K&K
Capitolo 15
RITROVARTI
Oppure hai iniziato a dire e fare cose che non
voglio nemmeno provare a ipotizzare
La frase pronunciata da Jude continuava a ripetersi
nelle orecchie di Kris. Senza tregua. Una volta, due, tre
Quante probabilità ci potevano essere? E poi
tutto
si incastrava alla perfezione
il suo mal di testa,
l'amnesia, l'atteggiamento di Price
tutto era
possibile
ma
ma
Tutto poteva anche non essere tale. Già
erano solo
ipotesi
ipotesi.
"Non conta più nulla
", si disse però, a
bassa voce. Camminava lungo il marciapiede, lentamente,
senza far caso a chi incrociava, a chi urtava. Stretta
nella giacca a vento blu, nel freddo di quell'autunno,
Kris non sembrava accorgersi del mondo esterno. Ormai, lo
capiva sempre di meno. E desiderava solo una cosa, in
quel momento
nascondersi, sparire. Confondersi tra
gli altri. Confondere Kristian, ma anche Kristine. E
sparire.
"
non voglio più nemmeno saperlo
la verità
non cambierebbe le cose".
Affondò le mani nelle tasche. Non si era mai sentita così
confusa. Confusa dalle sensazioni, dai pensieri, dalle
persone. E anche adesso, non era in grado di definire ciò
che sentiva. Tristezza? Amarezza? Forse, ma non era così
semplice. No, decisamente no.
Ora
ora lo poteva percepire chiaramente. Pesante
come un macigno, Kristian gli opprimeva il cuore.
Infilò la chiave nella serratura della porta di casa.
Chissà se Alex era già rientrato
ultimamente, il
tempo che suo fratello trascorreva all'università era
aumentato. Da un certo periodo, infatti, era
completamente immerso nello studio, una cosa non certo da
lui, visto che negli anni del Liceo era sempre stato uno
studente più o meno discreto. Insomma, Kris ricordava
bene come Alex Grover non fosse certamente quello che
poteva esser definito un "secchione". E adesso,
improvvisamente, la cosa che faceva più spesso era
invece dare esami su esami.
"Dovrei prendere esempio da lui", mormorò,
pensando al proprio rendimento scolastico con un filo di
vergogna. Entrò nell'ingresso, e dopo aver richiuso
l'anta, si sfilò la giacca.
Il salotto era deserto. E perfettamente in ordine, anche.
Probabilmente suo fratello non era ancora ritornato,
allora
Diede un'occhiata in cucina, anch'essa lucida come uno
specchio. Addentando una mela, uscì, dirigendosi quindi
verso il piano superiore. Un'idea più che allettante era
quella di chiudersi in camera, per dormire almeno dodici
ore filate.
"Ecco, per l'appunto
dovrei studiare, ma non
credo proprio che avrei la forza di tenere gli occhi
aperti sulle equazioni goniometriche
", borbottò
Kris a se stessa, reggendosi al corrimano della scala con
gli occhi socchiusi per la stanchezza.
Arrivata circa alla metà dei gradini, però, si bloccò.
"Quindi
alle 20.45? Ok
allora
ti
raggiungeremo lì. Certo, appena Kris arriva glielo dico,
sarà qui a momenti. Senti
".
La voce di Alex, dopo un attimo di esitazione, si incrinò
improvvisamente. Suo fratello era al telefono con Nicole,
senza dubbio. E, senza dubbio, stavano parlando di una
certa persona
"*Keith
", sussurrò Kristine, portandosi
una mano alle labbra. "Arriva
arriva stasera?".
A quella notizia, d'impulso, fece per correre a chiedere
maggiori informazioni a suo fratello, ma dopo qualche
istante cambiò idea. Certo, lei era felicissima del
ritorno dell'amica, aveva aspettato quel momento da anni,
ma
Alex
lui
L' ho molto delusa. Per lei sarò rimasto il
quattordicenne egoista e viziato che ha conosciuto, e lo
sarò per sempre.
Adesso che sta per realizzare il suo più grande
desiderio, per me non c'è più posto
Kristine chiuse gli occhi, addolorata. Perché
perché
si era tenuto tutto dentro? Perché
non si era mai
confidato con lei? Se solo lo avesse saputo
forse
non
avrebbe sofferto per cinque anni, da solo
Potrebbe anche avermi dimenticato, contando, poi, che
in tutto questo tempo non ha mai chiesto una volta di me
Mi sembra una prova sufficiente per dimostrare che non ne
ha mai avuto bisogno.
Keith è forte, sa cosa vuole, l' ha sempre saputo
E io sono solo uno stupido bambino viziato che non ha mai
dovuto lottare per avere ciò che desiderava.
Suo fratello era una persona meravigliosa, la
migliore del mondo
e lei era assolutamente certa che
anche Keith lo sapesse. Se Alex aveva agito così, era
stato solo per paura di perderla
"Lui sa quanto sono importanti i tuoi sogni
lo
sa, Keith
", pensò tristemente, gli occhi
castani lucidi.
Alzò la testa. Poteva vedere il profilo di suo fratello,
chino sul telefono. La bocca serrata, lo sguardo
preoccupato, i folti capelli che gli ombreggiavano la
fronte
quel giorno, parevano incredibilmente chiari,
quasi dorati. Era così strano. L'immagine di Alex alcune
volte lasciava stupita Kris. Non sapeva spiegarne
esattamente il motivo, ma
spesso, in lui poteva
percepire un qualcosa di angelico, di trasparente, puro.
Sembrando fragile, così fragile da far quasi tenerezza.
Keith, invece, era talmente diversa da lui
combattiva,
determinata, sicura. Ombrosa, a volte, ma mai triste.
Kris non riusciva a ricordare una sola volta in cui
l'aveva vista piangere, non una. Era così buffo
entrambi,
sia Keith che Alex, potevano essere paragonati a creature
ultraterrene, anche se l'uno era l'opposto dell'altra. Ma
proprio per questo, si equilibravano.
Chissà
chissà se sarebbe stato possibile ritornare
come ad un tempo? Loro quattro
lei, Alex, Keith e
Nicole
insieme
le risate, quella serenità che
da tempo non aveva più provato, che nessuno di loro
aveva più provato. Serenità che lei non riusciva quasi
a ricordare.
Era durata così poco
pochissimo, in quella vita che
sembrava portare via tutto
e sempre troppo in fretta.
E quella sera
sarebbe tutto finito, o ricominciato?
Non poteva saperlo. Nessuno avrebbe potuto dirlo, prima
del ritorno di Keith.
"
io non so se riuscirò ad affrontarla
Sì,
sì
Nicole, hai perfettamente ragione. Sì
uff,
è che
è passato così tanto tempo
".
Il ragazzo sospirò ancora. Si passò una mano fra i
capelli, poi la abbassò, mettendola nella tasca del
cappotto nero che ancora indossava.
"Certo", continuò poi, con tono abbattuto,
rassegnato. "Ci vediamo a Narita per le 20.30,
all'ingresso. Va bene, a più tardi".
Riposizionò il cordless sul sostegno, senza dire più
nulla. Dopo alcuni secondi si appoggiò al muro con un
lento movimento, fissando l'apparecchio.
"Kei
".
Socchiuse gli occhi, senza accorgersi che qualcuno stava
salendo le scale. Solo quando Kris giunse all'ultimo
gradino, Alex si girò di scatto verso di lei.
"K
Kris
non
ti ho sentito rientrare",
esclamò preso alla sprovvista il ragazzo, guardando la
sorella con la paura che potesse avere ascoltato la
conversazione. Tentò di sciogliere il nodo che gli si
era formato in gola, poi sorrise.
Lei, vestita stranamente con dei jeans femminili,
aderenti, e un lupetto blu oltremare, avanzò verso di
lui con le mani dietro la schiena, allegra.
"Ehilà fratellino! Che succede? E' strano trovarti
a casa così presto
con chi stavi parlando?".
Alex, un po' sorpreso ma sollevato, tentò di sembrare di
buon umore. Riuscire ad essere spontaneo era, però, una
vera impresa
in particolar modo con sua sorella.
Erano un libro aperto, l'uno per l'altro.
"Beh
", iniziò, non sapendo esattamente
come comunicarle la notizia. "Mi ha
telefonato
Nicole. Sembra che la nostra Keith ritornerà stasera da
Londra, per fermarsi un mesetto circa in Giappone, e
".
"Ma è fantastico!", esclamò con un grido
Kris, senza lasciarlo finire. "Sul serio sarà qui
stasera? Quando?".
"Per le ventuno, circa, a Narita".
"Benissimo! Allora dobbiamo prepararci in fretta per
essere là in tempo!". Entusiasta, Kris sorrise ad
Alex, poi lo superò, per dirigersi verso la propria
camera. Ad un tratto, però, si fermò. Si girò di nuovo.
"Ehi! Che ne dici di passare a comprare degli *obanyaki,
prima di andare all'aereoporto? Sono sicura che Keith non
vede l'ora di mangiare qualche dolce giapponese, dopo
cinque anni di cucina inglese! Però questo significa che
dobbiamo uscire ancora prima
". Alex guardava
la sorella con un sorriso appena accennato, forse
contagiato dalla sua allegria. Invece, dopo aver chiuso
per un attimo gli occhi, il ragazzo si rivolse a Kris.
"Sai tutto, non è vero?".
Lei, che stava per aprire la porta della sua stanza, a
quella domanda si bloccò. Un po' era sorpresa
ma,
dall'altra parte, sapeva benissimo fin dall'inizio che
recitare la parte della Kris "ignara ed entusiasta"
non le sarebbe riuscito bene. E comunque, in ogni caso,
ci aveva provato.
"Sì, lo so. Da un po' di tempo".
Alex spostò ulteriormente lo sguardo. Ci fu silenzio per
qualche secondo.
"Kris
mi disprezzi per quello che ho fatto? Ho
ecco,
ho bisogno di saperlo", chiese con un mormorio.
Kristine si avvicinò a lui e, arrivatagli davanti, cercò
i suoi occhi. Era chiaro. Alex si sentiva meschino per
come si era comportato, per come aveva deluso Keith. E
ora, arrivato il momento in cui si sarebbe dovuto
confrontare nuovamente con quel passato che per anni
aveva tentato di dimenticare, aveva paura. Paura di
deludere ancora qualcuno, paura di non poter più
correggere gli errori che aveva commesso
e lei
poteva capirlo fin troppo bene. Il peso delle proprie
azioni, purtroppo, spesso diventa insostenibile. Spesso,
si è costretti a cedere
si è costretti a mostrarsi.
A mostrarsi
"Perché dovrei disprezzarti? Hai fatto ciò che ti
ha detto il cuore. Tu volevi molto bene a Kei
lo so.
E' naturale che non volessi lasciarla andare. Se fosse
capitato anche a me, con chi amavo
beh, mi sarei
comportata allo stesso modo", disse Kris dolcemente.
Ma Alex non sembrava volesse ascoltarla.
"E'
è tutto finito
", sussurrò.
"No!". Kris si aggrappò al bavero del cappotto
del fratello. Perché
aveva così poca fiducia?
Il ragazzo fece una breve, amara risata.
"Sono sicuro che si sarà felicemente fidanzata con
un londinese intellettuale e preciso
magari già
laureato in qualche incredibile facoltà
".
A quella frase, Kristine fissò Alex accigliata. Lasciò
violentemente la stoffa, poi, con freddezza, riprese a
parlare.
"E' questo che pensi di Keith? Credi veramente che
abbia potuto dimenticarti così per scegliersi un altro
senza pensarci due volte?".
Alex non parlò, ma lei attese la risposta senza
aggiungere nulla.
"Non uno qualunque", disse lui infine,
avvicinandosi alla ringhiera della scala.
"Cosa vuol dire?".
"Non
uno come me. Ma qualcuno alla sua altezza".
Kris guardò Alex senza capire, e solo dopo un po'
comprese cosa intendesse. Ma certo
era questo il
motivo dell'incredibile impegno che suo fratello stava
dimostrando nello studio
voleva essere all'altezza
di Kei? Essere
degno di lei? Alex
si era
sentito inferiore
ora
ora era tutto chiaro
La ragazza scosse il capo, poi alzò le braccia,
aprendole.
"Non dimostrerai mai il tuo amore con dei voti alti
a degli esami!", gridò, facendo alcuni passi avanti.
"Se vuoi davvero che Keith capisca che tu sei
l'unico ragazzo che potrà mai starle accanto, dovrai
fare ben altro! Il valore di una persona non dipende
certo da cose del genere, anzi
mi stupisco che tu
possa aver ragionato in un modo tanto stupido!".
Kris riprese fiato, poi continuò, cambiando però tono.
"Alex
", disse piano, giungendo di fronte
al fratello. Lo guardò. I suoi occhi verdi erano velati
di pianto, il bel viso contratto dalla tensione. La
ragazza allungò una mano, stringendo quella del giovane
fra le sue dita, che chinò il capo.
"Kris
mi dispiace. E' evidente che non sono per
niente un buon fratello. Dovrei
dovrei darti il buon
esempio in tutto, dovrei poterti consigliare e aiutare,
essere forte e starti vicino, ma
credo di non sapere
fare nessuna di queste cose
". Alex, dopo aver
tentato inutilmente di cacciare indietro le lacrime,
iniziò a piangere silenziosamente.
Senza dire una parola, Kris lo strinse. Non aveva mai
abbracciato Alex in quel modo. Anzi, di solito era sempre
stato lui a consolarla
ma vedere il fratello in
quello stato, così vulnerabile e sfiduciato, non poteva
lasciarla indifferente. Era talmente strano, talmente
triste
qualcosa che mai avrebbe pensato sarebbe
potuto succedere, ma che, invece, era successo. In fondo,
anche Alex era un essere umano, una persona che provava
dei sentimenti, e che poteva sbagliare, soffrire. Come
tutti. Già
proprio come era successo a lei,
moltissime volte. E adesso, forse, era venuto il momento
che fosse lei ad aiutare chi, nel corso della sua vita,
le era stato vicino come nessun altro. Si allontanò
dalla spalla del ragazzo.
"Non è assolutamente vero. Ascolta
per
diciassette anni tu mi sei stato accanto, e sei stato il
fratello migliore che avessi mai sperato di avere. Sei
una delle persone più importanti per me, sei un punto di
riferimento, e lo sarai sempre. Non ho potuto mai contare
né su mamma, né su papà
ma solo su di te".
Gli sorrise, guardandolo negli occhi.
"Non sarà certo quello che è successo tra te e Kei
a farmi cambiare idea
e poi, per una volta, i ruoli
cambieranno. Quella che non è mai stata forte sono io,
tu non mi hai mai chiesto nulla. Per tutto questo tempo,
mi hai nascosto molto bene quello che era successo, e
adesso voglio fare di tutto perché tu possa essere di
nuovo felice. Agli errori si può rimediare, e la
soluzione per il tuo è molto più semplice di quanto
sembri. E io so che la conosci anche tu, basta solo un
po' di coraggio
".
Stese l'indice della mano destra, appoggiandone la punta
sul petto del fratello.
"
e io so che ce l' hai, qui dentro".
Il ragazzo guardò la sorella, forse un po' sorpreso
dalle sue parole. Dopo qualche secondo alzò anche lui
una mano, posandola sulla testa di Kris.
"Grazie, piccola", mormorò affettuosamente.
Kristine ricambiò il suo sguardo, augurandogli, in quel
momento, che tutto si risolvesse nel miglior modo
possibile
se lo meritava. Senza dubbio, Alex si
meritava questo e altro.
"Prego. Ma devi promettermi che lotterai fino alla
fine per riconquistare Keith!", esclamò,
strizzandogli l'occhio. "D'accordo? Ti voglio vedere
combattivo, passionale e convincente!".
Alex Grover si lasciò scappare una piccola risata.
Quanto adorava sua sorella
Da quando erano arrivati a Fujisawa, sembrava essere
diventata un'altra. Più decisa, più bella. Forse anche
più silenziosa, e nell'ultimo periodo molto malinconica.
Ma certamente, in ogni caso, molto matura. Kristine, in
pochi mesi, aveva subito un radicale cambiamento
per
motivi che, forse, si sarebbe decisa a confessargli
presto. Ma fino a quando non fosse stata lei a parlare,
spontaneamente, lui non le avrebbe più chiesto nulla.
Ormai Alex aveva capito che quella in cui Kris si
trovava, qualunque fosse, era una situazione in cui
voleva andare avanti da sola, con le sue sole forze.
"Spero solo che anche tu non debba soffrire per
troppo tempo da sola come ho fatto io
", pensò,
guardandola. Poi, diede un'occhiata all'orologio al
polso, cercando di distogliere la mente dal passato.
Ogni cosa sarebbe finita bene. Sì, ogni cosa, per tutti
doveva
convincersene.
E, soprattutto, doveva guardare al futuro. Solo a quello.
"Direi che è davvero meglio darci una mossa, che ne
dici? Se no rischiamo di fare tardi!", esclamò con
un sorriso.
La ragazza annuì, sorridendogli a sua volta, felice di
vederlo, finalmente, più sereno. Kris, adesso, era
sicura che suo fratello avrebbe fatto di tutto per
riavere l'amore di Kei. Ne era assolutamente convinta.
E Alex, prima di andare a prepararsi, non poté fare a
meno di abbracciarla, un'altra volta.
Appoggiata ad un pilastro dell'ingresso dell'aeroporto di
Narita, Nicole guardava verso le porte a vetri
automatiche, a pochi metri da lei. Ormai sarebbero
arrivati a momenti.
"Ehi, eccola lì!", sentì infatti poco dopo,
alla sua destra.
Kris e Alex stavano camminando velocemente nella sua
direzione. La prima sembrava tranquilla e serena, mentre
il fratello era chiaramente teso. A quanto pare, non era
riuscito a tranquillizzarsi nemmeno un po'
"Oh, ciao ragazzi", disse Nicole, sorpresa .
"Ma
siete qui da molto? Magari ho sbagliato a
darvi l'orario
".
"Oh, no, no!", esclamò Kris, agitando una mano.
"Siamo noi che siamo arrivati in anticipo
così
ho chiesto ad Alex di accompagnarmi a fare un giro
nell'aeroporto, per passare il tempo. Ci sono un sacco di
negozi interessanti
non c'ero mai stata".
"Ah, capisco. Trovato qualcosa?".
"Mh, no, purtroppo. Però abbiamo comprato degli
obanyaki per Kei!".
"Oh, bene! Sono certa che se li divorerà
mi ha
detto che la cucina giapponese le è mancata".
A quel punto, nessuno disse più nulla. Anche se il
brusio continuo di sottofondo nell'ambiente, le chiamate
dei voli e i messaggi diffusi dagli altoparlanti
riempivano le teste dei ragazzi, sembrava che nell'aria
aleggiasse un silenzio opprimente. Alex fissava il
pavimento lucido senza alzare gli occhi, Nicole e Kris
invece si guardavano, tentando di trovare qualcos'altro
di cui parlare per rendere l'attesa meno snervante.
Ma proprio quando la ragazza dai lunghi capelli rossicci
stava per proporre ai due di andare a prendere qualcosa
al caffè dell'aeroporto, una voce femminile annunciò
l'arrivo del volo di Keith, proveniente da Londra. Alex
alzò di scatto la testa, girandosi verso la vetrata da
cui si potevano vedere le piste.
Kris lo guardò tristemente, poi si avvicinò a lui.
"Coraggio".
Il fratello rimase immobile, come se non avesse sentito
nulla. Scrutava l'esterno, l'asfalto grigio, il cielo
nuvoloso. Alcuni aerei, appartenenti a varie compagnie,
erano posteggiati in file ordinate a qualche decina di
metri dalle finestrature, altri stavano lentamente
percorrendo determinati percorsi, un altro, in
lontananza, rollava rumorosamente su una pista di
decollo, pronto ad alzarsi in volo. Alex restò così per
molto tempo, e sua sorella non osò dirgli altro. Solo
una decina di minuti più tardi il gruppo si spostò
davanti all'uscita del volo.
Passò parecchio tempo. "Ma quando arriva?",
mormorò Kris con uno sbadiglio. Continuava ad arrivare
un fiume interminabile di persone, ma, di Kei, nemmeno
l'ombra.
Nicole, appoggiata alla ringhiera di metallo, guardò la
ragazza.
"In effetti, è strano che non sia ancora qui
però,
magari le sue valigie sono in ritardo
chi lo sa".
"Aspetteremo". Kris alzò le spalle, rassegnata.
"Mi è
venuta una sete incredibile. Scusatemi,
vado al bar un attimo a prendere qualcosa", esclamò
ad un tratto Alex, dietro di loro, girandosi e
scomparendo in mezzo alla folla. La sorella fece per
raggiungerlo, ma Nicole la fermò, afferrandole un
braccio.
"Lascialo andare. Credo che non ce la faccia più a
reggere la tensione. E' meglio così".
Kristine sospirò. "Ok
".
Le due ritornarono a controllare l'uscita. La gente si
stava ormai diradando, e solo ogni tanto qualcuno
oltrepassava le porte.
Passarono un altro paio di minuti, e proprio quando Kris
aveva ormai perso ogni speranza, davanti a lei e Nicole
comparve una ragazza dal viso familiare, con al seguito
un carrello carico di bagagli di ogni tipo e dimensione.
Sembrava stanca, e si stava guardando intorno un po'
spaesata. Abbastanza minuta, magra, era alta forse poco
meno di Kris, il viso dalla pelle chiara era circondato
da lucidi capelli neri, e le ciocche scalate le
sfioravano le guance. Lo sguardo, dagli incredibili occhi
azzurri, era dolce ma allo stesso tempo penetrante,
sicuro, quasi fiero. Il naso piccolo finiva a punta, e le
labbra, sottili, erano coperte da un velo di rossetto
scuro. Nessuno avrebbe mai detto che aveva solo diciotto
anni, e il vestito blu che indossava sotto ad un'elegante
giacca beige mettendo in risalto le belle gambe dalle
caviglie sottili, non sembrava certo suggerirlo. Ai
piedi, aveva delle comode ma femminili scarpe scure, con
un tacco medio.
Appena la riconobbe, Nicole si portò le mani alla bocca,
soffocando un grido di gioia. Gli occhi le si riempirono
improvvisamente di lacrime. Erano cinque anni che non
vedeva Keith
cinque interminabili, lunghi anni.
Sembrava così diversa, così adulta, eppure
eppure
era sempre la stessa. Anche con una sola occhiata, anche
se era ancora distante, Nicole seppe che era rimasta come
l'aveva lasciata. Era sempre lei, sì, la sua sorellina.
La piccola, forte, coraggiosa Kei.
"Keiiith!" gridò Kris, alzando un braccio per
farsi vedere dalla ragazza, dopo aver capito che l'amica,
di fianco a lei, non sarebbe riuscita a parlare ancora
per un po'. "Kei, siamo qui!!".
Sentendo quella voce, la ragazza bruna si voltò nella
loro direzione, e dopo pochi secondi le vide tutte e due.
Agitò la mano, sorridendo.
Camminò il più velocemente possibile, spingendo il
carrello, e dopo aver girato intorno al corrimano in
metallo, abbandonò i bagagli per correre ad abbracciare
sua sorella e Kristine. Nicole si gettò su di lei,
piangendo ormai apertamente.
"Kei
", mormorò, stringendola. Non
avrebbe mai creduto di poter commuoversi. Forse, però
forse
non si era mai resa conto di quanto sua sorella le fosse
mancata
e solo adesso, rivendendola, aveva potuto
capirlo davvero
"Su, Nicky, non fare così", disse invece
l'altra dolcemente, affondando il viso nei profumati e
folti capelli della ragazza. Le accarezzò il capo.
"Sono tornata, sorellina".
Glielo disse piano. Aveva una voce molto particolare, dal
timbro un po' basso. Carezzevole ma profonda come quelle
appartenente alle cantanti dei piano bar, che raccontano
quei blues tremendamente belli e struggenti. Sì, la voce
di Keith Henger era così. Soft, rassicurante, e calda
come una coperta.
Kris, un po' in disparte, rimase ad osservare in silenzio
le due amiche. Era veramente, sinceramente felice per
loro. Dopo tutto
tutto quello che avevano passato
dopo
la loro difficile vita
l'una era per l'altra la sola
cosa rimasta. Ed era evidente quanto si volessero bene.
La cosa strana era che sembrava fosse Keith a fare da
madre alla sorella, nonostante fosse più piccola di lei
di dieci anni. Ma forse, dopo quello che aveva saputo da
Nicole, non avrebbe dovuto stupirsi più di tanto
dell'incredibile forza della piccola Kei. Una forza
immensa, che sapeva trasmettere. Ed era questa la cosa più
importante.
"Su, adesso smettila, o allagherai Narita!",
esclamò in tono scherzoso la ragazza, allentando
l'abbraccio e guardando negli occhi Nicole, che intanto
stava cercando di asciugarsi le guance.
"Ok, ok
mi sono ripresa, non preoccupatevi",
disse poi lei, alzando finalmente la testa e mostrando un
bel sorriso alla sorella. Keith, mettendo le mani nelle
tasche della giacca, rise.
"Ah ah, non credevo fossi di lacrima facile, Nicky.
Non ti riconosco più, e sono passati solo cinque anni!".
"Mh, in effetti, credo di essere peggiorata
".
"Sì, di sicuro!".
"E tu? Sembri un'altra!".
"Ma dai
forse sarà l'aria londinese
ho
sentito che fa sempre questo effetto!".
"No, sul serio! Sei cresciuta tantissimo
siamo
sicuri che non ci sia stato nessun errore? Guarda che ti
rispedisco indietro!".
Le due scoppiarono nuovamente a ridere. Poi, ricordandosi
che non aveva ancora salutato Kris, Keith si girò verso
di lei. Lontana dalle altre, la ragazza non aveva avuto
il coraggio di interrompere le sorelle. Beh, doveva
ammetterlo
un po' si era commossa anche lei.
"Kristine
", disse Keith, avvicinandosi.
"Sei proprio tu? Dio mio
". Allargò le
braccia, e Kris fece altrettanto.
Rimasero abbracciate per un po'. Una volta sciolta la
stretta, Kei prese le mani dell'amica fra le sue.
"Tu sì che non ti riconosco
ma
cosa hai
fatto hai capelli?".
A quella domanda, Kris si strinse nelle spalle, un
po'imbarazzata.
"Si nota subito, eh?".
L'altra sorrise. "Ecco
hai sempre tenuto
moltissimo alla tua folta chioma
eh eh. Ero convinta
che non te li saresti mai tagliati. Però stai veramente
bene, devo ammetterlo. Sembri più grande".
"Ahh, io sembro più grande, eh? Tu assomigli a una
perfetta lady inglese!".
"Ah ah! Non cominciare anche tu!".
Mentre Kris e Keith chiacchieravano, Nicole andò a
recuperare il carrello dei bagagli.
"Sbaglio o queste valigie sono il doppio rispetto a
quando sei partita? Che hai fatto, hai svaligiato mezza
City?".
Kei ridacchiò. "Ma no! Semplicemente un sacco di
cose non mi servono più, e in altre non ci entro da
tempo ormai
eh eh. Così ho pensato di riportarle a
casa. E poi sai che sono una frana a fare le valigie,
credo di avere occupato il doppio dello spazio necessario!
Beh, sì, comunque ho fatto parecchio shopping, se volete
saperlo!".
"Davvero?? Spero che tu ti sia ricordata di noi,
allora!", esclamò Kris allegra, attaccandosi ad un
braccio della ragazza.
"Ma certo! Ho mille souvenir da distribuire a tutti!".
"Che bellezza!".
"Eh eh, come potevo scordarmi di voi?".
Continuarono a parlare. Nessuna delle tre si era però
accorta di chi, già da parecchio tempo, le stava
osservando senza dire nulla, distante qualche metro. In
piedi, due bibite in lattina nelle mani, Alex Grover
guardava in particolar modo una di loro.
Kris si girò prima delle altre, avvertendo qualcosa.
Anche se Alex era lontano, la ragazza vide brillare i
suoi occhi di lacrime.
"Ke
Keith". Solo un sussurro. Ma che lei
udì lo stesso.
Anche le due sorelle si voltarono. Nicole trattenne il
fiato, scambiando un'occhiata con Kristine. Lei fece un
breve cenno con la testa. Il momento era arrivato
Gli occhi color cielo di Kei si mossero lentamente. Poi,
arrivati a incrociare quelli di Alex, si fecero più
tristi.
"Sei tu".
La luce delle candele illuminava fiocamente il viso di
Oliver Hutton, che, appoggiato con i gomiti sul tavolo,
fissava perso in chissà quali pensieri le fiamme dorate
che si agitavano piano davanti ai suoi occhi. Intorno a
lui, un parlottare sommesso, tintinnii di posate,
bicchieri e una discreta musica da camera riempivano
l'aria.
"Scusami", disse ad un tratto una voce. Holly
alzò lo sguardo, sorridendo alla ragazza dai corti
capelli scuri che, fasciata da un corto abito rosso dallo
scollo a v, si stava sedendo di fronte a lui, dopo aver
avvicinato la sedia al tavolo.
"Certo che voi donne ci mettete sempre un secolo in
bagno", la prese in giro il ragazzo.
Patty rise. "Ma pensa, e da quando ti lamenti per
queste cose? E poi
'voi donne'
come se avessi
avuto a che fare con l'intero genere femminile!".
"Oh, beh
".
"Dai, lascia perdere
mmh, piuttosto, da quando
sei così romantico?".
"Uh?". Hutton arrossì di colpo. "Hem
per
perché?".
La ragazza si guardò intorno. "Perché? Mi hai
invitata fuori a cena in questo ristorante stralusso
a
lume di candela
e la cosa è davvero molto strana
non
è che mi stai nascondendo qualcosa?".
Il capitano della New Team, per l'occasione vestito in
giacca e cravatta, girò la testa, fingendosi offeso.
"Uff
non ti nascondo nulla. Per una volta mi
comporto come dovrebbe fare un vero fidanzato
e per
te ci deve essere per forza qualcosa sotto
".
"Ahhh, vedi che ammetti che non sei romantico? 'Per
una volta'
".
"Patty, ma possibile che stasera devi ripetere tutto
quello che dico? Non
".
"Però sono tanto felice". Glielo disse
sporgendosi in avanti di una decina di centimetri,
sfiorando una delle candele accese.
Holly la guardò, rendendosi conto di stare notevolmente
sudando. Da
da quando Patty sorrideva in un modo così
dolce?
"Accidenti
". Deglutì.
Resi luminosi dalla luce delle candele, guardò i suoi
occhi scuri, grandi quel tanto che bastava per perdercisi.
Guardò il suo lungo collo bianco, circondato da una
sottile catenina dorata
le spalline sottili
dell'abito, e
e anche quella scollatura vertiginosa
beh,
ecco
forse non lo era affatto, o forse
solo un
pochino, ma
ma
la verità era che Holly non si
era mai davvero reso conto di quanto Patty potesse essere
femminile.
Incredibilmente femminile. E sensuale
Ogni suo gesto, quella sera
Ogni suo gesto
era così
così
Così
Fortunatamente per Holly, in quel momento, il cameriere
arrivò di fianco a loro. Con grande cura, appoggiò
davanti ad ognuno un piatto colmo di ogni tipo di
antipasto.
Il ragazzo abbassò di colpo lo sguardo, rimanendo in
silenzio, sempre più in imbarazzo. Per quanto si
sforzasse, si sentiva sempre un perfetto imbecille in
certe situazioni
lo doveva ammettere. Molte volte
avrebbe voluto poter chiedere consiglio a Julian, che di
sicuro ne sapeva molto più di lui su questo genere di
cose, le ragazze e tutto il resto
"Possibile che tutto mi vada meravigliosamente bene
solo sui campi da calcio?", pensò.
Patty, intanto, accortasi dello stato d'animo di Holly,
rideva fra sé e sé. Tornò ad appoggiarsi allo
schienale della propria sedia. Sapeva bene quanto il suo
ragazzo fosse impacciato nelle questioni di cuore
non
per niente aveva dovuto aspettare parecchi anni prima che
si svegliasse, e si rendesse conto che oltre al pallone
esisteva anche lei. Poteva considerarsi senza dubbio una
santa
però, dopotutto doveva ammettere che adesso
le cose stavano decisamente migliorando.
Diede un'occhiata all'ambiente intorno a loro, poi al
candeliere posto in mezzo alla tavola
infine, al suo
calciatore prediletto, davanti a lei. Il grande Oliver
Hutton, la rivelazione del calcio giovanile, un
fuoriclasse a livello mondiale
in giacca e cravatta.
Certo che, nonostante tutto, faceva la sua figura.
Ridacchiò. Mh, sì, forse ne era valsa la pena aspettare
tanto. Decisamente.
Sorrise ancora, compiaciuta, decidendo di evitare, per
ora, discussioni che avrebbero potuto mettere il povero
Holly troppo in crisi. Ci sarebbe stato tempo per
migliorare quel piccolo aspetto della loro relazione
e
molti, molti altri aspetti
"Mh, sembra buono", disse quindi, cambiando
volontariamente discorso. Hutton rialzò lo sguardo su di
lei, sorpreso.
"Eh?".
"Quello
quello che hai nel piatto, Holly".
"Ah
già
".
I due iniziarono a mangiare. Patty cercò di trattenersi
per non scoppiare a ridere un'altra volta, riuscendoci
anche se con molta difficoltà. Beh
insomma, meglio
ridere che piangere, alla fin fine. E poi, quando Oliver
si imbarazzava diventava distratto e imbranato. Era un
vero e proprio spettacolo stare a guardarlo
Nel prendere il sale, infatti, rovesciò la bottiglia
dell'acqua. La ragazza si coprì la bocca con una mano.
"Scusa
". Holly tentò di rimediare al
danno, ma senza grandi risultati.
"Ehm
no, nulla
".
Dopo un attimo di smarrimento, il capitano della New Team
riprese in mano la forchetta. Calò il silenzio per
alcuni minuti.
"Senti
come vanno le cose in squadra?".
Una domanda qualunque perché ci fosse un qualunque
dialogo
tutto ciò che riguardava il calcio o la New
Team produceva un sicuro effetto su Hutton. Questa era
una delle poche cose di cui era sicura
A quella domanda, però, il ragazzo si incupì
inaspettatamente.
"Beh
".
Patty addentò una tartina. Strana reazione, pensò.
"E' successo qualcosa che non so?", chiese.
"No
non proprio, però
".
"Però?".
"Ecco, sono preoccupato per alcuni dei ragazzi".
"Ah
". Patty lo guardò, sinceramente
sorpresa. Sembrava proprio preoccupato.
Lui sospirò, poi bevve un sorso d'acqua.
"Non capisco cosa stia succedendo. Ecco
Benji
è diventato scostante, freddo, silenzioso. Tom, invece
beh,
lui è sempre giù di morale, e distratto. Infine,
Kristian, dalla partita con la Artic, è diventato
insicuro, lento nei movimenti, pensieroso. E lui e Benji
non si parlano praticamente più, mentre prima erano così
amici
è chiaro, fra quei tre c'è qualcosa non va".
"Mhh
". La ragazza appoggiò una mano al
viso, giocherellando con un lembo della tovaglia con
l'altra.
Era la prima volta che gli capitava di vedere Holly in
pensiero per qualcuno della squadra. Oh, beh, alcune
volte i ragazzi potevano essere sfiduciati e abbattuti
per una partita andata male, e lui puntualmente riusciva
a risollevarli con solo poche parole d'incitamento, ma
in
questo caso la questione era molto differente. Per
problemi di tipo personale, Holly, il grande capitano,
non poteva fare molto.
"Un po' di tempo fa mi avevi detto che Tom non stava
troppo bene, in effetti", proseguì quindi. "Anche
a me non sembrava il solito".
"Già. Ma non poteva dirmi niente, quella volta
uff,
non mi piace vederlo così".
Patty allungò un braccio, stringendo le dita del ragazzo
fra le sue.
"Senti
penso che abbia delle buone ragioni per
non dirti nulla".
"Sì, lo so
".
Rimasero per un po' in silenzio. Oliver guardava la mano
di Patty sulla sua, che, senza quasi accorgersene, si
ritrovò a tenere stretta più saldamente. La manager
della New Team ebbe un sussulto. Forse Holly si sentiva
impotente, incapace di fare qualcosa per aiutare i suoi
amici
e questa era una situazione completamente
nuova per lui. Una situazione che non riusciva a reggere,
perché non poteva capire.
"Non puoi pretendere di poter risolvere sempre tutto",
mormorò così, cercando di guardarlo negli occhi. "Ci
sono cose che Tom, Benji, Kris devono sistemare da soli
tutti
abbiamo dei problemi personali, che non possiamo o non
vogliamo condividere con gli amici. Spesso lo si fa anche
per non farli preoccupare, o perché non potrebbero
comunque fare nulla".
Hutton sospirò nuovamente, poi fece un lieve sorriso.
"Forse
hai ragione".
Anche Patty sorrise, soddisfatta. Beh, almeno a qualcosa
la sua presenza serviva, pensò. Tirare su di morale
Holly, una cosa piuttosto rara, ma che a quanto pare
poteva anche succedere.
"Mhh, che ne dici di ordinare il primo?",
esclamò con voce allegra, aprendo il menù che il
cameriere aveva prima appoggiato di fianco a loro. Sì,
sembrava che Holly stesse meglio, adesso. E anche lei era
decisamente risollevata. Un Holly malinconico e
preoccupato non era il vero Holly
e per un attimo
doveva ammettere di essere stata presa dal panico.
"Vediamo
".
Ma il ragazzo non si era mosso. Presumibilmente, stava
continuando a fissarla.
Patty alzò gli occhi dai fogli plastificati. Che cosa
gli era preso adesso?
"
Holly?".
Senza dire una parola, il capitano della New Team si
sporse lentamente verso di lei e, dopo aver spostato il
candeliere alla sinistra del tavolo, la baciò. La baciò
a lungo.
"Grazie
", le mormorò poi, staccandosi di
pochi centimetri e non smettendo di guardarla.
L'altra, non sapendo bene se essere profondamente
shockata o felice come una pasqua, si limitò a
balbettare una breve risposta.
"P
prego".
Sì, Oliver Hutton stava proprio migliorando. E sapeva
anche stupirla, qualche volta. Piacevolmente stupirla.
*NOTE
obanyaki: focacce
dolci farcite di marmellata di fagioli azuki, prima cotte
al vapore e quindi arrostite su una piastra.
Il nome di Keith Henger:
non l'ho detto nei capitoli precedenti, e in realtà non
so nemmeno se lo dirò in modo chiaro nei prossimi. In
molti credo che si saranno chiesti come mai la sorella di
Nicole ha un nome maschile, perché in effetti 'Keith' lo
è. Il fatto è che il suo personaggio è nato dal
nickname di una mia cara amica, che lo usava perché così
si chiamava la sua rockstar preferita (credo che in molti
indovineranno chi è
^^;). Quindi l'ho lasciato così
perciò
potete pensare che Keith, sorella di Nicole, abbia in
realtà un altro nome, come Katherine, che poi ha deciso
di abbreviare facendosi chiamare Keith (Kate non le
piaceva! ;P).
FINE 15° CAPITOLO
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