K&K
CAPITOLO 8
SILENZI
"Benji! Finalmente!", esclamò Holly non appena
vide l'amico arrivare dall'ingresso del campo,
accompagnato da Freddie Marshall.
"Già...finalmente mi hanno lasciato venire a
guardarvi", disse il ragazzo sorridendo all'uomo di
fianco a lui, sulla sessantina, i capelli quasi grigi.
Freddie guardò prima Price, poi Hutton.
"Ma dov'è il tanto famoso Grover? Benji me ne ha
parlato molto bene...anche se in teoria avreste dovuto
chiedere al sottoscritto, prima di far entrare in squadra
il primo venuto...".
Il capitano alzò una mano, pronto a ribattere. "Ecco...".
"...ma mi fido molto del giudizio di Benji, quindi
credo che la sua sia stata un'ottima decisione",
continuò però Marshall, togliendosi gli occhiali scuri
e infilandoli nella tasca della camicia azzurra.
Holly incrociò le braccia, soddisfatto, gettando
un'occhiata all'amico.
"Ad ogni modo, vedrò di conoscere personalmente
questo Kristian Grover...almeno per sapere chi è, da
dove viene, e così via...".
Benji alzò leggermente la visiera del cappello.
"Ma, Holly, a proposito...Kris non è ancora
arrivato?", disse il ragazzo guardando verso la
porta del campo, vuota. Gli altri giocatori, invece,
stavano già palleggiavano sull'erba color smeraldo.
"No, non ancora...oggi è in ritardo".
"Mmh...già, pare proprio di sì".
Mentre i tre parlavano ai margini del prato, Tom Becker,
al centro del rettangolo, stava seguendo distrattamente
l'allenamento coi compagni, immerso completamente nei
propri pensieri.
Da quel lunedì, dopo la visita di Mark Landers, Kristine
era molto cambiata. O almeno, era cambiata con lui.
Tom non sapeva, in realtà, se ciò fosse dovuto proprio
all'incontro che era avvenuto con il capitano della Toho.
Forse Kris aveva solo voluto dimostrarsi forte e
coraggiosa...aveva voluto fargli vedere che non aveva
paura di Landers...
Ma se era così, perché ancora adesso cercava di
nascondere la vera Kristine? La Kris dei suoi ricordi...no,
non poteva accettare che fosse davvero scomparsa. Non era
possibile. Si stava allontanando sempre di più da lui...
Ma...forse...il motivo era un altro?
Gli allenamenti...
Gli incontri con Price...
Lo ammiri molto, vero?
L'intera settimana...Kris l'aveva visto tutta la
settimana...loro due, nella sua villa, soli...
Moltissimo. E' sempre stato il mio modello da seguire...sai,
voglio cercare di imparare il più possibile da lui. Il
suo stile non ha eguali...
Se le ricordava bene quelle parole. Kris ammirava Benji.
Lo ammirava tanto, tantissimo.
Ma era davvero semplice e pura ammirazione?
Il numero 11 girò la testa verso il ragazzo che, in quel
momento, stava scherzando e parlando vicino alle
panchine, in piedi fra Marshall e Holly.
"Kris...tu...", mormorò triste Becker, gli
occhi fissi sul portiere titolare della New Team. "Ti
stai forse in...".
"Scusateeee!", gridò in quel momento una voce.
"Sono in ritardo, lo so, ma ho avuto qualche...ehm...problema
tecnico...".
Tom spostò veloce lo sguardo sull'ingresso del campo.
Kris, accompagnata da una bella ragazza dagli occhi e dai
capelli nerissimi, stava correndo in direzione di Holly,
Benji e del signor Marshall, sorridendo nel tentativo di
farsi perdonare dal suo capitano.
"Be', su non preoccuparti...capita!", le
rispose Hutton cordiale, mettendo una mano nella tasca
dei pantaloncini.
Kris sospirò risollevata. "Aah!...grazie, allora!",
esclamò contenta.
Price ridacchiò. "Io però non ammetto certe cose,
Kristian! La prossima volta che arriverai in ritardo, ti
caricherò di allenamenti extra!".
Kris, che fino a quel momento non si era resa conto della
presenza di Price, si girò a guardarlo entusiasta.
"Benji! Finalmente! Non mi avevi detto che oggi
saresti ritornato!".
Il ragazzo sorrise. "Già, infatti...in realtà non
lo sapevo nemmeno io! Ed è solo grazie a Freddie se fin
da adesso posso tornare a seguire gli allenamenti al
campo...comunque, a dispetto di quello che possono dire i
medici, io mi sento molto bene. Piuttosto, tu come stai,
Grover? Ieri mi sei sembrato un po' stanco...".
Kristine scosse la testa. "Assolutamente no. Sto
benissimo, te lo assicuro!", esclamò.
"Beh, lo spero!". Sorrise, mettendole una mano
sulla spalla. Poi girò la testa verso Marshall.
"...Kris, volevo presentarti da un po' di tempo
Freddie Marshall, mio allenatore e tutore. Sai, gli ho
parlato di te, e gli farebbe piacere vedere di cosa sei
capace. Oltretutto, vorrebbe anche conoscerti meglio.
Sai, in effetti nessuno di noi sa molto sul tuo conto, e
così...".
"Eh...co...conoscermi meglio?". Kristine si
sentì mancare la terra sotto i piedi. Volevano farle
delle domande? Domande su di lei?? Di sicuro...non poteva
dire la verità...cosa poteva inventarsi? Magari le
avrebbero chiesto perfino i documenti...anzi, di certo...perché
non ci aveva pensato? E adesso...adesso cosa avrebbe
fatto?
"Ecco...io...", balbettò, agitata.
All'improvviso, però, Judith le saltò al collo da
dietro, facendola quasi cadere.
Kris, con gli occhi sgranati, fissò l'amica aggrappata a
lei. "Ma...che...??".
"Kriiiistiaaan, tesoroooo! Ma sono venuta fin qui
solo per vederti in campo, e tu mi fai aspettare? Ti
prego, fammi vedere quanto sei forte e atleticooooo!",
disse Jude con una vocina talmente mielosa e
supplichevole che quasi Kris stentò a riconoscerla.
"Ju-Jude? Che...che cosa diavolo dici?",
rispose quindi, avendo il tremendo sospetto che fosse
quello il modo in cui Judith voleva 'aiutarla'...
L'amica la abbracciò. "Ma daiii! Non fare il
modestoo, mio caro!!".
Detto questo, la ragazza la strinse ancora di più,
accostando la bocca all'orecchio di Kris.
"Ma sei idiota??", le bisbigliò. "Reggimi
il gioco, no?? Questo ti farà il terzo grado, non lo
capisci?".
Kris rimase un attimo senza parole, poi allontanò Jude
da sé, sorridendo come meglio poteva.
"Ehem...giusto...". Kristine stava pensando a
come proseguire la recita con l'amica, quando ad un
tratto si accorse degli sguardi di Price, Hutton, del
signor Marshall e dell'intera squadra riunitasi intorno
fissi su di lei e Jude. Le stavano osservando muti.
"E'...è la tua ragazza, Grover? E non ci hai mai
detto nulla??", esclamò improvvisamente Carter
guardando sospettoso la studentessa bruna.
Subito Harper si accostò al compagno. "Giààà!!
Dove la nascondevi una bellezza simile, eh? Non volevi
farcela vedere, di' la verità!", disse il ragazzo
spogliando letteralmente con gli occhi la povera Jude,
che alla vista della faccia da maniaco di Bruce fece
qualche passo indietro...
Kristine alzò le braccia. "No, no, no! Non è la
mia ragazza! E' solo una...una...", cercò di
spiegare, agitando le mani per cercare di trovare
qualcosa di sensato da dire.
"...una...che cosa??", esclamò in coro
l'intera squadra, sorridendo maliziosamente.
Holly scosse la testa, e battè una pacca sulla schiena
di Grover.
"Hai la mia più completa solidarietà", mormorò
serio. "L'ho passato anch'io...".
"Eeeeh?? Ma siete tutti matti...", continuò
Kris, madida di sudore. Judith si aggrappò nuovamente a
lei.
"Ma perché devi dire così? Cattivo!".
"Juude!!".
"Sìì?".
Price e Freddie, qualche metro distante dalla folla di
ragazzi, si guardarono.
"Beh, penso proprio che sarà per un'altra volta...",
disse il signor Marshall ridendo. "Credo che l'amica
di Grover voglia vedere il tuo amico in campo al più
presto!".
Price sorrise, divertito dalla situazione. "Già,
penso anch'io!".
Detto questo, Benji si avvicinò a Kris. "Eh eh...ma
Kristian, allora era vero che avevi la rag...".
"Oh, no, ti prego, non metterti anche tu! E in ogni
caso non è vero niente!", disse l'altra ormai
disperata, circondata dai compagni che ridevano.
"Ok, ok!", rispose il portiere unendosi agli
amici. "Che ne dici di iniziare l'allenamento,
allora?".
"Sì, sì, ti prego! Tutto, ma non voglio restare
così un minuto di più!", gridò quindi Kris,
cercando di staccare il braccio dell'amica dal suo.
Judith alzò gli occhi a guardarla per un istante.
"Oh, che noia che sei!", le bisbigliò. "Io
mi stavo divertendo un mondo a prenderti in giro...cavoli...e
poi dovresti solo ringraziarmi!".
Kris la guardò a sua volta, truce. "Grrrrazie...".
Judith le sorrise, angelica. "Figurati...mio adorato
Kristianuccio!".
Diamond si accostò a Grover. "Dai", disse
ridacchiando. "Fai vedere alla tua fidanzata che sai
fare!".
"Non è la mia fidanzataaa!", urlò nuovamente
Kristine esasperata, mentre la New Team la trascinava in
campo.
Arrivata nell'area di rigore, cercò con lo sguardo
Becker. Era da parecchi giorni che non lo sentiva.
"Kris! Sono qui", disse il ragazzo
avvicinandosi a lei, correndo, dalla sinistra. La guardò
stupito.
"Ehi ma...si può sapere chi è?", le chiese,
indicando Jude che, agitando un braccio, gridava a
Kristine dolci frasettine d'incitamento.
Grover si passò una mano tra i capelli, sospirando.
"E' una mia amica, si chiama Judith...purtroppo
questa mattina sono stata costretta a raccontarle tutto...".
Rise. "Guarda, è una brava ragazza, ma un po'...pazza.
Voleva aiutarmi a tutti i costi, e devo dire che c'è
riuscita...il signor Marshall stava per interrogarmi, e
grazie al suo intervanto sono riuscita a scamparla. Ma
solo per ora. La chiacchierata è rimandata, e dovrò
trovare in fretta un modo per modificare i miei documenti
o qualcosa del genere...".
"Uhm...già...".
Tom rimase fermo davanti all'amica, mentre la ragazza si
infilava i guanti.
"Kris...cambiando argomento...", mormorò, gli
occhi bassi.
Doveva chiederle dei suoi incontri con Benji? Prima...prima
aveva notato la sua reazione non appena aveva rivisto
Price. I suoi occhi si erano illuminati. E...Kris gli
aveva sorriso...in un modo così dolce, e unico...un
sorriso riservato solo a certe persone...non ad un
semplice amico.
Tom...lo sapeva bene.
Perché...lui stesso...le sorrideva allo stesso modo.
E la guardava in quel modo...
Anche se lei non se ne era mai accorta...
Ma...per quale motivo...
Perché anche Kristine non lo guardava e gli sorrideva
alla stessa maniera?
Cosa non possedeva lui che invece aveva Price?
Se solo...se solo...
"Tom!".
Il ragazzo si scosse dai suoi pensieri. L'amica lo stava
chiamando.
"Tom, cosa vuoi dirmi?". Kris lo guardava,
aspettando.
"Eh?". Becker chiuse gli occhi, triste. Dopo un
po' li riaprì.
"No, no. Niente, non importa...non era...nulla di
importante".
"Sei sicuro?".
"Certo!", rispose. Tom si girò, e iniziò a
correre.
"Vado al centrocampo...ehi, cerca di fare una bella
figura di fronte alla tua ragazza, mi raccomando!",
le disse poi, voltandosi un'ultima volta a guardarla.
"Tooom!", la rimproverò lei, indignata. Sospirò.
"Si divertono davvero tutti a prendermi in giro".
Guardò nuovamente l'amico, ormai lontano parecchi metri.
"Becker...", disse, chiedendosi ancora cosa
realmente provasse per il ragazzo. Dopo qualche secondo,
spostò gli occhi verso il margine del campo.
Price era seduto in panchina, di fianco al signor
Marshall e a Judith. Il numero 1 della New Team stava
chiacchierando coi due, gesticolando forse nel tentativo
di spiegare qualcosa. A tratti sorrideva, o si metteva a
ridere con Jude.
"Chissà se...chissà se Benji proverebbe qualcosa
per me, se mi conoscesse come Kristine", pensò.
Continuò a guardarlo a lungo. Era così...così...così...
Ad un tratto distolse lo sguardo. "No", si
impose. "E poi...questo non succederà mai, quindi
tanto vale non chiederselo nemmeno".
Ritornò a concentrarsi sul campo. Fra pochi giorni ci
sarebbe stata la sua prima partita. Non doveva distrarsi.
Non poteva.
E non l'avrebbe fatto.
"Ehi! Io sono pronto!", gridò alla squadra,
guardando decisa i compagni.
Mentre i ragazzi iniziavano a passarsi la palla, Kris
venne assalita da un'improvvisa, totale e profonda
tristezza...e da un'angoscia che quasi le bloccava il
respiro.
"Ho scelto io...tutto questo...", sussurrò a
denti stretti, cercando dentro di sé un po' di forza.
Non poteva lasciar perdere tutto proprio ora.
A costo di sacrificare i suoi sentimenti. A costo di
soffocarli.
Il suo sogno. Doveva fare vedere il suo valore, a tutti
quanti. Doveva portare la New Team alla vittoria...
"Forza, Kris".
Purtroppo, la verità era una.
Kristian l'aveva condannata a una dolorosa e solitaria
prigionia.
"Avanti! Muoviti!" gridò Harper in direzione
di Vans, agitando un braccio per farsi vedere. Mason e
Carter, invece, nella parte opposta del campo, si stavano
allenando con dei passaggi veloci, insieme a Diamond.
Erano passati alcuni giorni, e ormai la prima partita era
alle porte. L'avversaria sarebbe stata la Majestic , una
squadra certamente non forte, ma comunque da non
sottovalutare...
O almeno, era questa l'opinione del capitano Oliver
Hutton.
Molto, molto spesso era stata proprio questa sua umiltà
a portare lui e la New Team alla vittoria, sia nei
campionati degli anni passati che negli incontri
internazionali.
Mai credersi più forti del nemico. Era questa la prima
regola da seguire nel calcio per non perdere...
Il ragazzo, quel pomeriggio, aveva raggiunto i suoi
compagni molto tardi. Suo padre, infatti, era partito per
un altro dei suoi viaggi per mare, e lui era andato a
salutarlo a Shizuoka, insieme alla madre Maggie.
Hutton richiuse la porta degli spogliatoi, e tese
entrambe le braccia verso il cielo terso.
"Buon viaggio, papà...", pensò, un po'
malinconico anche se abituato, ormai, alle lunghe assenze
del genitore. Inoltre, dopo aver trascorso due anni in
Brasile, Oliver aveva imparato da molto tempo a vivere
lontano da casa.
Girò la testa verso le panchine.
Quel giorno il mister, il signor Gunnell, era assente, e
c'era un'unica persona seduta, i gomiti appoggiati sulle
ginocchia: Benji Price stava osservando pensieroso i
progressi dei suoi compagni e, soprattutto, quelli del
suo "pupillo" Kristian Grover, ora in porta.
Benji si era infatti assunto la responsabilità totale
sul rendimento dell'inesperto ma dotato Grover, di cui
curava personalmente gli allenamenti speciali. Fino a che
la gamba di Benji non fosse tornata a posto, infatti,
sarebbe stato Kris a sostituirlo in porta.
E Holly doveva ammettere che il ragazzo non se la cavava
affatto male, migliorando ogni giorno di più...
Il capitano della New Team distolse quindi lo sguardo da
Kris, per spostarlo sugli altri suoi compagni che
correvano in campo. Cercò Tom, ma non era insieme al
resto della squadra.
"Strano", pensò Holly guardandosi in giro.
"Non è da lui assentarsi agli allenamenti...".
Arrivò di fianco a Price. Benji, assorto nei suoi
pensieri, si accorse solo dopo qualche secondo della
presenza dell'amico.
"Qualcosa non va, Holly?", disse guardandolo.
Holly si appoggiò con un braccio al palo di metallo di
fianco alla panchina. "Beh...ecco, ti sei accorto
che oggi Tom non c'è?".
Price, sorpreso, guardò velocemente verso il rettangolo
di gioco. "Hai ragione", rispose dopo un po'.
"Non è da lui".
"Già, è quello che ho pensato anch'io. Non sai se
per caso qualcuno ne sa niente? Magari ha lasciato detto
che oggi non sarebbe potuto venire...".
Benji incrociò le braccia. "No, non credo...ma
possiamo sempre chiedere...".
Fu così che l'intera New Team venne riunita a bordo
campo per sapere dove fosse finito Tom. Tutti, però,
negarono di sapere nulla.
"Sì, abbiamo notato subito la sua assenza. Forse
non sta bene...chi lo sa", disse Carter.
"Oppure semplicemente non ha voglia di allenarsi...con
queste giornate ancora così calde lo capirei benissimo...",
mormorò Bruce cercando di farsi aria con una mano.
Holly scartò immediatamente le due ipotesi. "No, lo
escludo...anche se fosse malato, ci avrebbe prima
avvisato...e per quello che hai detto tu, Bruce, beh...".
Sorrise. "Guarda che Tom non è uno sfaticato come
te!".
Harper abbassò la testa, guardando supplichevole Holly.
"Oh, uffaaaa...ma perché mi devi sempre dire certe
cose?".
Tutta la squadra scoppiò in una sonora risata. L'unico
membro della New Team rimasto in disparte dal gruppo, però,
non si stava per niente divertendo...
Kris, infatti, seriamente preoccupata per l'assenza di
Becker, fissava il campo tesa. Sospirò, voltando poi la
testa verso Judith, appoggiata, in piedi, alla rete che
circondava il prato. Anche quel giorno l'amica era venuta
ad assistere ai suoi allenamenti.
Le due si scambiarono un'occhiata, intendendosi alla
perfezione. Jude alzò le spalle, guardando comprensiva
Kris.
In realtà non sapeva che dirle...dopo l'altro giorno, il
pomeriggio, cioè, in cui aveva accompagnato Kristine per
la prima volta, la ragazza e Becker non si erano più
parlati.
Anzi...in realtà, era stato lui a cominciare a evitare
Kris.
Ma perché?
Lei...lei stava soffrendo terribilmente.
E Jude...non sapeva cosa fare per aiutarla.
"Mi dispiace, amica mia...", mormorò.
Kristine, però, riportò di nuovo lo sguardo al campo.
Socchiuse gli occhi per il sole, coprendosi con una mano
la fronte.
Quel giorno era particolarmente forte, e dava quasi
l'idea di un pomeriggio di pieno agosto. Invece, era già
passata la metà di settembre...
La ragazza bruna decise di avvicinarsi all'amica per
tentare di rassicurarla, ma Benji la raggiunse prima di
lei.
"Ehi, Kris, a cosa pensi? Anche tu sei in pensiero
per Tom?", chiese quindi il ragazzo, le mani nelle
tasche dei pantaloni neri.
Sentendo la voce di Price, Grover si scosse
all'improvviso dai suoi pensieri.
"Eh? No, no, a niente! E' tutto a posto!",
esclamò, gesticolando con le mani per concludere
immediatamente il discorso. "Anzi...penso che non
dovremo preoccuparci troppo...Tom sa badare a se stesso...quindi,
adesso, la cosa migliore che possiamo fare è tornare ad
allenarci...". Si girò verso il resto della
squadra, che ancora scherzava intorno a Bruce.
"Ehi, lavativi! Vediamo chi di voi mi riesce a
segnare almeno un goal!", disse allegra, prima di
correre in campo in direzione della porta.
L'intera New Team rimase un attimo immobile, stupita
dall'atteggiamento del compagno. Poi, alzando un pugno al
cielo, fu proprio Bruce a farsi avanti.
"Ah - ah! Sarò io a farti il primo goal, mio caro
Kris! Così farò vedere a tutti voi quanto vale il
grande Bruce Harper...".
Mentre il ragazzo tornava in campo seguito dal resto
della squadra, Holly guardò, pensieroso, un punto
lontano dell'orizzonte.
"Dai, Holly, smettila di preoccuparti. Vedrai che
Tom arriverà tra poco. Come ha appena detto Kris, Becker
è abbastanza grande per badare a se stesso...",
disse Price sistemandosi il cappello sulla testa.
Il capitano strinse i pugni, nervoso.
"No, Benji...io conosco bene Tom, e ti ripeto che
non è il tipo da sparire così, all'improvviso...e poi...".
Si fermò.
Il portiere girò la testa, curioso. "...e poi cosa?".
"Beh...non so se te ne sei accorto, ma è da un paio
di settimane che Tom non è più lo stesso...con me,
almeno, cerca di nasconderlo, ma è evidente che c'è
qualcosa che lo preoccupa. Ed è sicuramente qualcosa di
serio...sai com'è il suo carattere, no? E' sempre stato
allegro, tranquillo e ottimista, ma ultimamente è
diventato pensieroso, triste e taciturno. Non è
stranissimo? Da quando lo conosco, niente ha mai scalfito
la sua positività...beh...niente in modo così evidente".
Benji rimase un attimo a guardare l'amico, riflettendo
sulle sue parole.
"Sai...forse hai ragione" commentò, abbassando
gli occhi verso il terreno. "Ora che ci penso...anch'io
avevo notato qualcosa. E' vero, non è più lo stesso.
Parla molto poco, e ha spesso la testa altrove..."
Holly, intanto, aveva afferrato i pantaloni e la giacca
di una tuta appoggiata sulla panchina vicino,
indossandoli velocemente. Price lo guardò sorpreso.
"Ma...cosa stai facendo?".
"Vado a cercarlo", disse risoluto Hutton
tirandosi fino in cima la zip della giacca. "Se
davvero ha qualcosa di serio che lo preoccupa, non è
giusto che se lo tenga dentro, senza sfogarsi con nessuno...devo
assolutamente sapere cosa gli è successo. Non riuscirei,
comunque, a non pensarci. Quindi, ti prego, Benji, dì tu
agli altri dove sono andato...e dirigi gli allenamenti al
posto mio. Ok?".
Detto questo, il ragazzo corse via, lasciando Price senza
parole.
"Ma...", riuscì solo a mormorare il portiere.
Dopo qualche secondo, però, sorrise e, tranquillo, tornò
ad osservare i propri compagni.
"Non c'è niente da fare...quei due sono davvero
legati da una fortissima amicizia".
Il piacevole vento settembrino faceva ondeggiare
leggermente l'alta erba verde del grande prato dove era
disteso Tom Becker.
La vista che si poteva godere dall'alto della collina
abbracciava l'intera Fujisawa, e il ragazzo, con gli
occhi chiusi, respirava a pieni polmoni l'aria profumata
e silenziosa della campagna, lontana dal fastidioso
traffico cittadino.
"Dormi, Tom?", chiese suo padre, distante da
lui pochi metri, mentre, con una pennellata di colore,
iniziava a ritrarre la valle sottostante su una tela
bianca.
Il ragazzo aprì controvoglia gli occhi, guardando
malinconico il cielo azzurro.
"No...no, papà".
L'anziano signore, che però dimostrava di portare molto
bene gli anni che aveva, si girò verso Tom, riuscendo
però a scorgerne solo i piedi.
"Dimmi la verità, figliolo, cosa c'è che non va?".
Per un po' ci fu il silenzio. Era chiaro che a Tom non
andava di parlare. Poi, però, sospirando, il ragazzo si
girò da un lato.
"...Niente. Non preoccuparti, forse...ecco, forse ho
solo bisogno di stare per un po' per conto mio, tutto qui".
Il pittore sorrise comprensivo. Non gli capitava spesso
di vedere il figlio triste o preoccupato, ma sapeva bene
che in certi casi era meglio lasciarlo da solo a
riflettere. Tom era sempre riuscito a risolvere ogni tipo
di problema aggrappandosi, spesso, solamente alle proprie
forze...non amava, infatti, raccontare le proprie
preoccupazioni ad amici o parenti. Era sempre stato un
lato tipico del suo carattere: pur di non far
impensierire le persone che amava, il ragazzo teneva
sempre per sé i propri pensieri.
Il signor Becker si rendeva conto di avere accanto a sé
un giovane speciale, altruista ma insospettabilmente
forte. Anche se era dovuto crescere con un solo genitore
viaggiando di continuo da un capo all'altro del mondo,
Tom non si era mai lamentato della sua vita, ed era
sempre stato felice...suo padre poteva essere orgoglioso
di avere un figlio simile.
"Non vorrei intromettermi nelle tue decisioni...ma...",
disse poi il signor Becker tornando a concentrarsi sulla
tela, "...i tuoi compagni di squadra si staranno
sicuramente preoccupando per la tua assenza agli
allenamenti di oggi. Non dovresti almeno andare ad
avvisarli?".
Tom si mise a sedere, emergendo dal mare ondeggiante di
erba verde.
"...Sì, forse è vero, si staranno preoccupando, ma...se
li andassi ad avvertire sarei costretto ad incontrarli,
e, di conseguenza, mi chiederebbero i motivi della mia
assenza. E oggi non mi va proprio di vedere nessuno...".
Il padre annuì. Il ragazzo si alzò, allungando le
braccia verso l'alto per stirarsi.
"Senti papà, io vado a fare un giro...magari dopo
torno direttamente a casa, non so...".
"Come vuoi, Tom", rispose il pittore,
intingendo il pennello nel colore preparato sulla
tavolozza. "Io tornerò fra un paio d'ore al massimo".
Mentre il sole veniva per un attimo coperto da una grossa
nuvola bianca, Tom iniziò a camminare per il sentiero in
mezzo al prato, che portava nelle campagne circostanti a
Fujisawa.
Al piede, naturalmente, aveva un pallone da calcio, poco
prima abbandonato di fianco a lui sul prato.
Palleggiò a lungo percorrendo il perimetro dei vasti
campi coltivati, prima di arrivare alla strada che
portava in città. La guardò, indeciso sul da farsi.
Da alcuni giorni, la sua mente era fissa unicamente su
Kris e Benji...al solo pensiero che l'amica potesse
davvero essersi innamorata del portiere, Tom cadeva nella
disperazione più assoluta.
"Non posso confessarle i miei sentimenti...",
pensò, osservando il monte Fuji, che, alto e imponente,
dominava la vallata.
"...e se...se la perdessi?"
Guardò ancora la strada, abbassando poi gli occhi.
"Non so se ancora mi va di tornare...", mormorò,
appoggiandosi allo steccato di legno di fianco alla via.
"...ma...".
Sospirò, sconsolato, per poi abbassare la testa.
"...ma prima o poi dovrò farlo. Anche se sarà dura
continuare a giocare in questo stato d'animo...non posso
abbandonare i miei compagni di squadra. E, soprattutto,
non posso abbandonare Holly. Cosa penserebbe di me?
".
"Giusto, cosa devo pensare?", disse
improvvisamente una voce familiare dietro al ragazzo.
Tom si girò, sorpreso. Holly era davanti a lui, e lo
guardava serio.
"Ti ho cercato dappertutto, lo sai?".
L'amico sorrise forzatamente, girandosi poi nuovamente
verso la vallata.
"Scusami Holly. Scusami davvero, ma oggi non potevo
venire ad allenarmi. Mi dispiace se vi ho fatto stare in
pensiero".
Oliver non disse nulla, ma rimase qualche secondo in
silenzio. Poi, accostandosi a Tom, incrociò le braccia,
appoggiandosi come lui alla staccionata.
"Non ti va di raccontarmi cosa c'è che non va, Tom?
Ultimamente, ecco...non sei più lo stesso. Sono
seriamente preoccupato per te. Non sto scherzando...".
Becker guardò il ragazzo.
"Grazie, Holly, sei gentile. Ma, purtroppo, non puoi
aiutarmi in nessun modo. Il problema che ho riguarda solo
me...ed è qualcosa della quale devo trovare da solo la
soluzione...".
Il sole stava iniziando a calare lentamente. Si stava
facendo tardi.
Holly sospirò. Soffriva nel vedere il suo più grande
amico ridotto in quello stato, ma non c'era nulla che
potesse fare. Tom non voleva confidarsi con lui.
"...Tom...", tentò quindi di dire. "...dimmi
solo una cosa: il problema di cui parli è in campo?
C'entra per caso qualche nostro compagno?".
A quelle parole, Becker alzò la testa. "Beh...",
mormorò, titubante. "...sì...più di uno. Ma
soltanto in modo indiretto...ecco, in realtà loro non
c'entrano niente, per questo ti ripeto che è un problema
solo mio. Io...". Si nascose il viso fra le braccia
conserte, appoggiate sullo steccato.
"...io non posso spiegarti, Holly. Vorrei, lo vorrei
davvero, te lo assicuro, ma per farlo sarei costretto a
rivelarti un segreto che ho giurato di non dire a nessuno...purtroppo,
è proprio questo il centro dell'intero problema. Vedi...".
"Ho capito. Non è necessario che continui", lo
fermò Holly, posandogli una mano sulla spalla. "Se
non puoi parlarmene, non importa. E' giusto che tu
mantenga questo segreto, soprattutto se la persona che te
lo ha confidato ha fiducia in te. Mi dispiace solo di non
poteri aiutare".
Tom Becker sollevò il viso, volgendolo al ragazzo.
"E a me dispiace non dirti nulla. Però, non
preoccuparti per il resto...in campo ho deciso di tenere
da parte le mie preoccupazioni. Il clima della squadra
non ne risentirà...e la coppia d'oro sarà efficiente
come sempre...".
Il numero 11, dopo tanto tempo, sorrise sincero.
"Quindi, chiudiamo pure l'argomento!".
Holly osservò l'amico con un velo di tristezza negli
occhi.
"Tom sa nascondere bene il proprio dolore...ma io so
che, dentro, sta ancora soffrendo molto...", pensò.
"Beh, che ne dici di palleggiare fino al campo,
Holly?", esclamò intanto Tom avvicinando il pallone
a sé. "Forse riusciamo ad allenarci almeno per una
mezz'ora, stasera...".
Non ricevendo risposta, però, il ragazzo si girò.
"Holly?".
L'amico era ancora fermo davanti alla staccionata, e lo
guardava.
"Tom, come puoi pensare che in questo momento mi
interessi il tuo rendimento in campo? Ora...l'unica cosa
che conta è che tu torni ad essere il Tom Becker di
sempre, e non perché sei il numero 11 della New Team...".
Hutton sorrise.
"...ma solo perché sei il mio più caro amico".
Becker rimase un attimo immobile, sorpreso dalle parole
del compagno di squadra.
"Oh, Holly...anche se non me lo dicevi, lo sapevo
comunque... ", disse Tom dopo qualche istante.
"Anche per me, naturalmente, sei il miglior amico
che abbia mai sperato di avere, ma...proprio per questo,
non posso permettermi di distrarmi in campo con dei
problemi personali. Per rispetto verso la mia squadra e...per
rispetto verso il mio amico Holly, che crede in me.
Giusto?".
Il capitano della New Team lo guardò sorridendo,
rassegnandosi al carattere del ragazzo.
"Giusto", ripetè, alzando le mani.
"Bene!". Becker iniziò ad avviarsi giù per la
strada.
"Comunque...", continuò poi, girandosi per
passare il pallone all'amico, ancora fermo vicino allo
steccato. Holly lo bloccò prontamente, per poi
raggiungere Tom sulla via.
"...comunque?".
"...beh...comunque grazie. Grazie davvero. Questa
chiacchierata mi ha risollevato il morale...".
Oliver iniziò a correre più velocemente e, superando
Tom, arrivò fino in fondo alla strada.
"Di niente!", gridò quindi il numero 10 della
New Team all'amico, agitando un braccio.
"Forza, dobbiamo recuperare l'allenamento perso!".
Becker rispose con entusiasmo all'invito del proprio
capitano. Sì, aveva fatto proprio bene a parlare con
Holly. E anche se i suoi problemi non si erano risolti,
sentiva che sarebbe almeno riuscito a guardare nuovamente
in faccia sia Kris che Benji.
Avrebbe lasciato che le cose facessero il loro corso. Non
si sarebbe più preoccupato per il futuro...e per i
sentimenti che Kris provava.
O almeno...per il momento.
In ogni caso, adesso era lui la persona che più gli
sarebbe potuta stare vicino.
E gli sarebbe bastato...non avrebbe chiesto altro.
Nient'altro.
Hutton, dal fondo della strada, osservava Tom correre
verso di lui. Finalmente, dopo tanto tempo, l'amico
sembrava aver riacquistato la solita serenità. Holly
sospirò sollevato. Non gli era mai capitato di dover
aiutare Becker a risolvere qualche problema...di solito,
era sempre avvenuto il contrario.
"Ho visto un'altra faccia di Tom...quella che ha
sempre nascosto dietro alla sua solita immagine. Non so
se capiterà ancora...".
Quando i ragazzi arrivarono al campo, ormai deserto,
iniziarono immediatamente ad allenarsi, noncuranti
dell'ora tarda.
Alcune stelle già splendevano nel cielo scuro, reso
ancora più nero dalla quasi totale assenza di luci
artificiali nella zona, mentre pochi rumori tenevano
compagnia ai due giocatori, che correvano instancabili
sull'erba rada.
Fine 8° capitolo...
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