul
-
Si sentì mancare il respiro, no, ora che aveva trovato
qualche amico, no, no, no, no!!!
Si sentiva come se la stanza fosse troppo piccola per
poter respirare.
- l'istituto è un collegio femminile, gestito dalle
suore, vicino c'è un convento, solitamente le ragazze
vanno lì per diventare suore.-
Respirò a fondo. Ecco, un'altra scelta obbligata. In
fondo, forse non sarebbe stato male, non avrebbe potuto
far del male a nessuno chiusa in un convento di clausura
e avrebbe potuto pregare per le persone. Chiuse gli
occhi, sospirando in segno di rassegnazione, tuttavia
appena vide il buio delle sue palpebre il viso di Masaki
le si parò davanti. No! Urlò qualcuno nel suo cuore.
- il trasferimento è per la prossima settimana, dovrà
stare in collegio per le due settimane di vacanze estive
e poi ricomincerà lì l'anno scolastico
-
- non posso neanche fare gli ultimi giorni di scuola con
i miei compagni?-
- ma sì! Cosa vuole che siano tre giorni? Spero che si
comporterà bene durante le ultime lezioni.- concluse
secco alzandosi dalla sua imperiosa poltrona.
Sakura lo guardò negli occhi con fierezza.
- mi sono sempre comportata bene!- obbiettò andandosene.
Appena ebbe chiuso la porta vide il viso di Masaki
davanti a se.
I capelli biondi e lisci gli arrivavano dolcemente alle
orecchie, gli occhi azzurri erano sorpresi e titubanti,
contornati da splendide ciglia ricurve, le sopracciglia
bionde cenere, la corporatura sottile e slanciata. Era
bellissimo. Perché ora non avrebbe potuto più vederlo
tutti i giorni? Anche se stava per finire la scuola,
sapeva che dopo le vacanze estive l'avrebbe rivisto.
Perché proprio adesso?
Le veniva da piangere, ma si trattenne, non poteva ancora
scoppiare in lacrime.
- allora, mi dici che cosa ti ha detto?- le domandò
all'improvviso, dopo che avevano percorso un po' di
strada in silenzio.
- ecco, io
- rispose lei, non sapeva da dove
cominciare, aveva paura di mettersi a piangere.
- non era niente di importante
- disse alzando lo
sguardo più allegro che conosceva verso di lui.
- ah!- rispose lui semplicemente, preso alla sprovvista,
sapeva che non era vero quello che gli aveva appena
detto, ma sapeva anche che forse adesso non era il caso
di parlarne.
- ascolta
- continuò poi Sakura.
Lui la guardò interrogativo.
- dimmi.-
- non mi dici qual è stata la tua esperienza
paranormale?-
Masaki arrossì.
- ah, è vero. Non te l'ho detta.-
- vediamo, è successo quand'ero alle elementari, conobbi
un gruppo di amici e tra loro c'era una bambina in
particolare che poteva vedere lo spirito di una ragazza,
che chiamammo Eve, dato che non si ricordava niente di se
stessa, dopo varie ricerche abbiamo scoperto che era una
ragazza in coma
-
- e poi? Com'è finita?- domandò curiosa.
- si è svegliata, ma non si ricordava di noi
-
rispose sorridendo.
- dovevate volerle molto bene!- commentò Sakura, aveva
visto il suo sguardo, uno sguardo sognante, come se
avesse guardato ad un tempo lontano e dolce.
- già.- ammise sorridendo dolcemente.
Arrivammo davanti al cancello di casa mia.
- allora domani torniamo da Kagome e Inu Yasha
-
- sì.- accettò Sakura, era l'ultima cosa che le era
rimasta, ma era anche più importante di qualsiasi altra:
doveva combattere!
- bene, allora ci vediamo domani a scuola
-
- ciao.-
- ciao.-
Quella notte Sakura non riusciva ad addormentarsi. Aveva
pianto fino a non sentirne più il bisogno. Non c'erano
mai stati problemi, da quando suo padre l'aveva messa da
parte poteva piangere quante volte voleva senza che
nessuno la disturbasse. Era una macabra soddisfazione.
Tuttavia i pensieri che aleggiavano nella sua testa da
qualche giorno la tormentavano e non poteva dormire.
Era strano come si sentiva.
Aveva il cuore pressato, eppure era felice che dopo tanto
tempo, o forse per la prima volta, servisse a qualcuno,
non poteva essere ignorata questa volta, lei era
importante, non solo per se stessa e per sua madre. Era
un pensiero egoistico, ma non riusciva a rinnegarlo.
Si rigirò nel letto. Che egoista! Si disse nascondendo
la testa sotto il cuscino.
"non voglio essere così! Voglio essere buona! E
felice!" si disse nel silenzio, ma nessuno su questa
terra credeva che lei fosse buona, primo fra tutti suo
padre.
Strinse gli occhi fino a che non le fecero male e quando
li riaprì nel buio, vedeva tanti punti bianchi e macchie
viola, che piano piano si contorcevano e poi sparivano
nel nulla.
Non aveva mai chiesto di vivere una vita simile, di
trovarsi sulle spalle il destino del mondo, ma sapeva che
non aveva nulla da perdere, solo che
se solo avesse
saputo come fare, eppure non ne aveva la minima idea
ma fin dall'inizio di questa avventura una voce in fondo
alla sua anima ripeteva che tutto era al suo posto.
Tuttavia la paura non l'aveva abbandonata un secondo, lo
sapeva bene, che l'avrebbe accompagnata sempre, però
aveva desiderato talmente essere forte che non si era
accorta di esserlo diventato.
Sorrise nel buio pensando a Masaki. Si era infatuata così
velocemente di lui, era tutto così strano, aveva creduto
che mai sarebbe successa una cosa del genere nel suo
cuore così ferito, eppure era bastato il suo sguardo a
farla tornare nel pieno della sua adolescenza, ma adesso
non poteva pensare neanche a questo.
La sua vita era appesa a un filo, ma lei non sapeva come
difenderla.
Aveva tanti dubbi che la tenevano sveglia.
Guardò nel cortile un'altra volta, possibile che non
l'avesse vista arrivare? Erano quasi iniziate le lezioni
e non si era ancora fatta vedere. Decise di aspettare
ancora un po', fermò lì.
Doveva venire, ne era sicuro.
Perché c'erano cose che lo facevano sentire così
sicuro, perché poteva avere fiducia in parole non dette,
in frasi non formulate, da quando la sua anima aveva
soverchiato la ragione, rendendolo così influenzabile?
Ma era veramente influenzabile? O si sentiva così
semplicemente perché era capitato davanti a cose
talmente incredibili tutte in un solo colpo che non aveva
potuto fare a meno di credere?
Ma d'altronde non poteva fare altro che fidarsi di quello
che gli accadeva, se no le paure lo avrebbero attaccato
tutte insieme e lo avrebbero lasciato a terra sanguinante.
Sakura entrò nel cortile della scuola in quel momento e
incrociò il suo sguardo, facendogli dimenticare ogni suo
pensiero.
Era come se una linea diretta si fosse creata tra di
loro, lasciandoli senza fiato, come spettatori di quello
che sarebbe stato il loro futuro, che li attendeva
impaziente di strapparli dalla loro vita quotidiana, era
lì quasi palpabile, ma loro non potevano fare niente,
solo stare immobili, senza pensieri, solo con una sottile
emozione
forza
forza che cresceva e diventava
potente, forza di volontà che avevano coltivato da soli
in tutti quegli anni che avevano dovuto combattere a mani
nude contro la solitudine.
La campanella suonò interrompendo quel momento che
sembrava essere durato ore.
Distolsero lo sguardo arrossendo.
- andiamo in classe!- propose Miura.
- okay.- commentò Sakura facendogli un sorriso.
Ora sapevano bene che dovevano essere l'uno il sostegno
dell'altro per dimenticare le paure in quel pomeriggio
che forse sarebbe stato il più difficile della loro vita.
Quando suonò la campanella di fine lezione, Sakura si
mise a correre nel corridoio per raggiungere il luogo in
cui lei e Masaki avevano deciso di incontrarsi. Era sotto
un grande albero nel parco della scuola, dove lei gli
aveva parlato il giorno prima. Ci arrivò che lui non era
ancora arrivato.
Si guardò intorno, per un po' respirò affannosamente e
poi si calmò sedendosi rumorosamente all'ombra di quel
salice piangente. Appoggiò la schiena al tronco e chiuse
gli occhi ascoltando l'aria dell'estate che passava tra
le fronde.
Aprì gli occhi e vide il cielo tra i rami di
quell'albero. Era incredibilmente blu, non c'era una
nuvola, sembrava un vero e proprio cielo estivo. Si
chiese se avrebbe visto l'estate quest'anno. Era la prima
volta che ci pensava, ma in verità lei poteva non
superare quel pomeriggio. Beh, tutti gli esseri umani
erano in pericolo, ma lei tutt'ora non si sentiva in
grado di progettare qualcosa per il suo domani, forse era
per quello che non era scoppiata subito a piangere
pensando al collegio. Era forse perché sapeva di dover
morire? Perché sentiva in qualche modo che
Guardò tra le foglie di quello splendido e verde salice
piangente, era già lì. Se i suoi compagni di classe non
l'avessero fermato lui sarebbe già sotto quell'ombra.
Invece arrivava ora, con il fiatone, ma appena riuscì a
vedere Sakura si bloccò e rimase a guardarla. Il suo
viso era sereno e rilassato, come se fosse in un'altra
dimensione e per un attimo ebbe la sensazione che stesse
per svanire.
- Sakura!- disse d'istinto, si era sentito per un attimo
perso, non poteva lasciarla andare, ma poi rise nel suo
inconscio per quella reazione infantile. Si sentiva così
strano, così poco razionale, e lui voleva solo essere
razionale e seguire la sua logica, ma da quando aveva
incontrato lei, anche se erano passati solo due giorni,
aveva capito che lei le rompeva tutte le sue regole di
logica.
Sakura si girò di colpo, tutti i pensieri svanirono
improvvisamente, non c'erano più immagini di morte nella
sua mente, solo il viso di Masaki. Sorrise dolcemente.
Miura si avvicinò e si sedette accanto a lei.
Entrambi in silenzio tirarono fuori il loro pranzo e
iniziarono a mangiare.
- dimmi Masaki, cosa ne pensi di Kagome?- chiese
improvvisamente, tra un boccone e l'altro, la ragazza.
- è una bella ragazza
- commentò lui.
Lei lo guardò sorpresa.
- non intendevo in quel senso!!!- rise arrossendo.
Lui arrossì di riflesso, non aveva capito.
- nel senso come persona, come carattere, li abbiamo
conosciuti l'altro ieri eppure abbiamo subito deciso di
aiutarli e io non so perché, ma mi sento come se fossi
una loro vecchia amica
-
Masaki la guardò perplesso.
- in realtà non lo so, anch'io ho la stessa sensazione
-
- a me sembra una persona sensibile
ma in effetti
è scontato
-
- beh, io non ci ho pensato molto
piuttosto Inu
Yasha, lui sì che è antipatico!- disse con lo sguardo
impettito.
- cosa? Ma che dici? È
così
particolare
-
spiegò lei pensando alle orecchie.
- già, ma non mi ha fatto toccare le sue orecchie
-
Sakura rise, seguita da Miura. Si guardarono negli occhi.
- sono una bella coppia, però!- affermò improvvisamente
lei.
- già.- concordò.
- anche noi, però.- intervenne improvvisamente Masaki,
dopo un po' di silenzio.
Sakura arrossì.
Lui non la stava più guardando negli occhi.
- già, siamo una bella coppia!- concordò dopo un po'
sorridendogli.
Miura si girò e la guardò negli occhi.
Poi sorrise anche lui.
Per un attimo si sentirono come semplici adolescenti, che
per un attimo avevano dimenticato i problemi della loro
età e si godevano il paesaggio di una giornata di inizio
estate.
- è ora di andare
- disse alzandosi Sora.
- sì
possiamo anche farlo da qui
- propose
Miura.
- mi sembra una buona idea. Preferisco questo posto
piuttosto che la scuola.-
- bene, allora andiamo?-
- sì.- disse lei affiancandosi a lui.
Masaki la guardò e poi lentamente fece scivolare la sua
mano in quella di lei.
- bene.- disse vittorioso.
- andiamo.- commentò Sakura arrossendo ancora.
Come l'ultima volta, lo spazio intorno a loro si
distorse, lasciandoli senza respiro. Quando la loro vista
era appannata da quella massa incredibile di grovigli
temporali, sentirono uno strattone come un colpo di
vento, ma ben più forte, che quasi lì fece dividere.
- a cosa stai pensando?- domandò Masaki alla ragazza.
La sua voce arrivava a Sakura, distorta, quasi un sibilo,
ma aveva capito quello che le aveva chiesto.
- a Kagome
-
- cosa?- disse lui improvvisamente, incrinando la sua
voce.
- io sto pensando a Inu Yasha.- disse cercando di
stringerla a se.
- devono essere in due posti diversi!- le spiegò.
- pensiamo alla capanna.- cercò di dirle mentre un altro
strattone ancora più potente tentò di portare con se
Sakura con una dolorosa presa, contrastata dalle braccia
di Miura.
- d'accordo.- disse lei con le lacrime agli occhi per il
dolore. E il vento si calmò, lo spazio intorno a loro si
tranquillizzò e riuscirono a vedere la capanna.
Masaki lasciò andare Sakura guardandola attentamente.
Aveva dei grossi lividi neri sulle spalle, come se
qualche minuto prima, ci fosse stato davvero qualcuno a
loro invisibile che tentava di prenderla.
Si sentiva in colpa per averla stretta a se, in fondo
sarebbero semplicemente andati in due posti diversi. Ma
quando nella sua mente, mentre viaggiavano in quel
vortice dorato, aveva sfiorato l'idea di lasciarla
andare, si era sentito incredibilmente perso e solo e non
era riuscito a pensare altro se non a tenerla stretta a
se. Dopotutto lei era per lui, come lui era per lei,
l'unico appiglio alla vita reale, non poteva neanche
concepire di rimanere solo in quel mondo.
- uff, che fatica stavolta!- disse lei sorridendo.
- mi spiace, guarda che lividi hai sulle spalle
-
affermò lui abbattuto.
- eh?- fece lei, sapeva bene di avere due grosse masse
viola sulle spalle, ma non voleva che si preoccupasse.
- ma non è niente
l'importante è che siamo
arrivati assieme.- disse semplicemente.
Masaki sorrise, dopotutto anche lei l'aveva pensata come
lui.
- andiamo a cercare Kagome e Inu Yasha
- gli disse
suscitando la sua sorpresa. Si guardò in giro, in
effetti la capanne era vuota, non c'era nessuno. Loro,
una scrivania di legno appoggiata alla parete, una
piccola libreria con qualche volume e un letto, con sopra
coperte colorate, un caminetto nel quale scoppiettava un
fuoco vivo. In giro c'era una divisa scolastica e una
cartella, delle scarpe da tennis e sulla parete un
poster, probabilmente di qualche cantante.
- questa dev'essere la stanza di Kagome!- affermò il
ragazzo convinto e sorridente.
- già.- rispose Sakura sghignazzando.
Era leggermente in disordine la stanza, ma si vedeva bene
il tocco di una ragazza in quell'ambiente.
Si avviarono alla porta e uscirono all'aperto, aspirando
a pieni polmoni l'aria pulita di quel mondo. Era fredda
quell'aria. Probabilmente la prima volta che erano venuti
non se ne erano accorti per la foga del momento, ma
l'atmosfera che si respirava era totalmente diversa dalla
loro realtà e bastava respirare a fondo una volta per
rendersi conto inconsciamente di essere in un mondo
parallelo.
A qualche passo da loro c'era un sentiero che conduceva
in un bosco che li circondava anche alla loro destra,
mentre alla loro sinistra c'erano le capanne del
villaggio, lo spazio dove due giorni prima c'erano i
feriti era sgombro ora e dava una sensazione troppo
pacifica per essere vera.
Sakura sgranò gli occhi, mentre il suo cuore iniziò a
battere con forza.
- non sarà successo qualcosa?- domandò in preda al
panico.
- non penso
- disse sicuro Masaki.
- guarda, c'è del fumo che esce dai comignoli, vuol dire
che le famiglie sono tornate nelle loro case.- spiegò
semplicemente.
La ragazza tirò un sospiro di sollievo, guardando quella
sottile linea grigia che saliva lentamente verso il cielo.
In effetti non se ne era accorta fino adesso, ma in quel
mondo faceva piuttosto freddo, probabilmente era inverno,
eppure il giorno prima sembrava estate.
Lei era lì con la divisa estiva della sua scuola, eppure
non lo sentiva il freddo. Aveva avuto troppe emozioni, ma
pian piano il gelo che c'era nella terra saliva sulle sue
gambe fino a raggiungerle il petto.
- sto iniziando a congelarmi.- disse dopo che erano stati
qualche minuto fermi ad analizzare il paesaggio che gli
era davanti.
- sì anch'io, è meglio che li aspettiamo dentro, tanto
prima o poi arriveranno. Sapevano che saremmo tornati
oggi.-
- okay, andiamo.-
Dopo che furono entrati si misero di fianco al caminetto
acceso e aspettarono in silenzio. Era una strana
sensazione essere in quella realtà.
Aspettarono li fermi un'ora.
- tu devi tornare a casa stanotte?- domando Masaki,
improvvisamente.
- eh?-
- beh, se andiamo avanti così allora dovremo aspettarli
qui e se non arrivano dovremo cercarli domani mattina.-
spiegò arrossendo di colpo.
- ah già, hai ragione, penso che mio padre non se ne
accorgerà nemmeno che non ci sono
o se se ne
accorgerà come fa di solito quando torna e non mi trova
chiuderà con lucchetti porte e finestre per non farmi
entrare
quindi anche se non torno penserà solo che
sono diventata oltre che pazza anche una teppista drogata.-
Spiegò piegandosi e abbracciando le sue ginocchia.
- mi sa che è un po' paranoico
- commentò poco
delicatamente Masaki, ma il suo scopo era quello di
scuoterla, da quella tristezza che la invadeva quando
parlava di suo padre.
Lei rise nascondendo il viso, e per un attimo Miura pensò
che stesse piangendo, poi però lei alzò lo sguardo e
lui fece un lungo sospiro vedendo i suoi occhi contenti.
- in effetti!- commentò.
Non era più tempo per piangere e forse ridere non le
faceva poi così male.
- sai, non lo sa nessuno del rapporto con mio padre nella
nostra scuola, solo il preside che è d'accordo con lui,
ma i miei amici non sanno niente, e io vivo sempre nel
terrore che lui trovi in qualche modo i nomi e telefoni a
casa loro, come ha fatto con tutti i miei amici delle
medie.-
- cosa? Oh mio Dio! Ma come a fatto a scoprire chi erano
tuoi amici?-
- beh, il preside vedeva con chi ero in giro e lo
informava o addirittura informava le famiglie lui stesso.-
- orribile!- commentò perplesso e sconcertato il ragazzo.
Rimase un attimo in silenzio.
- ma il preside del liceo è anche un rappresentante del
comune e ha poco tempo per queste cose, non si ricorda i
nomi degli alunni che vede con me
spero
sinceramente che non si ricorderà mai nessun nome
-
poi nascose di nuovo il suo sguardo, stringendosi le
ginocchia.
- è un incubo.- disse soffocata dai singhiozzi che per
un attimo le paralizzarono la voce, ma poi si trattenne,
non era il momento. Sei un egoista! Si sgridò. Era una
bambina ancora adesso, si era illusa di poter affrontare
la cosa, ma in realtà poteva solo piangere, non riusciva
a fare altro anche considerando quello che stava per
affrontare.
Masaki stava per avvicinarglisi quando qualcuno spalancò
la porta e li guardò negli occhi.
Inu Yasha e Kagome erano arrivati
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