K&K
CAPITOLO 6
ANIME SOLE
Erano passate le sei e mezza quando Kris
uscì dal campo. Con la scusa di provare ancora qualche
parata con Becker, aveva lasciato che il resto della
squadra si cambiasse per prima, così da poter utilizzare
lo spogliatoio indisturbata, da sola, dopo che gli altri
se n'erano andati. Tom aveva insistito per aspettarla, ma
lei, gentilmente, gli aveva risposto che questa volta non
sarebbe stato necessario...il ragazzo la aveva quindi
salutata, senza chiederle altro.
Kristine aveva capito solamente qualche minuto dopo che,
ancora una volta, aveva dato a Becker l'impressione di
respingerlo. E si era pentita...ma troppo tardi. Il fatto
era che...beh...alla fine si era resa conto che non
voleva più che l'amico fosse per lei un qualcosa a cui
aggrapparsi, un porto sicuro dove rifugiarsi di fronte ai
problemi, alle difficoltà...come aveva sempre fatto in
passato.
No. Ora...ora si sentiva più coraggiosa. Poteva farcela.
Non era più giusto contare sempre su Tom...su di lui
come su qualunque altra persona, fosse suo fratello Alex,
o Nicole, Judith...no. Adesso che uno dei suoi più
grandi desideri si era avverato, voleva viverlo fino in
fondo, e utilizzando solo le proprie forze per superarne
i problemi, le avversità...
Anche se teneva a Tom, non voleva più dipendere da lui
per nessuna cosa...anche prima, quando Mark Landers la
aveva insultata, era riuscita a resistere all'impulso di
piangere e di scappare via, lontana da quel pallone
gonfiato...aveva stretto i denti e si era imposta
l'autocontrollo, scuotendo il capo quando Tom le aveva
chiesto se se l'era presa...
"Tu però sei sempre...così importante per me...non
posso negarlo...", mormorò, camminando lentamente
per la strada illuminata dal debole sole pomeridiano,
che, lentamente, si stava abbassando all'orizzonte.
"...vorrei che tu lo sapessi...ma...". Si passò
una mano tra i capelli. "...ma allo stesso tempo
vorrei che tu mi considerassi un degno compagno di
squadra...forte...che sa lottare... ".
Sospirò, fermandosi. "Non voglio più sentirmi
debole...forse è questa la verità. O forse...non lo so,
non lo so...ormai...non so più neanch'io cosa sto
facendo...cosa cerco davvero...".
Ricominciò a camminare, confusa. Perché sentiva quel
peso sul cuore?
"Ho sempre vissuto fra mille comodità...non ho mai
avuto bisogno di nulla...ma proprio perché non ho mai
camminato senza qualcuno che mi tenesse la mano...io...sono
solo stufa...voglio dimostrare a tutti di cosa sono
capace...non è così, Kristine?".
Le ritornarono in mente le parole di Nicole.
"...sicuramente, alla fine, quando conquisterai ciò
che hai sempre voluto, tutti si renderanno conto di qual
è la vera Kris. E saranno orgogliosi di te..."
Sentì qualcosa di umido scivolarle sulle guance. Erano
lacrime.
"Io...perché adesso piango?", mormorò piano
guardandosi la mano bagnata. "Ecco..io non voglio
neanche più piangere...non voglio più essere quella
Kristine Grover...ma...è così...doloroso...cambiare...soffocare...i
sentimenti. Mi chiedo...se sia la cosa più giusta...".
Continuò a vagare per le vie di Fujisawa, senza sapere
dove si stava dirigendo, per una buona mezz'ora, fino a
che, all'improvviso, non si fermò.
Una grande villa in stile occidentale, circondata da un
giardino con, al centro, un campo da calcio, aveva
catturato la sua attenzione. Kris si dimenticò
all'istante i pensieri di qualche minuto prima e,
affascinata, si avvicinò all'alta cancellata argentata
che si ergeva imponente davanti a lei.
"Non avevo ancora visto questo posto...ma come ho
fatto a non notarlo quando sono venuta a vivere qui? Che
strano...".
Appoggiò le dita delle mani su uno degli elaborati
motivi floreali che componevano il cancello, e alzò lo
sguardo verso la struttura. "Cavoli...è addirittura
più grande dell'hotel dei miei...e della nostra casa a
Hokkaido...chi vive qui deve essere davvero importante...".
Troppo immersa nella contemplazione della lussuosa
abitazione, la ragazza non si accorse che qualcuno,
dietro di lei, la stava osservando già da un po'.
"Grover...sei tu?", chiese una voce familiare,
dal timbro un po' basso.
Kris si girò improvvisamente, ritrovandosi faccia a
faccia con Price.
"Oh...Benji!", disse po' spaventata
dall'incontro improvviso, mentre il ragazzo la guardava
con un'espressione altrettanto stupita. "C-ciao!...come
mai da queste parti?".
"Beh...", disse lui sorridendo. "Perché
ci abito".
Kristine rimase zitta. Senza saperlo, si era ritrovata
proprio davanti alla casa di Benji...e lui la aveva
trovata lì, immobile, a fissare senza ritegno la sua
villa...
"Oh...che figura...", si disperò la ragazza,
provando a guardare da un'altra parte. "Ma tanto,
ormai, non penso che cambi molto...una più o una meno...eh
eh...", pensò con autoironia.
"Ahem...non...non lo sapevo...", disse quindi,
sfoggiando uno dei suoi migliori sorrisi. "Complimenti,
è davvero una bellissima casa!".
"Grazie...sai, i miei genitori hanno sempre amato
l'Europa...e la sua cultura", rispose il ragazzo,
avvicinandosi a lei.
"Davvero?".
"Già...da alcuni anni, infatti, vivono stabilmente
in Germania".
Kris, sorpresa, lo guardò negli occhi. "E tu...hai
deciso di rimanere in Giappone da solo?".
Price annuì. "Non volevo abbandonare i miei sogni,
il calcio per me era tutto...convinsi quindi la mia
famiglia a lasciarmi qui.
Freddie Marshall, oltre che mio allenatore, diventò, così,
anche il mio tutore. Poi, per alcuni d'anni, ho comunque
vissuto in Germania, come ben sai...ma sempre per una mia
scelta. Ho potuto giocare nell'Amburgo, al fianco del
grande Karl Heinz Schneider; è stata dura, ma quel
periodo si è rivelato molto importante per me, per la
mia tecnica. Ora, finalmente, sono ritornato in Giappone...per
rimanerci. E' la mia patria. Mi sono reso conto che è
qui che voglio continuare a vivere...".
Si fermò un attimo.
"Certo, in futuro dovrò sicuramente lasciarla per
continuare la mia carriera calcistica, e così faranno
con molta probabilità anche tutti gli altri...non ci
sono molte possibilità, in Giappone, per sfondare nel
calcio professionistico purtroppo. Ma per adesso, o
almeno fino a che non mi sarò laureato, voglio
continuare ad essere io a scegliere per la mia vita...penserò
solo fra qualche anno a cosa fare, seriamente, della mia
passione".
"Già...". La ragazza tornò a guardare,
triste, il giardino del palazzo. Le parole di Benji le
avevano fatto ricordare qualcosa...con una piccola
differenza, però.
Non sai decidere da sola, Kris. Non sai combattere per ciò
che vuoi. Sei debole, Kristine, troppo debole.
"Hai fatto bene, Price...", riuscì solo a
commentare, resistendo all'impulso di sfogarsi anche con
il portiere della New Team.
Doveva essere una nuova Kris, no? Sì, doveva, voleva
cambiare...non aveva bisogno della compassione di nessuno...no,
di nessuno.
I due ragazzi rimasero in silenzio, l'uno di fianco
all'altra, per qualche tempo, fino a che Price non si girò
nuovamente verso Grover.
"Allora", le disse il portiere appoggiandosi
con un gomito alla cancellata. "Come mai sei venuto
qui, Kristian? Hai forse bisogno di qualche consiglio?
Sai, mi spiace moltissimo non essere venuto gli scorsi
giorni...e anche di non poter venire i prossimi...questa
maledetta gamba mi da' un sacco di problemi. Sono appena
tornato da un altro controllo...ma la conclusione è
sempre la stessa, riposo assoluto per un po'. Spero che
la prossima settimana mi lascino tornare al campo. Così,
potrò almeno assisterti negli allenamenti".
Kris cercò di sembrare allegra. "Lo spero tanto
anch'io...comunque, va tutto benissimo...non preoccuparti!
E' solo che...volevo sapere come stavi, tutto qui...".
Kris si interruppe, indecisa se continuare. Dopo pochi
attimi, però, riprese a parlare.
"Però...si sente molto la tua mancanza in campo,
Benji. Tu e Hutton siete molto importanti per il sostegno
morale della squadra, e la tua presenza è indispensabile
per tutti noi...spero davvero che torni presto.
Soprattutto perché la prima partita si avvicina...".
"Questo è vero. Sì...credo proprio che pregherò
sia Freddie che il mister di lasciarmi uscire al più
presto...". Benji si tolse il cappello, passandosi
una mano fra i capelli scuri.
"Ehi, che ne dici di entrare, Kristian?",
propose improvvisamente il ragazzo guardando Grover.
"Penso che una bella chiacchierata sia necessaria
per conoscerci meglio, no? Fino ad ora ci siamo parlati
poche volte! E poi, magari, potrò dirti qualcosa di
utile per prepararti agli incontri che dovrai affrontare...".
Kristine, che non si aspettava l'invito, rimase muta per
qualche istante, non sapendo cosa rispondere.
"Ehm...vedi, ecco, non so se ho il tempo di...",
balbettò.
Price le battè una pacca sulla schiena. "Ma dai,
Grover...solo per poco! O forse...". Scrutò Kris
sorridendo, malizioso.
"...forse hai un appuntamento con qualche ragazza,
non è così? Ecco perché hai tanta fretta!".
Kris avvampò. "Ma...ma cosa dici? Non è affatto
vero! Io...ecco...".
"Ma dai, scherzavo! Eh eh...sai, ormai molti della
squadra hanno spesso la testa in altre cose, ben diverse
dal calcio...per non parlare, poi, dei nostri più
temibili avversari, come ad esempio Ross e Landers! Sono
sempre in felice compagnia...quindi, mi chiedevo...".
"Eeeh? Anche quell'antipatico di Landers??",
esclamò Kris fissando l'amico, incredula.
Benji, sorpreso dalla reazione di Grover, lo guardò a
sua volta. "Beh...è solo una voce...me l'ha
raccontato Philip...una certa Maki...ma scusa, quando hai
conosciuto Mark?".
Kristine, allora, si ricordò di non aver ancora
raccontato a Price del suo interessante incontro-scontro
con il capitano della Toho, avvenuto poche ore prima.
"Beh...agli allenamenti, questo pomeriggio. Diciamo
che ha fatto la sua comparsa in campo per...esprimere il
suo immenso dispiacere per la tua assenza nel campionato
di quest'anno...". L'espressione sul viso di Kris si
fece dura. "E' davvero simpatico, devo ammetterlo.
Molto socievole, poi...".
Price osservò l'amico, capendo immediatamente cosa
doveva esser successo.
"Si è messo in mostra come al suo solito, non è
vero? Posso immaginare come si sarà comportato nei tuoi
confronti, avrà tentato di umiliarti in tutti i modi...Grover,
mi dispiace. Avrei dovuto esserci...".
"No, Price, non importa. Quello che mi ha detto non
mi ha fatto nessun effetto...".
"E invece avrei dovuto prevederlo. Non sopporta che
qualcuno mi sostituisca...non aspetta altro che il
confronto con me e Hutton, ogni anno...la nostra sfida
personale va avanti da tantissimo tempo. Comunque...".
Sorrise, deciso, alla ragazza. "...per l'incontro
con la Toho ci sarò sicuramente. So che anche questa
volta la finale sarà tra le nostre due squadre...perché
tu, Kristian, porterai ogni volta la New Team alla
vittoria, fino a quando non sarò in grado di tornare a
giocare. Giusto?".
Kris rispose al sorriso, raggiante. La fiducia che Price
riponeva in lei le dava una grande carica. "Certo!".
"Ne sono felice".
Detto questo, il ragazzo suonò al grande citofono
installato ad un lato del cancello, e, rispondendo alla
voce che parlò nel ricevitore, si fece aprire.
Entrò così con Kristian nell'immenso giardino,
camminando lentamente per evitare altri sforzi alla gamba.
Kris seguì il suo passo, affiancandosi all'amico che,
pensieroso, guardava davanti a sè.
Il profilo del portiere si stagliava contro la luce del
tramonto, che, diffusa, riempiva il cielo tingendolo di
rosa.
Il ragazzo indossava una t-shirt bianca, abbastanza
aderente, che metteva così in risalto i muscoli del
petto e delle spalle, perfettamente modellati dopo anni
di gioco e di duro allenamento. I jeans erano di un
grigio scuro, e le scarpe, bianche, naturalmente da
ginnastica. Anche se illuminato dagli ultimi raggi del
sole, lo sguardo sembrava lontano, e un po' malinconico.
Senza rendersene conto, Kris si ritrovò a fissare quei
profondi e magnetici occhi neri, come catturata dal
mistero che sentiva circondare l'immagine
dell'affascinante calciatore, un portiere senza pari, il
suo modello da anni.
E con, indubbiamente, un corpo incredibile, che solo
adesso si ritrovava a guardare continuamente...
Sì, la attraeva...la attraeva come nessun ragazzo, mai,
aveva fatto prima.
Ma...c'era qualcos'altro. Un presentimento...
L'aria sembrò più calda, il mondo intero più
silenzioso...e una strana sensazione, in quel momento,
colse Kris...o meglio, sentì, con assoluta certezza, di
stare vivendo un istante irripetibile, fuggevole, ma che
sarebbe rimasto per sempre con lei...
"Cosa...cosa mi succede?", si disse continuando
a fissare sognante la figura accanto a lei. "Io...io
non mi sono mai sentita, così, prima d'ora...Benji...questa
sera...ti vedo...con altri occhi...e questa sensazione...".
Kris si fermò. Il ragazzo, che non si era accorto di
nulla, proseguì per qualche altro passo, prima di
girarsi verso l'amico.
"Cos'hai, Kristian? Non vuoi entrare?", disse
Price indicando l'ingresso della villa qualche metro
davanti a lui.
Kristine lo guardava senza riuscire a dire nulla. Aveva
paura. Paura di stare iniziando a provare qualcosa di
serio, troppo serio.
"Benji", mormorò, senza muoversi. "Tu...tu,
invece, ce l'hai la ragazza?".
Lo disse con assoluta fermezza. Price rimase in silenzio
qualche istante, poi alzò la testa, sorridendo
tristemente.
"No, Grover. Per adesso...no. Sai, alcune volte
invidio Holly, o Julian...ma...se devo dire la verità,
non mi sono mai messo seriamente con nessuno".
"E...come mai? ".
Benji continuò a fissare un punto del cielo, sopra la
sua testa.
"Chi lo sa...alcune volte, penso che non avrei
abbastanza tempo da dedicare ad una ragazza...o...beh,
forse, semplicemente, non ho ancora incontrato quella
giusta". Sospirò.
"Sai", proseguì appoggiandosi al colonnato del
portico. "Quand'ero piccolo, i miei spesso erano
assenti per affari importanti...non li vedevo quasi mai.
Ho vissuto per parecchi anni senza di loro, in questa
grande casa, e prima che conoscessi il calcio, la mia
vita era...beh, molto triste. Non avevo interessi,
passatempi, amici...ero circondato solo da domestici,
balie, insegnanti, ma queste persone non mi davano nulla.
Li sentivo freddi e distanti. Così, anch'io mi chiusi in
me stesso...e imparai a stare da solo".
Price si voltò di spalle. Kris non aveva smesso un
attimo di guardarlo.
Erano...erano...così simili. Non l'avrebbe mai creduto....
"E poi...cosa successe?", chiese, avvicinandosi
al ragazzo di un passo.
Lui sospirò ancora, mettendosi le mani in tasca. "Beh...quello...fu
uno dei periodi peggiori della mia vita. Avevo tutto, è
vero, ma passavo le giornate a fare sempre le stesse
cose, ad ascoltare tutte quelle persone che avrebbero
dovuto, in qualche modo, sostituire la mia famiglia. Ma
non era così...io mi sentivo un automa, alienato...ero
solo un bambino, troppo piccolo, troppo confuso...non
riuscivo più a capire nulla, chi era nel torto, se ero
io che sbagliavo...I miei spesso tornavano dai loro
viaggi per il Giappone e l'Europa, ma non si fermavano
mai, nemmeno per pochi giorni, a casa. Non capivano cosa
mi mancava. Non riuscivano a comprendere che per me, i
soldi, il lusso in cui vivevo...non erano niente in
confronto all'affetto, all'amore di due genitori...dei
genitori presenti, sempre".
Benji si fermò. Improvvisamente si girò nuovamente,
guardando negli occhi Kristine, a pochi centimetri da lui.
"Ti sto annoiando, non è vero? Forse è meglio...".
"No, no, affatto! Benji...", disse lei,
scuotendo il capo. "...io...ti posso capire. La tua
storia...assomiglia moltissimo alla mia. Anch'io ho
sempre vissuto come te, ma...ecco, purtroppo il momento
peggiore lo sto forse vivendo in quest'ultimo periodo...i
miei genitori pensano solo ai loro maledettissimi
alberghi...mai alla loro famiglia".
Ecco. L'aveva detto anche a lui. Accidenti, si era
promessa di non farlo. Ma...
"Kris", disse allora lui mettendogli una mano
sulla spalla. "mi dispiace...allora, è vero che sei
il figlio dei proprietari della catena di Hotel Grover?
L'avevo sospettato, ma non ne ero sicuro".
Kris abbassò gli occhi, facendo un sorriso tirato.
"Già...purtroppo".
Subito, però, rialzò la testa. "Lasciamo perdere...comunque,
dimmi, come...come è finita?".
Price la guardò. "Beh...arrivò il secondo anno
delle elementari", continuò. "Iniziai a
praticare il calcio, quasi per caso, forse solo per
distrarmi...fu il mio primo, vero interesse, e, senza
accorgermene, mi ci appassionai. Tutto quello che avevo
sempre tenuto dentro, la mia rabbia, la mia tristezza,
l'energia che non avevo mai utilizzato...tutto...diedi
sfogo a tutto, dedicandomi totalmente all'attività di
portiere. Anche il mio carattere cambiò. Divenni più
sicuro, forse...anche se...egoista, e, devo ammetterlo,
molto arrogante e presuntuoso. In fondo...io e Landers
eravamo molto simili, qualche tempo fa. Ecco perché
iniziammo a odiarci cordialmente...".
A quel punto Benji rise, e Kris lo fissò stupita.
"Dici sul serio? Non ci credo...tu non assomigli per
niente a quel tipo...".
"Grazie...ma dici questo solo perché mi hai
conosciuto da poco...infatti, ora penso di stare
cambiando ancora. Ecco, il punto è proprio questo...".
"Di cosa?".
"Del perché...non ho la ragazza".
Kristine non disse nulla. Voleva che Benji andasse avanti.
Voleva sapere.
Price rimise le mani in tasca. Forse era indeciso se
continuare a confidarsi con lei. Anzi, con lui, con
Kristian.
"Vedi...anche se acquistai più sicurezza, anzi,
forse fin troppa, continuai a essere un tipo solitario.
E' vero, avevo i miei compagni di squadra, certamente
erano miei amici, ma...mi ostinai a non affezionarmi a
loro. Non volevo...avevo sempre contato solo su me
stesso, e volevo continuare a farlo. Credevo di non avere
bisogno degli altri. Da solo...stavo bene. Ne ero
assolutamente convinto. Anche per questo motivo, penso,
decisi di rimanere in Giappone. Ormai, avevo imparato a
non più ascoltare nessuno...il calcio, per me, era
diventata l'unica cosa di cui mi importasse davvero, la
sola che consideravo realmente importante".
Kris continuava a guardare Price. Dentro, mille pensieri
avevano iniziato ad affollarle la mente.
A differenza di Benji, lei si era sempre aggrappata agli
altri. Per non lasciarsi andare...aveva sempre cercato
aiuto. Alex, Tom, Nicole...
Invece, adesso aveva deciso di comportarsi proprio come
aveva sempre fatto Price.
Per cambiare, per essere, o forse per sembrare più forte.
Ma soffrendo.
Era giusto?
Ora, finalmente, stava iniziando a capire...
"Quando conobbi Holly, Tom, e gli altri",
proseguì il ragazzo "ero ancora quel ragazzino
orgoglioso e egoista...se lo ricordano tutti molto bene,
credo...soprattutto Holly. Ma fu proprio lui, con il suo
entusiasmo verso ogni cosa, il suo spirito sportivo, la
sua allegria e il suo ottimismo a farmi capire cosa
davvero era l'amicizia, e quanto fosse importante in una
squadra affiatata, ma anche, semplicemente, nella vita di
tutti i giorni. Così abbandonai quel mio odioso
comportamento...non potevo più essere un'isola.
Compresi, infatti, che ognuno di noi ha bisogno degli
altri. Però...".
"Però?".
"Ecco...ancora oggi, non...mi sento la persona che
vorrei essere. Non sono...non mi sento ancora capace di
dare a qualcuno qualcosa di mio, una parte di me.
Soprattutto, ad una donna. Non saprei comunicarle nulla,
credo. Nemmeno so, forse, amare davvero. Tutte le volte
che avrei potuto avvicinarmi a una ragazza, ho sempre
lasciato perdere. Anche per paura di avere un rifiuto,
forse...per non sentirmi dire, appunto, di averla delusa.
E di non essere il ragazzo che ha sempre desiderato".
Ormai il sole era totalmente scomparso oltre la linea
dell'orizzonte. Il cielo stava iniziando a colorarsi di
un blu scuro.
Quell'alito di aria calda che prima Kris aveva avvertito,
però, sembrò tornare ad avvolgere la ragazza.
O...forse era il suo cuore ad essersi riscaldato?
"Price...", mormorò Grover. "Non devi,
non devi assolutamente pensare di essere una persona
vuota, perché non è affatto vero. Anche se non ti
conosco da molto, mi sono reso conto che...".
Benji sorrise triste. "Grazie", disse, senza
lasciarla finire. "Ma vedi...con gli amici mi
comporto diversamente. Sai...". La guardò negli
occhi.
Kris sostenne quello sguardo profondo, anche se con molta
difficoltà. Forse era arrossita.
"...Sì?".
"Sono contento di averti parlato di queste cose...è
strano, ma non sono mai riuscito a dirle a nessuno, prima
di adesso. Non so perché, ma sento di potermi fidare
ciecamente di te. Sarà dovuto al fatto che noi due ci
somigliamo molto".
Kris continuava a fissarli. Quegli occhi. Occhi scuri,
neri come la notte. Così tristi, ora, pieni di una
tristezza infinita.
Non lo sapeva...non credeva...Benji era molto più
fragile di quanto non sembrasse.
"Hai ragione, Price...".
Il suo cuore batteva forte. Il calore...sì, ora lo
sentiva. Ne era certa.
"Siamo due anime sole", pensò malinconicamente.
"Voglio...vorrei starti vicina. Benji...cosa sto
provando? Cos'è questa pena che sento...sto soffrendo...per
entrambi...".
Il ragazzo sembrò non accorgersi, però, dello stato
d'animo di Kris.
"Ma ora basta parlare di tutto questo...penso che ci
abbia solo depresso! ", disse infatti ridendo e
girandosi verso la villa. "Ti ho tenuto qui fuori
fino a quest'ora...adesso entriamo, e ti assicuro che
cambiamo argomento! Ok?".
Kris sorrise. "Ok!".
Detto questo, i due salirono le scale dell'ingresso,
scomparendo dietro all'alto portone.
Benji fece visitare a Kristine l'intera villa: in realtà
era ancora più grande di quanto appariva all'esterno, e
la ragazza rimase molto sorpresa nonostante conoscesse
bene l'ambiente nel quale vivevano gli aristocratici, ed
in particolare le loro lussuose abitazioni...la casa in
cui ora stava, lì a Fujisawa, non aveva nulla a che fare
con le ville e i residence che i suoi avevano comprato o
avevano fatto costruire nelle più disparate località
dell'arcipelago giapponese. Rispetto, ad esempio, alla
loro casa estiva a Hokkaido, questa era sicuramente molto
modesta, e, proprio per questo, perfetta per i due
fratelli Grover. Senza domestici e camerieri che giravano
di continuo per le stanze, Kristine si sentiva più
rilassata, e finalmente libera da quella fastidiosa
sensazione di no-privacy che aveva dovuto sopportare per
anni.
In fondo, i suoi genitori non erano praticamente mai a
casa - come non lo erano mai stati, del resto - e sia
Kris che Alex avevano quindi rifiutato un'altra villa
dalle dimensioni esagerate, priva di qualsiasi utilità...un
insensato spreco di denaro, aveva detto Alex alla madre.
Quella era stata una delle poche cose positive che la
ragazza aveva avuto dai genitori.
"E' fantastica" esclamò Kris guardando
sorridente l'amico. "In altri casi direi di non
poter sopportare un posto del genere...ma la tua casa...ha
un non so che di...affascinante. Dico sul serio!".
Price ridacchiò. "Eh eh...questo non me l'aveva mai
detto nessuno...comunque ti ringrazio. Anch'io preferirei
vivere in un'abitazione meno monumentale, ma devo dire
che, ormai, ci sono affezionato. Nonostante il mio
passato...".
Si fermò davanti a una vetrata, sospirando. La sua
espressione divenne indecifrabile.
Kris fece un cenno d'assenso, rimanendo in silenzio.
Anche se Benji le aveva raccontato tutto, il ragazzo
continuava a sembrarle sfuggente...come circondato da una
sorta di barriera, che lo difendeva dall'esterno.
Per non lasciare entrare nessuno. E per non lasciare
nemmeno uscire alcuna emozione.
E' vero. Lo sapeva bene. Non era semplice cambiare.
Benji lotta ancora, dentro di sé.
Non è così sicuro. C'è ancora tanta solitudine.
Rabbia, forse. E tristezza. Paura di non essere
accettato, compreso, amato.
Lasciato solo. Respinto.
Ancora...essere un'isola.
Ora...cerca solo di capire...capire chi è. Cosa vogliono
gli altri da lui, cosa vuole lui dagli altri, e da se
stesso.
Come lei. Come tutti. Tutti cerchiamo. Tante, troppe cose.
Ma alla fine, non siamo mai felici. Desideriamo, senza
mai fermarci, senza mai essere appagati.
E qual è, allora, la risposta? Dove sono la serenità e
la gioia totali?
Nella realizzazione di un sogno?
Quale sogno?
Un'intera esistenza, può essere un sogno. Ma come
realizzarlo?
E' così difficile vivere. Fare delle scelte. Scegliere
chi essere, fra mille anime.
"Anche tu lo stai facendo, Benji. Come me. E
intanto, quella immensa tristezza...non ti lascia pace,
vero?", disse a bassa voce la ragazza.
Kristine si avvicinò al portiere. Avrebbe voluto
rimanere ancora con lui. Ma purtroppo, se avesse tardato
ancora una volta, Alex non glie l'avrebbe perdonato.
"Grazie mille della visita. Purtroppo, adesso, devo
proprio andare...".
Price si voltò di scatto, distogliendo lo sguardo
assorto dalle lontane montagne che circondavano Fujisawa.
"Ma...magari potresti fermarti per cena...".
"Mi piacerebbe...ma davvero, devo scappare. Mio
fratello mi starà già aspettando a casa. Sai...non è
il caso di litigare con lui...".
Rise. Benji la fissò sorpreso. "Hai un fratello?".
"Sì. Si chiama Alex...è più grande di me di 3
anni".
"Ah". Si girò nuovamente. "Mi sarebbe
piaciuto avere un fratello o una sorella...". Rimase
in silenzio per qualche istante. "Secondo me sei
molto fortunato, Kristian", disse poi.
Kris sorrise. "Lo so".
Price la guardò negli occhi. Forse avrebbe voluto
aggiungere altro, ma non lo fece.
"Ti accompagno al cancello".
I due attraversarono nuovamente l'intero giardino e il
campo da calcio. Kris camminava silenziosamente di fianco
a Benji, non sapendo cosa dire. Quella sera aveva visto
il vero Price...ora sapeva che dietro a quell'immagine di
portiere forte, infallibile e sicuro si sé c'era anche
qualcos'altro. Paure mai raccontate a nessuno, tenute
sempre nascoste da una maschera assolutamente
insospettabile...
E adesso le aveva confessate a lei. O meglio, a Kristian
Grover.
Arrivarono in strada. Benji sorrise all'amico, mettendo
le mani nelle tasche dei jeans.
"Grazie della visita, allora. Spero...di non averti
stufato con tutto quello che ti ho raccontato".
Kristine scosse il capo. "Non mi hai affatto
annoiato. E poi è vero che siamo simili. Forse abbiamo
delle storie un po' diverse...ma ho conosciuto anch'io la
tua stessa solitudine".
Si fermò un attimo. "In ogni caso...sono pronto ad
ascoltarti ancora, qualunque cosa ti serva!".
Benji Price lo guardò. "Grazie" disse. "Ma
non penso che ce ne sarà più bisogno. Credo che quello
di oggi sia stato solo un momento...di debolezza, ecco.
Non capiterà più, te lo assicuro".
Kris sapeva che quella non era la verità. L'orgoglio di
Price serviva solo per sembrare più forte...lei lo
capiva. Lo capiva bene. Anche lei si era comportata allo
stesso modo.
"Ehi, alla fine, fra una cosa e l'altra, non abbiamo
parlato del campionato!", esclamò improvvisamente
Price girandosi dall'altra parte, come per cambiare
argomento.
Poi, invece, si rigirò verso di lei, guardandola negli
occhi.
"Senti, potremmo incontrarci questi giorni, che ne
dici? Magari ti potrei allenare qui a casa mia...".
Kris lo fissò incredula. "Eh? Davvero?".
Benji sorrise. Un sorriso bellissimo. Sembrava essere
ritornato il ragazzo di poche ore prima.
"Certo! Non credi sia la cosa migliore? Di certo non
tutti i giorni, ma...".
"Va benissimo! Non ci sono problemi!", esclamò
Kris entusiasta, prima di lasciarlo finire. "Ti
assicuro che ce la metterò tutta!".
"Mi fa piacere che tu abbia tanta grinta...",
disse lui guardandola. "Sono sicuro anch'io che non
ci deluderai. Kris...".
"Cosa?".
"Penso proprio che diventeremo buoni amici".
Amici...buoni amici. Kristine si portò una mano al petto.
Il cuore stava ricominciando a batterle forte. Qualcosa
le diceva che una profonda amicizia con Price la avrebbe
portata unicamente in una direzione...già prima si era
accorta di qualcosa. Una sensazione mai provata prima.
Tanta confusione.
Improvvisamente si era resa conto di sentirsi
incredibilmente attratta da Price. E questo no, non
andava proprio bene. Avrebbe solo complicato ancora le
cose. E Tom? Cosa provava allora per Tom?
Non riusciva a capire.
Accidenti, lei doveva essere Kristian...doveva essere
Kristian Grover, e basta. Non poteva rivelare la verità
anche a Benji. Non avrebbe mai dovuto sapere nulla.
Assolutamente. Era impensabile. No.
Scegliere chi essere, fra mille anime.
Perché doveva scegliere? Non era giusto.
"Ne sono certa...sì, saremo buoni amici".
Detto questo, sorrise a Price.
"Ti lascio il mio numero di cellulare...così
potremo metterci d'accordo per quando vederci. Nel
frattempo continuerò ad allenarmi al campo con il resto
della squadra. Ok?".
Dopo aver dato al ragazzo il numero per rintracciarla,
Kris si allontanò in strada.
Benji la seguì per un po' con lo sguardo, poi rientrò
in giardino. Alzò lo sguardo verso la grande villa.
"Chissà cosa mi è preso...perché gli ho detto
tutto?".
Fissò le cifre del numero che Grover gli aveva scritto
sul foglietto che ora teneva fra le dita.
"Già". Infilò nuovamente le mani in tasca,
insieme al foglietto. "Siamo simili".
FINE CAPITOLO 6
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