K&K
CAPITOLO 10
IL GIUSTO EQUILIBRIO
Nicole si avvicinò all'amica, e, con un sorriso tirato,
mise una mano sul fianco.
"Scommetto che hai ascoltato tutto".
Kris non si spostò di un passo, rimanendo inchiodata
nello stesso punto.
"Già, ogni singola parola".
La ragazza dai capelli rossi scosse il capo. "Mi
dispiace".
"Voglio sapere la verità", esclamò decisa
Kristine. "Cosa c'è
o cosa c'è stato tra mio
fratello e Keith? Perché ora lei dovrebbe odiarlo? E poi
".
Kristine si fermò un attimo, per cercare gli occhi
preoccupati di Nicole, che stava tentando di guardare da
un'altra parte.
"
è vero che Keith sta per ritornare?".
L'amica assentì col capo. "Sì
sì, fra pochi
giorni tornerà
". Sospirò, e voltando le
spalle a Kris, si affacciò da una delle vetrate,
aprendola leggermente. L'altra ragazza, invece, rimase in
piedi in mezzo all'ufficio.
"Mia sorella
ha studiato impegnandosi con tutta
se stessa, laggiù, a Londra
ha sfruttato quella
borsa di studio, costatale tanta fatica
e ora,
finalmente
". Nicole respirò l'aria salata che
il vento portava in alto, dalla costa.
"
Finalmente può realizzare il suo sogno".
Kristine si accostò alla scrivania di legno lucido.
"Vuoi dire
diventare medico?".
"Sì. E' uscita dal college con il massimo dei voti.
E questo gli permetterà di frequentare una delle più
prestigiose università londinesi
". L'amica si
girò improvvisamente verso Kris, guardandola entusiasta
con i suoi luminosi occhi castani, dalle striature verdi.
"Ci pensi?".
L'altra sorrise, ripensando con affetto alla sorellina
dell'amica. "Certo. E sono davvero felice. Ma
".
La sua espressione tornò seria. "
cosa ha
fatto a mio fratello? O cosa ha fatto lui a Keith?".
Ci fu un attimo di silenzio. La segretaria guardò la
moquette azzurra sotto i suoi piedi, indecisa su cosa
iniziare a dire. Poi, sospirando, si sedette sulla
scrivania, appoggiando le mani sul bordo.
"Tu
non ne hai mai saputo niente, ma dopo pochi
mesi dalla mia assunzione alle direttive dei tuoi, mia
sorella e Alex si misero insieme", cominciò.
Kris si sedette di fianco a lei. "Già, non ne ho
mai saputo nulla
".
Nicole però continuò a parlare. "Dopo che ci
conoscemmo, fra noi quattro si instaurò una bella
amicizia
ricordi? Per un po' di tempo iniziammo a
uscire tutti insieme
fu un bel periodo
".
La ragazza chiuse gli occhi.
"Poi, sia a causa del mio lavoro che dei vostri
studi, quelle serate diminuirono
Alex e Keith, però,
continuarono a vedersi. Me lo disse mia sorella. Si era
innamorata di Alex
e anche ciò che lui provava per
lei era sincero. Anzi
entrambi sapevano che,
nonostante la loro età, il loro rapporto era serio, e
sarebbe durato. Keith non aveva dubbi sui propri
sentimenti, ma
".
"
ma?".
"
ma non aveva dubbi nemmeno su quello che
voleva diventare. Su quello che si stava costruendo con
le proprie mani. Un futuro
un futuro brillante, a
cui non avrebbe rinunciato per nulla al mondo. Aveva
conquistato quella borsa di studio, dopo averla
desiderata per anni, e ora che finalmente aveva la
possibilità di partire, di raggiungere Londra, beh
l'avrebbe
fatto".
Kristine cambiò espressione. "Anche
anche a
costo di lasciare Alex?".
Nicole la guardò grave. "Sì, anche a costo di
lasciarlo. Vedi, il problema era che
ecco, Keith non
aveva mai parlato a tuo fratello della borsa di studio.
Lei sapeva da moltissimo tempo la data della partenza,
avrebbe potuto dirgliela in qualsiasi momento
ma non
l' aveva mai fatto. Non aveva abbastanza coraggio. Alex
avrebbe potuto pensare che l'aveva preso in giro
che
era stato con lui per quei pochi mesi solo per puro
divertimento
per non sentirsi sola. Ma non era così
mia
sorella lo amava molto, moltissimo. Sai
una sera
Keith
ritornò a casa per l'ennesima volta in lacrime. Aveva
ancora tentato di parlare ad Alex, senza riuscirci
ricordo
che si mise a gridare, dicendo che non sapeva che cosa
fare
era disperata. Lei lo avrebbe aspettato per
cinque anni
anche se fossero stati venti, cinquanta
o mille, ce l'avrebbe fatta. Ma Alex
era certa che
lui non avrebbe mai sopportato tanti anni di lontananza
erano
troppi. Lui, così
così possessivo, da avere il
bisogno di vederla sempre, concreta, sorridente, accanto
a lui
di poterla abbracciare, e sentire la sua
presenza fisica, senza illusioni. Essere sicuro che lei
c'era, che nessuno glie l'aveva portata via
capisci?
Keith non poteva dirglielo
anche se sapeva bene che
prima o poi avrebbe dovuto farlo".
Kristine aveva ascoltato l'amica in silenzio, gli occhi
bassi.
"E
mio fratello
quando lo seppe
si
arrabbiò, non è vero?", chiese, girando la testa
verso la ragazza.
Nicole annuì. "Molto di più che arrabbiarsi
per
alcuni giorni, addirittura, non volle nemmeno più
vederla. Mia sorella aveva cercato di spiegargli le sue
ragioni, aveva pregato Alex di capirla, ma
non ci fu
nulla da fare. Lui si sentì tradito, respinto, non amato
proprio
come Keith aveva previsto. E lei
diventò sempre più
triste
mentre la data della partenza si avvicinava.
Nessuno dei due cercava di riappacificarsi con l'altro.
Si era come alzato un muro, e io
non sapevo come
aiutarli
".
La
ragazza, dopo qualche secondo, si girò improvvisamente
per fissare Kris.
"Ad un certo punto, però, Keith seppe come
comportarsi. Non mi disse niente
semplicemente, una
mattina la vidi con un nuovo sguardo. Uno sguardo forte,
deciso, determinato. Anche se
sapevo che quegli
occhi avrebbero portato a un'unica conclusione. Una
conclusione per niente felice. Conoscevo mia sorella, e
conoscevo le vere ragioni per quel suo incredibile
impegno nel cercare di realizzare i suoi sogni
".
Kristine inclinò la testa. "Le vere ragioni?".
"Proprio così
". La segretaria si passò
la fronte con il palmo di una mano, e abbassando il capo,
appoggiò il gomito su una delle gambe accavallate, per
sorreggere il viso. Illuminati dai tiepidi raggi del sole
pomeridiano che entravano dalle alte finestre dietro la
scrivania, i lunghi capelli rosso scuro di Nicole
assunsero del caldi riflessi color rame. Le ciocche
ondulate le scendevano sulla schiena e sulle spalle,
incorniciandole il bellissimo viso dalla pelle
chiarissima.
Dopo aver sospirato un'altra volta, si voltò ancora a
guardare Kris, che stava aspettando spiegazioni.
"Kristine, tu sai che io e Keith non abbiamo origini
unicamente giapponesi, vero?".
"Certo
vostro padre era olandese, no?".
"Esatto. Però
non conosci
la nostra
storia. E credo tu non sappia neanche perché siamo
venute qui in Giappone
".
Sorpresa dalle ultime parole dell'amica, Kris osservò
Nicole, scotendo la testa. "No
".
Nicole sorrise forzatamente, cercando di allontanare le
immagini dei dolorosi ricordi che stavano riaffiorando
nella sua mente. "Kris
ora
penso sia
giunto il momento di raccontarti alcune cose
".
La ragazza scese lentamente dalla scrivania. Iniziò a
camminare per l'ufficio, le braccia conserte, stette al
petto contro l'elegante tailleur bordeaux. Il viso, teso,
era immerso nel passato.
Kris, ancora seduta, guardava l'amica, preoccupata dalla
sua espressione grave.
"Devi sapere", iniziò la segretaria, "che
nostra madre, mia e di Keith, morì quando noi eravamo
ancora piccole. Mia sorella era nata da poco più di un
paio d'anni, io, invece, ne avevo appena compiuti tredici.
Dopo la morte della mamma, nostro padre si ritrovò da
solo a gestire l'impresa siderurgica a cui era a capo da
vari anni, a Rotterdam
disgraziatamente, fu proprio
in quel periodo che tutto iniziò ad andare a rotoli. In
realtà, già da parecchi mesi le cose non stavano
andando molto bene. La ditta stava fallendo e i soldi
erano sempre di meno
papà fu, oltretutto, ingannato
da alcuni soci disonesti, che fecero in modo di
scomparire all'inizio della crisi economica, senza
lasciare alcuna traccia. Mio padre si sobbarcò così
ogni spesa, tentò fino all'ultimo di salvare l'impresa,
ma
ad un certo punto non riuscì più a sostenere i
mille problemi che continuavano, ogni minuto, a
presentarsi davanti a lui
riuscì per miracolo a
pagare la liquidazione a tutti gli operai, prima di
licenziarli. Era evidente che l'unica cosa possibile da
fare era chiudere, chiudere per sempre".
Nicole si fermò un attimo, alzando gli occhi.
"Non sapevo come saremmo andati avanti. Non c'erano
più soldi, e mio padre non riusciva a trovare un altro
lavoro
Keith era così piccola, e nostra madre le
mancava
anzi, la mamma mancava a tutti, ma io
cercavo di essere forte. Sai, mia madre
era una
donna dolcissima
dolce e molto buona. Grazie a lei
mio padre aveva sempre superato ogni difficoltà
sì,
proprio grazie alla sua rassicurante presenza
e
quando morì, lui perse la voglia di lottare. Si lasciò
andare, giorno dopo giorno. Vedevo
vedevo che
invecchiava
così in fretta
e io non sapevo,
non sapevo assolutamente cosa fare. L'unica cosa fu di
stare vicino a mia sorella
la crebbi con le mie
forze
cercai di non farle pesare la tremenda
situazione che stavamo vivendo
pensavo al suo
futuro, a cosa ne sarebbe stato di lei
povera Keith.
Di certo non se lo meritava. Mio padre si dimenticò
perfino di noi
per la disperazione e la depressione,
iniziò a bere, restando intere notti fuori casa. Alcune
volte ritornava, altre no. Una volta, non si fece vedere
persino per tre giorni. Io ero disperata
avevo poco
più di 15 anni, e fui costretta a trovarmi un lavoro.
Mi presero come fotomodella, e anche se questo si rivelò
un lavoro che detestavo, dovetti farlo, pur di guadagnare
quei pochi soldi che ci permettessero di vivere, o
almeno, di dare da mangiare a mia sorella. In realtà,
contrariamente a quanto puoi pensare, non fui pagata
molto bene
".
La ragazza socchiuse tristemente gli occhi, immersa nei
ricordi di quel difficile periodo. Poi guardò Kris che,
muta, continuava ad ascoltarla.
"Tutto questo", riprese Nicole avvicinandosi,
"andò avanti per un po', fino a che, una sera, mio
padre ritornò a casa con una montagna di denaro, felice
come non mai. Gli chiesi da dove provenisse, ma lui mi
rispose di non preoccuparmi, dicendo che i nostri guai
sarebbero finiti. A dire la verità, quei soldi ci
permisero di vivere senza problemi per un po', è vero,
ma
naturalmente, finirono. Dopo qualche tempo, però,
si ripeté la stessa scena: mio padre ritornò nuovamente
a casa con quel misterioso denaro. La cosa continuò per
svariati mesi, fino a che, una notte, un paio di uomini
suonarono alla porta, chiedendo di vedere nostro padre.
Io e Keith rimanemmo nell'altra stanza, ma io capii
chiaramente che qualcosa non andava. Papà aveva mille
debiti con quella gente, ed era stato coinvolto in uno
strano giro
ancora adesso non ho idea di cosa si
trattasse
".
Nicole appoggiò le mani sulla scrivania, fissando la sua
sagoma riflessa sulla superficie lucida. La sua voce si
fece più bassa e flebile
"Papà
", mormorò. "
papà fu
ferito gravemente da un colpo di arma da fuoco qualche
settimana dopo
la polizia disse che si era trattato
di una banda terroristica ma
ma io sapevo che non
era la verità
quello era stato un piano
premeditato, e attuato da persone che conoscevano molto
bene mio padre, coinvolte in quel giro
". Si
fermò, la voce rotta.
Portandosi una mano al viso, cercò di nascondere le
lacrime che avevano iniziato a riempirle gli occhi,
scivolando poi sulle guance pallide.
"
e infatti
lui
morì durante il
trasporto in ospedale
per una emorragia interna
impossibile
da fermare", riuscì a concludere, prima di
scoppiare in un pianto disperato. "Per qualche
motivo
papà era diventato un personaggio scomodo, e
così
decisero di eliminarlo
"
Kristine, di fianco a lei, sollevò lentamente una mano
per appoggiarla sulla sua schiena.
Aveva fissato Nicole per tutto il tempo, sconvolta. Né
Keith, né Alex
nessuno le aveva mai raccontato il
passato delle due sorelle Henger. Un passato
così
così
terribile.
Perché doveva essere accaduto proprio a loro?
Perché
perché lei invece era stata così
fortunata?
Ti capisco, sai? So cosa è significato per te stare da
sola, e crescere senza dei punti di riferimento
Si sentiva
un verme. Sì, un verme.
Un verme cresciuto nella bambagia
Non sai cos'è la vera sofferenza, Kris.
E osi anche sentirti una vittima?
Saresti cresciuta da sola, senza affetto?
Ma non farmi ridere.
Non sai nemmeno cosa vuol dire, realmente, essere sola
Alcune volte pensa a chi non è fortunato come te.
Pensa a chi non ha nulla, oppure a chi non ha neanche una
famiglia. Sono queste le persone che soffrono veramente
Quella sera Nicole si era tenuta tutto dentro
E si era invece sorbita quel suo stupido sfogo
Kris, non sai nulla della vita.
Non sei certo tu ad avere dei problemi!
Sei solo un'idiota
una bambina viziata
"Nicole
io
mi dispiace
non sapevo
".
La ragazza dai capelli rossi alzò il capo, e
asciugandosi il viso con il dorso della mano si girò
verso l'amica, cercando di sorridere.
"No, non
non devi scusarti. Non avrei dovuto
raccontarti tutto questo
mi sono
lasciata
andare. Comunque, ormai
è passato tanto di quel
tempo
". Si tirò i capelli indietro.
"Dopo la morte di nostro padre, io e Keith siamo
vissute per un paio d'anni con un assistente sociale, e
precisamente fino al compimento dei miei 18 anni. Infatti
quell'anno ci è stato riferito che una nostra lontana e
anziana zia, in Giappone, parente di nostra madre, era
morta sola lasciando in eredità la sua villa di Kyoto
quella
casa andò a me e a Keith, in quanto uniche nipoti
rimaste.
Fu un colpo di fortuna, un miracolo
sì, un vero e
proprio miracolo. Finalmente potevamo andarcene da
Rotterdam, una città in cui eravamo cresciute, sì, ma
alla quale erano legati anche ricordi che preferivamo
entrambe cancellare dalla memoria per sempre
soprattutto,
io non volevo che mia sorella vivesse in quel paese.
Volevo ricominciare tutto da capo
da un'altra parte,
lontano
".
"E così
vi siete trasferite qui?".
"Sì. Sai, il giapponese era la nostra seconda
lingua, visto che nostra madre aveva origini orientali,
quindi non avemmo molti problemi, e ci ambientammo subito.
La casa lasciataci da nostra zia era davvero enorme, e
per iniziare a guadagnare qualcosa decisi di affittare
delle stanze
".
Il viso della segretaria iniziò finalmente a distendersi.
"Direi che da quel momento tutto cominciò ad andare
per il meglio. Io ripresi a studiare, scegliendo la
facoltà di economia
mia sorella, invece, continuò
il normale ciclo di studi, fino a che
".
"Cosa?".
Nicole sospirò. "Beh
gli insegnanti e io
stessa
ci accorgemmo tutti che Keith possedeva
un'intelligenza fuori dal comune. Era
un piccolo
genio
portato allo studio in modo stupefacente.
Amava imparare, più di ogni altra cosa". Guardò
Kristine.
"Già allora aveva il sogno di diventare un bravo
medico
una persona che aiutasse la gente, che
alleviasse le loro sofferenze. Mia sorella
è sempre
stata così sensibile
però, vedi
lei preferiva
rimboccarsi le maniche e fare concretamente qualcosa per
gli altri, piuttosto che piangere per loro. Diceva sempre
che le lacrime non avrebbero mai cambiato nulla, e che
quindi era inutile disperarsi".
Sorrise.
"Penso
che Keith sia stata molto temprata da ciò che abbiamo
dovuto passare durante la nostra infanzia
ecco da
dove proviene la sua forza d'animo. Io l' ho sempre
ammirata per questo suo incredibile coraggio. E anche
Alex
".
Entrambe non dissero nulla per qualche secondo, poi
Kristine alzò lo sguardo verso l'amica.
"Dimmi, Nicole
", mormorò Kris. "Perché
alla
fine Keith ha litigato con mio fratello?".
L'amica contrasse le labbra chiuse, sapendo di dover
spiegare la parte peggiore
Girò intorno al tavolo di legno, tornando a sedersi
sulla poltrona di pelle nera dietro alle vetrate. Incrociò
le dita delle mani appoggiate in grembo, e accavallò le
gambe con un sospiro.
"Mia sorella sapeva bene cosa voleva. Lo sapeva
molto bene
dopo tanta sofferenza, finalmente aveva
la possibilità di realizzare i suoi sogni. Per questo
motivo litigò amaramente con tuo fratello
".
"In che senso?".
"Nel senso che
le parole che Keith gli rivolse
furono davvero molto, molto dure. Quella mattina famosa
gli
chiese di incontrarlo. Mancavano davvero pochissimi
giorni alla partenza per Londra, e lei era decisa a dire
ad Alex cosa aveva scelto di fare, in modo definitivo.
Naturalmente, Keith voleva raggiungere l'Inghilterra, ma
quando lo disse ad Alex, lui si rifiutò di lasciarla
andare. Iniziarono a litigare e Keith, in un momento di
rabbia, urlò a tuo fratello cose che non avrebbe mai
dovuto dire
".
Kris fissò Nicole tesa. "Che
cosa?".
"Gli disse
che lui non poteva capire, e non
sarebbe mai riuscito a capire a causa della vita ricca,
facile e senza preoccupazioni che aveva sempre fatto
gli
gridò che era un bambino viziato, che non sapeva cosa
voleva dire lottare per costruirsi un avvenire, per
realizzare i propri sogni. Lei, che non aveva mai avuto
nulla per nulla
che aveva dovuto passare fra dolori
e sofferenze
ora aveva lì, a pochissima distanza,
qualcosa che aveva sognato da tanto
una grande
possibilità per il suo futuro. E lui, invece di
incoraggiarla, di esser felice per lei
la voleva
tenere legata a sé, come un oggetto di sua esclusiva
proprietà
da non spartire con nessuno.
Ma questa fu solo una minima parte delle cose che Keith
gli disse
molte altre, né mia sorella, né tuo
fratello, me le confessarono mai. Lei non tornò più
sull'argomento, dopo che giunse a Londra. Le rare volte
in cui ci sentivamo, parlavamo naturalmente d'altro
non
mi chiese mai di Alex. E all'aeroporto, lui non venne a
salutarla, se ben ricordi. Non ce la fece
non se la
sentiva più nemmeno di guardarla negli occhi. Quel
quel
periodo fu davvero terribile per tuo fratello. Si sentiva
meschino, e
in colpa, tremendamente in colpa. Anche
se amava Keith, non aveva capito nulla di lei
non
aveva mai riflettuto su quello che aveva dovuto passare.
Tu, Kris, hai sempre creduto che fra di loro c'era solo
amicizia, vero? Beh, entrambi non ti hanno mai detto
nulla perché ti volevano bene. Alex, come avrai sentito,
oltre a non voler rovinare l'amicizia che c'era tra te e
Keith, non voleva neanche che tu ti preoccupassi per lui,
e anche per questo ha tenuto nascosto il suo dolore per
così tanto tempo e così bene
Keith, invece, non
voleva perderti, ed è comprensibile".
Nicole abbassò gli occhi, triste. Poi li rialzò,
sporgendosi oltre la scrivania per cercare il viso
dell'amica.
"Piccola
tutto bene?".
Kristine, in piedi, teneva la testa piegata, lo sguardo
fisso nel vuoto. Gli occhi erano lucidi, la bocca serrata.
"Kris
ti prego, non fare così
",
mormorò la segretaria alzandosi velocemente dalla
poltrona per avvicinarsi alla ragazza, abbracciandola.
"Non è colpa di nessuno
Alex non aveva capito,
e nemmeno Keith
hanno sempre fatto parte di due
mondi così diversi
".
La ragazza dai corti capelli castani continuava a stare
immobile, come una statua di marmo. Poi, lentamente, aprì
le labbra.
"E' questo
il punto
noi
siamo degli
stupidi
viziati
ci lamentiamo della nostra
situazione quando
quando
".
Non ce la fece più. Kristine Grover si abbandonò ad un
pianto disperato, stringendo forte Nicole.
"Mi dispiace, mi dispiace
se solo avessi
saputo, io
", singhiozzò, con la voce rotta.
L'altra cercò di calmarla, accarezzandole la testa.
"No, no
Kris, non devi scusarti
ci sono
tanti, tantissimi problemi al mondo
e ognuno ha la
sua gravità
nessuno è da considerarsi stupido, o
da sottovalutare. Tu
non sei felice perché sei
imprigionata in un mondo che non fa per te
hai
bisogno di essere libera, e
".
"No, non è vero
non è vero
i miei non
sono problemi
". Kris nascose il viso nella
spalla dell'amica. "
sono solo le paranoie di
una bambina che vuole esser compatita
una bambina
che ha tutto, che ha sempre avuto tutto dalla vita, ma
che non è mai contenta
ecco chi sono
un'egoista
".
Nicole la strinse a sé ancora un po', poi la allontanò,
per guardarla negli occhi.
Scosse la testa."Ascoltami. Tu e Alex siete dei
ragazzi fantastici, e non avete proprio nulla da
rimproverarvi. E poi, vedrai
tutto si risolverà fra
tuo fratello e Keith".
Kristine lasciò le braccia della segretaria. "Io
lo
spero".
Detto questo, si girò. Fece un paio di passi, per poi
fermarsi.
L'altra, dietro di lei, la osservò tristemente. "Kris
".
"Senti", disse piano la ragazza, senza
voltarsi, dopo qualche secondo. "Keith
ha fatto
la scelta più giusta decidendo di inseguire il suo
sogno?".
Nicole incrociò le braccia.
"Beh
te l' ho detto
lei non aveva capito
Alex e Alex non aveva capito lei
quindi non
".
"Intendo scegliendo di mettere in secondo piano i
propri sentimenti".
L'ufficio rimase per un po' immerso nel silenzio. Anche
la luce rossastra del tramonto inondava la stanza,
entrando dalle grandi finestre che davano sulla costa.
Poi, lentamente, Nicole si avvicinò a Kris.
"No, non è giusto", spiegò, sorridendo.
"Siamo prima di tutto persone, persone con un cuore
che batte nel petto. Persone che hanno bisogno degli
altri, sempre
Puoi conquistare il mondo, puoi essere
l'uomo più ricco del pianeta, puoi possedere ogni tipo
di bene materiale, puoi realizzarti come hai sempre
sognato, ma
ma senza l'amore, Kris
senza quei
sentimenti e quelle emozioni che ci rendono quello che
siamo, e cioè esseri umani con un'anima, non potrai mai
essere davvero felice. I sogni, sì
sono
importantissimi
ma c'è bisogno di trovare un
equilibrio
di includere in tutto questo ciò che
spesso dimentichiamo
".
Kristine si girò. La guardò, gli occhi lucidi.
"
e cosa?".
"Il cuore".
La ragazza annuì piano, poi abbassò la testa .
"Ho
capito".
"Bene
ne sono felice. Sai, non penso che Keith
abbia
dimenticato l'amore che provava per Alex. Non avrebbe
potuto. E quel giorno
si pentì sicuramente di
quello che aveva detto a tuo fratello. Nonostante tutto,
lui la ha aspettata, e così avrà fatto lei. Vedi, mia
sorella non ha mai avuto l' intenzione di scegliere tra
il suo sogno e Alex
".
"Sì, lo so".
Nicole appoggiò un dito sotto al mento di Kris e,
alzandoglielo leggermente, la guardò.
"Va tutto bene, piccola?", chiese, preoccupata.
L'altra strinse le labbra, riabbassando con riluttanza il
viso. "Credo".
"Vuoi
parlarmi di qualcosa?".
"No, stai tranquilla. Io
ora devo andare".
"Ma
".
"Ci sentiamo presto. Dimmi quando arriverà Keith e
non preoccuparti, non dirò ad Alex che mi hai raccontato
tutto".
Così, senza dire nient'altro, Kristine uscì
dall'ufficio di corsa, per dirigersi più in fretta che
poteva agli ascensori.
Lì dentro, avrebbe potuto, finalmente, continuare a
piangere.
Le
giornate avevano iniziato lentamente a farsi più brevi.
Il sole calava sull'orizzonte molto presto, e le strade
di Fujisawa piombavano nell'oscurità già nel tardo
pomeriggio.
Silenziosa e ferma, l'aria, quella sera, avvolgeva ogni
cosa ricoprendola da una leggera seta invisibile.
Kris camminava per le vie quasi deserte, con la testa
abbassata, gli occhi fissi sul terreno. Non sapeva
nemmeno dove stava andando, le bastava camminare.
Camminare, via, lontano da tutti.
Girò un angolo, ritrovandosi accanto a una piccola
bancarella illuminata, che vendeva *okonomiyaki. Si fermò,
e guardò con un po' di invidia il venditore che stava
ridacchiando con i due clienti seduti davanti a lui.
Le sarebbe piaciuto un okonomiyaki. Un buon, caldo
okonomiyaki.
Ma
non se la sentiva di fermarsi alla bancarella.
Non con quell'umore.
Non con le lacrime che le riempivano gli occhi, non
facendole vedere più nulla
Corse via. Si sentiva male
ma non era solo un dolore
fisico
Magari fosse stato solo quello
ah, sarebbe stato
consolante.
Nicole e Keith
Alex e Keith
Aveva
saputo
aveva saputo cose che non avrebbe mai voluto
ascoltare.
Cose che forse non avrebbero toccato e sconvolto altre
persone
ma
per lei
era diverso.
E non si trattava solo del doloroso passato delle due
sorelle Henger, ma di tante, tante altre cose. E, prima
fra tutte, il comportamento di Keith.
La ragazza aveva inseguito il suo sogno
un sogno per
il quale aveva sofferto, aveva lottato
Proprio come aveva fatto lei.
Certo, il caso di Keith era stato naturalmente molto
diverso, ma
Non aveva necessariamente fatto una scelta. Non aveva
deciso di diventare un'altra persona
di dimenticare
quello che era stato
che aveva provato e vissuto
Vedi, mia sorella non ha mai avuto l' intenzione di
scegliere tra il suo sogno e Alex
Era vero. Keith non si era mai imposta di non amarlo
di
dimenticarlo. Sapeva che era sbagliato. Sapeva che non
poteva farlo
I sogni, sì
sono importantissimi
ma c'è
bisogno di trovare un equilibrio
Di includere in tutto questo ciò che spesso
dimentichiamo
Gli aveva chiesto di aspettarla. Ma lui non aveva capito
"Nemmeno io avevo capito
". Kris continuò
a correre, senza fermarsi.
"
ho cercato
di sopprimere i miei
sentimenti
e adesso
adesso
".
Senza l'amore, Kris
Senza quei sentimenti e quelle emozioni che ci rendono
quello che siamo, e cioè esseri umani con un'anima, non
potrai mai essere davvero felice.
Nicole
Oh,
come aveva ragione
Ma perché solo ora si era resa conto di aver sbagliato?
Aveva aspettato troppo
Tom
Benji
Kris si fermò, appoggiandosi violentemente contro un
muretto di pietra, in fondo a una via. Le mani lungo i
fianchi, aperte, sentivano la fredda superficie ruvida
dei sassi.
Si accasciò, iniziando a piangere sommessamente.
Ecco che cos'era. Quel vuoto
Ora sapeva
Sapeva cosa le mancava.
Cosa le era sempre mancato.
Ma adesso, forse
era
troppo tardi.
Pianse a lungo. Pianse per Nicole, per Keith, per Alex.
Pianse per se stessa.
Versò tutte le sue lacrime, finché non rimase, immobile
e in silenzio, a guardare nel vuoto.
Ormai si era fatto tardi. Forse erano le dieci
Guardò l'orologio al polso, alzando lentamente il
braccio. Sì, erano le dieci e venti.
Suo fratello era sicuramente preoccupato. Avrebbe dovuto
tornare a casa.
Ma non poteva.
Come lo avrebbe guardato negli occhi?
Come sarebbe riuscita a salutarlo?
E se poi fosse nuovamente scoppiata a piangere davanti a
lui? Che cosa gli avrebbe raccontato? No, non voleva che
scoprisse che Nicole le aveva detto tutta la verità
non
voleva più che suo fratello si preoccupasse per lei.
Era meglio tenere tutto per sé. Sì, era molto meglio
soffrire da sola.
Chiuse gli occhi, nascondendo il viso tra le ginocchia,
ma proprio in quel momento sentì il cellulare che teneva
in tasca suonare. Lo prese, e guardò sul display.
Fissò il nome lampeggiante per qualche secondo con aria
triste, poi, schiarendosi la voce, si decise a rispondere.
"Pronto?", disse mascherando la voce tremante
per il pianto. "Sì
scusa, ti stavo per
telefonare
Jude mi ha pregato di rimanere a dormire
da lei
già
non preoccuparti
mh
va,
bene, ok
sì, sì, scusa
la prossima volta ti
telefono subito. Grazie
va bene, ciao!".
Scostò il telefonino dall'orecchio, e spinse con il
pollice uno dei tasti, terminando la telefonata. Alex
"Uff
", sospirò, guardando per qualche
secondo il cielo scuro, senza stelle, sopra di lei.
Rimise il cellulare in tasca, poi si rialzò. Non sapeva
cosa avrebbe fatto quella notte
magari avrebbe
potuto camminare per tutto il tempo. Ma forse, non era
una buona idea.
Attraversò la strada, e proseguì per una delle vie
laterali. Dopo qualche minuto, però, si accorse di
trovare quella zona, in qualche modo, familiare.
"Qui
c'è un sacco di verde
e tutti questi alberi
",
si disse, alzando gli occhi verso l'alto. Si avvicinò ad
una solida recinzione in mattoni, che circondava una
proprietà molto ampia. Non riuscì però a scorgere
nulla, perché il muro, alto circa due metri e mezzo,
copriva l'intera visuale. Il buio, poi, non aiutava di
certo le cose.
Camminò lungo il perimetro della recinzione, finché non
arrivò ad un piccolo cancello, posto proprio alla fine
della via.
Sembrava l'unica via d'accesso al grande giardino dietro
al muro.
"Sì
mi sembra proprio di conoscerlo
",
mormorò, cercando di vedere qualcosa oltre le sbarre,
nell'oscurità. Molti alberi, un grande prato, una strana
fontana sulla destra e, oltre a delle siepi, un portico
in stile giapponese, illuminato da un paio di lampioni.
"Deve essere una bella casa", commentò
Kristine sorridendo. "Magari ci vive una famiglia
numerosa
e felice".
Rimase ferma, le mani sul cancelletto bianco. Poi, di
scatto, abbassò la testa.
"Smettila
perché vuoi a tutti i costi fare la
vittima?", gridò, serrando le dita intorno alle
piccole sbarre lisce.
Credeva di aver esaurito tutte le sue lacrime
e
invece, si ritrovò ancora con gli occhi annebbiati.
Perché piangere ancora?
No
non sapeva nemmeno questo. In realtà, forse, era
solo confusa.
Stanca, nervosa
sfinita. In quelle ultime settimane
aveva
dovuto fare i conti con troppe domande, troppe scelte,
troppe verità.
E adesso, non ne poteva più.
Avrebbe voluto solo seguire il suo cuore
per cercare
di colmare quel vuoto opprimente che non le lasciava pace
Smettendo di mascherarsi, smettendo di essere chi non era
realmente.
Improvvisamente, un rumore di passi la scosse dai suoi
pensieri. Con il volto ancora rigato dalle lacrime, si
girò di lato, verso la figura che stava avanzando
speditamente dall'altra parte della stradina, immersa
nell'ombra.
Kristine si appoggiò alla recinzione, e, socchiudendo
gli occhi, cercò di riconoscere la fisionomia del
personaggio. Sicuramente, per una ragazza sola, quella
non era un'ora particolarmente adatta per camminare nelle
vie
Kris non ci aveva proprio pensato, e pur sapendo
di somigliare ad un ragazzo in tutto e per tutto, ebbe un
attimo di paura.
Si voltò nuovamente, tentata di suonare al citofono
della grande casa, quando lo sconosciuto si fermò dietro
di lei.
"Ma
Kris?", domandò.
"Tu
?". La ragazza riconobbe i lineamenti
dell'individuo. "Price!".
Sì, era proprio Benji. Indossava un lungo impermeabile
grigio chiaro, e i suoi intriganti occhi scuri la stavano
guardando stupiti.
"Cosa ci fai in giro a quest'ora, Grover?",
domandò lui, mettendo le mani nelle tasche.
Kristine preferì evitare il suo sguardo. "Ecco
nulla
di particolare".
Benji inclinò la testa, sospettoso. "Mhh
non
credo proprio".
Cercò di vedere il viso dell'amico, che però girò di
scatto il capo, per nascondere le lacrime.
"Ehi, Kristian
è successo qualcosa? Non mi
pare che tu stia tanto bene".
"No
no, sto benissimo", rispose decisa
Kris, continuando a guardare dall'altra parte.
Benji sorrise. "Piantala, si vede che stavi
piangendo. Però, se non ti va di parlarne
".
Rimase per un po' in silenzio, in attesa di una parola
dell'amico. Kris, però, rimase zitta.
Price la osservò preoccupato, poi le mise una mano sulla
schiena.
"So che non sono fatti miei, ma
per caso, hai
altri problemi con la tua famiglia?", chiese
cautamente.
A quelle parole, Kristine rialzò la testa. Sentiva il
calore della mano di Price sulla sua scapola. Un tepore
che ora le sembrava irradiarsi per tutto il corpo, dopo
tanto, solitario freddo
"
Sì, ho avuto dei problemi
",
mormorò.
Dio, come avrebbe voluto buttarsi nelle sue braccia.
Stringerlo, sentire il battito rassicurante del suo cuore
appoggiando la testa sul suo petto
anche solo per
una volta. Solo una.
"Mi dispiace
", disse quindi Benji
rammaricato. "E
come mai sei qui? Se non mi
sbaglio, casa tua è quasi dall'altra parte della città
".
"Già.
E per stanotte non penso che ci tornerò
",
rispose tristemente Kris, senza pensarci troppo. Dopodiché,
si appoggiò al muro.
Il ragazzo dai corti capelli scuri fissò Kris, non
sapendo cos'altro dire. Poi, avvicinandosi al piccolo
cancello bianco, tirò fuori dalla tasca sinistra
dell'impermeabile un mazzo di chiavi, inserendone una
nella serratura.
Kristine guardò la porta aprirsi, sorpresa.
"Ma
allora è casa tua?".
Benji gli restituì lo sguardo, altrettanto sorpreso.
"Certo che lo è
non l'avevi riconosciuta?
Questa è l'entrata sul retro. Sai, ero uscito per
accompagnare Freddie al taxi che è appena partito per
portarlo all'aeroporto di Narita. Deve prendere un volo
per Parigi, dove incontrerà Kirk Parson
non so
esattamente i motivi del loro incontro. Forse c'entrano i
prossimi Europei
ma in ogni caso, credo che non si
vedessero da molto tempo".
Kristine annuì. "Sì
Kirk Parson
ne ho
sentito
parlare".
Price aprì il cancelletto, e dopo aver estratto la
chiave, si rivolse ancora all'amico, dopo un attimo di
esitazione.
"Senti, Grover
non pretendo che tu mi racconti
cosa ti è successo, ma
di certo non me la sento di
lasciarti vagabondare una notte intera a Fujisawa.
Quindi, senti
perché non rimani a dormire da me?
Non ci sarebbe alcun problema, te lo assicuro
e
adesso che Freddie non c'è, mi farebbe piacere avere un
po' di compagnia".
Kris si irrigidì.
Aveva
sentito bene?
"Dormire
da te?", ripeté, sentendosi
avvampare il viso.
Improvvisamente, il cuore iniziò a batterle
all'impazzata...
"Sì
davvero, mi farebbe solo piacere".
La ragazza si staccò dalla recinzione e si voltò,
avvicinandosi all'amico.
Dormire da Price
beh, di sicuro non si sarebbe mai
aspettata un invito simile. Certo, per Benji lei era solo
il suo caro amico Kristian, quindi nulla di strano, ma
ma
Ma lei
lei era una ragazza. E questo piccolo
dettaglio complicava abbastanza le cose.
Ma non era solo questo
Price
Non gli era certo indifferente
Era attratta da lui
perdutamente attratta.
Ecco, era un altro trascurabile, irrilevante problema.
"Kris? Allora, ci stai?". Benji la stava
guardando, sorridendole cordiale.
La ragazza incrociò le braccia, tremendamente indecisa.
Se da una parte aveva una paura terribile di essere
scoperta, dall'altra
Beh
Non le sarebbe dispiaciuto così tanto passare una notte
da Price
"Il mio cuore
non devo dimenticare il mio cuore
",
pensò tra sé, ricordando le parole di Nicole. "Però
no,
non posso di certo abbandonare i miei sogni".
Cancellò subito dalla mente i ragionamenti di qualche
ora prima. L'amica, infatti, non le aveva certo detto di
seguire i propri sentimenti non considerando la
realizzazione personale
Strinse le braccia al petto, poi abbassò lo sguardo.
"Ma
se
se potrò passare questi pochi
momenti con Price, io
sarò
sarò felice così.
Per adesso
mi basterà".
Kristine annuì.
"Va bene, Benji", esclamò quindi, mostrando,
finalmente, un sorriso sincero. "Mi dispiace solo
che tu debba disturbarti per me
".
L'altro scosse la testa, sorridendo a sua volta.
"Ma come te lo devo dire? Nessun disturbo! E poi,
come posso non aiutare un amico in difficoltà? Forza,
vieni dentro
ci faremo anche una bella chiacchierata".
La ragazza varcò il cancello e, felice, si girò verso
Benji. Dietro di lei, il ragazzo lo richiuse, spingendolo
leggermente con una mano.
Kris aspettò che Price la raggiungesse, poi iniziò a
camminargli a fianco, attraversando il piccolo giardino
del retro per arrivare al delizioso ingresso nel portico.
Opposto allo stile dell'immensa villa, grandiosamente
occidentale, possedeva però, proprio per questo motivo,
un qualcosa di consolante e pieno di calore
.
Dei piccoli pipistrelli passarono silenziosamente qualche
metro sopra le loro teste, veloci e scuri.
Kristine taceva. Sapeva che stava andando incontro a un
grande rischio. Ma in quel momento, nulla le importava più.
Benji era comparso davanti a lei ancora una volta.
E, ancora una volta, in un momento difficile, lei era
arrivata davanti a casa sua, per caso
Proprio come un angelo, Price la proteggeva, la
rassicurava
La ritrovava
sempre.
O forse
era lei a ritrovare lui.
Senza l'amore, Kris
Senza quei sentimenti e quelle emozioni che ci rendono
quello che siamo,
e cioè esseri umani con un'anima, non potrai mai essere
davvero felice.
La ragazza salì il piccolo scalino di legno, e, seguendo
il portiere, scomparve con lui dietro agli *shoji che
dividevano l'interno della villa dall'intimo giardino
avvolto nelle ombre di quella strana e muta notte.
E l'aria, proprio come quella trasportata dalla costa fin
su, all'ufficio di Nicole, sapeva di sale.
Un profumo lieve e nostalgico. Così triste.
*NOTE
shoji: pannelli scorrevoli di carta di riso su
un'intelaiatura di legno che dividono gli ambienti nella
casa di stile giapponese.
okonomiyaki: specie di pizza cotta su piastra, ricoperta
da vari ingredienti a scelta tra cui gamberi, calamari,
carne di maiale o di manzo, verza, ecc. E' di solito
cosparso di scaglie di tonnetto secco.
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