INCOMPRENSIBILE TI AMO


Quando scesi dal treno lui era lì, appoggiato al muretto, sotto l’orologio, con le braccia incrociate al petto e la sua espressione altezzosa sul viso.
Per poco non mi venne un colpo! Eppure non stavo sognando... i suoi lineamenti perfetti erano proprio come la mia memoria aveva inciso dentro di me. Mi caricai il borsone su una spalla e mi guardai intorno. Nessun’altro di mia conoscenza. Forse Louis era lì per me, magari non sapendo dove andare, mi avrebbe fatto da guida fino all’ostello. Sorrisi al solo pensiero. Rivedere quel ragazzo mi aveva riacceso l’animo!
Ero abbastanza di malumore... avevo lasciato indietro Bordeaux e tutto il resto... non ero molto felice di trasferirmi a Parigi però guardando gli occhi fieri di Louis mi sentivo davvero meglio! Feci una breve corsa verso di lui, per poco non gli saltai in braccio! In un attimo voltò lo sguardo e si accorse di me. Mi stupii quando mi disse quella frase...
- Ehi, Ehi!! Tieni a freno i tuoi ormoni, non sfogarti su di me, io amo le ragazze!-
- Ma certo!!- gridai felice senza pensarci un secondo, in preda a quella sensazione strana mista all’euforico, ma anche all’impulso di stabilire un contatto che non avevo mai provato prima - Anch’io amo le ragazze! Andiamo a trovare qualche ragazza??-
- Pierre, che hai bevuto per colazione?- mi chiese preoccupato.
- Sto benone!- gli risposi con un sorriso, ancora preso dall’allegria - Sono solo contento di vedere un amico, ti sembra tanto strano?-
Amico?... avevo davvero detto quella parola?... non avevo mai considerato nessuno mio amico. Certo avevo conoscenti ma mai nessuno era stato davvero mio amico. Ed ora che lo avevo detto a Louis mi sentivo come tutt’un tratto vulnerabile.
- Mh... suppongo di no.- replicò senza starci a pensare molto.
- A proposito,- cominciai - che ci fai in stazione?-
- Sono venuto a prendere El Cid Pierre in missione.- scherzò - Beh, ho saputo che ti sei appena trasferito, così ho deciso di farmi un giro, sono passato giusto in tempo, eh!-
- Chi... chi ti ha detto che mi sono trasferito?- gli chiesi perplesso.
- Sveglia! É quasi mezzogiorno ormai! In che squadra credi che giochi il sottoscritto fuoriclasse, mh?- si atteggiò come sempre, ma a me non dava fastidio, non più. Ormai avevo capito che lo faceva per attirare l’attenzione... un po’ come me... anzi, proprio come me.
- Nel Paris St.Germain???- scattai su incredulo.
- Tombola! Messieurs et mesdames aujourd’hui nous avons un nouveau gagnant!! Mhh... voyons un peu lequel récompense il lui rapporte... veux-tu un bisou, Pierre mon chéri? [Signori e signore oggi abbiamo un nuovo vincitore!! Mhh... vediamo un po’ quale premio gli spetta... vuoi un bacio, Pierre mio caro? N.d.Traduttore simultaneo pagato a ore dall’autrice *^___-*]. Louis si avvicinò pericolosamente mettendomi una mano intorno al collo, come suo solito non la piantava un attimo di prendere alla leggera ogni cosa!
- Piantala maniaco invertito!!- lo scostai con un certo rammarico -... davvero torneremo a giocare insieme?- chiesi di nuovo, speranzoso. Finalmente potevo stare con qualcuno che conoscevo, Napoleon poteva sembrare presuntuoso e arrogante,... beh... lo era davvero. Ma solo con chi non gli andava... ovvero con tutti tranne che con me, lo sapevo che si fidava. Dopo aver giocato insieme in nazionale mi aveva detto esplicitamente che mi considerava un buon capitano e che un giorno gli avrebbe fatto piacere giocare ancora al mio fianco... penso che fossi ancora più felice di lui all’idea.
ire gli occhi, e ci ero riuscito. a compreso che ciò che avevo fatto non era per la squadra o per altro, ma solo per fargl iap- Oh... così mi spezzi il cuoricino...!!- scherzò ancora atteggiandosi come una ragazza - Comunque sì, gioia! D’ora in poi saremo in squadra insieme, zucchero!-

- Bordeaux-Parigi è una bella sgroppata, eh?- fece riportandomi alla realtà -... Pierre? Sei in fissa?-
Scossi la testa tentando di ricordare gli ultimi pensieri, ero molto stanco accidenti...
- Sì, cioè... non è che il treno stanchi molto però è da ieri che non dormo.-
Già, non avevo dormito per due notti di seguito. Ero agitato, anzi forse un po’ in ansia di non essere all’altezza del Paris St.Germain. Per me contavano molto queste cose... e pensandoci mi chiedevo se anche per Louis era lo stesso. Forse lui era davvero uno a cui non importava niente di niente... forse era davvero quel tipo menefreghista e violento com’era conosciuto... sospirai.
- Senti un po’... ti ci hanno mandato a prendermi alla stazione o che...?- la domanda mi uscì dalle labbra con un tono piatto, come se non me ne importasse niente dell’argomento. Invece... mi sarebbe piaciuto che Louis fosse venuto a prendermi di sua iniziativa. La mia speranza si spense ancora prima di prendere vita.
- Ti pare che uno come me abbia tempo da perdere?- fece serio. Il mio viso si rabbuiò, così, involontariamente. Forse non dovevo lasciare che i sentimenti prendessero il sopravvento. Non l’avevo mai permesso eppure...
- Ehi... guarda che è inutile che fingi di mettermi il muso. Le conosco le tue tattiche!- continuò lui con un sorriso.
- Cretino! Non è una tattica! Ci sono rimasto male e basta!- le parole sfuggirono al mio controllo. Accidenti... perché in quelle situazioni dovevo sempre essere così impulsivo? Perché non potevo comportarmi con la freddezza che avevo sul campo da calcio?... e adesso cos’avrebbe risposto Louis? Di sicuro mi avrebbe preso per un idiota o che altro...
- Ok, ok. Non c’è bisogno di darmi del cretino!- sbuffò. Ecco di nuovo la sua espressione arrogante. Non l’aveva presa sul serio... per fortuna.
- Comunque se ti può far sentire meglio quando il mister me l’ha chiesto, non mi sono tirato indietro.-
- Eh? Chiesto cosa?- sgranai gli occhi, cadendo dalle nuvole.
- Senti un po’ ma ci sei o ci fai? Di venirti a prendere, no?-
In quel momento provai come una sensazione di sollievo. Era bello sapere che almeno un po’ a me ci teneva, ...ancora questi pensieri! Mi battei una mano sulla testa, come per scacciarli. Louis mi rivolse uno sguardo perplesso, ma io gli sorrisi.
- Ho bisogno di dormire!-

Quella mattina aprii gli occhi ancora un po’ stanco, con la speranza che almeno il mio nuovo coinquilino avesse dormito bene. Erano passati solo due giorni, ma mi stavo ambientando piuttosto bene. Mi misi a sedere sul letto e mi massaggiai gli occhi, ancora sbadigliando. Mi guardai intorno. Mi piaceva quella nuova sistemazione, quella stanza aveva due grandi finestre, che a quell’ora del mattino lasciavano filtrare attraverso le tende i primi raggi di sole, disegnando sul pavimento delle spirali di luce. Il bagno attiguo alla camera, due letti comodi e grandi, una scrivania in legno, un armadio nero e spazioso, un paio di comodini, la libreria e il tappeto di un rosso-marrone che si intonavano perfettamente con le pareti, ma la cosa più bella che incontrarono i miei occhi fu Louis disteso prono con un braccio che ciondolava fuori dal letto e il petto nudo. Accidenti!! Per un attimo non caddi a faccia ingiù! Quella vista mi aveva lasciato praticamente spiazzato!... Eppure non riuscivo a togliergli gli occhi di dosso. I suoi occhi verdi ancora addormentati erano il massimo... mi piaceva. Mi piaceva?... ma... ma... ma... Scattai in bagno per sfuggire a quella tortura. Avevo cominciato a respirare affannosamente, e sentivo caldo. Perché...? Perché la vista di Louis ancora addormentato, e soprattutto mezzo nudo, mi aveva provocato quel calore in tutto il corpo?... Ma soprattutto lì, in mezzo alle gambe. Accidenti!! La porta del bagno sbatté, ma non me ne preoccupai, aprii l’acqua ghiacciata e mi strofinai le mani bagnate sul viso, fino a che la sensazione di estrema sensibilità non scomparve.
- Devi fare per forza tutto questo casino quando ti svegli??- la voce di Napoleon al di là della porta mi fece sobbalzare. Afferrai un asciugamano e lasciai che il tessuto spugnoso assorbisse le gocce che erano andate a finire anche sul mio petto.
- Scusa...- riuscii a dire soltanto. Rimasi in attesa. Non parlò. Non parlai. Cercai di respirare con un ritmo normale, o almeno ci provai.
- Ci rimani a vita in bagno?- mi chiese. Tirai un lungo sospiro prima di riaprire la porta, pregando che Louis si fosse messo qualcosa addosso. Poi aprii.
- Ehi, ehi!! Pierre in déshabillé!! Non sapevo che mi avresti accolto così calorosamente!! Accidenti se me lo dicevi prima ti avrei portato qualche cioccolatino!!- rise. Lo guardai di nuovo. Evidentemente i miei scongiuri non erano stati ascoltati. Mi soffermai a fissargli i pettorali, erano così attraenti... in altre circostanze avrei allungato una mano per toccarglieli e sentire la tonicità di quei muscoli...
- Che stai facendo? Perché mi guardi così?- fece con un’espressione dubbiosa. Sbattei gli occhi e lo guardai in faccia.
- Di’ un po’, ma devi per forza dormire in mutande?!- dissi con tono duro, come se volessi reprimere tutto ciò che avevo provato fino ad allora.
- Oh, mi scusi mister “il pudore è tutto nella vita”! Non faccio mica così schifo, sai?? E poi non mi sembra che tu sia da meno!-
Beh... in un certo senso aveva ragione... anche se io indossavo un paio di pantaloni e lui i boxer non cambiava molto, dopotutto era estate e non potevamo certo dormire con l’impermeabile...
- Hai finito di lavarti la faccia o vuoi stare ancora un’ora a contemplare il tuo visino allo specchio??- mi disse di nuovo con il suo fare arrogante. Non risposi. Uscii dal bagno e basta, lasciando che vi entrasse il mio compagno. Louis stava canticchiando una canzone in inglese, accidenti di nuovo!! Adesso stavo anche pensando che mi piaceva la sua voce sexy!!... ma Louis non aveva una voce sexy!! Che cosa mi prendeva?! In verità, in quel momento me ne accorsi. Mi accorsi di quanto era calda e profonda la voce del mio compagno, mi era mancata quella voce!... per quasi un anno lunghissimo non l’avevo visto e mi era mancato da morire! Non era la prima volta che facevo questi pensieri su di lui... forse la dovevo smettere... forse non era normale... ma il fatto era che non ci riuscivo. Louis mi piaceva e basta!... ecco, l’avevo ammesso finalmente! Non c’era poi voluto molto... sospirai con un sorriso al solo pensiero che tra poco avrei rivisto il suo viso fiero e il suo corpo seminudo mi faceva sentire tutto un fremito! Afferrai la bottiglia che stava sul comodino e me la portai alle labbra. Mentre bevevo Louis uscì dal bagno con un asciugamano in vita, stiracchiandosi.
- Alloha, coha vuoi fahe ohhi?- mi chiese sbadigliando.
- Eh...?- fu la mia domanda perplessa.
- Che vuoi fare oggi? Dove vuoi che ti porti? Un tour de Paris? Un tour per vedere i luoghi che frequenteremo più spesso? O che altro?-
Non risposi... forse ero ancora un po’ addormentato ma scossi la testa. Era come se il pensiero di andare su e giù per Parigi con Napoleon mi mettesse un po’ in imbarazzo... sì, forse avrei combinato qualcosa di irrimediabile!
- Pierre sei sveglio?- mi passò una mano davanti agli occhi.
- Ah eh? Sì sì! Cioè... non è che mi vada molto di girare per Parigi.- conclusi.
- Su, se vuoi ti presento anche qualche ragazza carina! Mh? Ci stai?- quella frase mi fece andare in panne il cervello.
- Non me ne importa niente delle ragazze!- scattai come una molla. Al solo pensiero di vedere Louis con una ragazza mi faceva ribollire di rabbia. Eppure due giorni fa avevo affermato il contrario... è proprio vero che le parole e le situazioni sono sempre diverse!
- Uffa che strazio!!- esclamò il mio compagno sedendosi scompostamente sulla poltrona - Non dirmi che corri ancora dietro a quella... umh... come si chiama?... Ro... Romie?-
- Chi??- feci tentando di capire a chi si riferisse.
- Ma si, quella scimmiotta con i capelli arancioni!... che razza di colore è poi?- aggiunse. Alzai gli occhi al soffitto.
- Rosemarie, Louis. Si chiama Rosemarie. E comunque non è così! Non gli sono mai corso dietro!-
- Oh, certo! A chi vuoi darla a bere, Casanova! Con una schiera di ammiratrici al tuo seguito non avevi occhi che per quella mocciosetta!-
- Non è una mocciosetta!!- feci per difendermi, ma risultò il contrario: difesi lei.
- Visto?- fece Louis compiaciuto. Sospirai e scossi la testa.
- Sì, beh se proprio lo vuoi sapere un po’ mi piaceva. Però...-
- Però...?- mi esortò lui curioso.
- Senti non mi va di parlarne a te, chiaro?!!?- scattai su, innervosito.
- Ok, ok!- sbuffò lui, per niente sorridente. Ecco quello che non volevo fare: litigare. Ce l’avevo fatta lo stesso! Sono il massimo quando mi prefiggo di fare o non fare qualcosa! Solo che... quando mi aveva accusato di correre dietro a Rose non ci avevo visto più! A me non piace Rose, a me piace Louis!... e di sicuro a Louis non piaccio io. Anzi, avevo l’impressione di non andargli per niente a genio... uffa! Mi stavo tirando paranoie come una ragazzina! Possibile che in una mattina avessi capito così tante cose?!... in realtà però l’avevo sempre saputo... è che non volevo ammettere che mi piacesse un ragazzo... l’avevo detto a Rosemarie, in un litigio. Già... il nostro ultimo litigio. Poi ero partito e addio...
Nel frattempo Napoleon si era alzato ed aveva preso un paio di jeans e una canotta blu dall’armadio nero, per poi rientrare in bagno.
- Ah, te l’ho già detto che la biancheria di solito sta nel cassetto qua in bagno? Comunque se ti capita di vedere qualche paio di boxer o che altro sparsi per la stanza rimettili qui!- mi diede una voce. Boxer sparsi per la stanza??... Boxer di Louis??... accidenti stavo diventando anche feticista!

Non ebbi più nulla da obiettare, non avevo più voglia di rimanere in quella stanza, di sicuro avrei fatto qualche altra figura assurda e poi Louis non aveva intenzione di mollarmi, così lo assecondai.
- Allora, da dove vuoi cominciare?- mi chiese.
- Da dove vuoi tu. Fa’ strada.- gli dissi.
- Uh-uh... mi lasci guidare le danze! Bene, bene!- fece con un’aria poco rassicurante. Lo seguii lungo la strada e mentre mi camminava davanti gli guardavo le spalle. Larghe e robuste, da perfetto calciatore.
- Di’ un po’ Napoleon, come te la cavi a calcio?- buttai lì cercando di intavolare una discussione... e una scusa per guardare quegli occhi verdi. Lui si voltò sorridendo con orgoglio.
- Piccolo francesino, sono migliorato apposta per te!- mi strizzò l’occhio. Ma perché doveva farmi impazzire in quel modo!? Mi stava stuzzicando da quando mi era venuto a prendere alla stazione, da tre lunghi interminabili giorni. Impossibile che lo facesse apposta, non poteva sapere che io... e se invece stesse cercando un modo per... l’unica cosa era assecondarlo... magari avrei potuto... accidenti! Sempre questi pensieri senza capo né coda!
“Avanti, Pierre! Ma che ti prende?? Non ti riconosco più! Riprendi la sicurezza di sempre!! Riprendila! Riprendila! Riprendila, cavolo!!”
- Riprendere che cosa?- mi chiese Louis stranito. Ops... avevo pensato a voce alta!... cercai di tirarmene fuori in qualche modo.
- Riprendere... la distanza che si è creata tra noi!- gli fui subito a fianco - C’è qualche campo di calcio qui intorno? Così mi fai vedere quanto sei migliorato!-
- Ahah! Con piacere! Seguimi! Ti straccerò!- Napoleon rise e cominciò a correre su per il marciapiede. Anche stavolta me l’ero cavata...

- Facciamo chi segna per primo offre il pranzo!- esclamò.
- Ma all’ostello non c’è la mensa?- domandai.
- Sì ma non mi va di mangiare lì!- tagliò corto Louis, fermando il pallone con il piede destro.
- Ok, come vuoi. Ti farò vedere che non sei l’unico ad aver fatto dei progressi!!- dissi a pochi centimetri dal suo viso. Lui sorrise con aria di sfida... quando...
- Un duello?- fece una voce allegra alla nostra destra. La tensione che si era creata svanì tutto d’un colpo e per poco non cademmo a gambe all’aria. Louis sbraitò.
- Misaki! Accidenti a te, sempre in mezzo alle scatole?!-
- Ehi, Napoleon! Calma... calma... eheh... non volevo interrompere la sfida, passavo di qui e basta. Ero curioso!- il nuovo arrivato cercò in tutti i modi di togliersi di dosso lo sguardo pungente del mio compagno che lo fissava non troppo bene.
- Nervosetto stamattina!- aggiunse rivolto a Louis.
- É colpa sua! Se non facesse tutto quel casino quando si sveglia!- rispose indicando me.
- Senti non l’ho mica fatto apposta!- mi difesi.
- Beh, la prossima volta vedi di essere un fantasma!- tagliò corto.
- Accidenti che cambi d’umore!- scherzai ridendo.
- Se hai qualcosa contro la mia luna storta prenditela...- si guardò intorno cercando qualcuno a cui scaricare la colpa, ma il campo era praticamente vuoto, l’unico presente era Misaki -...con quel giapponese!-
Scoppiai a ridere. Accidenti quanto era buffo Louis quando tentava di scaricare la colpa su un altro... tra l’altro se si era svegliato male era solo colpa mia. Ma questo non glielo dissi, mi avrebbe sicuramente riempito di cazzotti e non volevo farglielo tornare alla mente. Guardandomi, il suo viso si sciolse in una risata, così in pochi istanti eravamo seduti sull’erba come due bambini a ridere senza motivo! Taro ci guardava dagli spalti con la spesa in mano come se fossimo due squilibrati. Ma abbozzò un sorriso anche lui, non continuando a capirci niente.
- Pe... rché ridete in quel modo?- fece titubante.
- Che t’importa del perché?!... ridi e basta!- disse Louis mentre rideva sguaiatamente.
- Ridere fa bene, non te l’ha mai detto nessuno?- aggiunsi io mentre mi tenevo lo stomaco. Ci riprendemmo solo dopo un po’, mi aveva fatto davvero bene ridere! Mi asciugai le lacrime e sorrisi ancora un po’, trattenendomi dal ripartire a ridere come un idiota.
- La sfida riprende?- chiese Misaki.
- Certo che sì! Vedrai El Cid! Non ti lascerò toccare palla!- fece Louis con la sua aria da spaccone.
- Posso arbitrare?- s’intromise di nuovo Taro. Annuii. Il mio compagno non disse nulla, probabilmente non gli importava che ci fosse o meno l’arbitro, l’importante era battermi. Ma io non gli avrei dato tregua. Il giapponese diede il via alla sfida. Mi sembrò che Louis mi lasciasse prendere il pallone volontariamente, per poi entrare in scivolata e farmi praticamente cadere di faccia.
- Ahio!! Maledizione!!- imprecai mentre lui si prendeva la sfera e correva verso la porta della mia metà campo con un sorrisetto compiaciuto, mentre Misaki si sbracciava e urlava qualcosa di incomprensibile.
- Eheh, El Cid! Che brutta caduta!- rise aumentando la velocità della sua corsa.
- Vieni qui, Napoleon!!- gridai scattando in piedi e cercando di raggiungerlo. Entrai in scivolata anch’io, però Louis saltò, al contrario di tutte le mie aspettative, tirò un Cannon Shot verso la rete, che per poco non lacerò la maglia bianca, poi scoppiò in una risata superba.
- Ahahah!! Hai visto, mon petit Pierre? Sono o non sono più forte di te? Aha!-
Una sensazione di rabbia s’impossessò di me e cominciai ad urlare.
- Non chiamarmi così!! E poi vedo che il gioco scorretto non ti è passato!!-
- É brutto non saper perdere!- sghignazzò ancora. Ad un tratto un flash. Accidenti, erano le stesse parole che rivolgevo io ai miei avversari dopo averli realmente sopraffatti. Brutto non saper perdere... ecco come si sentivano quei ragazzi quando dicevo certe cose... avviliti e distrutti. Ma io avevo un motivo in più per essere furioso! A quanto pare a Louis non importava niente di me! Proprio niente! Gli fui subito addosso, prendendolo per il tessuto leggero della canottiera blu.
- Hai fatto il carino con me solo per umiliarmi in questo modo, eh?! Quante volte ti ho detto di piantarla di giocare scorretto! Idiota!!-
Louis non rispose alle mie grida. Per la prima volta sul suo viso non era dipinta un’espressione arrogante, semplicemente mi guardava con gli occhi fissi nei miei, e in un attimo sentii il calore delle sue mani sulle mie, così lasciai a poco a poco la stretta. Che cosa mi era venuto in mente di dirgli?... maledizione! Mollai il cotone dell’indumento con una mossa veloce, come uno strappo. E con quella anche le mani di Louis scivolarono via, lontano da me...
- Fallooooo!!!!!!! Ragazzi!!!!!... Era fallo!! Il gol non vale!!!!!- gridò Misaki avvicinandosi con il fiatone - Ma quanto correte! Non sono riuscito a starvi diet...- poi si bloccò guardando la scena. Louis mi fissava ancora ma io... guardavo l’erba sotto di me, era come se mi mancassero le forze per sostenere l’espressione sincera dei suoi occhi.
- Tutto... ok?- chiese il giapponese. Napoleon sospirò e si voltò verso di lui.
- Sì, tutto ok. La riprenderemo un’altra volta la sfida... devo parlare con Pierre.- Misaki capì alla perfezione di essere di troppo e si allontanò facendo un cenno con la mano e sorridendo come suo solito. Invece io a quelle parole sussultai. Parlare?... e... e adesso?
- Ce ne andiamo?- mi chiese voltandomi le spalle e allontanandosi. No, non era una domanda, era un ordine. Se ne stava andando e l’unica cosa che potevo fare in quel momento era seguirlo.
Vulnerabile. Vulnerabilissimo... il mio cervello cominciò a formulare pensieri illogici, praticamente sconclusionati, su di me, su Louis... su tutto... ero in ansia. Perché quando ero con lui non riuscivo mai ad essere freddo e distaccato? Perché i sentimenti prendevano sempre il sopravvento?...
Ci sedemmo alla terrazza di un caffè-ristorante poco più in là. Era quasi mezzogiorno, ora di pranzo.
- Immagino di dovere offrirti il pranzo.- mi disse tirando fuori il portafogli. Il mio sguardo, che fino a quel momento era stato fisso per terra, si alzò fino ad incontrare di nuovo i suoi occhi, e la mia bocca, rimasta fino ad allora in silenzio, parlò.
- Che...? Ma se ho perso!- gli dissi stranito.
- Si dice: non ho vinto. Perdere è una parola che non mi piace.- sorrise - E comunque l’hai sentito anche tu quell’arbitro venduto di Misaki, il gol non era valido.-
Mi disse tutto con un sorriso. Un sorriso che mi fece trasalire. Perché mi stava sorridendo? Perché non potevo fare a meno di arrossire? Perché accidenti mi piaceva così tanto Louis?!... ma tutte quelle domande non trovarono risposta, solo io ero lì, seduto di fronte a lui e lui era lì, seduto di fronte a me. Sorrisi anch’io.
- Andiamo da un estremo all’altro, eh? O si ride o si piange.-
- Sì, beh... una via di mezzo non esiste.- rise. Rimanemmo a sorriderci come se il tempo si fosse fermato. Il vento d’estate mi sfiorava le guance e giocava con i miei capelli lunghi.
- Di’ un po’... te la ricordi l’ultima volta che hai pianto?- mi chiese tutt’un tratto. Sgranai gli occhi. Che razza di domanda era...??
- Io...- dissi cercando di ricordare -... penso quando abbiamo pers... emh... non abbiamo vinto la coppa del mondo giovanile, un anno fa. Non mi hai visto ma devo confessarti che qualche lacrima ce l’ho messa anch’io.- sorrisi. Louis mi rivolse lo stesso sorriso. Era come se fossimo immersi in un mondo che non fosse di nessun altro, solo nostro. E non m’importava del perché lui mi stesse sorridendo, lo stava facendo. Stava sorridendo proprio a me.
- Carino sapere che il mio ex capitano ha il cuore tenero!- rise di nuovo - Ma io intendevo piangere davvero, per qualcosa che si ama, non per uno stupido pezzo di ferro! A piangere per il calcio c’è già Oozora!-
- Ehi, Napoleon! Da dove vengono questi ragionamenti da filosofo?- sviai il discorso - Non ti facevo così ideologo!-
- Così mi offendi! Guarda che non sono così superficiale! Sono un tipo serio!- fece il finto arrabbiato. Quando arrivò il cameriere ordinammo e poi cominciammo un altro discorso. Ero riuscito a volgere altrove le attenzioni di Louis... forse avremmo ripreso il dialogo ma io in quel momento ero troppo confuso per parlarne.

- Scusa!-
- Ehi, non fa niente, ok?- feci seccato.
- Ma dai! Non ho fatto apposta a lasciare i contanti all’ostello!- mi rincorse.
- Se devi intavolare una bella scusa, di’ almeno che hai dimenticato il portafogli!-
- Ma... ma...- Louis non si trattenne più, scoppiò a ridere - Grazie del pranzo, Pierre!-
- Divertente...- commentai senza voltarmi.
- Ascolta:- cominciò appoggiandosi alla mia spalla, mentre camminavamo - la prossima volta pago io!-
- Sì, certo!- me lo scrollai di dosso.
- Certo! Scommettiamo?-
- Io con te non scommetto più niente!-
Louis sbuffò.
- Senti, non volevo farti arrabbiare.- il suo tono di voce mi rese ancora più vulnerabile di quanto non fossi già, ma stetti sulla difensiva.
- E non mettermi il muso come un moccioso!-
Mi voltai ma lui non c’era più. Era già al mio fianco e mi aveva preso la mano.
- Ma... ma che fai?- gli chiesi stranito.
- Vieni!- mi trascinò sempre tenendomi per mano fino ad un edificio grigio di mattoni. Faticai a stragli dietro, ma in realtà lo facevo apposta, se l’avessi raggiunto sarei stato costretto a lasciargli la mano, invece mi piaceva sentire le sue dita intrecciate alle mie...
- Ecco, questa è la scuola!-
- Ah, che felicità...- feci sbuffando.
- Beh, la prospettiva non è allettante, però pensavo ti sarebbe stato utile vedere in quale baracca comincerai a frequentare le lezioni!- mi disse con fare canzonatorio.
- Ma se manca ancora tutta un’estate!- mi lamentai.
- Lo so, ma prima vedi questa roba, prima ti togli il pensiero! Così sai dov’è e io non ti dovrò fare da balia il primo giorno per accompagnarti fino qui!-
- Perché tu non frequenterai...- feci per cominciare, ma il mio compagno mi zittì.
- Lascia che ti spieghi: dunque,- si atteggiò a uomo di cultura - i giocatori del Paris St.Germain alloggiano all’ostello fino alla scadenza del loro contratto, o al rinnovo, di conseguenza frequentano le scuole più rinomate di Parigi senza sborsare un soldo, visto che lo stipendio, se lo vogliamo chiamare così, è già quello che è...-
- Senti.- lo interruppi - Le so già tutte queste cose! Allora, insieme o no??-
Ero impaziente di un sì. Volevo stare con lui per tutto il tempo possibile, anche fuori dall’ostello. Era già una fortuna che ci avessero messi in stanza assieme! Solo che... a quell’ “insieme o no”, Louis mi guardò storto. Forse non avrei dovuto essere così esplicito...
- Accidenti, Pierre!- fece serio - Io non... non credevo che tu... beh, insomma...-
Tutt’un tratto diventai di marmo. Non riuscii più a formulare un pensiero sensato, troppe supposizioni affollavano la mia mente e Louis... oddio e adesso Louis cos’avrebbe detto?? Come avevo potuto scoprirmi in quel modo assurdo?!
Notò la mia agitazione interiore e parlò.
- Non pensavo che tu... - deglutii turbato - ...mi credessi tanto secchione! Vorresti stare anche in classe con me per poter copiare, mh? Guarda che... che non sono Einstein! Anzi... credo proprio l’opposto!-
Si lasciò andare ad una risata, ma non era una risata qualsiasi, mi pareva quasi liberatoria... liberatoria... che cosa? Che voleva liberare...? La tensione forse?... no, quello ero io. Assolutamente teso. Lo seguii a ruota.


Quando tornammo nei nostri alloggi era sera. Eravamo stati in giro tutto il giorno un’altra volta. Mi piaceva uscire con Louis. Era come se fossimo insieme... beh non proprio... ad ogni modo era il terzo giorno di fila che uscivamo e anche se non sentivo più le gambe non me ne preoccupavo perché con me c’era lui, e mi sorrideva.
Mi buttai sul letto a pancia ingiù e sbadigliai.
- Stanco?- fece lui levandosi la maglietta. Arrossii.
- Un po’...- dissi voltandomi dall’altra parte. Probabilmente lui lo notò, o forse no, ma ero troppo affaticato per badarci... forse...
- Ehi, Pierre?- mi chiamò. Mi voltai lentamente strofinando la faccia sul letto. Mi fissò con una strana espressione, ebbi quasi paura a vedergli la preoccupazione sul volto.
- Stai male? Sei tutto rosso. Non è che ti è venuta la febbre?- mi si sedette accanto e il suo tocco mi fece sussultare. Accidenti non ero rosso certo perché avevo la febbre! E adesso chissà in che condizioni era la mia faccia, con lui vicino che mi toccava la fronte... ovviamente senza la maglietta addosso!
- Non ti facevo così apprensivo...- riuscii a biascicare. Lui ritrasse piano la mano e si appoggiò con entrambe all’indietro, lasciando ciondolare anche la testa indietro.
- E io non ti facevo così pappamolle!-
Sorrisi. Non avevo voglia di litigare, e credo nemmeno lui. Era bello stare sdraiato sul letto con lui accanto che sorrideva al soffitto con il capo buttato indietro. Mi dava una sensazione di pace... forse stavo diventando pazzo sul serio! Però... ci avevo messo così poco per rendermi conto che mi piaceva Louis. In verità... da quando l’avevo lasciato, insieme a tutti i miei compagni della nazionale, mi era presa una strana nostalgia. Credevo fosse normale, dopotutto era il mio primo campionato del mondo. Però poi... poi quando Rose... mi aveva detto quelle cose...

Stavamo litigando ancora per una sciocchezza. A lei non andava giù il fatto che avessi accettato l’offerta del Paris Saint Germain, strano da pensare... ma stavamo urlando di nuovo.
- Ma che ne vuoi sapere tu di calcio!?-
- Ne so molto, caro mio!!- si era voltata stizzita - E ad ogni modo dovevi prima consultarmi!!-
- Eh?!- le avevo rivolto uno sguardo stralunato - Che cavolo dici?! Non ho certo bisogno del tuo appoggio per andare a giocare nella squadra giovanile più famosa di Francia!!-
Rosemarie si era girata di nuovo verso di me e aveva alzato ancora di più la voce.
- Credevo di contare qualcosa per te!-
Non ci ero rimasto a pensare su due volte e nell’impeto della rabbia gliel’avevo detto.
- Ehi, anche Napoleon conta qualcosa per me, ma non sono certo volato fino a casa sua per dirgli una cosa simile!!-
Le parole, ancora una volta, mi erano sfuggite di bocca senza passare del cervello... così, avevo detto una cosa del genere senza nemmeno rendermene conto. Ma lei l’aveva presa in modo normale, come se quel nome appena pronunciato da me fosse uno stupido esempio per dirle che avevo preso la decisione da solo.
- Ma la pianti di parlare di Napoleon?! Non è il tuo ragazzo!!-
- Nemmeno tu!!- le avevo urlato prima di voltarmi e sbattere la porta, uscendo. Da quel momento non l’avevo più vista. Era in quell’istante che avevo capito che il pensare a Louis non era solo un fatto di nostalgia. Ora il suo nome mi usciva dalle labbra senza che me ne rendessi conto! Ero rimasto sconcertato dai miei stessi sentimenti però... quando quel giorno l’avevo visto alla stazione, ero diventato così felice e avevo compreso che il fatto di voler stare insieme a lui mi procurava una serie di grandi emozioni, mai provate con nessuna ragazza... non che ne avessi avute tante, infondo non me ne era mai importato nulla nemmeno di avere un fan club di sole ragazze. E poi il fatto che Louis se ne andasse su e giù per la stanza mezzo nudo non aiutava certo le mie capacità di trattenermi dal saltargli addosso, capacità che ogni giorno perdevano punti... però era bello, Louis.

- Ti piaccio...?- mi chiese. Alzai la testa di scatto. Che?? Cosa?? Che cosa mi aveva appena chiesto?!... mi ero appisolato pensando al passato e ora lui aveva rimesso la mano sulla mia fronte facendomi quella domanda... e adesso? Deglutii cercando di ragionare.
- Tu...- iniziai, però Louis rise ed esclamò:
- Ma no, maniaco! Non io! Ti ho chiesto se ti piace la cucina cinese!- disse ancora ridendo. Trassi un sospiro di sollievo, ma mi uscì uno sbadiglio. Evidentemente stavo ancora per metà nel mondo dei sogni! Accidenti adesso lo sognavo anche che mi chiedeva certe cose! Per fortuna Louis non prendeva la maggior parte delle cose sul serio, perciò mi tranquillizzai subito, anche se il cuore non accennava a rallentare un attimo!
- Umh... sì... credo...- gli risposi. Il mio compagno si rimise la maglietta ed aprì la porta.
- Ok, aspetta qui. Vado e torno! E non addormentarti ancora o la tua parte me la mangio io!-
- Sì, certo! Tanto pago io!- sbuffai rigirandomi. Napoleon era impossibile! Anche quel giorno gli avevo pagato colazione e pranzo, andava così da quando ero arrivato! La porta si richiuse ed io riaprii gli occhi. Il mio sguardo cadde fisso sul comodino, dove stavano alcuni contanti. Scommisi che Louis aveva dimenticato i soldi della cena e tra poco sarebbe tornato a prenderli, invece rialzandomi stancamente notai che c’era allegato un biglietto. Mi misi a sedere sul letto e afferrai quel pezzo di carta.
“Razza di tirchio, te l’avevo detto che te li avrei ridati!
Sono un uomo di parola io!”
Sorrisi. Erano i soldi di... beh, tutte le volte in cui aveva mangiato dal mio portafogli! Li contai, non sapevo esattamente quanto mi doveva, ma infondo non me ne importava molto... solo mi aveva fatto piacere il fatto che se ne fosse ricordato.
“P.s.: non stare a contarli, sono giusti... ma tanto l’avrai già fatto!”
Di fianco al P.S. c’era uno scarabocchio che doveva essere lui mentre mi faceva una linguaccia... sorrisi di nuovo. Allora non era solo un piantagrane manesco! E il fatto che si fosse ricordato di me mi riempì di felicità. Non avevo nemmeno più voglia di dormire!
Non avevo molto da pensare, mi distesi di nuovo sul letto, questa volta a pancia in su, e chiusi gli occhi ancora riflettendo su come mi trovavo bene con lui. Era bello abitare insieme, anche se proprio non avevamo diciotto anni, mancava un anno soltanto... e poi il fatto di stare nella stessa squadra e che tra un mese, alla fine dell’estate, sarebbero ripresi gli allenamenti, mi piaceva davvero molto! Anche se non avremmo frequentato la stessa scuola... ehi, un momento! Perché poi? Che differenza c’era tra una scuola e l’altra? Gliel’avrei chiesto appena Louis fosse rientrato.

- Si mangiaaaa! Ti piace il sushi? Ho detto il sushi, non Napoleon!- rise. Potevo sentirlo ugualmente, mentre ridacchiava. Probabilmente si era divertito a vedermi arrossire fino alla punta delle orecchie... non aprii gli occhi, facevo semplicemente finta di dormire. Non so perché mi fosse venuta un’idea tanto assurda, forse perché non mi andava di vedere Louis mentre rideva di me e così tenni gli occhi chiusi, giocando come un bambino. Silenzio. Non udii più nulla. Ad un tratto sentii qualcosa di caldo sfiorarmi il collo, sembrava quasi il tocco leggero di due dita, aprii gli occhi lentamente, infastidito. Per poco non caddi dal letto! Accidenti! Non mi aspettavo di... di... di...
- Si mangia, non mi hai sentito?- sussurrò Louis prima di allontanarsi da quei due millimetri che separavano le nostre labbra. Non mi resi conto di aver stretto i pugni.
- Ma sei scemo?! Vuoi farmi venire un infarto!?- gridai mentre me lo levavo di dosso.

- Scusa, ma non ti svegliavi! Almeno così sei scattante come un grillo!- sorrise cercando di discolparsi. Mi alzai dal letto e mi voltai verso la finestra con il fiatone e la faccia che sicuramente aveva un colorito da far invidia a un pomodoro!
- Tieni.- mi porse una scatoletta di sushi con le bacchette. Mi voltai lentamente e gli strappai di mano quell’affare. Non sapevo nemmeno io cosa mi stava prendendo, solo non mi aspettavo di vederlo così vicino a me... di vedere le sue iridi quasi incollate alle mie... e la sua bocca... accidenti!! Tirai un’imprecazione mentalmente, poi sospirai e mi sedetti sulla poltrona. Non parlavo, non perché fossi arrabbiato, ero talmente stato preso alla sprovvista che non sapevo cosa dire... e mi sentivo un idiota perché invece di approfittare della situazione e dargli un bacio l’avevo spinto via come se fosse l’ultima persona al mondo che avrei voluto avere vicino! Invece... Louis... era la prima. E non lo sapeva. Chissà come avrebbe reagito se l’avessi baciato? Probabilmente da manesco qual è mi avrebbe mandato all’ospedale o che altro... eppure, perché da quando ero arrivato non aveva fatto altro che punzecchiarmi? Perché si comportava così? Non si rendeva conto di quali reazioni suscitava in me?... Evidentemente no. Uffa... perché non potevo stare semplicemente con lui?
“Perché è così difficile dirgli che mi piace?” pensai. Alzai gli occhi... sperando di non aver pensato un’altra volta ad alta voce. Incontrai il suo sguardo che si posò in quel momento su di me. Bravo, e adesso? Se l’avessi distolto mi sarei scoperto ancora di più... ma non riuscivo a reggere, i suoi occhi erano come pugnali... ma era così bello Louis...
- Dove sei andato a prenderla questa roba?- gli chiesi tuffando il mio sguardo nel sushi che tenevo in mano.
- Qui sotto.- fu la risposta breve di Louis. Perché tutt’un tratto era diventato così freddo?
- Che c’è?- gli domandai di nuovo. Lui mi fissò tentando di capire a cosa mi stessi riferendo. Si fermò con le bacchette in bocca a fissarmi come se fossi sceso dalla Luna. Scoppiai a ridere. Louis aggrottò le sopracciglia, visibilmente preoccupato del mio stato mentale. Ma non potevo farci niente! Era così buffo con le bacchette in bocca e le labbra tutte sporche di sushi come un ragazzino, che non potei fare a meno di esplodere in una risata.
- Forse ho fatto male a prendere il sushi...- disse - ...El Cid, stai bene?- ma io continuavo imperterrito a ridere cercando di appoggiare la scatoletta sul tavolino. Una volta compiuta l’impresa mi portai una mano sullo stomaco e l’altra in direzione di Louis, indicandolo.
- Vedessi la tua faccia!!- riuscii a dire tra le risa.
- Che? Che ha la mia faccia?!- tuonò lui appoggiando il suo sushi sul comodino e toccandosi le guance con le mani. Poi si pulì la bocca e in un attimo fu sopra di me, sulla poltrona.
- Tu non sei messo meglio di me! Vieni qua che ti sistemo io, poi vediamo chi è che ride!!- ovviamente stava giocando, però mi finì in braccio. Forse ero io ad essermelo spinto addosso, fatto sta che si era sbilanciato ed ora il mio capo era appoggiato al suo petto. Non si muoveva più era come irrigidito. E lo ero anch’io, accidenti se lo ero! Avevo smesso in un attimo di ridere e ora potevo sentire il calore del suo petto su di me, anche se separati da uno strato sottile di cotone.
- Mi... arrendo...- sorrisi sussurrandolo debolmente. Louis si discostò lentamente e sospirò a lungo.
- Che... ti è saltato in mente?- gli chiesi ancora agitato. Non rispose. Parlò solo dopo un istante.
- Beh... il mio piano era quello di ammazzarti di botte solo che... ripensandoci non mi pare una buona idea...-
- E perché...?- chiesi incuriosito. Non so perché ma quel suo stato di incertezza mi eccitava moltissimo e lo sentii tutt’un tratto più vicino a me...
- Perché... tu mi servi per portare a termine i miei subdoli piani...- rise voltandosi e tornando al sushi.
- Eh?- feci stranito - Che piani?-
Sembrava tornato tutto alla normalità, Louis rideva come un maniaco assassino e io lo stavo pure ad ascoltare!
- Beh, prima di tutto devo farti diventare pazzo, di modo che ti suiciderai, così sarò io a prendere la fascia di capitano del Paris Saint Germain e a portare la squadra alla vittoria, senza rivali!-
Al sentire quelle parole mi sentii offeso. Allora era quello che provava verso di me. Rivalità e nient’altro... mi sentii vuoto. Mi stava tenendo buono per arrivare ai suoi scopi idioti?? Che gli importava del calcio quando... quando c’ero io che gli volevo bene?... Beh, quello forse era il contrario... la situazione inversa. Pregavo perché anche Louis provasse lo stesso verso di me e invece...
- Che fai, non ridi?- mi disse. No, non ridevo. Ero furioso! Ad un tratto bussarono alla porta. Napoleon mi guardò e io guardai l’ingresso.
- Chi è?- disse il mio compagno.
- Pierre? C’è... c’è Pierre?- fece una voce conosciuta. Louis smise all’istante di ridere. Mi alzai, feci scattare la serratura che teneva chiusa l’entrata e aprii.
- ... Ro... Rose!- esclamai una volta che la vidi davanti ai miei occhi. Lei entrò con forza e si voltò verso di me, ancora fermo sull’uscio con la mano sulla maniglia.
- Ehi, mocciosa! Si chiede permesso!- scattò su il mio compagno.
- Mocciosa lo dici a tua sorella! E comunque io non sono qui per parlare con te!- fece Rosemarie con aria di superiorità. La cosa non andò giù a Louis, che si parò tra noi due e cominciò ad urlarle dietro.
- Senti un po’, dato che qui ci abito io da più tempo del tuo adorato Pierre, sei pregata gentilmente di portare le chiappe fuori e risolvere i vostri intimi affari altrove!!!!- non l’avevo mai visto così infuriato, nemmeno durante una delle risse che lui stesso provocava, in campo. Non dissi niente... però forse era il caso d’intervenire.
- Piantala Louis!- lo scansai.
- Come?! Piantala a me!? Questa ragazzina presuntuosa entra, si fa i cavoli suoi e poi sono io che la devo piantare?! Di’ un po’, ti sei bevuto il cervello?!- non ci feci caso... aveva ragione ma ora la cosa più importante era capire perché cavolo Rosemarie era venuta fino a Parigi.
- Che ci fai qui?!- le chiesi con aria dura.
- Sono qui per te!- mi rispose.
- Oooh, tragedia greca!!- s’intromise Louis. Non gli badai, nemmeno Rose lo fece.
- Che vuoi?- le chiesi con più calma.
- Salutarti, magari!!- strillò - Te ne sei andato senza nemmeno fare un colpo di telefono! Sono venuta apposta da Bordeaux per vederti e trovo questo qui che mi urla addosso!!-
- Questo qui a chi!?! Esci immediatamente, ragazzina!!- Louis la prese per un braccio e la spinse fuori dall’appartamento. Lo guardai sconcertato. Non si era fatto nemmeno uno scrupolo sul fatto che aveva di fronte una ragazza! La situazione stava degenerando... e poi ero io la causa di tutto. Rose aveva ragione, non l’avevo nemmeno salutata, però avevamo litigato... a quanto pare teneva a me più di quanto credessi.
- Pierre!!- esclamò - Tienilo fermo!!-
Guardai Louis di modo che capisse che quella era una questione solo mia e di Rose... però lui c’entrava molto più di quanto potessi immaginare! Dal canto suo, a Napoleon sembrava non importare molto, ora che la ragazza era fuori dal nostro alloggio. Incrociò le braccia al petto nello stesso istante in cui Rose riaprì la bocca.
- Beh, non dici niente?!-
- Senti...- cominciai - Ok, scusa se sono partito così, ma adesso la mia vita è qui. Non tornerò più a Bordeaux.-
- Lo sapevo!! Hai trovato un’altra!!- gridò.
- Ma che stai dicendo!? Sei paranoica!!- avevo perso la pazienza. Tra Louis e Rose non ci stavo capendo più niente! - Un’altra?! Perché, ce n’è mai stata qualcuna!?-
- Sveglia, cretino! Si sta riferendo a sé stessa! Non lo vedi che è cotta di te?!- fece Louis, accanto a me, con fare altezzoso, come sempre. Rose... cotta di me?... feci due più due e in un attimo compresi tutto. Accidenti era proprio vero... Anche un idiota l’avrebbe capito! Anche Louis che la vedeva così dopo tanto tempo aveva capito tutto! E io no... ero troppo preso da Napoleon per capire il resto! Ero rimasto senza parole... rimasi zitto, l’unica cosa che potevo fare era fissare incredulo sia Louis che Rose.
- Allora, come si chiama, eh?? Chi è!?- esclamò di nuovo la ragazza che mi stava di fronte. Chi è...? La persona che mi piaceva...?
- Chi... è...- ripetei sussurrando.
“É proprio qui, vicino a me. Ti sta di fronte.” pensai. Ma non lo dissi. Non ero così sconsiderato... Anzi, ero proprio pazzo: presi la mano del mio compagno e la strattonai con forza, di modo da fargli perdere l’equilibrio e farlo finire sulla mia bocca. Ecco. Semplice, no? Lo stavo baciando. Davanti a Rosemarie. Avevo gli occhi aperti, riflessi in quelli sbigottiti e spalancati di Louis, che era diventato tutt’un tratto di marmo, proprio come Rose. Che razza di idea mi era saltata in testa?!... dentro di me si agitavano una marea di sentimenti diversi, tutto quello che mi aveva fatto passare Louis fino a quel momento, e poi ci si era messa anche quella ragazzina con la sua gelosia stupida! Ma il fatto era che io volevo baciarlo. Volevo sentire le sue labbra, lo volevo davvero. E fu ciò che feci. Tutto qui. Lo feci e basta. Per la prima volta nella mia vita avevo ascoltato il mio cuore e mi ero lasciato andare ai sentimenti.
La scena era ferma, finché non mi discostai dal mio compagno, che mi fissava ancora più allibito che mai. Non potevo sopportare il suo sguardo, non ce la facevo... al diavolo quella stupida mocciosa e tutto il resto! Avevo appena baciato Louis e ora lui mi avrebbe odiato a morte! Non mi avrebbe mai più guardato come prima... ma la cosa più importante era che io non avrei mai più avuto il coraggio di guardare in faccia lui!
Infilai la porta e sparii per le scale. Proprio così... ero scappato come un idiota... e non mi stavo chiedendo nemmeno che cosa si sarebbero detti Louis e Rose, o se mi fossero corsi dietro. L’unica cosa che sapevo era che stavo correndo il più velocemente possibile per le strade di Parigi, diretto chissà dove e con in testa una confusione tale da fare invidia a chiunque!

Non avevo idea di quanto tempo fosse passato. Tanto, credo, dato che la luna era ormai alta e le stelle si erano accese una ad una per imperlare il cielo tetro e limpido. Però era bello quel cielo... mi dava quasi l’impressione di non essermi cacciato nel pasticcio in cui ero, che stavo ancora a Bordeaux, sul terrazzo della mia camera a pensare a Louis... I miei occhi coglievano solo il cielo stellato, niente di più. Ero disteso supino su una panchina senza schienale e intorno a me c’era il vuoto. Silenzio. Non sapevo nemmeno dove mi trovavo, mi sembrava di stare nello spazio, vedevo solo stelle. Eppure i ricordi di qualche ora prima mi tormentavano, non stavo per niente bene al pensiero che prima o poi avrei dovuto per forza rivedere Louis,... o che mi avrebbe trovato prima lui e ammazzato di botte!
- Non è giusto!...- esclamai tirandomi su. Mi sedetti con gli avambracci appoggiati alle gambe, la schiena china e la testa tra le mani.
“Perché... non posso volere bene a Louis senza soffrire così?...” mi chiesi. Non m’importava di aver pensato a voce alta, tanto lì intorno non c’era nessuno. Mi si lacerava il cuore come se fosse di cartone al solo pensiero che non avrei mai potuto realizzare il mio sogno. No, non era uno dei miei capricci, sapevo bene distinguere ciò a cui tenevo davvero da una sciocchezza qualunque... e Louis era più di un sogno... era irraggiungibile... non poteva volermi bene come io volevo bene a lui... non in quel modo...
In quell’attimo compresi di essere legato a lui più di quanto credessi. Per tutto il tempo in cui ero separato da lui avevo sofferto di malinconia, quasi un anno... quando finì il campionato mondiale e fui tenuto a separarmi da tutti i miei compagni, ce n’era uno, uno soltanto che suscitò in me una grande nostalgia: Louis Napoleon. Mi piaceva il suo nome... era come se pronunciarlo mi desse un sollievo, ed era sempre stato così, fino a quel momento... in quegli attimi solo sfiorare il suo ricordo mi faceva male. Eh, già... quel cretino violento e piantagrane mi aveva preso davvero tanto... É brutto amare e non essere contraccambiati... mi faceva male l’anima... già, perché io ne ero innamorato con tutta l’anima... e avrei dato di tutto perché anche lui provasse lo stesso sentimento... magari anche una millesima parte di quanto sentivo io ma... ma volevo fare parte del suo cuore... e non vederlo così lontano... ancora così lontano. Stavo malissimo... pensai che forse era meglio se non avessi accettato l’offerta del Paris Saint Germain...
“Forse era meglio che me ne fossi rimasto a Bordeaux a sentire la sua mancanza, piuttosto che viverci insieme e sapere che non sente la mia presenza...” una lacrima mi rigò la guancia. Accidenti... ora stavo anche piangendo!... come un bambino... me ne volevo andare da Parigi. Non potevo sopportare la situazione, non potevo... non potevo tornare da lui e salutarlo come se niente fosse! Sopportare il suo sguardo accusatorio e arrogante che mi avrebbe fatto a pezzi! Per non parlare di Rose!... maledizione! Perché non potevo amare Louis senza che mi si lacerasse l’anima?! Non avevo mai provato un sentimento così grande, più grande di me... l’avevo capito così in fretta quando l’avevo visto appoggiato al muro sotto quell’orologio... e ora me ne stavo lì, seduto su una panchina, chissà dove a Parigi a piangere... per lui. Le lacrime mi scorrevano senza che io potessi fermarle... volevo liberarmi di tutto quello che avevo provato in quei giorni, gli sguardi di Louis, l’agitazione di vederlo a torso nudo, i suoi sorrisi, la sua mano stretta alla mia, le sue domande... le domande... mi tornò alla mente quella volta al caffè in cui mi aveva rivolto quella strana domanda di cui io non avevo capito il significato e l’avevo allontanata cambiando repentinamente discorso... “- Di’ un po’... te la ricordi l’ultima volta che hai pianto?- gli avevo risposto con quella sciocchezza sul campionato mondiale. - Carino sapere che il mio ex capitano ha il cuore tenero!- aveva riso - Ma io intendevo piangere davvero, per qualcosa che si ama, non per uno stupido pezzo di ferro!-” ...ecco cosa intendeva... e quelle lacrime... quelle che stavo versando in quel momento erano lacrime autentiche per colui che amavo davvero... l’unico di cui mi sia mai importato qualcosa... Louis. Sempre quel nome... che ormai mi tormentava da mesi...
“Non posso nemmeno più sognare senza soffrire...” sospirai. Un sospiro rotto dal pianto, pesante e carico di amarezza.
- Tutti i sogni possono diventare realtà se abbiamo il coraggio di inseguirli.- sussultai. Eppure quella voce la conoscevo bene... accidenti, volevo sprofondare! Ero così convinto che lì intorno non ci fosse nessuno che non mi ero accorto di aver pensato di nuovo ad alta voce. Sentivo la sua presenza, da qualche parte, dietro di me... finché non mi si sedette accanto, girato dall’altro lato. Potevo sentire il suo profumo... il suo buonissimo profumo...
- Louis... - riuscii a dire mentre le lacrime non si fermavano. In quel momento avrei voluto continuare a piangere finché non mi fosse scoppiato il cervello, non potevo fare altro, avevo smesso di pensare e non mi facevo più quelle domande cretine tipo “Adesso cosa succederà? Se la prenderà con me? Mi riempirà di pugni?”... perché le sue parole... quelle che la sua bocca aveva appena pronunciato, mi avevano toccato talmente nel profondo che ero rimasto senza pensieri. Forse ero troppo vulnerabile in quell’istante. Praticamente sconvolto e riuscii solo a pronunciare il suo nome.
- Beh, veramente è una frase di Oscar Wilde... però sì, sono io...- potevo udire la sua voce addolcirsi e sentire che stava sorridendo. Potevo vedere nella mia mente quel sorriso speciale che in quell’istante mi stava rivolgendo e io ancora imbambolato a versare lacrime, in un istante mi sciolsi, voltandomi all’improvviso e aggrappandomi alla sua giacca, continuando a tremare dal pianto.
- Ehi, El Cid...- mi disse piano avvolgendo il mio corpo con le braccia -...la prossima volta lascia un biglietto, così so dove sei.-
Ironia. Come al solito. Però quella battuta mi fece bene al cuore. Sorrisi e gli gettai le braccia al collo. Al solo pensiero che non se l’era presa, che mi stava abbracciando, le mie lacrime si trasformarono in gocce di gioia.
- Ero... di fretta.- riuscii a sussurrare in un sorriso - La prossima volta... ti do un colpo di telefono...-
Il suo abbraccio si fece più forte. Sorrise e posò le sue labbra sulla mia guancia bagnata, lasciando che si inumidissero delle mie lacrime. Volevo restare così per sempre... senza pensare ad altro, senza soffrire. E rimanemmo lì, finché non si discostò per asciugarmi gli occhi con un gesto dolce delle dita. Lo guardai per un istante, poi distolsi lo sguardo. Non volevo piangere davanti a lui, però era successo e io... non avevo potuto farci niente.
- Intendevi questo, quella volta al caffè? Piangere per qualcuno che si ama?- gli chiesi con un filo di voce.
- Non... volevo farti piangere.- sussurrò. Alzai di nuovo lo sguardo verso i suoi occhi verdi e scossi la testa, tirando su col naso.
- É colpa mia. Sono io l’idiota che si è messo a frignare come un bambino.-
- Però ti ha fatto bene.- mi mise una mano sulla spalla. Si avvicinò ancora di più al mio viso e mormorò, quasi sfiorandomi le labbra.
- A che gioco stai giocando, mh?-
- É un gioco nuovo...- risposi con lo stesso tono, quasi per paura di aver parlato troppo.
- Posso partecipare anch’io?- mi chiese avvicinandosi di quei pochi millimetri che mancavano per far sì che le nostre labbra si incontrassero di nuovo. Ma questa volta fu un contatto lungo e dolce, non breve e carico d’ansia come quello di poco prima. E fu proprio Louis a volerlo... mi sentii mancare. Lui mi stava... baciando? Potevo sentire le sue labbra muoversi piano sopra le mie e i suoi occhi ora erano chiusi, mentre io ancora incredulo, li tenevo spalancati. Un bacio. Solo questa semplice parola che detta così sembrava un nonnulla ma... in quell’istante io mi sentivo come se stessi sognando, come se fossi immerso nel sonno più bello della mia vita. Sentivo la sua bocca cercare la mia, succhiarmi le labbra con un movimento dolce. Un bacio.
Non riuscii a dire nulla quando quel contatto finì. Solo vidi i suoi occhi riaprirsi piano come delle fessure che nascondevano il sole all’alba e il verde stupefacente delle sue iridi mi fece provare quel senso di agitazione che si prova quando si è veramente felici. C’erano altre cose che volevo mi spiegasse... però in quel momento non m’importava più di niente.
- Torniamo a casa.- mi disse alzandosi. Casa. Per la prima volta sentii quel luogo come la mia casa. La nostra casa. Lo raggiunsi e cominciai a camminare al suo fianco, senza una parola. Troppo difficile parlare, troppo bello era quel momento per rovinarlo con le parole.


Solo quando arrivammo nella hall mi chiesi se Rosemarie fosse ancora nel nostro alloggio. Una sensazione di timore m’invase. No, non era timore era fastidio. Non volevo rivederla, stavo bene con Louis e nessun’altra persona intorno anche se non riuscivo ad interpretare il suo gesto, i suoi pensieri e le sue parole. Voleva partecipare al mio gioco. Il gioco dell’amore che provavo verso di lui. L’aveva capito. Non era da biasimare, dopo il bacio.
- Lei è ancora...- feci cadere la frase a metà, sicuro che il mio compagno avesse capito a chi e a cosa mi stavo riferendo. Scosse la testa.
- Le ho detto di andarsene. Così ha fatto.- freddo. Distaccato e conciso. La risposta di Louis mi arrivò come un avvertimento a lasciarlo in pace. Mi stupii. Perché ora si comportava così? Cosa gli avevo fatto?... beh, lo avevo baciato! Era una scusa che non stava in piedi... e poi mi aveva baciato anche lui. Non riuscivo a capire più nulla. Forse stavo sognando e mi sarei svegliato tra poco con Louis che tentava di farmi tornare alla realtà dicendomi che era tornato con il sushi. Sospirai pesantemente. Avevo pianto. Mi ero vergognato e ora la voglia di scappare si era fatta ancora più forte. Perché Louis non mi guardava più in faccia? Perché saliva le scale con quel ritmo insopportabilmente monotono e non si voltava verso di me? Rose se n’era andata e ora? Cosa ci saremmo detti una volta in camera? Volevo chiarire. Solo questo. La sensazione di disagio che provavo non mi era mai passata attraverso l’animo e stavo male.

Napoleon aprì la stanza con la chiave. Entrai. Lui richiuse con due mandate e lanciò quel piccolo oggetto di metallo nel portacenere vuoto sul cassettone. Canestro. Si stiracchiò ed entrò in bagno. Seguii tutti i suoi movimenti, fece come se io non ci fossi e infilò la porta del bagno il più velocemente possibile. Ora potevo sentire l’acqua corrente del lavandino scorrere sul freddo metallo. Deglutii e chiusi gli occhi, lasciandomi cadere sul letto dove poche ore prima pensavo allo stesso ragazzo che se ne stava chiuso in bagno a strofinarsi la faccia con l’acqua gelida. Mi resi conto solo in quel momento che i miei sentimenti erano talmente forti da non sopportare nemmeno la distanza di pochi metri. Lo volevo vicino. Sentire di nuovo il calore del suo abbraccio. Baciarlo.
Uscì dal bagno con un asciugamano sulle spalle, non mi guardò negli occhi, si sdraiò sul suo letto chiudendo i suoi. Silenzio. Mi voltai verso di lui e lo chiamai con voce flebile. Mi udì ugualmente e voltò il capo permettendomi di guardare nei suoi occhi. E ora? Dovevo parlare. L’unica cosa che potei fare era chiedergli scusa. Per il bacio, per aver agitato in lui chissà quali sentimenti... per tutto.
- Mi dispiace.- Silenzio. Solo dopo pochi istanti Louis mi rispose.
- Non fa niente.- Classico. Non importa, non fa niente, non ti preoccupare. E invece io stavo morendo dall’impazienza di sapere perché mi aveva baciato anche lui, perché si stava comportando in quel modo... ma rimasi lì, disteso su quel letto a fissare i suoi occhi.
- Mi piaci.- le uniche parole che fui in grado di dire. Finalmente gliel’avevo detto. Ora lo sapeva... beh, forse l’aveva intuito già da prima però volevo essere io con la mia voce a farglielo sapere e non con mezze frasi, gesti inutili e baci rubati.
- Lo so.- mi rispose. Sorrisi. Non so il motivo preciso ma sentii l’impulso di sorridergli. Mi piaceva davvero tanto. Louis. Si alzò e lasciò l’asciugamano sul suo letto, venendosi a sdraiare sopra di me, senza una parola. Sentivo il suo corpo, tutto il suo calore estendersi in ogni parte del mio essere. Le mie braccia furono subito sulle sue spalle e le strinsi forte al mio petto.
- Louis...- chiamai il suo nome come in preda ad una sensazione di eccitamento estremo. Lui mi baciò il collo e si strinse a me, in silenzio.
- Ehi, El Cid...- sentii il suo respiro sulla mia spalla. Mi voltai verso di lui - Mi piaci.- concluse e poi le sue labbra furono di nuovo sulla mia bocca. Sentivo le sue braccia passarmi sotto la schiena e stringermi forte. Aprii lentamente la bocca, volevo sentire il suo sapore, il sapore di quel ragazzo scontroso e violento ma allo stesso tempo dolce e capace di sorridere tanto sinceramente di cui mi ero disperatamente innamorato. Acconsentì al mio invito e anche lui dischiuse le labbra, permettendomi di assaporare la sua lingua, mentre mi aggrappavo alla sua maglietta sulla schiena, tenendo i pugni chiusi e desiderando di levargliela. Che strano... per una volta che Louis portava la maglietta, smaniavo di strappargliela per vedere quei pettorali perfetti...
Sentivo ancora la sua lingua lambirmi il labbro inferiore e poi passare ad accarezzare la mia,. Mi sentivo scoppiare, stava giocando con me come se fossi una bambola, prima farmi piangere, poi provare quella sensazione di disagio e infine fare crescere in me l’eccitazione con un bacio... un altro bacio. Era magnifico... quel sentimento, quella situazione, Louis... tutto quanto era splendido in quel momento. Non avevo mai provato una sensazione tanto forte per nessuno. Forse dovevo solo tirarmi un pizzicotto per svegliarmi ma il piacere corporale era troppo forte per essere scambiato per un’illusione. Il mio terzo bacio. Gli avevo regalato il primo poche ore prima, ma questo lui non lo sapeva... come poteva sapere che non avevo mai baciato nessuno? E che volevo solo le sue labbra, sempre e solo le sue labbra...
Quando ci discostammo aprii gli occhi e scrutai nei suoi.
- Stai giocando solo tu.- sussurrai.
- Mh...?- fece Louis stranito.
- Perché ti comporti così?- gli chiesi quasi al limite. Lui mi sorrise e si sdraiò accanto a me, sulla schiena.
- Perché mi diverto a farti impazzire.- sorrise. Rimasi senza parole. Allora... lo sapeva fin dall’inizio...
- L’avevo capito, non sono mica così stupido!- continuò con il suo sorrisetto sulle labbra. Per la prima volta trovai quel sorriso arrogante molto attraente, era meraviglioso starlo a guardare mentre dalla sua bocca uscivano suoni dolci, sfiorandogli le labbra. E stava parlando a me, proprio a me, dei suoi sentimenti. Rimasi ad ascoltarlo - Mi sembrava un po’ strano che un ragazzo mi fissasse in quel modo quando giravo senza maglietta... come facevi tu... forse non te ne rendevi nemmeno conto.-
- In effetti no...- cercai di sembrare il meno stupito possibile e non scoppiare a ridere del mio imbarazzo.
- Beh, ad ogni modo...- si voltò appoggiando il mento sulla mia spalla -...mi sono divertito a farti diventare matto... -
Curvai la bocca facendo il finto arrabbiato. Già, perché infondo mi ero divertito anch’io... e molto. Avrei dovuto tirargli tanti di quei pugni per avermi fatto sentire alla stregua di uno zerbino... però non era stato poi così male... oddio forse stavo diventando anche masochista... però provare quelle sensazioni aveva contribuito a farmi crescere un po’, a farmi comprendere meglio il sentimento che provavo verso quel ragazzo che mi sorrideva compiaciuto e attendeva, forse, una risposta. Ma io risi, risi di cuore.
- Forse ho esagerato...- disse Louis lasciandosi trasportare dalle mie risa -... sei diventato matto sul serio!-
Continuai a ridere seguito dal mio compagno, accidenti e pensare che solo mezz’ora prima stavo piangendo come uno stupido! Era così bello però stare sullo stesso letto, così vicini e provare certe sensazioni tanto piacevoli... l’aveva capito, già da molto prima. E io che tentavo di nasconderlo in tutti i modi. E gli piacevo. Strano quel ragazzo, davvero strano. Ma era proprio da lui comportarsi in quel modo. Lo sapevo. Con ogni cosa che amava, anche con il calcio, scherzava, giocava e poi però... quando era sul punto di perderlo si scopriva e dava tutto sé stesso. E ora non potevo credere che stesse succedendo anche a me. A poco a poco il mio sorriso si attenuò e afferrai senza delicatezza Louis, tirando il suo corpo su di me, di nuovo.
- Louis... sei stato cattivo...- sussurrai al suo orecchio. Lui si rilassò, appoggiandosi meglio su di me.
- Ah, sì?- rispose con lo stesso tono suadente.
- Sì, monsieur Napoleon... e stavolta non la passi liscia.-
Louis rimase in attesa di una risposta, ma non volli dargli questa soddisfazione, anche perché non ero nemmeno sicuro di cosa dovevo fare a questo punto.
- Mi vuoi punire?- ridacchiò facendomi il solletico all’orecchio. Risi divertito.
- Mh... può darsi.- smisi all’istante di ridere, sentendo che una delle sue gambe si era insinuata tra le mie, e lui si stava alzando, di modo da poter fissare di nuovo i miei occhi.
- É da tanto che dura questa... cosa?- mi chiese. Ci misi poco a capire a cosa si stesse riferendo.
- Mmh...- pensai - ...da quando ti ho visto.-
Louis curvò le labbra da una parte in un sorrisetto malizioso, poi mi baciò affondando una mano tra i miei capelli.
- Mh... Louis...?-
- Che c’è?-
- Ti amo.- le parole che gli avevo appena rivolto riassumevano perfettamente i miei sentimenti. Lo amavo. Lo amavo davvero tanto. E quella dolce tortura a cui mi aveva sottoposto fino a quel momento aveva fatto nascere tutto questo. Era la prova che i miei sentimenti erano venuti in superficie velocemente... se Louis non si fosse comportato così, chissà quando avrei scoperto di essermi innamorato veramente di lui?
Mi guardò come se non se l’aspettasse. I suoi occhi erano colmi di una nuova emozione che non gli avevo mai visto.
- Pierre...- mormorò il mio nome come se avesse paura di rovinarlo. Gli accarezzai i capelli e poi una guancia -...vuoi... vuoi fare l’amore con me?-
Non fui sorpreso. O per lo meno il mio viso rimase rilassato e calmo, mentre il mio cuore aveva cominciato a battere a mille. Fare l’amore... non ci avevo pensato... non in quel modo frenetico che avevo in testa... eppure mi era capitato di volerlo... con Louis... solo con Louis.
Annuii timidamente, ma con un sorriso provocante e infilai velocemente le mani sotto la sua maglia, accarezzandogli la pelle calda e morbida. Mi piaceva la dolcezza e il calore del suo corpo... mi piaceva da morire.
- Ah, aspetta...- scattai a sedere. Louis schiuse gli occhi fissandomi preoccupato.
- Che... ho fatto qualcosa che...?- fece per chiedermi. Mi piaceva vederlo immerso in quello strano senso di colpa. Ce l’avrei lasciato per un po’ se la voglia di lui non si fosse impossessata completamente di me. Non dissi nulla, solo lo feci ridistendere sotto di me, levandogli la maglietta. Louis si stava ancora chiedendo cos’avessi in mente, mi guardava con un’aria da pecorella smarrita e devo ammettere che era la prima volta che gli vedevo quell’espressione di totale sottomissione. Sorrisi e mi sedetti sulle sue gambe.
- Questa è la tua punizione, monsieur Napoleon.-
Il viso del mio compagno si distese e mi lanciò uno sguardo malizioso, facendomi l’occhiolino.
- Oh... non essere tanto severo però, ok?-
- Non t’immagini neanche quanto sarò cattivo...- risposi tornando a riempirgli il collo di baci. Lo sentii sorridere.
- Beh, cercherò di resistere!-
Non gli diedi nemmeno il tempo di finire la frase che subito fui sulle sue labbra. Bellissime. Buonissime labbra. Mentre le sue dita s’insinuavano tra i miei capelli, la mia lingua accarezzava dolcemente la sua, la cercava ed esplorava lentamente la sua bocca. Spaziai con una mano sul suo petto nudo, potevo sentirgli il cuore battere forte sotto la carne e i capezzoli ormai turgidi. Gli morsi dolcemente il labbro inferiore, le sue mani mi accarezzavano il capo, cercando la mia bocca e abbrancando le ciocche ribelli che mi cadevano sul viso. Strinsi forte le sue spalle, volevo quasi penetrare dentro la sua schiena con le dita e premetti finché non gli sfuggì un gemito di piacere, ma non gli detti tregua; continuai a torturargli le labbra con la lingua e con piccoli morsi, lasciando scivolare di nuovo una delle sue gambe tra le mie, formando una specie di catena. Potei sentire la parte superiore del ginocchio rasentarmi l’inguine, provocandomi un brivido di eccitazione. Non avevo smesso un attimo di baciarlo e ora le mie dita erano scivolate lungo la sua schiena, fino sui glutei che ora mi riempivano le mani. Louis mi afferrò per il collo e, con una mossa decisa, la sua bocca e la mia furono una cosa sola, senza lasciar passare nemmeno uno spiraglio d’aria.
Era incredibile quanto mi stesse coinvolgendo quell’atto, sentivo tutti i nervi sull’attenti e il sangue correre freneticamente nelle vene. Le mie mani stavano ancora toccando con fame i glutei sodi e perfetti di Louis, spingendo il suo bacino verso il mio, finché la sua resistenza cedette e il suo corpo divenne mio, lasciandosi trasportare dal mio tocco.
Esaurito l’ossigeno, mi allontanai di poco dalle sue labbra, prendendo un lungo respiro. I miei pensieri erano annebbiati, avevo solo fame di Louis, che aveva ancora gli occhi chiusi e un delizioso rossore sul viso, ansando li riaprì piano e mi fissò riportando il respiro a livello normale.
- Forse ti... ho sottovalutato...- sussurrò sorridendo. Ricambiai il sorriso, ansimando a mia volta. Le sue mani mi accarezzarono il viso, poi scesero sul collo e lungo tutto il petto, fino a raggiungere l’estremità della mia maglia nera, levandomela con un gesto deciso e gettandola sul pavimento, non m’importava di dove fosse finita, solo ora che il mio petto nudo era a contatto con il suo, sentivo il calore accrescermi dentro. Pelle su pelle, carne su carne.
- Finalmente ti posso vedere anche io di nuovo senza maglietta!... beh, ne è valsa la pena!- il mio compagno rise, cingendo le braccia alla mia vita, mentre mi faceva prendere il suo posto sul letto, sfregò una guancia sui miei pettorali, come un bambino. Sorrisi. Quel contatto morbido e delicato mi fece sorridere di nuovo. Era dolce, Louis.
La mia schiena aderiva perfettamente al lenzuolo candido del mio letto, mentre il mio compagno si rialzava lentamente, cominciando a sfiorarmi il basso ventre con una mano e con la lingua a giocare con i miei capezzoli, facendomi sospirare di piacere. Si spostò più ingiù dopo pochi istanti e con facilità mi slacciò i pantaloni, levandomeli del tutto velocemente. Le mie mani erano ferme sulle sue spalle, ma ormai si era spinto troppo in basso perché potessi stringergliele con la forza di poco prima, senza contare che, sentendo l’elastico dei boxer abbassarsi sempre di più, i miei sensi erano ancora più inebetiti. Il tocco della sua bocca sul mio sesso mi fece trasalire. Cercavo disperatamente con le dita qualcosa a cui aggrapparmi, era come se mi girasse la testa, come se stessi per perdere i sensi. Mai provata una sensazione così intensa. Ad un tratto le sue mani si incrociarono alle mie, ed io strinsi, strinsi più forte che potei, perché la lingua di Louis stava tormentando il mio membro ormai eccitato ed eretto.
Ancora quella sensazione di vulnerabilità. Ero completamente nudo, sotto di lui. In quel momento Louis avrebbe potuto insultarmi o colpirmi a morte ma sicuramente non avrei reagito. Mi sentivo sicuro tra le sue braccia, così stranito da quell’eccitazione estrema, come se stessi per scoppiare da un momento all’altro; e gli premevo le mani. Le sue labbra, la sua lingua, era tutto così febbrilmente eccitante, se non mi avesse tenuto le mani avrei scoperto di tremare come una foglia tanta era l’eccitazione di cui mi nutriva Louis.
- ...No... Louis... aspetta...!- boccheggiai cercando di mettere insieme quelle tre semplici parole, che al momento mi riuscirono difficilissime da pronunciare. L’ultima cosa che volevo era venirgli in bocca, fortunatamente Louis lo capì.
Si spostò su di me con tutto il suo peso, baciandomi ancora e le mie mani che fino a pochi secondi prima cercavano le sue, ora bramavano intensamente di levargli i jeans quasi strappandoglieli di dosso, riuscii a sfilarglieli solo grazie al suo aiuto. Portai di nuovo le dita sui suoi glutei massaggiando dolcemente, potevo sentire la sua eccitazione anche se aveva ancora addosso i boxer. Le sue mani passavano dappertutto sul mio corpo, non riuscivano a stare ferme su uno stesso punto e non c’era muscolo che non fosse sensibile ed eccitato alle sue carezze impetuose. Prima che lo liberassi anche dall’indumento intimo, si mise a sedere, permettendomi di farlo, scoprendo la sua virilità con un gesto preciso. Si ributtò su di me, petto contro petto e lo abbracciai più forte che potei, mentre lo stimolo tra le mie gambe cominciava a non controllarsi più a contatto con il suo sesso.
Louis mi prese le spalle, invitandomi a girarmi. Ad un tratto una sensazione di dolore m’invase. Non era dolore fisico, solo il pensiero di quello che sarebbe successo poi mi faceva saltare il cuore in gola. Non volevo provare dolore. Ero praticamente immobile, mentre gli occhi di quel ragazzo mi fissavano con aria interrogativa.
- Qualcosa non va?- mi domandò semplicemente. Mi strinsi al suo petto come in cerca di protezione, volevo che mi abbracciasse, che circondasse il mio corpo con i muscoli delle sue braccia, che mi baciasse ancora, ma non volevo voltarmi... avevo paura.
- Non... non...- feci per cominciare, ma un gemito si fece largo nella mia gola. Non avrei pianto, non volevo farlo ancora, dargli l’impressione di essere uno senza spina dorsale. Io non piangevo mai così frequentemente e non mi sarebbe capitato ancora.
- Cerca di capire... io... non...- ripresi nutrendo speranza nella sua comprensione. Io non avevo mai fatto l’amore, e il pensiero m’intimoriva. Forse era anche perché non sapevo se Louis avesse già avuto esperienze con altri ragazzi... ero solo. Anche stando tra le sue braccia, avevo bisogno di una parola di sostegno, era incredibile quanto fossi vulnerabile in quel momento.
La stretta di Louis si fece più dolce e i suoi occhi verdi mi guardarono cambiando espressione.
- Ehi, non sono così maniaco!- rise baciandomi sul collo - Pierre...?- mi chiamò. Spostai i miei occhi sul suo sorriso e mi sentii riscaldare il cuore al solo udire quelle parole - Non ho nessuna fretta. Se non vuoi arrivare fino infondo non ti costringo di certo!- era bellissimo il suo sorriso e quando ripresi a baciarlo non potei fare a meno di stringerlo di nuovo a me, volevo farlo penetrare nel mio petto, nel mio cuore. Dalla sua bocca uscivano caldi respiri ancora rotti dall’eccitazione, fu allora che mi ricordai di quello che stavo facendo fino ad una manciata di secondi prima.
- Ehi...- gli baciai la fronte -...però non ho detto che non possiamo fare altro...- sorrisi. Alla vista del mio sorriso malizioso Louis non seppe resistere e si lasciò trasportare di nuovo dai miei tocchi, lasciandomi guidare. Gli passai un braccio sotto alla spalla e strinsi l’altra mia mano che lo abbracciava forte, in una stretta di piacere. Louis portò una mano tra i nostri due membri, prima lentamente, poi con movimenti sempre più veloci iniziò a dare piacere anche a me. Sentivo un calore indescrivibile diffondersi in tutto il corpo e l’eccitazione tra le gambe crescere fino al culmine, fino a scoppiare. Esplodemmo insieme, con un gemito di piacere. Continuai a muovere il bacino verso il suo, feci in tempo a voltarmi per vedere Louis mordere il cuscino con gli occhi chiusi ed un’espressione di sopportazione massima che si era incrinata dalla sensibilità del suo sesso che si stava svuotando sul letto, tra le mie gambe.
Non riuscivo più a pensare, stringevo gli occhi e le mie braccia premevano sul corpo del mio compagno che a sua volta mi abbracciava con violenza.

- Mh... Louis...?- furono le prime parole che dissi quando mi svegliai. Avevo paura che quello della sera prima fosse stato tutto un sogno dato dalla stanchezza... un meraviglioso sogno. Ero a letto. Da solo. Solo. Mi massaggiai gli occhi e mi alzai, rendendomi conto di essere nudo. Allora non avevo sognato! Mi sfuggì un sorriso. Raccolsi i boxer e me li infilai velocemente, guardandomi intorno. E Louis? Dov’era? I suoi vestiti per terra non c’erano più. Cominciai a preoccuparmi... beh forse era uscito per... per?... Che idiota! Non avevo pensato che potesse essere in bagno, così mi avvicinai alla porta e potei sentire lo scroscio dell’acqua della doccia. Davvero stupido... ero entrato nel panico non vedendolo lì vicino a me, senza pensare che stava solo a pochi metri di distanza!
Bussai. Nessuna risposta. Probabilmente non aveva sentito. Bussai nuovamente, un po’ più forte. Non rispose nemmeno stavolta, così decisi di entrare. Aprii lentamente la porta e la richiusi con altrettanta dolcezza dietro di me. Potei vedere il corpo perfetto di Louis dietro la tenda bianca trasparente, mi dava la schiena e si massaggiava le spalle. Lo scroscio dell’acqua bollente provocava un gran rumore e un gran vapore. Sorrisi e scostai la tenda, togliendomi di nuovo i boxer, che avevo utilizzato molto poco quella mattina. M’infilai senza un rumore nella doccia e ora che potevo vedere chiaramente i muscoli della schiena del mio compagno, salì in me una strana sensazione... la stessa della sera prima. Mentre il getto caldo dell’acqua cominciava a bagnarmi i capelli e a farli aderire alla pelle, mi avvicinai di un passo e gli cinsi la vita con le mani, appoggiando il capo alla sua schiena. Lo sentii sobbalzare, poi più nulla, solo mi prese le mani tra le sue e rimanemmo lì per qualche istante, cullati dal dolce tepore dell’acqua.
- Buongiorno...- sussurrai.
- Ciao...- mi rispose con voce dolce. Era così bello sentirlo di nuovo parlare, mi era mancata la sua voce. Si voltò e mi scostò i capelli bagnati dal viso, guadandomi come se fossi una specie di divinità. Arrossii. Perché mi guardava in quel modo? Riuscii a sorridergli, ma in imbarazzo com’ero abbassai subito lo sguardo.
Louis mi accarezzò il mento, alzandomelo in modo da poter raggiungere le mie labbra. Quel contatto bagnato era stupendo. Le mie mani scivolavano sulle spalle, sulla pelle del mio compagno come se fosse seta, mi strinsi a lui di nuovo, petto contro petto.
- Sei bellissimo.- mi disse. Arrossii ancora di più, solo che lui non poté vedermi, eravamo abbracciati. E poi all’udire quelle parole caddi in preda a quella sensazione di calma e dolcezza che sapeva infondermi tanta mitezza, tutta quella di cui avevo bisogno. Incredibile che lui, il tanto orgoglioso Napoleon, mi avesse appena rivolto quelle parole...

Sfregai l’asciugamano sui capelli e mi misi a sedere sul letto, tutto intento ad asciugarmeli.
- Ehi?- feci ad un tratto, spostando la salvietta sulle spalle e fissando Louis, la cui attenzione era rivolta nel cercare una maglietta nel fondo di un cassetto.
- Mh?- mi rispose voltandosi. Lo guardai con attenzione, poi sorrisi.
- Noi due... stiamo insieme, vero?-
Louis ricambiò al mio sorriso.
- Tu lo vorresti?-
Stavo per rispondergli con un assoluto SI, quando aggrottai le sopracciglia.
- Senti un po’, sono io che faccio le domande! Allora...?-
Il mio compagno mi venne vicino.
- Tu credi che io faccia certe cose senza essere sicuro dei miei sentimenti?-
- Certe cose... cosa?-
- Ma quello che abbiamo fatto ieri sera.- mi scompigliò i capelli ancora leggermente bagnati.
- Sì, beh... cioè no... insomma... ma questo che c’entra? La domanda era un’altra!- protestai.
- C’entra perché se non fossi sicuro di amarti, ora non ti chiederei di diventare il mio ragazzo.-
La mia espressione si fece incredula.
- Cos...? ...Tu sei troppo complicato.- conclusi. Louis sorrise.
- Allora?-
- Allora l’avevo detto prima io!- risposi.
- Ok, come vuoi. Da questo momento tu hai pieni poteri su di me!- ridacchiò affondando le mani nelle tasche posteriori dei jeans.
- Scemo!- gli tirai l’asciugamano - Anche se devo dire che la prospettiva è molto interessante!-
- Lo so... sono irresistibile!-
- Ma piantala! Casomai quello sono io!- lo tirai verso di le e gli baciai la fronte.
- Louis...?-
- Sì, mi chiamo così.- rise. Gli portai le mani sulle spalle, mentre lui si chinava verso di me, ancora seduto sul suo letto.
- Tu sei... già stato con qualcuno?- gli domandai mentre era impegnato a sorridere. Non si scompose, e come sempre mi rispose con un’altra domanda.
- Tu che pensi?-
- Che sei esasperante.- gli feci una smorfia, come un bambino. Mentre stavo abbassando lo sguardo quella risposta mi arrivò.
- No.- sollevai la testa di scatto, e mi ritrovai nei suoi occhi. - E tu?- mi chiese dopo un po’.
- Tu che pensi?- sorrisi malizioso. Louis mi abbracciò.
- Che sei un copione!-
Era stato facile, beh, stavamo insieme, no? Ora basta preoccuparmi di tutto. Sono felice. Grazie a Louis i miei sogni si sono realizzati.

Eravamo seduti di nuovo ad una terrazza di un caffè e l’unica cosa che mi veniva da fare era sorridere. Lui mi guardò con aria sospettosa mentre si stiracchiava. Era passata un’altra settimana e l’estate era quasi terminata.
- Che c’è?- mi chiese tornando ad appoggiare i gomiti sul tavolo. Scossi la testa.
- Ti guardavo.-
- Me ne sono accorto...- rise. Era bellissimo quando rideva, socchiudeva gli occhi verdi e si lasciava andare ad un sorriso dolce ma divertito.
- Ah... godiamoci gli ultimi istanti di libertà, tra meno di dieci giorni ricomincia tutto!- sospirai. Mi parve che il viso del mio compagno si fosse tutt’un tratto irrigidito e lo sguardo si fosse fatto triste.
- Louis...? Tutto ok?- gli domandai preoccupato.
- Mh...? No... è che...- trasse un sospiro stanco. Ora potevo notare la preoccupazione nascere nei suoi occhi, la tristezza. Ma perché? Attesi che concludesse la frase, ma non arrivò più nessuna parola.
- Ehi,- cercai di tranquillizzarlo, o forse di tranquillizzare me stesso - c’è qualche problema?-
Lui sospirò e alzò lo sguardo verso di me.
- No, tutto a postissimo!- sorrise.

Strinsi forte gli occhi, immerso nei sogni. Ad un tratto mi svegliai di soprassalto e mi voltai verso di lui. Aveva gli occhi aperti. Mi dimenticai del sogno che avevo appena fatto, doveva essere un incubo, ma la mia memoria non mi permise di ricordarlo.
Sentivo la pelle del petto di Louis sotto la mia guancia, e mi strinsi a lui. Le sue mani s’insinuarono sotto il copriletto, fino a raggiungere le mie spalle, circondandole e rispondendo all’abbraccio.
- Dormi?- gli chiesi, anche sapendo che non era così.
- No.- rispose. Mi misi a sedere, c’era decisamente qualcosa che non andava, già da un paio di giorni. Lo vedevo freddo e distaccato e non mi piaceva per niente sentire quelle sensazioni di lontananza.
- Che c’è che non va?- gli domandai. Lui si voltò dall’altra parte.
- Niente. Insonnia.- tagliò corto. Mi sentii come se mi stessero pugnalando quando mi voltò le spalle. Lo presi per un braccio e lo costrinsi a voltarsi di nuovo.
- Louis... non è vero.-
- Lascia stare. Ho sonno.-
- Louis!- non mi accorsi di aver alzato la voce - Non voltarmi le spalle in questo modo!!-
Il mio compagno si alzò sugli avambracci.
- Pierre...- sussurrò. Potevo vedere il suo volto nella penombra e le sue braccia offrirmi un abbraccio. Un abbraccio che per la prima volta rifiutai.


- Louis.- era la terza volta che ripetevo il suo nome in attesa di una spiegazione. Ma non arrivò. Ad un tratto un dubbio orribile si fece largo nei miei pensieri. E se fossi stato io la causa del suo comportamento freddo? No, non lo dovevo nemmeno pensare! Ma quando i dubbi ti si insinuano nel cervello è difficile tirarli fuori con facilità.
- Mi vuoi spiegare si o no cosa ti prende??- esclamai.
- Ascolta, non c’è niente...-
- Non è vero che non c’è niente!!- lo interruppi - Perché sei diventato così scostante??-
- Senti, non ti arrabbiare non...-
- E invece me la prendo, eccome!! Porca miseria, Louis!!- lo interruppi di nuovo - Non puoi trattarmi così! Non sono il tuo pupazzo di peluche!!-
I suoi occhi si aprirono a poco a poco, mi parve anche di vedere una lacrima, ma la penombra mi impedì di distinguere i particolari del suo viso. Vedevo solo i suoi occhi luminosi, il suo naso perfetto, le sue labbra semiaperte e alcune ciocche di capelli cortissimi ricadergli sulla fronte. Si sfregò una guancia con il dorso della mano, fingendo di avere un fastidio.
- Pierre, mi dispiace se ti o trattato così. É da quando sei arrivato che mi sento veramente felice. Però... non dovevamo arrivare a tanto.-
- Cos... che cosa??- domandai incredulo - Stai... stai dicendo che abbiamo sbagliato a metterci insieme?? A... fare quello che abbiamo fatto??-
Annuì.
- Non dovevamo.- ripeté.
- Ma sei impazzito??- in verità quello pazzo ero io in quel momento. Non riuscivo a comprendere il perché del comportamento del mio compagno, non potevo credere che dopo avermi fatto soffrire così tanto ne venisse fuori con un “è stato bello finché è durato”! Sentii un dolore al petto, per la prima volta il mio animo si aprì a qualcuno, proprio in una situazione del genere.
- Perché stai dicendo questo??- proseguii. Ero in preda alla rabbia e al dolore - Dopo esserti divertito, mi vuoi lasciar cadere così?? Sei un cinico bastardo!!- cercai di non piangere, e di mantenere il tono della voce stabile - Ma non ci pensi a me?? Ovviamente no, tu non hai mai visto più in là di te stesso!! Ma non capisci che io ti amo!?? Ti amo davvero!! L’unica cosa che io abbia mai fatto di giusto è stata innamorarmi di te!! Louis...- riuscii a bisbigliare il suo nome e feci per alzarmi. Avevo la testa pesante e una gran voglia di sfogarmi su qualcosa. Gli avevo urlato in faccia tutto quello che provavo. La rabbia, il rancore,... l’amore. E l’amavo davvero così tanto che non riuscivo ad odiarlo.
- Pierre...- cercò di fermarmi. Con un movimento deciso rifiutai la sua mano e mi alzai in fretta, infilandomi pantaloni, maglietta, scarpe e uscii sbattendo la porta, mentre Louis si ributtava sul letto con un braccio sulla fronte e gli occhi fissi al soffitto.

Rientrai solo la mattina dopo. Ero stato in giro tutta la notte per schiarirmi le idee, ma tutto quello che ero riuscito a concludere era una catena idiota:
Io amo Louis - Louis ama me - Io e Louis - Louis non mi vuole più - Louis è un ipocrita - Louis è un insensibile - Louis è un egoista - Louis è un individualista - Io amo Louis.
Non lo potevo odiare, mi chiedevo solo il perché del suo comportamento, forse si era solo sentito in colpa quella volta quando era venuta Rose. Se era davvero così non gli avrei mai più rivolto la parola! Usarmi in quel modo! Non poteva avermi fatto una cosa del genere!! Sospirai. Non potevo nemmeno non parlargli più, sarebbe stata intollerabile la lontananza. Eppure lo amavo ancora... forse troppo.
Mi guardai attorno. Lui non c’era. Era uscito. Mi infilai in bagno, sotto la doccia.

Era quasi la una del pomeriggio e Louis non era ancora rientrato. Probabilmente sarebbe rimasto fuori a pranzo. Ma quando sarebbe tornato mi avrebbe sentito! Oh, se mi avrebbe sentito!!
Mi avvicinai al cassetto per prendere una maglia pulita, quando notai che quello del mio compagno era semiaperto. Qualcosa non andava, m’incuriosii e lo aprii del tutto. I miei occhi si spalancarono e il mio cervello cominciò ad elaborare ogni sorta di ipotesi quando vidi che al suo interno non c’era più nulla. Vuoto. Poteva significare una sola cosa: Louis se n’era andato.
- Ragazzino immaturo!!- esclamai voltandomi di scatto e frugando nell’armadio alla ricerca del suo borsone. Volevo non credere a ciò che avevo appena visto. Magari se avessi trovato il borsone... ma chi volevo prendere in giro?? Non c’era più nemmeno quello! Mi aveva lasciato. Solo. Non potei sopportarlo. Mi infilai la prima maglia che trovai, mi misi le scarpe e senza nemmeno chiudere a chiave la porta, cominciai a correre a perdifiato giù per le scale. Una volta nella hall mi fermai di scatto appoggiandomi al bancone. La responsabile mi fissò stupita.
- Pierre! Qualche problema?- disse.
- Dov’è Napoleon?!?- esclamai in tutta fretta.
- Come? Non lo sai, credevo che te l’avesse detto.- fece la donna mettendosi una mano sul fianco.
- Detto cosa? Cosa??- ero agitato. Lo sapeva la responsabile! Ora mi sarebbe stato tutto chiaro.
- É partito, è a Dresda.-
- Cos... eh?! A Dresda?! Ma cosa diavolo ci fa in Germania??- la situazione si stava facendo assurda, non solo avevo appena ricevuto una notizia sconvolgente, in più cercavo di capire perché Louis avesse fatto una cosa del genere.
- Ehi, mi sembri un po’ sconvolto...-
- Non ha importanza! Mi dica perché se n’è andato!-
- Ok... ok... calmati... Per motivi di studio.- concluse.
- E... e la squadra??- chiesi di nuovo con timore per paura che la risposta fosse quella che mi aspettavo.
- Non ha rinnovato il contratto. É chiaro che non ne sapevi niente, però è strano... è da mesi che tutto è deciso.- disse quella, pensosa.
- Da... mesi...- ripetei incredulo.
- Sì, ascolta Pierre... se vuoi andare a tirargli qualche sberla sei ancora in tempo.- sorrise - Il treno parte tra un’ora circa.-
Il mio cuore fu come sollevato da una forza nuova. Speranza.
- Allora non... non è ancora partito!- esclamai con sollievo.
- No, però se non ti sbrighi non ti potrai più vendicare!-
- Lo farò, non si preoccupi! E quando lo riporterò qui sarà talmente coperto di lividi che sarà irriconoscibile!!-
Corsi fuori lasciandomi il senso di vuoto alle spalle. C’era ancora una possibilità di rivederlo!! Accidenti ne avrebbe prese talmente tante che nemmeno sua madre l’avrebbe riconosciuto!! Così avrebbe imparato a lasciarmi senza dire niente!!

Quando arrivai alla stazione ero trafelato. Mi portai le mani sulle ginocchia e mi chinai, riprendendo fiato. Ripresi finalmente il controllo di me e dei miei sentimenti. L’importante era trovare Louis al più presto possibile. Avevo corso per quasi un’ora senza fermarmi ed ora dovevo riprendere fiato. Alzai la testa e notai che c’erano meno persone di quanto mi aspettassi. Non badai al fatto che non mi ero ancora ripreso del tutto, cominciai a correre alla ricerca del binario giusto. Un minuto ma... io non sapevo qual era il binario per Dresda! Mi guardai intorno alla ricerca di un monitor. Poco più avanti ce n’era uno, così corsi fino a raggiungerlo, scansando le poche persone. La lista non era lunga. Ma non c’era nessun diretto per Dresda. C’era solo un convoglio che arrivava a Francoforte e poi, quasi certamente i passeggeri avrebbero dovuto cambiare treno. Optai per quello, binario 9. Corsi fino a trovare il numero corrispondente e notai, con abbastanza sgomento, che stava fischiando. Accidenti! Dovevo trovare Louis! Ad un tratto lo vidi. Un ragazzo biondo sui diciassette anni, con un borsone nero caricato scompostamente su una spalla e un’espressione scostante. Louis. Decisamente Louis. Stava salendo in tutta fretta su quel treno, prima che le porte si richiudessero alle sue spalle.
Non pensai. Solo corsi finché il mio fiato resse e salii anch’io dall’ultima carrozza. Pochi secondi dopo, anche le porte dietro di me si chiusero e il treno partì.

Sospirai a fatica. Beh, se non altro ce l’avevo fatta. E Louis non poteva più scappare da nessuna parte. Ero arrabbiato, quasi furioso! Perché non mi aveva detto nulla, se tutto era programmato da mesi?? Mi sentivo preso in giro.
“Ma certo, lui fa i suoi comodi, mi tratta come vuole e poi sparisce! Ma adesso mi sente!!” i miei pensieri erano questi, mentre attraversavo vagone per vagone, il treno. Erano quasi tutti vuoti. Beh, naturale. Chi vuoi che vada a Dresda alla fine di agosto? Molto bene, così mi sarebbe stato più facile trovarlo! Attraversai un paio di carrozze, poi entrai in un vagone vuoto, passai per il mezzo senza badare al ragazzo che stava seduto da solo su un sedile, verso la fine. Quando lo notai stavo già aprendo la porta del vagone successivo, così tornai indietro immediatamente, lui non si era accorto del mio passaggio, era immerso nei suoi pensieri con un’espressione infelice che fissava fuori dal finestrino, i paesaggi di città che lasciavano il posto al verde. In un certo senso mi dispiaceva scuoterlo dai suoi pensieri, magari stava proprio pensando a me... però non avevo fatto tutta quella strada per niente. Gli avevo detto che lo amavo e lui se n’era andato. Ora mi doveva delle spiegazioni.
- Napoleon!!- esclamai. Lui si voltò verso di me e quando realizzò che ero proprio io che gli stavo di fronte, la sua espressione si fece attonita.
- Pierre...???- la sua voce era spezzata.
- No, sono la fata turchina! Ma certo che sono Pierre!! Chi ti aspettavi, il genio della lampada??-
- N-no... ma...- aggrottò le sopracciglia -...ma che cavolo ci fai qui?!?-
- Vedo che sei tornato in te! Cosa pensi che sia venuto a fare?? A riportarti indietro!-
Anche Louis si alzò.
- Ti avevo detto di lasciar perdere...-
- No, non mi hai affatto detto di lasciar perdere, TU mi hai lasciato perdere!!-
- Pierre...-
- Pierre un cavolo, adesso alla prima fermata scendiamo e torniamo di filata a Parigi!- lo afferrai per un braccio. Louis strattonò la presa e mi fissò con occhi freddi.
- Non capisci niente.-
- Cosa...?- il mio corpo si distese - Beh, allora spiegami ciò che non capisco!!- tornai all’attacco.
- Non fare quella faccia da vittima, ho le mie ragioni.-
- Ragioni che vorrei comprendere anch’io!! Fino a prova contraria sei tu che mi hai mollato a Parigi come un idiota! Cosa credi che non lo sappia che avevi deciso tutto da mesi?? Perché non mi hai detto niente?? Perché??!?-
- Perché... ti amo. Tutto qui.- fu la sua risposta, mentre sprofondava di nuovo nel sedile. Il mio cuore si sentì rassicurato a quelle parole, però non era una spiegazione accettabile. Mi amava e di conseguenza se n’era andato. Non stava in piedi come ragionamento, assolutamente no.
Mi sedetti di fronte a lui e lo fissai finché i suoi occhi non furono di nuovo dentro i miei.
- E piantala di guardarmi così... mi sento già abbastanza in colpa.-
- Ah sì? Beh, c’è di buono almeno questo.- sbuffai.
- Senti credi che sia facile??- scattò stringendo i pugni.
- Facile? Facile cosa?? Ma se non so nemmeno di cosa stai parlando, se non ti degni di farmelo capire!!-
Le dita di Louis si distesero di nuovo e lui sospirò.
- Pierre... mi dispiace. Credimi, ce l’ho anch’io dei sentimenti. Solo... non potevo dirtelo... non ci sono riuscito.-
Rimasi in silenzio. Allora gli dispiaceva, era pentito.
- Non mi aspettavo che tu fossi corso fino qui. Di un po’, l’hai fatto il biglietto?-
Sussultai, poi scossi la testa per levarmi quel pensiero dal cervello.
- Non importa, tanto scendo subito... insieme a te.-
- Mhpf...- sorrise lievemente - Sei sempre stato così sicuro.-
- Eh? Che vuoi dire? Certo che sono sicuro! Sono sicuro che tu scenderai da questo treno alla prossima fermata! Non pensare nemmeno di oltrepassare il confine, sai!-
Lui non disse niente. Il delicato sorriso triste sulle sue labbra mi dava un senso di tranquillità. Strano da pensare, quasi assurdo. Ce ne stavamo lì, seduti uno di fronte all’altro, senza una parola, mentre il tempo e il paesaggio scorrevano rapidi davanti ai nostri occhi.
- Ehi, Louis...?- lo chiamai. Lui alzò gli occhi - Perché non mi hai mai detto niente?-
Lui si morse lievemente il labbro inferiore, come se non fosse certo che parlarmene sarebbe stata la cosa più giusta.
- Perché... vedi la storia è lunga. Mio padre voleva che io studiassi a Dresda. Proprio come lui. Era ciò che desiderava io facessi. Voleva che fossi felice. Poi... poi sei arrivato tu.-
Suo padre. Suo padre era morto qualche anno prima. Chi ero io per impedirgli di fare ciò che desiderava suo padre?... chi ero?
- Non volevo arrivare a tanto perché sapevo che avresti sofferto.- proseguì - Però non sono riuscito a resistere. É la prima volta che mi succede.- mi sorrise. Ad un tratto tutta la mia rabbia svanì, a mano a mano che pronunciava quelle parole. Ecco cosa voleva dire poco prima, quando mi aveva detto che non aveva potuto dirmelo perché mi amava. Non voleva che io soffrissi, anche se in quel momento lui stava provando dolore molto più di me.
- Quando Rosemarie se n’è andata, pensavo che la cosa migliore sarebbe stata aspettarti all’ostello ma... una parte di me mi diceva di venirti a cercare, e così ho fatto. Poi le tue lacrime... hanno deciso tutto.- alzò gli occhi preoccupato - Non dico che è colpa tua! É mia, perché non sono riuscito a rispettare la promessa che avevo fatto a me stesso.-
- Louis... io... ti giuro non volevo piangere... non...- non sapevo più come spiegarmi. Io davvero non volevo piangere come un moccioso! Solo ora mi resi conto del motivo per cui Louis era stato così freddo con me quando eravamo tornati all’ostello, quella sera. Era perché le sue aspettative si erano sgretolate,... per colpa mia.
- Ehi, ti ho detto che non è colpa tua.- sorrise di nuovo.
- Non... non sorridere, ti prego. Sono stato un idiota. Io e basta.- abbassai lo sguardo.
- Solo perché hai seguito l’istinto? Perché hai fatto quello che volevi fare davvero?- quelle domande mi fecero aprire gli occhi. Era vero. Io avevo seguito il mio cuore. Ma anche lui.
- Anche tu l’hai fatto.- replicai guardandolo di nuovo negli occhi - Però tu ora ti senti in colpa, mentre la colpa è mia.-
- Pierre, finiscila di tirarti addosso tutto. É colpa tua se esisti? Eh? Rispondi.-
- N-no.- non capivo l’utilità di quella domanda.
- Allora non hai colpa nemmeno del fatto che tu mi piaci. Di conseguenza nemmeno del mio comportamento. Qui non sei capitano di nessuna squadra, è inutile che ti prenda tutte le responsabilità, anche quelle non tue!- rise. Era la risata più breve e triste che avessi mai udito. Non ressi più, non potevo vederlo così, solo per lo stupido orgoglio del padre doveva soffrire così, e il bello era che anch’io facevo parte della sua sofferenza! Non potevo sopportarlo.
Mi alzai di scatto e più che sedermi accanto a lui, gli saltai al collo.
- Non voglio che te ne vada a Dresda!!-
Accidenti, avevo superato me stesso, ora sembravo proprio uno stupido moccioso piagnone! Ma non m’importava, quello che davvero contava era che io amavo Louis più di qualsiasi altra cosa e nessuno, nemmeno suo padre, me l’avrebbe portato via!
Sentii la sua mano sui miei capelli, accarezzarmi piano, dolcemente; poi mi abbracciò.
- Ti prego... torna a Parigi con me. Louis...- alzai lievemente la testa, incontrando i suoi occhi verdi. Lui non disse niente, solo mi baciò. Le sue labbra morbide di miele si strinsero alle mie, e io che cercavo un contatto più profondo, gli circondai il collo con le mani e portai il mio petto a stretto contatto con il suo, assaggiandolo con tutta la bocca. Era strano quel bacio. Come se fosse l’ultimo. Mi invase un senso di vuoto, di nuovo.
- Torna con me. Tuo padre voleva che fossi felice?... beh, lo sarai a Dresda?- sussurrai sul suo labbro inferiore. Poi le nostre bocche si strinsero ancora, finché Louis non si alzò.
- Che fai?- gli chiesi.
- Torno a Parigi con te.- sorrise. Il mio animo si riempì di gioia tutt’un tratto. Non potevo credere a ciò che aveva appena detto Louis! Tornava indietro con me!
Il treno si fermò per la prima volta a Meaux, poco fuori dalla capitale. Lui si caricò il borsone su una spalla ed uscimmo dalla carrozza deserta, fino a raggiungere le porte del corridoio, anch’esso isolato. Scesi per primo, poi mi voltai e vidi che Louis sorrideva ancora con dolcezza, poi appoggiò il borsone per terra, sul vagone.
- Spero che riuscirai a perdonarmi. Ricordati solo una cosa: ti voglio bene, Pierre.-
- Che...? Louis ma che stai dicendo??-
Le porte si chiusero, sotto i miei occhi. E io rimasi lì a guardare il treno allontanarsi, mentre Louis aveva alzato una mano in segno di saluto. Si stava allontanando da me. Di nuovo. Louis. I suoi occhi teneri e vivaci erano spenti e malinconici mentre mi diceva quelle parole. Ed io lo guardavo mentre se ne andava. Non ebbi nemmeno la forza di correre dietro al treno. La mia anima a pezzi mi implorava di smettere di ripetermi che era un sogno ed io non facevo altro che rimanere lì impalato a guardare il convoglio distanziarsi sempre di più dalla stazione, e Louis sempre di più da me.

Strinsi il suo cuscino, mentre ci sfregavo la faccia sopra. Volevo dannatamente che fosse Louis. Stavo piangendo di nuovo, perché non potevo smettere?? L’unica persona che avessi mai amato veramente se n’era andata. Lontano. Eppure nemmeno in questa situazione riuscii ad odiarlo. Non potevo. Non volevo. Sì, perché io amavo quel ragazzo più della mia vita, l’unico che mi avesse mai capito, che mi avesse fatto sentire parte del suo animo. Ed ora non c’era più. Probabilmente non mi amava quanto lo amavo io...
Un’altra lacrima cadde sul cuscino, ed un’altra ancora prese il posto della precedente. Il suo profumo era ancora su quel cuscino e io non riuscivo a separarmene. Mentre fuori la notte avanzava, io pensavo ancora al perché se ne fosse andato. Ma in realtà lo sapevo bene, piangevo solo perché non potevo più essergli vicino.
Ero un vigliacco e basta. Perché non mollavo anch’io il Paris St.Germain, mandando al diavolo tutto e tutti, e mi trasferivo a Dresda?... già, perché?... forse nemmeno io lo amavo quanto dicevo di amarlo. O forse mi mancava il coraggio di mollare tutto, di arrivare da Louis e sentirmi dire: “Torna a casa, Pierre. É una questione tra me e mio padre.” Ed ora ero più solo di quanto non fossi mai stato. Nessuno poteva riempire il vuoto che aveva lasciato Louis.
Potevo benissimo andare a trovarlo, qualche volta... sì, due volte all’anno. Dresda è lontana, quasi in Polonia. E io cosa ci andavo a fare in Polonia? Che idiota, ora cominciavo anche a pormi domande senza senso...

Quella mattina mi svegliai tardissimo, non era nemmeno più mattina. Luc, il difensore più in vista della squadra, venne a bussare alla mia porta alle due del pomeriggio.
Mi alzai a fatica, massaggiandomi gli occhi e infilandomi una maglietta bianca sopra i boxer, poi gli aprii.
- Bonjour El Cid!... Ehi, che ti è successo? Stai poco bene?-
“Che mi è successo? Ho pianto tutta la notte, e adesso devo avere una faccia che fa paura! Ecco che mi è successo!!” i miei pensieri erano come un secondo sfogo liberatorio. Prima la tristezza, poi la rabbia.
- Sì... cioè no... ho mal di testa.- dissi.
- Oh. Beh, cominciavo a preoccuparmi!- sorrise passandosi una mano sui capelli neri cortissimi. Non risposi, rimasi in attesa di conoscere il motivo della sua visita, se così si può chiamare.
- Ah, ero venuto per chiamarti! Tra una mezz’ora il mister ci vuole sul campo, incominciano le selezioni.-
- Le selez... Oh, porca miseria!!- scattai spalancando gli occhi. Le selezioni per la squadra! Me n’ero completamente dimenticato, con tutto quello che era successo!
- Sì, ehm... ci metto due minuti!!- dissi di nuovo.
Ma perché agitarsi tanto per delle stupide selezioni, se Louis non c’era?... beh, di certo lui non sarebbe stato contento se le avessi saltate, mi aveva ripetuto mille volte che erano importantissime. Forse... ecco perché continuava ripeterlo, sapeva che quel giorno lui non ci sarebbe stato, e voleva spronarmi a dare del mio meglio! Lo capii mentre mi guardavo allo specchio, asciugandomi la faccia. Louis... aveva pensato a me anche se la cosa non lo riguardava più. Piegai le labbra indentro, poi sospirai. Già... Louis... era sempre nella mia testa...

Avevamo corso come dannati, soprattutto io. Volevo dimostrare al mister quanto valevo. Tutto quello che facevo era anche per colui che ora stava in Germania.
Passaggi rapidi e bolidi violenti che sformavano l’intreccio bianco della rete. Non pensavo, agivo soltanto, tutto per dare il meglio di me.
Quando il mister mi lanciò la fascetta con la “C” blu ero incredulo. Incredulo ma felice. La mia rabbia si era sfogata e quella era la prova che eravamo ancora Louis e Pierre, e non Pierre e basta. Ero capitano. Capitano di una delle giovanili più famose del mondo,... ma non servì a farmi riavere Louis.

Stavo leggermente meglio. Non mi sarei mai abituato a quella lontananza, però. Erano passate due settimane, le lezioni erano iniziate, ed ogni volta che entravo in quell’edificio mi ricordavo il giorno in cui l’avevo visto per la prima volta, insieme a lui...
Tornai all’ostello per pranzo. Feci per salire ad appoggiare lo zaino in camera, quando la responsabile mi chiamò, da dietro al bancone.
- ...Ehi!! Pierre!!-
Mi voltai con sguardo interrogativo.
- Telefono!-
Mi avvicinai al bancone e presi il ricevitore dalle mani di quella donna, che tornò a riordinare le carte nel retro.
- Pronto?-
- Pierre!-
Per poco non mi venne un infarto.
- Louis!!-
- Ah, ti ricordi ancora!- rise.
- Louis... come cavolo faccio a dimenticarmi di te, eh?!-
- Non lo so...-
- Come sarebbe non lo so?- sorrisi. Ero fuori di me dalla gioia. Non credevo di poterlo risentire!
- Senti, scusami per essermene andato così... e per essermi fatto sentire solo ora...-
- Non importa! Non importa! Non importa!- il mio cuore aveva preso a battere più veloce che mai, mentre le mie labbra erano curvate ancora in un sorriso di pura felicità - Come stai?-
- Stavo malissimo, a Dresda.-
- Stavo?-
- Sì. Ma adesso che ti vedo non riesco a descrivere quanto sono felice.-
- Cosa...? Mi prendi in giro...?- mi vedeva? Non era più a Dresda? Mi guardai intorno con aria sospettosa, finché non lo vidi. Era lì. A Parigi. Se ne stava in piedi, appoggiato all’entrata dell’ostello con in mano un cellulare e mi sorrideva. Mollai il ricevitore senza badare a riattaccare, e gli corsi incontro. Quando gli saltai al collo mi accorsi che non era un’allucinazione. Era davvero Louis! Ed era a Parigi!! Il mio abbraccio era violento, gli stringevo le spalle e la vita senza pensare a non fargli male. Ma a lui non dispiaceva, perché mi stringeva con altrettanta forza.
- Che razza di scherzo idiota...- borbottai tuffandogli la bocca tra il collo e la spalla. Lui ridacchiò.
- Ehi, era la mia entrata trionfale!-
- Ma piantala...!- ero talmente felice che mi misi a litigare come un bambino. Sentivo il cuore uscirmi dal petto, tanto batteva veloce, e la sensazione di esaltazione era al massimo. Louis era tornato. Da me.
- Ma...- quando vidi il suo borsone per terra accanto ai suoi piedi, non riuscii a credere ai mei occhi, lasciai cadere il mio zaino lì accanto -...sei tornato per...-
- Per restare.- concluse la frase - Sai... una volta qualcuno mi ha detto che mio padre voleva che io fossi felice... e a Dresda stavo da schifo perché non c’eri tu, quindi...-
- Louis...- per poco non scoppiai di nuovo a piangere.
- Ehi, non piangerai ancora, vero? Non ti facevo così piagnone!- scherzò. Gli tirai un pugno leggero su una spalla.
- Piantala! E poi ti ci voleva così tanto tempo per capirlo?? Sei uno zuccone!!-
Quando il mio compagno scoppiò a ridere, lo seguii a ruota, ancora incredulo del fatto che Louis fosse tornato di nuovo da me! Ma era una sensazione bellissima, non avevo mai provato nulla di simile, nemmeno quando mi aveva baciato per la prima volta, nemmeno quando stavamo per fare l’amore. Ma c’erano tante cose che avremmo fatto insieme, d’ora in poi, tanti baci, tante volte avremmo fatto l’amore! La cosa più importante era che eravamo di nuovo insieme, e stavolta non l’avrei lasciato scappare più!
- Ehi, Napoleon!- la voce del numero 7 della squadra attirò la nostra attenzione.
- Napoleon? Dove?- aggiunse Luc - Louis! Che ci fai a Parigi?!- concluse, una volta che l’ebbe visto, con un sorriso felice sulle labbra.
- Sono tornato, no?- rispose il diretto interessato con la sua espressione orgogliosa, mettendosi una mano sul fianco, mentre io mi ricomponevo. Accidenti! Proprio ora quegli scocciatori dovevano venire a farsi gli affari nostri??
L’esclamazione di Luc richiamò l’attenzione di altri componenti del Paris St.Germain.
- Ehi, capitano! Volevi tenertelo tutto per te?- sorrise François. Sorrisi maliziosamente.
- Certo!- fu la mia risposta - Ma siete arrivati voi, quindi...-
Il resto della squadra rimase in attesa del seguito della frase. Afferrai un braccio di Louis e sorrisi di nuovo.
- Mi dispiace,- dissi - ma dovrete aspettare a festeggiare il ritorno del numero 20!-
Mi voltai ed uscii di corsa dall’ostello, trascinando Louis per il braccio destro.
- Capitano?? Sei capitano??- fece lui correndo con me.
- Sicuro! Te l’avevo detto che ti avrei battuto!- risposi ridendo.
- Cosa?? Ma non vale!! Io non c’ero!!- ribatté lui, facendo il finto arrabbiato.
- Su, non farne una tragedia, mon petit Louis!-
Il mio compagno alzò gli occhi e si divincolò dalla presa al braccio, afferrandomi la mano.
- Hai ragione, perché ti strapperò quella fascetta a morsi!- rise.
- Sfida accettata!- replicai con lo stesso sorriso. Le nostre dita s’intrecciarono in una stretta, potevo sentire di nuovo il suo calore accanto, dentro di me.
- Ehi, pseudo-capitano, di’ un po’, dove stiamo correndo?- mi chiese senza lasciare la mia mano.
- Andiamo a vedere quanto è bella Paris!- la mia voce allegra risuonò nel viale di fronte all’ostello. Non m’importava degli sguardi perplessi dei miei compagni che ci fissavano mentre ci allontanavamo lungo la strada battuta, non m’importava che era ora di pranzo, niente valeva di più del sorriso che mi stava rivolgendo Louis, il sorriso di cui sarò sempre innamorato perso e del calore che riusciva a trasmettermi la sua stretta di mano.
Ora eravamo di nuovo insieme. Non avrei più sofferto. Non avrei più pianto. Perché l’unica persona, l’unica mia ragione di vita, mi era accanto, e correva insieme a me verso le meraviglie di Parigi.

END

 

FINE