FUTURE MEMORIES
Stories of Crystal Tokyo

Capitolo I 
Identità passate

 

Il sole brillava alto nel cielo, come sempre, del resto. A Crystal Tokyo, infatti, il brutto tempo non esisteva. Né nubi, né pioggia, né neve. Era sempre primavera.

La sovrana di Crystal Tokyo poteva tutto, col potere del cristallo d’argento. Lei, la regina dell’eternità, NeoQueen Serenity...

Davanti a Crystal Palace, quel giorno, c’era un corteo infinito di persone, da comuni sudditi a membri di famiglie illustri, provenienti da ogni angolo del mondo, dalle provincie più vicine a quelle più lontane e remote.

All’interno del palazzo le sale erano gremite: nel centro, i cortei sfilavano uno dopo l’altro, diretti tutti verso l’area centrale, dove presto sarebbe iniziata la cerimonia.

Quello era stato un giorno atteso da lungo tempo...l’ultima battaglia contro i Guerrieri Mistici aveva impegnato tutte le provincie del mondo e, soprattutto, Crystal Tokyo stessa.

Erano state spese parecchie energie, sia dai sovrani che dai sudditi, e da poco il nuovo Regno di NeoQueen Serenity si era ripreso; quella mattina, la Regina e il Re avrebbero ricevuto, ringraziato e premiato tutte le provincie e le persone che avevano combattuto per la salvezza del mondo.

 

Erano da poco passate le dieci quando la cerimonia prese il via. Dopo una sinfonia melodiosa creata dai violini e gli applausi, la Regina e il Re fecero il loro ingresso sull’immenso altare di cristallo in fondo alla sala. Il ciambellano portò una teca con dentro decine e decine di medaglie argentate, che brillavano dietro il vetro trasparente e, con un inchino, la posò sulla mensola marmorea in mezzo all’altare.

Al suono delle trombe tutti si alzarono. Sul lungo tappeto di velluto rosso stavano arrivando, camminando lentamente, i membri della prima famiglia.

Il ciambellano pronunciò i nomi dei rappresentanti mentre questi si inginocchiavano davanti all’altare, dinanzi a NeoQueen Serenity, che, sorridendo, mise attorno al collo di ognuno di loro una medaglia. Il gruppo si alzò, disse qualche parola di ringraziamento, dopo di ché si voltò, dirigendosi a destra per scomparire poi dietro ad una tenda rossa.

Lo stesso procedimento continuò per altre venti - trenta volte, con altre famiglie e provincie, mentre la Regina, instancabilmente, continuava a consegnare le medaglie e a sorridere.

Re Endymion, in piedi dietro a lei, stava a guardare, sorridendo come la consorte ad ogni ospite. Ogni tanto, però, lanciava qualche occhiata preoccupata in direzione di Serenity, senza che ne nessuno se ne accorgesse.

Finalmente, dopo più di un'ora, il ciambellano chiamò l’ultimo gruppo. La regina alzò la testa, con gli occhi annebbiati per la stanchezza, per vedere le ultime persone che avrebbe dovuto ringraziare. Erano ancora in fondo alla sala, e non riusciva a mettere a fuoco i loro volti. Capì solo che erano tre uomini e una donna.

Le...le pareva di averli già visti…

Il ciambellano pronunciò i nomi, schiarendosi prima la voce. “Dall’est, dopo aver combattuto senza risparmiare alcuna energia contro uno dei più pericolosi Guerrieri Mistici e contro la maggior parte degli eserciti nemici, ecco la principessa Kakyou con i tre Stars Knight Seiya, Yaten e Taiki Kou”.

Serenity spalancò gli occhi: cos…no, non poteva essere…proprio…no, erano…erano...loro.

E…c’era anche lui.

I quattro si avvicinarono all’altare. Inchinatasi, Kakyou Hime alzò la testa per guardare la regina. “Ne è passato di tempo da quando eri…Tsukino Usagi, nonché Sailor Moon, non è vero? Io…mi ricordo bene di quel periodo, e ancora oggi non faccio altro che pensare a tutto quello che tu e le tue amiche avete fatto per noi…per me, Seiya, Yaten e Taiki. Non ti ringrazieremo mai abbastanza” disse la giovane ragazza dai lunghi capelli rossi, vestita con un elaborato e particolare abito indiano.

Serenity sorrise. “Sciocchezze. Non ce n’è bisogno. Anzi, in questo caso sono io a ringraziare voi. Grazie per averci aiutato contro i Guerrieri Mistici, grazie infinite. E poi…io…” mormorò. Tacque un attimo, triste.

“Io sono sempre, in fondo, Tsukino Usagi. Non sono cambiata, quella che tutti voi vedete è solo una maschera diplomatica. Dentro…sono ancora me stessa”.

Kakyou Hime ricambiò il sorriso e, dopo aver ricevuto la medaglia, si alzò, scomparendo poi dietro la tenda.

Fu il turno di Yaten. L’aria da furbo non gli era sparita dal viso, e i grandi occhi verdi riflettevano ancora la vitalità di sempre.

“Siamo contenti di rivederti” disse, rivolgendosi a Serenity. ”Come vedi, siamo sempre rimasti con te…”

La regina annuì, sorridendo con gli occhi. “Yaten, anch’io sono più che felice. Sai, non sapevo che voi aveste popolato una delle nuove province. Credevo foste…”

“…sul nostro pianeta?” la anticipò il ragazzo. “Sì, ma…da poco tempo abbiamo deciso si tornare, insieme alla maggior parte della gente di Kinmoku che, grazie a te, siamo riusciti a riunire dopo la distruzione compiuta da Galaxia. E siamo felici di essere tornati qui, sulla Terra. Più di quanto immagini”.

La medaglia al collo, anche Yaten se ne andò. Fu il turno di Taiki.

“Come va, Taiki?” mormorò Serenity cercando di non fare capire al pubblico in sala che stava parlando amichevolmente con vecchi amici, invece di pronunciare le solite, noiose formule diplomatiche di rito.

“Non c’è male, grazie”, rispose scherzando l’alto ragazzo dall’aria seria e matura. “…era da molto che volevamo rivederti, da quando siamo tornati, ma non ne avevamo mai avuto l’occasione. Ora siamo qui, e spero che ci vorrai come tuoi ospiti, Usagi…ops, volevo dire Regina Serenity”.

La ragazza rise. “Non preoccuparti, e…ci puoi contare, Taiki”.

Alzatosi anche lui, fu Seiya a fare un passo avanti.

Serenity alzò lo sguardo verso di lui piano, intimorita. Cosa...cosa si sarebbero detti?

Posò gli occhi sul suo viso: non era cambiato. I suoi occhi blu come l’oceano, i capelli neri e selvaggi e l’armatura lucente che ora indossava lo facevano apparire come un cavaliere misterioso, solitario e intrigante, tornato dopo un lungo esilio…

Serenity fu improvvisamente distolta dalle sue fantasie quando il ragazzo le lanciò un’occhiata retorica. Rimase per alcuni secondi in silenzio a guardarla, poi si inchinò, senza però staccare gli occhi da quelli della giovane sovrana.

“Sono di nuovo con te” sussurrò lui. “E tu…sei ancora più bella dell’ultima volta in cui ti ho vista”.

“Smettila, ti prego. Seiya…”, disse lei, imbarazzatissima, abbassando lo sguardo.

“…Sì?” attese lui.

La regina si sistemò, nervosa, un ricciolo biondo dietro all'orecchio.

“…ecco, sono molto felice che tu sia qua. Mi sei mancato, e non nego di aver pensato molto a te in questi anni. Credevo...credevo non fossi sulla terra, e invece hai combattuto per me e per il mio Regno. Per questo...grazie, Seiya”.

Il cavaliere sorrise. “No, sono io che ti devo ringraziare. Grazie…perché non mi hai dimenticato”.

Serenity, colpita da quella frase, alzò la testa di scatto per guardarlo.

“Seiya…io non potrei mai dimenticarti. Sei l’amico più caro che ho e ti voglio…molto, molto...bene”.

Lui chiuse gli occhi, solo per un attimo.

”Lo so, anche se…non come io vorrei. E’ inutile ripeterti che tu per me eri e sei ancora più di un’amica. Non è vero, Usagi?”

Sentendo quel nome, la regina venne percorsa da un brivido.

“Ma non possiamo parlare qui. Ci incontreremo nella Sala Udienze alle 16.00 in punto. Ti aspetto, mia dolce sovrana”.

Detto questo, dopo aver ricevuto la medaglia, il ragazzo si alzò. Guardò Serenity un’ultima volta, per poi dirigersi verso la tenda per raggiungere gli altri tre.

La giovane rimase a fissare il vuoto, mentre il Ciambellano pronunciava ad alta voce le formule di fine cerimonia.

“Seiya…perché ritrovarti…mi ha così scosso? Tu…”.

Non riuscì però a concludere il pensiero, perché Endymion la prese per mano, trascinandola giù dall’altare.

La Cerimonia era finita. I Sovrani salutarono la folla, dopodiché scomparvero dietro l' alta porta, di fianco a loro.

Serenity si sentiva strana e non troppo bene per via, forse, di quell’incontro. Il re se ne accorse.

“Cosa c'è? Sei pallida...” le chiese, stringendola delicatamente a sé.

La regina lo guardò dolcemente. “Non ti preoccupare, non è niente…sono solo un po’ stanca, tutto qui”.

Ma il re non ne era affatto convinto. Arrivati in camera, un’immensa stanza finemente decorata, completamente in marmo bianco e legno, con un letto a baldacchino con coperte e cuscini in seta, la regina si sedette davanti allo specchio, le mani sulla fronte. Endymion la fissò, preoccupato.

“Ecco...il fatto è che...è da un po’ di giorni che ti vedo così”, disse, avvicinandosi alla consorte.

Lei sospirò. Staccò le dita dal viso, congiungendole in grembo.

"Oh, Endymion” mormorò piano. “Sono stanca. Stanca di questa vita. Troppi impegni, troppi incontri diplomatici. E poi, la guerra appena finita…e io…io sono senza forze. Le ho spese tutte per sconfiggere l’Esercito Mistico...". Il suo sguardo si intristì improvvisamente.

"Ora non riesco più a continuare. Devo riposarmi, voglio...voglio uscire per un po’ da questa realtà…”.

Endymion sorrise. “Hai perfettamente ragione. Sei sotto stress, e io non voglio vederti ridotta in questo stato. E poi…è da molto che vorrei passare del tempo con te, soli tu ed io, come ai vecchi tempi. Basta cerimonie e ricevimenti. Solo Mamoru e Usagi, come una volta”.

La ragazza chiuse gli occhi, mentre lui la abbracciava da dietro.

“Lo vorrei anch’io”.

Dopo pochi istanti, però, si sciolse dalla sua stretta, e, alzandosi, si avvicinò allo specchio a parete dietro a loro, intagliato nel legno dorato.

Fissò a lungo la sua immagine riflessa. Una donna, poco più di una ragazzina, con dei lunghi capelli dorati, una corona lucente, un etereo, candido vestito, che le avvolgeva il corpo come un soffio...

“Questa…non sono io”, sussurrò ad un tratto. “Questa immagine non mi appartiene”.

“Ma…cosa dici?” disse invece Endymion, sorpreso.

Serenity rimase un attimo ferma, assolutamente immobile. Poi, il suo viso si addolcì nel momento in cui la sua mente fu pervasa dai ricordi, le memorie di un tempo che pareva tanto lontano...

“Ti ricordi…” mormorò, “Ti ricordi…quando, al posto di questo abito, indossavo la mia divisa scolastica…senza questa corona…ti ricordi quando…ero Tsukino Usagi?”

Il re si avvicinò. “Certo che me lo ricordo. E per me non sei cambiata. Sei sempre la stessa…Usa - chan”.

La ragazza si voltò verso di lui .

“Anch’io non ho mai smesso di pensare a te come Mamoru, e di come vivevamo la nostra vita senza…senza…”.

Ad un tratto, però, la voce le si spezzò, e il suo sguardo cambiò.

“No” mormorò a voce bassa, cupa. Poi, con uno scatto, afferrò con una mano la corona, gettandola contro il muro.

“Non la voglio! Non voglio più essere così! Noo!” iniziò ad urlare, in preda alla rabbia. Poi, girandosi verso lo specchio, disperata, lanciò un altro grido, frantumandolo con un forte pugno.

Mamoru, ovvero Endymion, non era riuscito a fermarla in tempo…

Volarono nell’aria mille pezzi luccicanti, che si sparsero sul pavimento della stanza.

Volse lo sguardo su Serenity, la sua Usagi.

La ragazza se ne stava rannicchiata, piangente, a ciò che rimaneva dello specchio. Il candido vestito era ora macchiato di sangue, che continuava a gocciolare dal dorso della mano. Anche il viso, le braccia e il petto avevano riportato, qua e là, leggeri graffi a causa dei taglienti pezzi di vetro.

Spaventato, Endymion corse verso di lei. Continuava a piangere sommessamente, senza far caso alle ferite.

“Serenity! O, volevo dire…Usa…cosa…cosa ti è preso? Avresti potuto farti male sul serio…”.

Ma Usagi continuava a fissare il vuoto, mentre le lacrime le scendevano giù per il collo.

“Cosa ti è successo?” ripetè tristemente Mamoru, posandole una mano sulla guancia e asciugandole il viso. “Guarda com’è ridotta la tua mano”. Le prese il polso.

Vedendo, però, che non reagiva, cercò di rimetterla in piedi. Poi la prese in braccio, portandola sul letto.

“Anche se la tua ferita guarirà presto grazie agli influssi del Cristallo d’Argento, ha bisogno comunque di una medicazione. E’ meglio che vada a chiamare Sailor Mercury, lei di certo saprà cosa fare…”.

“No!” esclamò improvvisamente la sovrana, guardandolo negli occhi. “Non chiamare le ragazze. Non...voglio che lo sappiano”.

Lui la fissò preoccupato. Usagi, allora, scese dal letto, andando a sciacquarsi la mano sotto l’acqua. Poco dopo, Mamoru le si avvicinò. “Vieni, te la bendo”.

Si sedettero. Mentre il ragazzo le fasciava la mano, la regina teneva gli occhi bassi.

“Scusa” disse. “Non so cosa mi sia preso. Io non voglio più…ecco, ho bisogno di…pensare. Per ora, vorrei solamente tornare ad essere Usagi. Sono…molto, molto stanca del mio ruolo. Mi pesa incredibilmente, vorrei che tutto questo…”.

“Capisco perfettamente ciò che provi. Non ti devi scusare. Però...ho avuto molta paura”.

Le passò una mano tra i capelli biondi.

“Tengo così tanto a te. Non voglio vederti triste, né vederti piangere, amore mio”, le disse piano il ragazzo, baciandola. ”Ora riposati, e non pensare più a nulla. Dormi un po’, ti farà bene…tanto questo pomeriggio è completamente libero da impegni. Non devi preoccuparti. Va bene?”.

Serenity gli sorrise stancamente, per stendersi poi sul letto.

“Grazie” mormorò infine, prima di cadere, dopo pochi minuti, in un sonno profondo. Endymion, sdraiato al suo fianco, la osservava pensieroso.

Si era reso conto che qualcosa, anche se non sapeva cosa, aveva causato il brusco cambiamento della regina, qualcosa che andava al di là del semplice stress che spesso colpiva la sovrana.

Qualcosa che voleva assolutamente scoprire.

Dopo poco tempo, però, anche il re si addormentò accanto alla consorte. Ma il tempo, purtroppo, non si era fermato con loro…scorreva, infatti, inesorabile, mentre le lancette dell’orologio a parete correvano veloci verso le 16.00.

 

CONTINUA...