K&K
CAPITOLO 1
KRISTINE
E KRISTIAN
Una
figura snella e di media statura camminava velocemente
per la strada principale della città di Fujisawa, che si
stava poco a poco affollando con l'avvicinarsi dell'ora
di rientro per la maggior parte dei lavoratori.
Nonostante ciò, però, Fujisawa era una luogo tranquillo
e vivibile anche nei momenti di maggior traffico, grazie
soprattutto alle numerose e vaste aree di verde presenti
e alla sua fama di splendida località turistica.
La misteriosa figura attese ancora qualche secondo vicino
ad un semaforo, ancora rosso, prima di poter attraversare
la via e raggiungere il marciapiede dall'altra parte
della strada. Era vestita con una normale tuta da
ginnastica e il capello, abbassato sul viso, nascondeva
alla vista lo sguardo e parte dei lineamenti. Il corpo
era ben proporzionato, e i movimenti, agili e scattanti,
rivelavano il fisico di un ragazzo adolescente, giovane e
pieno di energia.
La campana di un liceo suonò i caratteristici rintocchi
per annunciare il termine delle lezioni. Mentre la folla
degli studenti si avviava verso l'uscita della scuola, il
ragazzo in tuta passò davanti ad un gruppo di
studentesse che, ferme al cancello, lo stavano osservando.
"Hai visto quel ragazzo?".
"Sì...ma chi è? Non l' ho mai visto!".
"Beh...non ne ho idea...ma è da alcuni giorni che
passa ogni pomeriggio di qui, e sempre alla stessa ora...".
"Sul serio? Chissa' dove va...comunque mi sembra
davvero carino!".
"Già! E poi guarda che fisico...tra l'altro è così
misterioso...e sembra che faccia di tutto per nascondersi...".
"Hm...che ne dite di fermarlo e di chiedergli
qualcosa...diciamo...il suo numero di telefono?".
Le ragazze cercarono di soffocare delle timide risatine.
Una di loro, però, evidentemente la più audace fra le
amiche, si avvicinò al giovane che, fermatosi un momento
accanto alla cinta della scuola, guardava ansiosamente
l'orologio al polso.
"Ehm...scusami...", mormorò la studentessa,
cercando lo sguardo del ragazzo sotto alla visiera del
cappello.
Al suono di quella voce, il misterioso sportivo si scosse
dai suoi pensieri e, indietreggiando velocemente di
qualche passo, calcò ancora di più il cappello sulla
testa, evitando accuratamente di guardare in faccia
l'ammiratrice.
"Ehi, ma...", disse stupefatta la ragazza
quando il giovane corse improvvisamente via, percorrendo
il lungo marciapiede davanti a lei alla massima velocità
e scomparendo, poi, dietro l'angolo della strada.
"...non ti avevo ancora chiesto niente!".
Nonostante fossero già le cinque di un caldo pomeriggio
di inizio settembre, il cielo era ancora di un azzurro
chiaro, e il sole illuminava l'erba verde e rigogliosa
dei numerosi parchi cittadini alla periferia di Fujisawa.
La zona, quel giorno, era stranamente deserta, e solo una
persona correva veloce in mezzo ai sentieri.
"Ma perché devo fare colpo proprio su delle stupide
ragazzine? Mi chiedo se quella di fingermi un maschio sia
stata una buona idea...", disse Kristine Grover,
quasi senza fiato, fermandosi davanti ad una panchina. Si
tolse finalmente il cappello, lasciando così cadere
sulle spalle una cascata di lunghi capelli castano
chiaro, prima raccolti sopra la nuca. Alzò il viso
sudato verso le mille nuvole bianche sopra di lei. "Beh...non
è di certo quello lo scopo per cui mi travesto, ma...".
Riabbassò la testa, volgendo gli occhi verso il grande
campo da calcio davanti a lei, pieno di giocatori che si
stavano allenando. Sorrise."... è questo".
Mentre raccoglieva nuovamente la folta chioma sotto al
berretto bianco, si diresse a passo veloce verso il vasto
campo d'erba rada, da dove arrivavano grida e voci di
ragazzi.
Kris aveva quasi 17 anni, e la sua famiglia si era da
poco trasferita a Fujisawa, dove era stato appena
costruito un nuovo albergo fra quelli della vasta catena
di proprietà dei genitori, famosa in tutto il Giappone.
I Grover avevano quindi deciso di gestire personalmente
l'ultima costruzione, attratti soprattutto dalla verde e
rilassante cittadina; i due figli, Kris e Alex, di due
anni più grande della sorella, li avevano seguiti.
La ragazza, però, all'inizio non era stata
particolarmente entusiasta del trasloco: a Kyoto, dove
prima viveva, aveva dovuto lasciare amici e compagni di
scuola, per non parlare poi della squadra di pallavolo di
cui era capitano. Per giorni, dopo l'arrivo a Fujisawa,
non aveva voluto guardare in faccia il padre e la madre,
interessati soprattutto ai loro affari e non alla felicità
della figlia, e solo qualche tempo dopo Kristine si era
rassegnata a vivere nella nuova città.
Improvvisamente, poi, qualcosa le aveva fatto iniziare ad
amare Fujisawa. Ma non erano né il mare, né le verdi
colline intorno al paese...era invece ciò che non
avrebbe mai sognato di poter avere lì vicino, accanto a
sé: uno sport, il calcio, secondo molti riservato
unicamente agli uomini, ma che Kris sentiva suo come
nessun altro. E una squadra, la New Team, che lei seguiva
e sosteneva da anni.
La ragazza si avvicinò al perimetro del prato, cercando
di non farsi notare dall'uomo di mezza età,
probabilmente l'allenatore, seduto in panchina, e da un
giovane ragazzo coi capelli scuri di fianco a lui.
Entrambi guardavano concentrati i giocatori in campo, che
si stavano affrontando in una partita d'allenamento.
Da quando aveva scoperto che la New Team aveva la sua
sede proprio a Fujisawa, Kris non si era lasciata
sfuggire l'occasione di andare ad assistere tutti i
giorni agli allenamenti nei quali la squadra era
impegnata in vista dell'imminente campionato nazionale.
La ragazza era felicissima di poter seguire i suoi idoli
da così vicino, ed in particolare uno di loro, che da
sempre, per lei, costituiva un modello da seguire. Certo,
erano tutti dei campioni, a cominciare dal grande Oliver
Hutton, capocannoniere della squadra, ormai conosciuto in
tutto il mondo per la sua straordinaria tecnica
perfezionata negli ultimi anni in Brasile.
Grover ammirava ognuno di loro, ma l'unico ruolo che
Kristine aveva sempre desiderato di poter avere, se
avesse potuto giocare a calcio, era quello di portiere.
Ed era per questo motivo che il suo idolo, la persona che
rappresentava per la ragazza il massimo a cui poter
arrivare, era l'imbattibile Benjiamin Price. Eccezionale
e infallibile, era forse l'unico portiere juniores che
aveva alle spalle una preparazione atletica e tecnica
assolutamente perfetta, e una specializzazione di anni e
anni praticata in Germania. Per anni Kris aveva potuto
seguirlo solo da lontano, leggendo gli articoli sui
giornali e guardando le sue foto, e immaginando soltanto
di incontrarlo, un giorno, di persona. Adesso, invece,
quello che era sempre stato solo un bel sogno era
diventato realtà: Benji Price era lì, a poca distanza
da lei, seduto su una panchina...il solito cappello con
visiera in testa, la felpa con, sul petto, la N di New
Team bene in vista, pantaloni leggermente aderenti, neri,
con righe laterali bianche, e scarpini neri da calcio.
Gli occhi scuri, profondi e concentrati, guardavano
davanti a sé, e il profilo, dai lineamenti marcati ma
allo stesso tempo dolci, circondava il viso assorto nella
partita. Un ragazzo dal fascino selvaggio e dal fisico
statuario ma che, sfortunatamente, pensò Kris, non
avrebbe potuto prendere parte alla prima parte del
campionato a causa di un trauma subito alla gamba
sinistra durante una recente partita d'allenamento.
"Peccato", disse sottovoce la ragazza,
guardando il portiere. "Non potrò vederti subito in
campo...".
Kris rimase una attimo a fissarlo, quasi in adorazione,
voltando però subito la testa dopo aver pensato che
Benji avrebbe potuto accorgersi della sua attenzione.
Decise quindi di seguire la partita in corso,
naturalmente dominata, in quel momento, dalla squadra
capeggiata da Hutton. Il giovane dai capelli neri,
leggermente lunghi e un po' mossi, correva attraverso il
campo con la velocità di un fulmine, dribblando gli
avversari con una tecnica perfetta quanto inimitabile.
Giunto davanti alla porta, si preparò a tirare,
concentrando nella gamba destra tutta la forza possibile:
al momento dell'impatto, la palla sembrò quasi sparire,
per ricomparire un attimo dopo come una lunga scia di
luce, che si dirigeva verso l'angolo della porta con una
potenza inaudita. Alan Parker, secondo portiere della New
Team e sostituto di Benjiamin Price, fissò per qualche
secondo il velocissimo bolide, prima di gettarsi con
tutto il corpo a destra per cercare di pararlo; la palla,
però, lo anticipò, e si insaccò in rete passando a
pochi centimetri dalle sue dita.
Ormai il goal era stato fatto, ma il portiere non riuscì
a bloccare in tempo il suo salto: la mano destra, stretta
a pugno, andò a sbattere violentemente contro il palo
della porta, evitando però così che la testa subisse un
forte colpo. Immediatamente il ragazzo crollò a terra,
stringendosi con l'altra mano le cinque dita, in preda a
un forte dolore.
"Alan!", gridò Holly Hutton, accorrendo subito
l'amico. Anche gli altri giocatori arrivarono, correndo,
dal centrocampo. Ben presto l'intera squadra era stretta
intorno a Parker, in ginocchio davanti alla porta.
"Scusa, Holly, non sono riuscito a parare il tuo
tiro...", mormorò il ragazzo a denti stretti,
guardando mortificato il proprio capitano.
Hutton scosse la testa, preoccupato. "Ma cosa stai
dicendo, Alan.! Hai corso un grande rischio, lo sai? E,
in ogni caso, ora, la tua mano ora è ferita...potresti
esserti fatto male seriamente...".
Alan sospirò, triste. "Mi dispiace, ragazzi",
disse quindi, rivolgendosi ai compagni di squadra, mentre
anche l'allenatore e Price arrivavano nei pressi
dell'area di rigore.
Il mister si inchinò e prese la mano di Alan. Dopo
avergli sfilato il guanto, tastò le dita immobili per il
forte dolore; dopo pochi istanti di silenzio teso,
l'allenatore si rialzò in piedi, lo sguardo basso. Tutta
la squadra aspettava, muta, il responso.
"Sono rotte", disse alla fine serio, alzando
nuovamente lo sguardo e guardando prima Alan e poi Holly.
"Per fortuna è qualcosa che può guarire in pochi
mesi, ma...".
Benji cercò gli occhi del mister, preoccupato. "Ma?".
"...ma Alan non potrà partecipare al campionato.
Purtroppo questo è sicuro", concluse amaramente.
Nessuno parlò. La sfortuna si era nuovamente abbattuta
sulla New Team per la seconda volta. Prima Benji, ora
Alan. E non c'era nessuno, questa volta, che potesse
sostituire Parker. Nessuno.
"Cosa faremo adesso?", disse sconsolato Bruce
Harper, un ragazzo dalla faccia simpatica e dai radi
capelli neri. "Dovremo rinunciare al campionato di
quest'anno?".
Price voltò la testa verso l'amico. "Non dirlo
nemmeno per scherzo, Bruce! Noi giocheremo...e sarò io a
sostituire Alan, sin dalle prime partite se questo è
indispensabile...".
"Smettila, Benji, sai bene che nelle tue condizioni
questo non è possibile!", esclamò, a quelle
parole, il mister in direzione del portiere titolare.
"...Troveremo un'altra soluzione, ragazzi. Ci deve
essere qualcosa che possiamo fare...".
I membri della New Team si scambiarono qualche occhiata
sconsolata. Ognuno di loro sapeva bene che ci sarebbe
stato ben poco da fare...purtroppo la carenza di
sostituti era sempre stato l'unico aspetto negativo della
loro squadra. E, soprattutto, la mancanza di portieri.
Avevano sempre fatto affidamento solo sulla bravura di
Price, senza considerare il fatto che, un giorno, avrebbe
potuto infortunarsi, senza poter più giocare per lungo
tempo. Era stato questo il più grande errore, ed ora il
mister se ne stava accorgendo. No, la New Team, la
squadra giovanile più forte del Giappone, che aveva alle
spalle decine e decine di vittorie, non poteva ritirarsi
così dal campionato...se solo fosse arrivato un colpo di
fortuna...
"Ehm...scusate...", disse timidamente una voce
dietro al gruppo raccolto intorno alla porta. L'intera
squadra si girò di scatto.
In piedi in mezzo all'erba verde, Kris sorrideva
impacciata, con una mano alzata in segno di saluto.
"Non vorrei intromettermi, ma per quello che ho
capito siete in difficoltà...".
Holly guardò la ragazza, sorpreso. "E tu chi sei?".
Grover, rendendosi conto che era stato il grande Hutton a
rivolgerle la parola, deglutì emozionata, abbassando
leggermente lo sguardo da lui. "Devo fare a tutti i
costi una buona impressione...non so a quanto potrà
servire, ma...", pensò decisa, stringendo i pugni
con forza.
"Mi chiamo Kris Grover e ho 17 anni", disse
quindi sicura.
Ci fu un attimo di silenzio. "Adesso mi sbattono
fuori dal campo...me lo sento...", sussurrò
Kristine, tesissima, immobile davanti ai giocatori che la
fissavano.
All'improvviso, però, Holly fece qualche passo avanti,
avvicinandosi alla ragazza. "Piacere, Kristian...è
il tuo nome, vero?", chiese quindi il giovane
fuoriclasse tendendo la mano a Kris. "Sono Oliver
Hutton, il capitano di questa squadra. Giochi anche tu a
calcio?".
Kristine fissò per qualche istante, incredula, il viso
cordiale di Hutton, prima di riuscire a stringergli la
mano. Allora il travestimento aveva funzionato! Riusciva
a passare veramente per un ragazzo, e non solo agli occhi
delle studentesse di prima liceo...
"Sì, so benissimo chi sei..." rispose così
Kris. "Seguo da lungo tempo sia te che il resto
della squadra, e vi trovo fantastici...ehm...e...beh...sì,
sì, diciamo che...ho giocato per molto tempo a calcio
nella squadra locale della mia città prima di
trasferirmi qui a Fujisawa, circa un mese fa. Ecco, io...facevo...facevo
il portiere".
Un forte brusio si alzò subito fra i giocatori della New
Team. Forse non tutto era ancora perduto.
"Davvero?"esclamò entusiasta Holly, posando
una mano sulla spalla di Kris. "Quindi...potresti
sostituire Alan in porta? Te la sentiresti?".
La ragazza esitò, rendendosi conto di aver appena detto
una grossa bugia. Non aveva mai giocato seriamente come
portiere in una squadra, e anche se aveva imparato le
tecniche principali giocando spesso a calcio, a Kyoto,
con dei suoi amici, non poteva certo considerarsi esperta.
Gli anni passati a pallavolo avrebbero potuto esserle
d'aiuto, ma l'agilità non era l'unica qualità che
doveva possedere un bravo portiere di calcio.
Mentre, indecisa, abbassava gli occhi da Hutton, un altro
giocatore si avvicinò a lei. "Aspetta, Holly. In
qualità di portiere titolare ritengo che spetti a me
decidere se questo ragazzo è abbastanza dotato da poter
entrare a far parte della squadra...".
Sentendo quella voce, Kris rialzò subito la testa,
felice. Price. Era Price.
"Certo, Benji, hai perfettamente ragione...",
disse scherzosamente Hutton facendosi da parte. "E'
tutto tuo".
Il portiere sorrise divertito, guardando l'amico di
fianco a lui. Poi, continuando a sorridere, volse gli
occhi su Kris. "Beh, io sono Benjiamin Price, ma
penso, da ciò che hai detto, che tu lo sappia già.
Ecco, anche se siamo in una situazione davvero critica,
non possiamo di certo far entrare in squadra la prima
persona che si presenta. Mi capisci, non è vero
Kristian? Per questo, penso che prima di decidere dovrò
farti affrontare...ecco, una prova".
"Ehm...sì, certo, è...è giusto...", balbettò
lei, cercando di nascondere l'emozione che stava provando
nel trovarsi faccia a faccia con Price.
Era indecisa...accettando di verificare la sua competenza
come portiere, avrebbe rischiato di fare una brutta
figura, ma se invece le fosse andata bene...lei...lei...
"Ok. Accetto...sottoponetemi pure ad un qualunque
test", esclamò allora Kris senza esitazioni,
decidendosi a guardare finalmente negli occhi Benji.
Un'occasione del genere non si sarebbe più ripresentata.
Doveva cogliere al volo quell'opportunità. Senza
ripensamenti.
"Bene! La sicurezza, almeno, non ti manca...",
disse allegro il ragazzo bruno, voltandosi verso i
compagni di squadra. "Allora, ragazzi, preparatevi a
fare qualche tiro!".
Il mister, ancora accanto ad Alan, sospirò. "A
quanto pare il colpo di fortuna è arrivato...",
disse, voltandosi verso il secondo portiere.
"Già", rispose il ragazzo, sforzandosi di
sorridere, anche se realmente felice dell'arrivo di
Kristian Grover. "Sono sicuro che ce la farà".
"Ne sono certo anch'io...forza, seguimi adesso",
disse il mister dando una pacca sulla schiena di Parker.
"E' necessario ingessarti subito quella mano".
Mentre i due si allontanavano dal campo, Benji accompagnò
Kris fra i due pali. "Allora, è semplice: a turno,
cinque giocatori tireranno in porta e tu, naturalmente,
dovrai fermare più palloni possibili. Saranno come dei
calci di rigore...", spiegò quindi alla ragazza,
porgendogli un paio di guanti da portiere. "Ecco,
usa questi".
Kris lì guardò un attimo, riconoscendoli immediatamente.
"Ma...sono quelli che usi molto spesso, non è vero?",
mormorò, prendendoli in mano.
"Sei sicuro che posso usarli? In fondo, per te,
devono essere importanti...".
Benji alzò lo sguardo per fissare negli occhi, stupito,
la ragazza. "Beh...se mi hai seguito talmente
assiduamente da riuscire a riconoscere in questi guanti
quelli che uso solitamente...posso dire di essere
felicissimo di poterli prestare al mio più grande fan!".
A quelle parole, anche Kris alzò gli occhi su Price.
"Gra...grazie", riuscì solo a mormorare,
mentre Benji si allontanava. "Buona fortuna, allora!",
gridò infine il portiere, alzando un braccio.
La ragazza lo vide arrivare a bordo campo. Sarebbe stato
lui a fischiare i tiri, visto che il mister si era
assentato per andare ad accompagnare Alan in infermeria.
Mentre si infilava i guanti di Price, le parve di
sentire, dentro di lei, una forza di volontà e una
sicurezza che non aveva mai posseduto prima. Sì, ne era
sicura...sarebbe riuscita a superare il test. Non avrebbe
deluso Benji. E il posto di portiere della New Team
sarebbe diventato suo.
Kris si posizionò tra i due pali, concentrata. Chi
sarebbero stati i cinque giocatori? Beh, sicuramente, fra
di loro, non poteva mancare Hutton, e anche se era quello
che più temeva, non vedeva l'ora di poter confrontarsi
con lui. Ma gli altri?
Tirò leggermente indietro la visiera del cappello, per
avere la visuale intorno alla porta più libera possibile.
Il primo giocatore era già pronto fuori dall'area di
rigore, e stava studiando attentamente sia Kris che lo
spazio fra i due pali.
La ragazza lo riconobbe: si trattava di Ted Carter, il più
veloce attaccante della New Team. I suoi tiri non erano
però mai stati particolarmente potenti, e Kris pensò
che non sarebbe stato difficile fermare il pallone.
Al fischio di Price, Ted prese la rincorsa: la sfera,
dopo essere stata calciata, si diresse velocemente verso
l'angolo destro della porta. Consapevole che Benji la
stava guardando, la ragazza attese che il pallone si
avvicinasse, per poi saltare con un'agilità e una
velocità sorprendente, bloccandolo con sicurezza.
Mentre Kris si rialzava, Price, a bordo campo, la
osservava attentamente. "Si muove molto bene",
disse a voce alta, sorridendo compiaciuto. "Penso
che se la caverà egregiamente...". Proprio in quel
momento, Benji sentì una mano posarsi sulla propria
spalla.
"A quanto pare quest'anno non avremo l'onore di
affrontarti, Price" disse quindi una voce familiare.
Il portiere si girò.
Davanti a lui c'erano due ragazzi: il primo, di media
altezza, aveva i capelli neri, lisci e leggermente lunghi.
Gli occhi erano neri e profondi, lo sguardo sicuro e
deciso. L'altro ragazzo, dietro di lui, era un po' più
alto e muscoloso, i capelli folti di un castano chiaro;
il viso, dai lineamenti decisi ma non troppo marcati, era
cordiale e aperto. Nonostante ciò, nel complesso il
giovane appariva fiero e sicuro di sé, e comunicava un
senso di grande rispetto a chi gli stava vicino.
"Philip! Julian! Che bello vedervi...come mai siete
qui?", esclamò Benji, avvicinandosi ai due amici.
"Tutti credevamo che vi avremmo visti solo in
campionato...".
Julian si tirò indietro un ciuffo di capelli castani.
"Beh, naturalmente siamo venuti a spiare i vostri
allenamenti...", disse in tono serio. Philip
Callaghan guardò Ross, per poi scoppiare a ridere.
"Ma no...avevamo solo voglia di vedere come ve la
passavate...e di sapere come stavi, Benji".
Price sospirò. "Purtroppo sia il mister che Freddie
dicono che potrò rientrare in campo solo per le
semifinali...ma...". Il ragazzo voltò la testa per
guardare Kris. "...ma forse ci sarà qualcuno che
potrà sostituirmi".
Julian alzò lo sguardo verso la porta. "Non è Alan...",
disse stupito.
"Già", mormorò pensieroso Philip. "E' un
nuovo portiere?".
Benji incrociò le braccia. "Beh...spero proprio che
lo diventi. Sta affrontando...il test d'ammissione,
diciamo".
Mentre i tre amici parlavano, Kris, in porta, si stava
preparando a parare il tiro di Mason. Questa volta la
palla si diresse appena sotto alla traversa, ma la
ragazza, senza alcuna difficoltà, la fermò,
raggiungendola con un balzo felino.
La stessa scena si ripeté, più o meno simile, anche con
Paul Diamond: la forza del tiro, però, non permise a
Kris di bloccare il pallone con le mani, che venne
soltanto respinto. Quando la ragazza si rialzò da terra,
c'era Holly, pronto, davanti alla porta.
"Sei pronto, Kristian?", gridò il ragazzo,
mentre, arcuando la schiena, si preparava a calciare.
Kris guardò decisa il capitano della New Team. "Certo",
rispose concentrata.
Hutton tirò. Il pallone, dapprima, salì velocemente
sopra la testa dei giocatori, per poi ritornare giù
dirigendosi con una potenza inaudita verso un angolo
della porta. Kristine alzò gli occhi, socchiudendoli.
Individuò subito la sfera, anche se in controluce
rispetto al sole che brillava sopra di lei. "Ce la
faccio, se mi lancio in anticipo", pensò risoluta,
in una frazione di secondo. Ma fece male i suoi calcoli.
La palla, dopo essere arrivata a poco più di un metro
dai pali, cambiò improvvisamente direzione, insaccandosi
qualche istante dopo nell'angolo opposto della rete. La
ragazza rimase a fissare in ginocchio, incredula, il
pallone, mentre questo rotolava lentamente sull'erba.
"Era...era ad effetto", mormorò, mentre Holly
si avvicinava ai pali. Una volta che fu arrivato accanto
a lei, Kris alzò la testa. "Complimenti",
disse quindi un po' abbattuta al ragazzo. "Davvero
un gran tiro, Hutton...sei davvero un campione".
"Grazie", rispose lui, guardandola. "Ma
anche tu potrai diventarlo. Ne sono certo...hai le doti e
le qualità necessarie, e penso che anche Benji sarà del
mio stesso parere. Hai della stoffa, Kris".
Detto questo, Holly tese una mano a Grover, per aiutarlo
a rialzarsi. "Questo vuol dire...che ho superato il
test?", chiese felice Kristine, quando fu di nuovo
in piedi. Oliver la osservò per qualche istante,
pensieroso, prima di distendersi con un sorriso. "Beh...non
lo so ancora con sicurezza...come hai sentito prima, è
Benji che comanda, in questo caso. E, comunque, c'è
ancora un tiro che devi parare...".
"Cosa?". La ragazza guardò Holly in cerca di
spiegazioni, prima di ricordarsi che, effettivamente,
Price aveva detto che i giocatori sarebbero stati cinque.
Cercò quindi con lo sguardo l'ultimo attaccante, che
doveva essere, probabilmente, già pronto in area di
rigore.
E infatti era lì. Non troppo alto, di media corporatura,
teneva il pallone fermo con un piede. Il sole batteva
sopra la sua testa, illuminando i corti capelli castani...Kris
cercò di capire chi fosse, nonostante avesse
l'impressione di averlo già visto. Di averlo già...conosciuto.
Hutton volse gli occhi verso il giocatore misterioso.
"Ed ecco il tuo ultimo sfidante, Kristian...dopo
cinque anni, finalmente, è tornato a far parte della New
Team, e spero per sempre, questa volta. Tu che ne dici,
Tom?".
Il ragazzo davanti alla porta, che aveva sulla schiena il
numero 11, sorrise ad Holly. "Certo, ci puoi
scommettere. Ho smesso di fare il calciatore viaggiante...".
Kris guardò meglio il viso del giocatore. Lo fissò per
alcuni istanti, per poi ricordarsi, all'improvviso, di
ogni cosa.
"Ma che...no...non è possibile...lui è...",
mormorò, come paralizzata. Non poteva crederci. Non
poteva essere successo. "E'...è lui...è Tom...il
mio Tom...ma...è quel Tom Becker!".
Persa nei suoi pensieri e troppo sconvolta per poter
reagire, Kris non si accorse del fischio di Benji e del
conseguente tiro di Becker. La palla, infatti, le passò
accanto senza essere fermata, finendo così in rete.
Solo quando la sfera, rotolando, le toccò un piede, la
ragazza ritornò nella realtà; Kris voltò la testa, e,
fissando il pallone, si rese conto che Tom aveva segnato.
Lei, invece, non aveva neanche provato a muoversi.
"Oh, no...", pensò disperata, sistemandosi il
cappello sulla testa. "Questo...questo potrebbe aver
rovinato tutto...però...". Abbassò gli occhi,
amareggiata.
Si diresse così a bordo campo, dove Benji e gli altri la
stavano aspettando. Evitò di guardare Tom Becker, che,
probabilmente, era qualche metro dietro a lei insieme ad
Holly. Anzi, forse sarebbe stato meglio se neanche lui
l'avesse vista.
Si avvicinò a Price. Sentiva il suo sguardo e quello
dell'intera squadra puntati su di sè, ma cercò di non
farci caso. In ogni modo, dopo quell'ultimo tiro,
l'avrebbero sicuramente rifiutata... l'occasione della
sua vita era così sfumata. Per sempre.
"Benji...ti restituisco i tuoi guanti...",
mormorò Kris, triste, togliendoseli e porgendoli al
ragazzo. "Non so se hai fatto bene a prestarmeli...io...non
ne sono stata degna. Il fatto è che...ecco...io...non so
cosa mi sia preso...", cercò di dire, stringendo i
pugni per la rabbia. "Io...".
Invece, contrariamente a ciò che si aspettava, Benji le
mise le mani sulle spalle. "Ma cosa dici? Sei stato
grandioso...non ho mai visto nessun portiere muoversi
veloce come te. La tua incredibile agilità mi ricorda
molto lo stile di Ed Warner, ma tu...tu hai qualcosa che
non ho mai visto prima in nessun giocatore. Sembri...sembri
quasi trovarti a tuo agio in porta...sei scaltro e abile,
ma allo stesso tempo ti muovi con grande eleganza. Sì,
forse hai qualche lacuna nella preparazione atletica...ma
con un po' d'allenamento, sono sicuro che potresti
raggiungere un buon livello. Per quanto riguarda la
tecnica, invece...beh, quella davvero non ti manca".
Kris, sentendo quelle parole, spalancò gli occhi per lo
stupore. "Da...davvero la pensi così? Quindi...".
Benji sorrise. "Quindi considerati pure il numero 1
della New Team...da oggi sei con noi, Kristian Grover!".
L'intera squadra esultò, stringendosi subito intorno al
nuovo membro. Anche Philip e Julian si scambiarono
un'occhiata compiaciuta, felici di aver trovato in
Kristian un degno avversario, in grado di sostituire al
meglio Price.
Il neoportiere, dal canto suo, non poteva ancora crederci.
Tutto quello che aveva sempre voluto...anzi, l'unica cosa
che aveva sempre desiderato...ora...ora si era avverata.
Kris girò cautamente la testa per cercare Becker. Lo
vide ancora in campo che, insieme ad Holly, parlava con
Ross e Callaghan, che avevano poco prima raggiunto i due
amici.
Rimase a guardarlo a lungo. Il viso gentile, dai
lineamenti delicati e perfetti. Gli occhi dolci e
luminosi, di un intenso color nocciola. Il fisico
equilibrato, da modello, il corpo ben proporzionato e
slanciato...e, infine, incredibilmente bello. Sì, era
come lo ricordava.
E adesso, finalmente, lo aveva ritrovato.
FINE 1° CAPITOLO
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