SISTERS
CAPITOLO 2

Benji si avvicinò alla finestra della sua stanza. Affacciava sul campo da calcio che aveva "improvvisato" nel giardino della grande villa dei genitori sin da quando era un bambino.
Quella situazione era del tutto nuova per lui. Era abituato a vivere praticamente da solo, con Freddie Marshall come unica compagnia. Mentre adesso…abitava con una ragazza. Non sapeva che anche i suoi avessero dato la disponibilità ad ospitare gli studenti stranieri. Probabilmente l'avevano fatto perché lui non si sentisse solo. In fondo, a modo loro, gli volevano bene. Molto a modo loro, pensò il portiere. Avrebbero almeno potuto chiedere il suo parere! Be', ormai non c'era niente da fare, se non accettare la situazione. E poi, Lory non era una di quelle galline starnazzanti che gli ronzavano attorno da quando era diventato un personaggio piuttosto noto. Al contrario, sembrava una ragazza tranquilla e pacata, anche intelligente se vogliamo. E bella, senza dubbio. Ma cosa andava a pensare? Non poteva permettersi distrazioni di quel tipo. Doveva impegnarsi a fondo negli allenamenti, e stare lontano da ogni tipo di coinvolgimento sentimentale.
Poi la vide. Era di sotto, nel cortile. Giocava con Chilavert, il suo cane. Un bellissimo pastore tedesco che i genitori gli avevano regalato qualche tempo prima, per il suo compleanno. Chila era sempre stato un animale piuttosto difficile, non si lasciava avvicinare facilmente da estranei. Eppure era lì a rincorrere Lory, e lei sembrava divertirsi parecchio. Il ragazzo non poté impedirsi di sorridere. Forse, quella convivenza non sarebbe stata poi così terribile, si disse.
Freddy Marshall attraversò rapidamente il cortile, fermandosi qualche minuto a parlare con la ragazza, prima di incamminarsi verso l'entrata della villa. Era sicuramente venuto per sottoporgli qualche offerta di ingaggio da parte di squadre tedesche. Non si era ancora rassegnato al fatto che Benji non avesse intenzione di muoversi dal Giappone per un bel pezzo. Per il momento il ragazzo voleva dedicarsi soltanto alla New Team: quello era l'ultimo anno di liceo, e non potevano assolutamente lasciarsi scappare il titolo di campioni nazionali.
Qualcuno bussò alla porta.
- Avanti - disse il ragazzo, e il signor Marshall entrò nella stanza.
- Buongiorno, Benji. Come va oggi? - chiese l'uomo sorridendo.
Il portiere fu sorpreso da quella domanda.
- E' tutto a posto, Freddie, perché me lo chiedi? La gamba non mi dà più fastidio da un bel pezzo - rispose, alludendo ad un recente infortunio che gli aveva creato alcuni problemi.
- Oh, ma io non parlavo della gamba, ragazzo. Ho appena conosciuto la tua ospite. Davvero graziosa, non c'è che dire. Italiana, vero? - disse Marshall.
- Eh…? Sì, è italiana…ma cosa stai insinuando, Freddy? - chiese il portiere, scrutando il volto del suo tutore, che continuava a nascondersi dietro gli occhiali da sole.
- Niente, niente - disse l'uomo con aria pensierosa.
"Stavo solo pensando che quella in cui ti trovi sarebbe una bella situazione, per un ragazzo normale. Niente genitori, una grande casa, e una splendida ragazza. Meno male che ci sono io…"
- Freddy, non ti seguo… - fece Benji, che non riusciva a capire dove Marshall volesse arrivare.
L'uomo gli si avvicinò e gli mise le mani sulle spalle.
- Benji, ascoltami bene. Tu sei un campione, e devi dedicarti soltanto al calcio. Promettimi che ti impegnerai con tutto te stesso, e che non perderai tempo in altre cose. Quest'anno è molto importante per la tua carriera, e lo sai bene. Quindi promettilo - disse.
- Ehi, Freddy, ma che ti prende? Non mi sono sempre impegnato al massimo? Cosa c'è? - chiese il ragazzo, sorpreso dalle parole dell'altro.
- Certo, è questo che sto dicendo. E devi continuare a farlo, senza distrazioni. D'accordo?
Finalmente Benji comprese.
- Freddy…se stai pensando che ci sia qualcosa tra me e Lory….non preoccuparti, perché non è così. Lei è qui per studiare, ed io per vincere il campionato con la mia squadra. Abitiamo insieme, è vero, ma la cosa finisce qui. Siamo amici. Stop - disse.
Marshall annuì.
- D'accordo, Benji.
- Non preoccuparti, non ho tempo per le ragazze, Freddy! Adesso voglio soltanto realizzare il mio sogno, per il momento non mi interessa altro - continuò il ragazzo.
- Bene - disse l'uomo.
- Adesso scusami, ma non ho ancora mangiato, e ho una fame incredibile.
Detto questo, il portiere uscì dalla stanza.
"Ah, Benji… chissà se riuscirai davvero a concentrarti soltanto sul calcio. Sei cresciuto così in fretta…" pensò Freddy, e si avvicinò alla finestra. Lory era ancora nel cortile, inginocchiata accanto a Chila, e lo accarezzava sorridendo.
"Spero proprio che tu non sconvolga l'equilibrio di Benji, ragazza mia. E' stata dura per lui raggiungerlo, ed io non permetterò che soffra. Ma purtroppo non dipende da me…in fondo lui…è pur sempre un uomo.".

Ma cosa diavolo aveva Freddy? Come gli era venuta in mente un'idea del genere? Sapeva benissimo che lui si era sempre impegnato sempre e solo nel calcio. Perché le cose sarebbero dovute cambiare proprio allora? Soltanto perché una ragazza viveva in casa sua? Che esagerazione.
Eppure lui stesso, pochi minuti prima, si era sorpreso ad ammirare la bellezza di Lory. Be', ma quella era una realtà oggettiva: bastava pensare alla reazione che avevano avuto i suoi compagni di squadra, quando l'avevano conosciuta. E lui non era certo cieco o stupido. Era normale che l'avesse notato. Maledizione, quell'uomo gli aveva messo in testa delle idee troppo strane!
Il portiere scosse il capo, come per scacciare quei pensieri. Doveva concentrarsi sul calcio. Non aveva tempo da sprecare.
Era già passata una settimana dal primo giorno di scuola, e ormai tutte le attività sportive erano riprese regolarmente, anche se loro avevano iniziato gli allenamenti prima degli altri.
Gli abitanti di Fujusawa erano molto fieri di poter vantare una squadra giovanile di calcio così forte, e tutti ci tenevano a conservare il primato nazionale. Era una grande responsabilità, per dei ragazzi così giovani. Ma per Benji non era altro che un modo per migliorarsi sempre di più. La rivalità non lo spaventava: al contrario, lo spingeva a dare il massimo. Anche per questo era rimasto in Germania per tanto tempo. Confrontarsi costantemente con giocatori del calibro di Karl Heinz Schneider era molto stimolante. E poi, lui adorava le sfide. E quell'anno, ce ne sarebbero state parecchie: Patrick Everett, Ralph Peterson, Clifford Huma e Sandy Winter, i gemelli Derrick…per non parlare poi di Philip Callaghan, Julian Ross, e naturalmente Mark Landers. I suoi scontri con Landers erano una storia ormai vecchia. Eppure il capitano della Toho non si era mai rassegnato. E lui certo non si sarebbe tirato indietro. Da quando, anni prima, Landers si era presentato e lo aveva sfidato, tra i due non correva buon sangue. Anche se, a dispetto della grande rivalità e delle forti personalità dei giocatori, in fondo si stimavano e si rispettavano a vicenda, e lo avevano dimostrato nelle varie occasioni in cui avevano giocato nella stessa squadra. Ma quando, sul campo, si trovavano l'uno contro l'altro, era una guerra all'ultimo sangue. Benji non poté impedirsi di sorridere: durante gli anni trascorsi in Germania, quella routine gli era mancata parecchio. Certo, nelle squadre in cui aveva giocato il livello era molto più elevato rispetto a quello della New Team, e questo aveva reso possibile un vero e proprio salto di qualità nella sua preparazione tecnica, ma non era niente in confronto al piacere di giocare il solito campionato insieme ai suoi amici! E naturalmente, puntava alla vittoria…anche se aveva rinunciato all'ambizione che aveva da ragazzino, quella di conservare inviolata la sua porta. A quel pensiero Benji tornò a sorridere. Rivide il se stesso di qualche anno prima, quel portiere arrogante e presuntuoso che si riteneva assolutamente imbattibile. La sconfitta inflittagli da Holly era stata un duro colpo per il suo orgoglio. E poi l'infortunio, a causa del quale Landers gli aveva segnato un goal davanti a tutti, proprio durante le selezioni per entrare a far parte della New Team…ed era dovuto restare confinato in casa quasi per l'intera durata del campionato, giocando soltanto l'ultimo incontro, tra l'altro non essendo in perfetta forma. Dio, quanti ricordi…erano passati la bellezza di sette anni. Eppure gli sembrava di aver afferrato soltanto il giorno prima, più per fortuna che per abilità, doveva ammetterlo, il pallone proveniente dal belvedere, calciato da Holly, con l'ormai celebre lettera di sfida.
Benji, Benji, ti stai lasciando sommergere dai ricordi…
Doveva pensare al futuro, soltanto al futuro. Futuro che secondo le previsioni di Freddy, e anche secondo le sue, sarebbe stato piuttosto roseo. Aveva tutte le intenzioni di portare la New Team alla vittoria, insieme ai suoi amici e Oliver Hutton e Tom Becker, che tra l'altro erano due fuoriclasse. Non avrebbe potuto desiderare compagni migliori.




Aeroporto di Tokyo.
Un uomo abbastanza alto, di corporatura piuttosto robusta, aveva appena recuperato il suo bagaglio. Di carnagione scura, coi capelli castani lievemente ricciuti, portava un paio di occhiali neri che nascondevano gli occhi, e i baffi e la barba gli conferivano un'aria molto misteriosa. Indossava un lungo paletot marrone, un paio di jeans e una maglia azzurra.
Si guardò intorno lentamente, attentamente, cercando di ricostruire mentalmente quei luoghi che una volta gli erano familiari.
"Accidenti, erano anni che non venivo Giappone!" pensò l'uomo con nostalgia. "Era proprio ora di tornare!"
- Ehi, ma sei sicuro che arriverà? - stava dicendo un ragazzo con una macchina fotografica appesa al collo, rivolto all'uomo un po' più vecchio di lui che gli stava accanto.
- I miei informatori sono più che fidati. Stanne certo, arriverà! - rispose l'altro, guardandosi intorno con l'aria di un cacciatore che cerca di individuare la preda.
- Mah, sarà...è da stamattina che lo stiamo aspettando, e non si è ancora fatto vedere... - sbuffò il ragazzo più giovane.
- Porta pazienza...se lo becchiamo faremo uno scoop grandioso, e il capo ci concederà sicuramente un aumento!
Il fotografo si grattò la testa, pensieroso.
- Se lo dici tu...certo che passare la giornata ad aspettare questo tizio...è vero che è diventato quasi una leggenda nel mondo del calcio internazionale, ma mi sembra un'esagerazione. E poi non gioca neanche più!
- Taci! Cosa puoi capirne tu! Se è qui, è sicuramente per Oliver Hutton...e dobbiamo sapere in anteprima cosa succederà! Assolutamente! - replicò l'altro.
L'uomo dal lungo soprabito ridacchiò, affrettandosi ad allontanarsi da quei due giornalisti da strapazzo. Per sua fortuna, erano dei veri incapaci! Peccato, avrebbero fatto davvero uno scoop...
Si diresse verso una cabina telefonica. Inserì la scheda e compose il numero.
- Pronto? Qui casa Hutton - rispose una voce femminile, dall'altro capo dell'apparecchio.
- Maggie?





- Benji? Sei pronto? - chiese Lory, bussando alla porta della camera del ragazzo.
- Sì, arrivo! - rispose lui, dall'interno.
La ragazza si appoggiò alla parete, aspettando che quel formidabile portiere, un po' ritardatario, uscisse dalla camera per andare al campo sportivo.
Aveva promesso a Patty che l'avrebbe aiutata, e non voleva assolutamente rimangiarsi la parola. E poi, quella era un'occasione più unica che rara per osservare "dall'interno" una squadra. Indubbiamente, aveva avuto una fortuna sfacciata finendo ad abitare proprio a casa di Price, la cui fama aveva varcato i confini del suo paese e anche quelli della Germania, giungendo addirittura in Italia. Il Super Great Goal Keeper.
- Eccomi. Su, non fare quella faccia, andremo in macchina - disse la voce di Benji, che interruppe i pensieri di lei.
- Ah…d'accordo! - rispose lei.
- Andiamo? - fece il ragazzo, avviandosi.
- Sì… - e la ragazza lo seguì.



Sara era sola in casa. Holly si stava allenando coi suoi compagni, e la signora Hutton era uscita con delle amiche. La ragazza si lasciò cadere sul divano e accese la televisione. Dopo un rapido giro di canali, constatò che non c'era nulla di interessante da guardare, e zittì l'apparecchio con gesto deciso. Infilò quindi una mano nella tasca del largo pantalone nero che indossava, e ne trasse un foglio di carta. Lo spiegò con cura, e prese a scribacchiarci sopra con la penna che aveva trovato sul tavolino del salotto. Le parole prendevano forma velocemente nella sua testa, e un attimo dopo erano lì, tradotte in tante piccole letterine. L'italiano era una lingua meravigliosa, pensò.
Suonarono alla porta.
"Ma chi è che scoccia a quest'ora?!" si chiese la ragazza. Holly non sarebbe tornato prima di sera, e lo stesso valeva per sua madre. Era stata contenta di avere finalmente, dopo tanto tempo, un pomeriggio tutto per sé.
Si alzò controvoglia, e si diresse stancamente verso l'ingresso.
Il campanello suonò di nuovo, e Sara affrettò il passo.
- Sono qui! Arrivo! - disse, e aprì la porta.
Un uomo alto, dai capelli castani leggermente ricciuti, che indossava un lungo paletot marrone le stava davanti, e aveva al suo fianco una valigia beige piuttosto grande.
Sul viso di lei si dipinse un'espressione di sorpresa, mentre l'uomo si toglieva gli occhiali da sole che portava per guardare meglio.
- Lei…lei… - iniziò Sara, che ancora non credeva ai propri occhi.


Si diresse rapidamente verso casa Hutton. Anche se erano passati parecchi anni, quelle strade gli erano familiari, e le riconosceva facilmente. Riconobbe altrettanto facilmente anche la villetta a due piani in cui abitava il giovane campione della New Team. Scavalcò il cancelletto senza difficoltà, poi si avvicinò all'entrata con passo svelto e suonò il campanello.
Nessuna risposta, e nessun rumore provenivano dall'interno. Strano. Holly era sicuramente agli allenamenti, ma Maggie sapeva che sarebbe arrivato, le aveva telefonato per avvertirla.
Bussò di nuovo. E quella volta sentì una voce femminile proveniente dall'interno.
Meno male, pensò, non sarebbe stato costretto ad entrare come un ladro…in fondo era già successo una volta, e non era stata un'esperienza gradevole…
La porta si aprì, e si trovò davanti una ragazzina di circa sedici anni.
Si tolse gli occhiali da sole, per guardare meglio.
Non molto alta e piuttosto magra, aveva i capelli lunghi, neri e lisci che le ricadevano sulle spalle, il viso piuttosto pallido e grandi occhi neri che lo fissavano con aria sorpresa. Indossava un paio di pantaloni molto larghi e un lungo "vestito" giallo che le arrivava sino alle ginocchia. Anche se i suoi colori potevano ricordare quelli di una giapponese, i tratti erano decisamente occidentali.
- Lei…lei… - mormorò la ragazza, che continuava a fissarlo con aria incredula, quasi stupefatta.
- Ehm…mi scusi, credo di aver sbagliato casa… - disse l'uomo, guardandosi intorno - Strano, ero sicuro che fosse questa…
La ragazza rimase immobile per qualche secondo, poi disse a mezza voce:
- Lei…è Roberto Sedinho?!
Sentendo pronunciare il suo nome, Roberto tornò a guardarla.
- Sì…sono io…
La ragazza continuò ad osservarlo per qualche secondo. Inclinò leggermente il capo su di un lato, poi mormorò:
- Mio Dio, non avrei mai creduto che questo momento sarebbe arrivato…
Roberto la guardò incuriosito.
- Questa è casa Hutton, vero? - le domandò poi, gettando un'occhiata all'interno.
Lei annuì.
- Ah, meno male…credevo di aver dimenticato tutto! - disse l'uomo, con aria sollevata - E tu…tu chi sei?
Rimase in silenzio per qualche secondo.
- Mi chiamo Sara. Sono italiana, e studierò qui in Giappone per un po'. Sono ospite della famiglia Hutton - rispose.
L'uomo sorrise.
- Bene…molto piacere, allora - disse, tendendole la mano, che la ragazza strinse sorridendo. Poi si ricordò delle buone maniere.
- Vuole accomodarsi? - chiese, spostando lo sguardo sulla grossa valigia che Roberto aveva accanto.
- In effetti non mi dispiacerebbe - sorrise di nuovo lui, e lei si fece da parte per lasciarlo passare.
Sara non riusciva a credere ai suoi occhi. Se all'inizio aveva avuto un leggero dubbio, questo era svanito nel momento in cui l'uomo si era tolto gli occhiali scuri. Davanti a lei c'era Roberto Sedinho, in persona…
E in un attimo rivide l'immagine di una bambina di circa otto anni che collezionava figurine e le scambiava con gli amici, che durante la ricreazione giocava a calcio coi ragazzi invece di pettinare le Barbie con le ragazze, e che sarebbe stata la persona più felice del mondo se avesse potuto assistere a un incontro del famoso calciatore brasiliano, Roberto Sedinho, ormai famosissimo anche in Italia, che era diventato l'idolo incontrastato di tutti i suoi amici, e naturalmente anche il suo.
Sbatté più volte le palpebre, credendo di sognare…
Lo fissò per qualche secondo…in un istante i ricordi di un passato ormai morto e sepolto la assalirono tutti insieme, e si sentì come in alto mare.

CONTINUA...