Kodomo no Omocha: Escape from reality

Cap.5: Soli in una casa vuota



Sana e Akito uscirono dalla piccola stazione del villaggio trascinandosi dietro le due borse.
Appena fuori, l’aria fredda di montagna li investì in pieno e Sana rabbrividì violentemente.
- Hai freddo? – chiese Akito – Ti puoi mettere la mia giacca, se vuoi.
- No, no! Sto bene, e poi per coprire me tu rimarresti al gelo! – rispose sorridendo Sana, ma Akito notò che il mento le tremava un po’.
- Come vuoi – disse – però cerchiamo di fare in fretta ad arrivare a destinazione.
- Ma sì, ormai ci siamo! – esclamò la ragazza, con atteggiamento esuberante che però tradiva la stanchezza del viaggio. Si mise al bordo del grande marciapiede davanti alla stazione e fece cenno ad un taxi di fermarsi.
Dopo avere sistemato le borse nel baule dell’auto salirono a bordo, e Sana pensò che non aveva mai apprezzato il riscaldamento di un’automobile tanto come in quel momento.
Prima di partire il tassista, un uomo piuttosto robusto coi capelli neri un po’ ingrigiti e il naso aquilino, volle assicurarsi che i due avessero i soldi per pagare alla fine del viaggio, e Akito dovette mostrargli controvoglia il portafogli.
- Non siete un po’ giovani per viaggiare da soli? – chiese poi, portando la macchina ad una velocità molto limitata, a causa dell’insidioso strato di neve ghiacciata che copriva le strade.
- Io e mio fratello ce la caviamo benissimo da soli. – rispose brevemente Akito, che detestava i ficcanaso.
- Ah, quindi è tuo fratello! Non vi assomigliate per niente.
Akito mugugnò qualcosa in risposta, e Sana cominciò a rilassarsi. Aveva temuto che l’uomo l’avesse riconosciuta come ragazza, ma evidentemente assomigliava davvero tanto ad un maschio. Seguitò a guardare fuori dal finestrino, mentre Akito dava rapidamente istruzioni su dove il tassista avrebbe dovuto condurli.
Ai lati della strada era ammucchiata molta neve, e c’erano tantissimi bambini che ci giocavano, coi visini arrossati dal freddo. Nonostante fosse la metà di novembre, lì cominciavano già le nevicate.
Dopo un po’ di tempo, il taxi si fermò e sembrò non muoversi più; Sana allora si rese conto che davanti a loro c’era una fila lunghissima di automobili.
- Cosa succede? – chiese.
- Un incidente, probabilmente - rispose il tassista – Questo ghiaccio rende la strada più scivolosa di un campo da hockey… forse vi conviene scendere, penso che si resterà in coda per un bel po’ di tempo.
Aspettarono ancora qualche minuto, poi si resero conto che era inutile, perciò decisero di andare a piedi; mentre recuperavano le borse dal baule, il tassista raccomandò – Prudenza, mi raccomando, ragazzi. Siete ancora molto giovani per andarvene in giro da soli…
- Staremo attenti. – disse Akito porgendogli alcune banconote, che l’uomo rifiutò gentilmente.
Di nuovo soli, Sana e Akito discussero sul da farsi.
- Esattamente dove sta la casa di quel signore? – chiese la ragazza – È molto lontana?
- È là. – fece lui alzando il braccio ad indicare il dorso della montagna che avevano davanti. Molto più in alto rispetto al villaggio, in mezzo a una fitta macchia di abeti, a Sana parve di scorgere una baita, piccolissima da quella distanza.
- Non ce la faremo mai. – concluse sconsolata.
- No, a piedi non si può fare, infatti. Dobbiamo trovare qualcuno che ci aiuti. Però intanto che ne dici di mangiare qualcosa? Per adesso nella pancia abbiamo solo un paio di panini.
- Hai ragione, sto morendo di fame. Ho voglia di una cioccolata bollente. E di un super bignè alla crema. E una gigantesca torta alla frutta. E…
- E diventerai la donna-balenottera. – concluse lui.
Entrarono in una pasticceria lì vicino, e si sedettero ad un tavolino distante dagli altri. Poco dopo arrivò la proprietaria del locale, una donna grassoccia dal viso a luna piena e un grembiule candido legato in vita; teneva i capelli castano scuro raccolti in una crocchia sulla nuca, e aveva due occhi grandi e buoni che alla prima occhiata la resero subito molto simpatica a Sana.
- Volete ordinare qualcosa? – chiese gentilmente, con un bel sorrisone sulle labbra.
- Sì – rispose Akito – io vorrei un tè caldo e una brioche alla marmellata. E tu… Jin?
- I-io… - fece Sana impacciata nel suo ruolo di maschio – vorrei una cioccolata calda e una pasta alla crema.
- Arrivano subito – disse la donna allontanandosi.
- Non devi imbarazzarti – sussurrò Akito – ricordati che quando ci sono altre persone tu sei Jin e io sono Satoshi. Torniamo a essere Sana e Akito solo quando siamo da soli.
- Però per te è più facile: devi solo fingere di chiamarti con un altro nome… io devo far finta di essere un maschio!
Prima di portare le paste, la proprietaria della pasticceria accese la radiolina che teneva vicino alla cassa: per qualche minuto le note di una canzone americana si spansero nel locale, ma si interruppero improvvisamente, proprio mentre la donna stava mettendo la cioccolata di Sana sul vassoio da portare al tavolo. La voce di uno speaker si alzò concitata – Interrompiamo la trasmissione radiofonica per comunicare una notizia grave e inaspettata… - l’attenzione di tutti i presenti venne calamitata - … pare che Sana Kurata, la famosa protagonista della serie “Kodomo no Omocha”, sia scappata di casa e abbia fatto perdere le sue tracce! – si levò un fitto mormorio.
Sana s’irrigidì di colpo, e Akito vide la paura nei suoi occhi; le prese una mano sotto il tavolino e gliela strinse forte – Fai finta di nulla – le mormorò risoluto.
- Pare che non sia sola – continuava intanto lo speaker - ma che con lei ci sia un suo amico, Akito Hayama. Fortunatamente il volto di Sana è molto conosciuto, e chiunque la riconosca è pregato di telefonare immediatamente alla polizia. Il numero è …-
Sana sussurrò: - Andiamocene via.
- No. – rispose Akito – Se lo facessimo rischieremmo di attirare troppo l’attenzione. E poi, come hai potuto notare, nessuno ti ha riconosciuta.
- Ecco qua, ragazzi! – fece la signora posando il vassoio sul tavolino – Il tè, la brioche… la pasta e la cioccolata! Spero che sia tutto di vostro gradimento!
- Grazie, signora – mormorò Sana con lo sguardo abbassato.
Lei mise le mani sui fianchi ed esclamò – Avete sentito la notizia? Sana è scappata di casa! Chissà perché! E dire che mia figlia segue “Kodomo no Omocha” tutti i giorni!
Sana addentò la pasta e ingurgitò a forza, sperando di apparire naturale.
- Anche voi lo seguite, scommetto. – continuò la donna con il suo sorrisone stampato in faccia.
- Veramente, io no – rispose Akito – anzi, devo dire che è una trasmissione scema – Sana alzò gli occhi di scatto verso di lui, col fuoco negli occhi. Akito se ne accorse ma fece finta di nulla – Anzi, devo dire che, nonostante tutta questa celebrità, io trovo che Sana sia proprio una bambinetta stupida…
A quel punto Sana gli dette un energico pizzicotto sul braccio, e lui gridò di dolore – Prova a ripeterlo, se ne hai il coraggio! – esclamò con il viso rosso dalla furia.
- E dai, Jin! – disse Akito fingendosi impaurito – Lo so che sei perdutamente innamorato di Sana, ma la libertà di opinione…
- Innamorato! – esclamò la donna, scoppiando a ridere – E così tuo fratello è ha una cotta per Sana!
Sana, già rossa in viso, diventò un peperone e s’irrigidì nuovamente sulla sedia.
- Come fa a sapere che siamo fratelli? – chiese Akito.
- L’ho capito dal vostro modo di litigare… solo i fratelli e gli innamorati litigano a quel modo, e dato che siete due maschietti…
Sana e Akito si scambiarono un’occhiata imbarazzati, poi si rimisero a mangiare facendo finta di niente.
- Siete proprio simpatici. Da dove venite? So che non siete di qui perché essendo questo un villaggio piccolino ci conosciamo tutti…
- Da Hiroshima – rispose immediatamente Akito, e Sana si voltò a guardarlo interdetta, ma poi si ricordò della loro situazione.
- Ah, da Hiroshima. E come mai siete qui da soli?
- Siamo… i nipoti di Yoji Miura. Vorremmo…
- I nipoti di Miura! Del vecchio zuccone, pace all’anima sua! – Sana notò che Akito era leggermente trasalito; ma la donna non se n’era nemmeno accorta - Nessuno è più venuto a portare via le sue cose dalla baita, da quando è morto, due settimane fa, ma non pensavo che mandassero dei bambini a farlo!
- No, signora, non dobbiamo portare via le cose del nonno – disse Akito deciso – Ci hanno mandati qui perché non abbiamo altro posto, da quando sono morti anche i nostri genitori.
- Come! Sono morti anche i vostri genitori? La figlia di Miura? – esclamò lei, sinceramente dispiaciuta.
- Sono morti entrambi in un incidente, quattro giorni fa – continuò Akito, con una scioltezza che dava alla bugia una tale parvenza di verità, che perfino Sana si chiese se per caso fosse vero. Lo ammirò per il suo sangue freddo.
- Mi dispiace veramente molto. Siete molto coraggiosi ad affrontare una situazione del genere e a venire a vivere in un luogo completamente diverso… ma come farete a raggiungere la baita? Qualcuno vi ci porta?
- Volevamo andarci col taxi, ma c’era troppo traffico a causa di un incidente.
- Ormai avranno sistemato le cose. Mio marito vi accompagnerà volentieri.
- Non disturbiamo, vero? – chiese tutto d’un tratto Sana, pentendosene subito: preferiva lasciar parlare Akito.
- Ma no, che dici? – fece lei recuperando il sorrisone largo e simpatico - Mio marito sta nel retro della pasticceria a preparare i dolci, però si annoia perché non fa altro tutto il giorno: vedrete che sarà felicissimo di aiutarvi.
- Grazie mille – disse Sana ancora un po’ imbarazzata, ma cominciando ad abituarsi al ruolo.
In effetti l’uomo accettò immediatamente di accompagnarli e andò subito ad accendere il motore della sua vecchia auto per riscaldarlo (non era prudente partire subito col motore congelato dalla temperatura esterna) e a mettere le catene alle ruote.
Anche lui era un signore dall’aspetto buono e simpatico, piuttosto magro, coi capelli grigi ma il viso ancora appena intaccato da poche rughe. Particolarmente marcate erano quelle ai lati della bocca, segno che sorrideva spesso.
- Allora, ragazzi – disse con fare esuberante e allegro, mettendo le valige nel baule – ho capito bene? Devo portarvi alla baita del vecchio Miura?
- Sì, signore – rispose educatamente Akito.
Il viaggio non fu lunghissimo, ma certo a piedi sarebbe stato praticamente impossibile, soprattutto a causa della strada in salita piuttosto ripida lungo il fianco della montagna, e dello strato di neve abbastanza spesso che la copriva.
- Io ora vi porto alla baita – disse l’uomo mentre già essa si profilava davanti a loro – Ma poi come tornerete in paese? Ci avete pensato? Dovrete pur fare su e giù dalla montagna.
- Pensavamo di chiamare un taxi quando ci servirà muoverci – affermò Akito.
- Sì, è un’idea – disse lui parcheggiando la macchina nel piccolo piazzale davanti alla baita – però promettetemi di chiamarmi ogni volta che avete bisogno d’aiuto. Non posso certo lasciare in difficoltà due ragazzini nella vostra situazione. State attenti quando scendete: lo strato di neve è piuttosto alto, rischiate di scivolare.
Sana e Akito scesero dalla macchina, aprirono il baule ed estrassero le borse.
- Grazie molte, signore – disse Sana inchinandosi leggermente – è stato molto gentile.
- Di nulla. Questo è il mio numero di telefono, forse vi servirà – disse lui porgendo un biglietto da visita della pasticceria con sopra tutte le informazioni - Ci vediamo! – salutò poi, allontanandosi e agitando la mano dal finestrino.
I due rimasero qualche secondo a guardarlo scomparire giù dalla discesa, poi Akito sorrise e disse – Sembra che ce l’abbiamo fatta.
- Sì. Posso tornare ad essere Sana?
- Subito. Immediatamente.
- Perché tutta questa urgenza? – chiese lei ridendo.
- Ora ti spiego perché – lasciò andare la borsa, le prese il viso tra le mani e la baciò sulle labbra. Sana sentì le proprie gambe, nonostante la temperatura molto bassa, diventare di lava. Che strano effetto le facevano i baci di Akito…
- Adesso entriamo – disse lui recuperando la sua calma e la borsa caduta a terra. Per fortuna era impermeabile.
Si avvicinò alla porta d’entrata e frugò nella tasca destra della giacca; un secondo dopo, ne tirò fuori le chiavi che aveva mostrato in treno a Sana.
Mentre Akito provava la prima, Sana osservò – Certo che è stata una bella fortuna che te le abbia regalate…
- Sì, abbiamo avuto molta fortuna – affermò provando la seconda – Anche quando ho detto che siamo nipoti di Miura, se quella signora non mi avesse interrotto le avrei detto che siamo venuti a trovarlo… sai che bella gaffe? – al terzo tentativo, la porta di aprì.
L’ambiente, piuttosto spazioso, era nella penombra, le saracinesche abbassate; lì dentro pesava un silenzio quasi palpabile che danzava con la sottile polvere visibile nel cono di luce formato dalla porta aperta.
Akito fu il primo ad entrare, poi anche Sana ne trovò il coraggio, senza però resistere all’istinto di mormorare – Permesso… - era infatti la prima volta che entrava in casa di uno sconosciuto, e per di più con l’inganno.
Posò la borsa a terra e chiuse la porta, in modo da bloccare lo spiffero gelido che entrava. Akito alzò un po’ le saracinesche, di quel tanto che bastava per vederci e disse – Penso che domani dovremo riavviare tutta la casa.
- Se vuoi posso sistemare già qualcosa – mormorò Sana.
- No, è meglio rimandare. Sei stanchissima, e lo sono anch’io. Inoltre, sono le sette di sera: che ne dici di andare a dormire?
- Sì, forse è meglio… - concordò Sana con un sorriso stanco sulle labbra. Le sembrava che tutta la fatica e le emozioni della giornata trascorsa le pesassero improvvisamente sulle palpebre e sulle spalle affaticate.
- Allora vieni, cerchiamo due stanze adatte.
La camera da letto ospitava un grande letto matrimoniale, e si decise che lì avrebbe dormito Sana. La camera degli ospiti, invece, conteneva un letto singolo, e Akito fece il cavaliere affermando che avrebbe dormito in quella stanza.
Ma non andò come si erano prefissati: dopo venti minuti di solitudine nel grande letto, Sana si alzò e si diresse nella camera degli ospiti – Ho freddo e anche un po’ paura… - spiegò ad Akito – Non potrei rimanere qui a dormire? Oppure ti dò fastidio? Posso stare sul tappeto, se vuoi…
Akito alzò un lembo della coperta – C’è spazio per tutti e due. E poi ci scalderemo a vicenda.
Sana arrossì fino alla radice dei capelli, ma non fece una piega: si mise sotto le lenzuola accanto a lui e si rannicchiò contro il suo corpo, provando subito una magnifica sensazione di calore che la fece rilassare completamente. Si addormentarono entrambi profondamente, spossati ma ugualmente felici.



CONTINUA….