La Dinastia del Ciondolo

Atto I
La Famiglia

15 Settembre 1190
Loxley, YorkShire, "Love's Heart" - Castello di famiglia dei Conti di Huntington

- Dov'è? Ditemi dov'è! -
- Milady… Milady, calmatevi! Signora, vi prego, sono sicura, certa che vostra nipote…-
- Taci! Dov'è? Ditemi dov'è!!! Nipote, grazie al cielo, dimmi, dov'è tua sorella? -

La giovane fanciulla che, in quel momento, stava scendendo lentamente la scalinata principale, si fermò in ascolto. Scosse lentamente il capo, mentre un ciuffo di capelli neri scivolava fuori dalla cuffia dorata che le raccoglieva la folta chioma.

- Signora, non ne ho idea - rispose, con riverenza - Ma credo sia uscita di nuovo a cavallo -
- A cavallo? Di nuovo?! - esclamò l'anziana dama, tirandosi su i lembi del lungo vestito nero, che indossava da ormai cinque anni quotidianamente, dopo la morte del suo sposo. - Quella funesta ragazza! Vuole farmi impazzire, impazzire! - ripetè, con enfasi, senza più preoccuparsi di tenere un comportamento sconsiderato davanti alla serva e alla nipote.

Quella ragazza l'avrebbe fatta sicuramente impazzire. Se non l'aveva già fatto!

- Signora… - una giovane serva - una delle dame di compagnia delle nipoti - interruppe i suoi pensieri - Signora, gli ospiti sono arrivati. -
- Oh, no, no! Lo sapevo, sapevo che sarebbe accaduto! La ucciderò, la ucciderò con queste mie stesse mani, lo giuro! - borbottò, tentando di darsi un contegno.

La nipote soppresse una risata che le solleticava la gola. Sua nonna non sapeva reagir bene alle insubordinazioni di sua sorella, la presto contessa di Loxley.
Per generazioni e generazioni il potere della famiglia era stato affidato ad una donna, per via della leggenda. E sua sorella, essendo la donna di quella generazione, aveva deciso di prendersi tutte le libertà possibili. Non poteva dar torto alla nonna, sua sorella era indisciplinata, irriverente e raramente prestava caso ad etichetta e buone maniere. Eppure, lei l'ammirava, l'ammirava come si può fare solo con un idolo perfetto. Sua sorella era l'essenza della vita. Di più, la vita pareva scorrerle tra le dita, imbrigliata a suo piacimento.
Eppure, quel giorno poteva essere la fine di quella lunga cavalcata, pensò tristemente. Sarebbe sua nonna riuscita a impedire a Patricia Huntington di essere uno spirito libero?



- Patricia! - esclamò una voce alle sue spalle. Fulmine si innervosì leggermente sotto le sue mani, ma immediatamente - ancor prima di lei - riconobbe la figura che si stagliava contro la porta della stalla. Diede una leggera pacca sul collo allo stallone nero, posò la spazzola, si pulì le mani - tutto molto lentamente. Poi si voltò, sorridendo - Sei tornato! - esclamò, e si diresse velocemente verso la figura.
- Ebbene sì! - confermò il ragazzo - Non sono un fantasma! -
Lei sorrise nuovamente, mentre si bloccava a mezz'aria nel goffo tentativo di un abbraccio. Quando era partito erano ancora bambini, liberi - se così si poteva dire - di esprimere sentimenti. Ma in qualche mese, eccoli di nuovo nel luogo dove si erano separati, ormai adulti, o quantomeno con la pretesa degli altri che lo fossero.
- Sono felice che tu sia finalmente tornato! Sei in congedo? - chiese, allegramente, mascherando l'imbarazzo per il suo slancio affettuoso di poco prima.
Lui tossì, quasi a disagio senza guardarla, ma fissando il terreno battuto sotto i suoi piedi.
- Più o meno - tentennò - Mio nonno ci ha voluti a casa per certe questioni… Questioni che vuole risolvere prima della partenza del re -
Lei annuì silenziosamente, mentre, fianco a fianco, si avviavano verso l'entrata del cortile del castello.
- E Alexander? - chiese, infine.
Il ragazzo biondo accanto a lei sospirò - Non c'è stato verso di convincere il re a lasciarlo in libertà -
Lei annuì, pensierosa - Sarebbe stato bello essere assieme un'ultima volta, prima della partenza -
- Vero… - mormorò lui, per un attimo lo sguardo assente rivolto all'orizzonte.
Lei finse di non prestarvi attenzione, e proseguì cambiando argomento - E dimmi, cos'hanno a che fare le questioni della tua famiglia con la mia? -
- Eh? - esclamò lui stupito, voltandosi a guardarla - Come hai fatto a capirlo? -
Patricia si lasciò sfuggire una risatina - Oltre al fatto che non sai mentire, Eric Ancton? Da quando sei arrivato, sei anche irrequieto. E non solo. Sei in divisa, e solitamente la si porta solo durante visite ufficiali, o mi sbaglio? -
Il giovane sospirò, scosse il capo e poi rilasciò una risatina nervosa.
- Hai ragione… - disse. Poi si fermò. Lei dovette voltarsi, per guardarlo mentre parlava - Si tratta di te - terminò con voce seria.
- Di me? - chiese lei, stupita - E cosa potrebbe mai volere l'anziano duca di Ancton da me? -
- Patricia… - mormorò lui, cercando le parole che si rifiutavano di uscirgli dalle labbra - Patricia… - ripete. Deglutì - Mio nonno e tua nonna vogliono… Che tu ti sposi con mio fratello - terminò, rilasciando un sospiro.
Lei non parve troppo sorpresa. Si incupì per un istante, fissando la ghiaia sotto i suoi piedi. Poi rialzò il capo, e nei suoi occhi neri si poteva leggere quello sguardo profondo e rabbioso, pieno di forza ed orgoglio, lo sguardo che la contraddistingueva da tutte.
- Loro vogliono? Ebbene, la cosa non mi riguarda - rispose - Io NON lo accetto - terminò, voltandosi e proseguendo il tragitto - Quindi non devi preoccuparti… E poi, perdonami se sbaglio, ma Brian non era fidanzato con Evelyn DeMonchefort? -
Eric sospirò - Sì, infatti non si tratta di lui…-
Lei si voltò nuovamente - Stai scherzando?!?!?!?! - questa volta alzò notevolmente il tono di voce - Vorresti dire che non solo vorrebbero costringermi a sposarmi, ma a sposarmi con quello scialbo pezzente idiota di tuo fratello Oliver? -
- Er… - e tossicchiò - Sì, ma non è poi così… -
- Eric - lo ammonì lei - Sai perfettamente che ho ragione. Lo prendono in giro anche i villani! Non sa far altro che parlare di duelli e battaglie, non vive che per quello e per la sua adorata spada… la tratta come se fosse una fanciulla, e gli hanno sentito dire che è il suo migliore amico! Capisci? E, per finire, è uno sguattero di Gisbourne -
- IO preferisco definirmi cavaliere - commentò una voce alle sue spalle.
Patricia roteò gli occhi,voltandosi e incrociando le braccia al petto. Davanti a lei sul selciato si era fermato appoggiato al muro Oliver Ancton, la zazzera nera che gli copriva quasi un occhio, lo sguardo fisso sulla spada che, sfoderata, teneva in una mano. Aveva diciotto anni - quattro in più di lei - ed era stato nominato cavaliere l'estate precedente. Serviva con devozione quel viscido di Sir Guy di Gisborne, e questo le bastava per etichettarlo, oltre a tutte le leggende che attorno a lui erano sorte negli anni.
- Strano, non credevo che anche coloro che stavano a servizio di bestie, potessero definirsi cavalieri -
Oliver alzò di scatto il capo, guardandola negli occhi. Non era cattivo, al contrario, la sua indole era buona e timida e tutti lo lodavano per questo suo bel carattere. Ma non gli si potevano toccare tre cose: la spada, il signore e il suo maestro d'armi. E Patricia lo sapeva.
- Per non parlare di coloro che si fanno addestrare da un traditore fallito -
- Patricia…. - sussultò Eric, preoccupato per gli effetti che le parole dell'amica avrebbero avuto sul fratellastro.
- Signora, rimangiatevi tutto, ve ne prego! - esclamò questi, portandosi davanti a lei. Eric subito si precipitò a fianco dell'amica, posandole una mano sulla spalla, tentando di farla ragionare. - Fa' come ti dice - suggerì, tentando di usare un tono autoritario -
Lei si liberò prontamente della sua mano - Neanche una parola - rispose, con aria di sfida. -
Senza volerlo, Oliver le portò la spada alla gola - Ritirate quelle parole ingiuriose!!!! - ordinò, fuori di sé.
Ma, in un istante, la spada si trovava a terra, ed Eric non ne portava più una alla cintola.
- Mai - rispose lei, scandendo le sillabe, e puntandogli l'arma al collo con facilità - E imparate questa parola bene, perché è la stessa che ripeterò a vostro nonno. Mai. E soprattutto MAI con un uomo che vale meno della metà di me - E buttò la spada tra l'erba alta accanto al selciato.
Poi, in silenzio, lasciò i due fratelli alla solitudine del sentierino e scivolò tra le mura del castello.

Doveva prepararsi a vincere una battaglia.

CONTINUA...