"Il MIO ANDRÉ"


Era possibile che esistesse al mondo una tale bellezza?…
Il velluto nero del cielo era trapunto da una miriade fittissima di punti luminosi. André lo fissava sgomento, sopraffatto da quello spettacolo, benché potesse distinguerlo a fatica.
Poi l’angoscia tornava subito a riempirgli il cuore. La sua vista si stava indebolendo, in maniera inesorabile. A volte, all’improvviso, ogni cosa diventava buia, e anche se durava per pochi istanti soltanto (ogni volta sempre un po’ più a lungo), era terribile. Presto sarebbe diventato cieco. Viveva ogni giorno attendendo il fatale momento. Cosa sarebbe stato di lui?
Per tutta la sua vita era stato al fianco di Oscar. Una volta persa la vista completamente, non avrebbe più potuto starle accanto. Non avrebbe più potuto aiutarla. Non avrebbe più potuto difenderla.
Dio!
Non avrebbe neanche più potuto vederla!!…
E lei era tutto per lui. Lo era sempre stata.
Una lacrima silenziosa solcò il viso di André e lui la cancellò con un gesto distratto.
No, Oscar non avrebbe mai dovuto scoprire la verità. MAI. Se lei lo avesse saputo gli avrebbe impedito di restare tra i soldati della Guardia Cittadina. La sola cosa che poteva fare era fingere. Fingere che tutto andasse bene, che non ci fossero problemi. In fondo, aveva scoperto, non era poi così difficile. Aveva sempre avuto grandi doti di autocontrollo, e se necessario era disposto a mentire. Doveva solo stare molto attento.
Mentre pensava quelle cose, le stelle sopra di lui continuavano a brillare, e parevano quasi ridere delle sue disgrazie.
“Si fanno beffe del tuo dolore” sembrava dire la brezza notturna che gli accarezzava la pelle.
Steso sull’erba, in quella notte stellata in cui il sonno non voleva venire, André ripensava agli ultimi eventi.
L’essersi arruolato nei soldati della Guardia, dove lo aveva condotto? Sempre al fianco di Oscar, ma più distante da lei che se ci fosse stato l’Oceano a separarli.
Lei era cambiata, considerò con un breve sospiro. E forse era cambiato anche lui. Ma perché non avrebbe dovuto essere così? Il mondo intero stava cambiando, la Francia, il “loro” mondo.
E André sapeva che avrebbe continuato ad amare Oscar per sempre, qualunque cosa fosse accaduta. Non importavano i cambiamenti.
“È il mio destino…” mormorò a mezza voce.
“Che cos’è il tuo destino?” chiese una voce inconfondibile alle sue spalle.
André si irrigidì e istintivamente volse la testa nella direzione dalla quale la voce era provenuta, ma c’era troppa poca luce perché la sua vista potesse distinguere altro che una sagoma scura. Pure, non aveva bisogno di vedere, perché la voce di Oscar era il suono più familiare per lui.
Non l’aveva sentita arrivare. Era così perso dietro ai suoi pensieri che non si era accorto della sua presenza.
Oscar si sedette sull’erba accanto a lui, il cuore che batteva più veloce. Ma lei con uno sforzo cercava di non far trapelare nulla e di controllare le onde del cuore che pulsavano frenetiche.
“Come mai sei ancora sveglia a quest’ora?” chiese André, ancora sorpreso che lei fosse lì.
Oscar si strinse nelle spalle con fare noncurante. “Non avevo sonno, stasera.”
Tacque volutamente il fatto che, ormai da diverse notti, non riusciva a dormire bene. Nei suoi sogni agitati era perseguitata dall’idea della morte. Ma non voleva pensarci.
C’erano cose più importanti a preoccuparla.
“Come vanno le tue ferite?” gli chiese, cercando come meglio poté di nascondere l’ansia che la pervadeva.
André sollevò il braccio che era stato ferito e accennò un’espressione soddisfatta.
“Sono come nuovo. Questi tre giorni di riposo sono stati un vero toccasana.”
Lei non fece alcun commento e André si sforzò di scrutare la figura silenziosa di Oscar.
In quel momento avrebbe dato qualsiasi cosa per poter vedere chiaramente e poterle leggere in viso. Aveva avvertito uno strano tono nella voce di lei. Oscar gli stava nascondendo qualcosa.
In un attimo, Oscar fu proiettata con la mente indietro nello spazio e nel tempo, a tre giorni prima, quando, mentre in carrozza lei e André attraversavano Parigi, erano stati assaliti da una folla inferocita che per poco non li aveva entrambi uccisi. E chi aveva rischiato di più era stato André.
“Il mio André…” pensò Oscar. E rabbrividì all’idea che avrebbe potuto perderlo.
André percepì il movimento di lei.
“Hai freddo?” le chiese.
“No… no.” si affrettò a rispondere Oscar.
“Però è davvero molto tardi e dovresti andare a dormire. Domattina devi alzarti presto.”
Oscar respirò a fondo l’aria fresca della notte, assaporando l’odore di erba e terra umida.
Lo faceva ancora! André continuava a preoccuparsi per lei, come quando era il suo attendente. Forse era normale che fosse così, visto che lo aveva fatto per tanti anni. Ma una voce dentro di lei le disse: “Non lo fa per questo. Si preoccupa per te perché ti ama.”
Oscar inghiottì a vuoto. O -almeno- lei sperava che lui l’amasse ancora. Perché adesso Oscar si era resa conto di una verità che non poteva più ignorare, e cioè che lei amava André. Dal profondo del cuore. Però, forse era troppo tardi.
Per la prima volta in vita sua, non sapeva cosa fare.
“Anche tu devi alzarti presto, domattina” disse lei di rimando. “Perché non sei andato a dormire?”
André si alzò a sedere. “Ecco… per me è diverso.”
Fece una pausa, alla ricerca di qualcosa di plausibile da dire, e alla fine non trovò di meglio che affermare: “Domani torno in caserma, e volevo un po’ di tempo per riflettere.”
Quelle parole riecheggiarono nell’animo di lei, come un monito.
“Mi dispiace… Non volevo disturbarti. Immagino che tu preferisca restare da solo…” Oscar si mosse per alzarsi, mestamente, ma André la prese per una mano, trattenendola.
“No, ti prego. Resta.” le disse.
Lei trasalì. Era la prima volta che lui la toccava dalla sera in cui l’aveva praticamente aggredita rivelandole i propri sentimenti. La forza di quell’amore che André aveva tenuto dentro di sé per venti lunghi anni, l’aveva colpita con la stessa violenza di un colpo sparato a bruciapelo.
André si rese conto della reazione che Oscar aveva avuto quando le aveva preso la mano, e la lasciò andare, interpretando quel gesto come un rifiuto.
Eccolo lì, il muro invisibile che li divideva. Oscar poteva sentirlo chiaramente. E ne soffriva. Aveva iniziato a separarli da quella notte, quando André le aveva confessato nella maniera più drammatica e inaspettata il suo amore. Ma era stata lei a costruire quel muro, a erigere ogni singola pietra di quella fortezza, per difendersi, perché non voleva soffrire. Perché in fondo -vigliaccamente- aveva paura dell’amore. Ma quella vana difesa si era ritorta contro di lei, e il muro che si era costruita intorno ora la imprigionava. E rischiava di farla soffrire molto più di quello che aveva temuto inizialmente. Tutto questo per aver commesso l’errore di non capire quali fossero i sentimenti di quel ragazzo che era diventato uomo accanto a lei. Per tanti anni aveva vissuto al suo fianco, e mai aveva sospettato che André vedesse in lei qualcosa di più di un’amica. No, André vedeva in lei la donna che amava. Ma lei aveva chiuso gli occhi per non vedere; aveva coperto le orecchie per non sentire; aveva soffocato il suo cuore che voleva gridare…
Rimasero in silenzio per qualche istante, entrambi imbarazzati e incerti su cosa dire. Fu Oscar la prima a parlare.
“Allora, non vuoi proprio dirmelo?”
“Che cosa?…” disse André.
“Poco fa parlavi del tuo destino. A cosa ti riferivi?” insistette lei.
André reclinò indietro la testa. Avrebbe voluto dirle: “Sei tu il mio destino”, invece disse: “Stavo solo… citando le parole di una poesia.”
“Doveva essere una poesia molto triste.” mormorò Oscar.
La udì sospirare, in maniera appena percettibile. Forse gli altri suoi sensi, che per via dell’indebolimento progressivo della vista stavano a poco a poco diventando più acuti, gli permettevano di rendersi conto di particolari che altrimenti sarebbero stati del tutto trascurabili.
Sempre che esistesse anche una sola cosa di Oscar che lui potesse in tutta coscienza trascurare.
“Qualcosa ti preoccupa, Oscar?” si decise a chiedere infine.
Lei strinse i denti. La miglior difesa era l’attacco. “Forse mi preoccupa un amico che non dice tutta la verità.” mormorò dopo un lungo attimo d’esitazione.
I muscoli di André s’irrigidirono. Appoggiò i gomiti sulle ginocchia piegate. “Che vuoi dire?…” disse lentamente, cercando di mantenere un tono neutro.
Invece di rispondere, Oscar chiese a sua volta: “Vuoi davvero tornare tra i soldati della Guardia, domani?”
“Certo! Ti ho già detto che ormai sto bene. Non sono un invalido!” replicò nervosamente André. Ma quelle parole gli bruciavano sulle labbra, e gocce di sudore freddo gli imperlarono le tempie.
Oscar rimase in silenzio, e lui reagì alzandosi in piedi. “Insomma, Oscar! Se hai qualcosa da dire, dilla, e facciamola finita!”
“Sei sicuro di non essere tu a dovermi dire qualcosa, invece?”
“Non so proprio a cosa tu ti riferisca. E francamente credo che siamo entrambi troppo cresciuti per giocare a rimpiattino.”
“I miei sono solo dei sospetti…” Oscar scrutò ansiosamente i movimenti di André. Ormai da qualche giorno aveva notato qualcosa di strano. Poteva essere solo una sensazione, ma era quanto mai sgradevole. Silenziosamente pregò il Cielo di essere in errore. Dopotutto, André si comportava come al solito. Perché mai aveva iniziato a dubitare che avesse problemi con la vista?
Sospirò profondamente. Lo sapeva, il perché. Erano i suoi sensi di colpa. Un tempo, loro due erano stati molto uniti; compagni, a volte complici. E se ci fosse stato un problema, André glielo avrebbe certamente confidato. O meglio, era quello che lei aveva sempre pensato. Ma ora…
“Comunque, credo che sia troppo presto. Sarebbe meglio se tu prendessi ancora qualche altro giorno di riposo, per sicurezza.” disse poi seccamente.
André rimase per qualche istante in silenzio, corrugando la fronte. Alla fine, esclamò, con voce tagliente: “È forse un ordine, Signor Comandante?”
Oscar represse a stento un moto di stizza. “Qui non sono il tuo comandante!! Questa è casa nostra, e qui noi siamo solo……”
Ma si interruppe, non riuscendo a trovare le parole per continuare. Era difficile definire il loro rapporto, a quel punto.
André era dello stesso parere. Voltava le spalle ad Oscar e si era allontanato di qualche passo.
“Che cosa siamo noi? Dimmelo!” disse con amarezza.
Pallidissima, lei chiuse gli occhi. “Noi siamo sempre stati… amici.”
“No, Oscar! Una volta, forse. Ma ora non più. Non possiamo più essere amici. E tu lo sai!!”
“Non è vero!…” mormorò lei. Il suo cuore aveva iniziato a sanguinare, e in quel singolo momento credette di morire.
André scrollò le spalle, triste. “Non è cambiato niente. Ti rifiuti ancora di guardare in faccia la realtà.”
Avrebbe voluto gridare, e si stupì al contrario di sentirsi così calmo. Era svuotato di ogni energia, come se un incendio avesse devastato la sua anima lasciando solo un deserto arido. Ma il desiderio di prenderla fra le braccia ardeva ancora sotto la cenere, e lui ne era dolorosamente consapevole.
Voleva baciarla, e lottò con tutte le sue forze contro quel desiderio.
Anche Oscar stava combattendo la sua silenziosa battaglia, e si sentiva esausta. Era vero. Per molto tempo si era rifiutata di accettare la realtà. La realtà del suo corpo di donna che poteva anche amare. Del suo cuore di donna che a dispetto di tutto, educazione e doveri, provava dei sentimenti profondi che le confondevano i sensi. Chinò la testa. “Che cosa pretendi da me, André?”
Lui respirò appena, i battiti del cuore amplificati nel sangue e nel cervello.
“Non pretendo nulla da te, Oscar. Non ho il diritto di pretendere nulla.”
Non ne aveva il diritto perché lei non gli apparteneva, e soprattutto perché nonostante l’amasse più della sua stessa vita, lei non avrebbe mai potuto essere sua. Essere amato da lei era solo un sogno impossibile.
Non poteva più resistere. Il dolore che provava era troppo forte. Dopotutto, quanto può sopportare un uomo?
Doveva andarsene, allontanarsi da lei, prima che fosse troppo tardi. Eppure, ogni singola fibra del suo corpo urlava, perché non voleva muoversi.
Raccolse le forze e si mosse, lentamente e come un automa a molla, perché ogni movimento gli costava una spaventosa fatica.
“Buonanotte, Oscar.” Così dicendo, si volse verso la casa.
Ma aveva fatto appena pochi passi che lei, alzatasi di scatto, lo raggiunse. Lo afferrò per un braccio con tutte le sue forze e lo fece girare.
“Non ti permetterò di farlo!!”
André sgranò l’occhio per la sorpresa. “Oscar!…”
“Non ti permetterò di lasciarmi, André!”
Gli occhi di Oscar erano pieni di lacrime, ma lei le tratteneva disperatamente. Basta nascondersi! Era il momento decisivo.
“Che cosa stai dicendo?” chiese lui, mentre cercava di mettere a fuoco il viso di Oscar. Distingueva vagamente i capelli, la bocca. Ma l’espressione del volto gli sfuggiva, e lui era sul punto di impazzire.
“Ma non lo capisci?!” gridò lei esasperata. “Non capisci che ti amo?!!?…” Poi, abbassando lo sguardo, ripeté a mezza voce: “Io ti amo… E ho paura. Perché ho paura?!… Perché?…” Scosse la testa, e con una mano si coprì il viso per un secondo.
André ebbe una fugace visione mentale: l’immagine di una leonessa ferita. Bellissima e fiera.
“Non voglio che ti succeda qualcosa!…” aggiunse Oscar serrando i pugni.
Per un istante d’eternità, il cuore dell’uomo cessò di battere. André trovò di avere le labbra completamente asciutte e le umettò con la lingua.
Poi, per magia, il suo cuore riprese a pulsare, ma in modo così violento che pareva volesse esplodere.
Adesso le lacrime di Oscar correvano libere lungo le sue gote. Non ci pensava nemmeno a trattenerle.
André si mosse, lentamente. Le prese il viso con una mano e glielo sollevò.
“Oscar…”
Lei non si ritrasse. Assaporò il calore delle dita di lui sulla propria pelle. Poi disse: “È vero, sai? Ti amo davvero…”
“Sì, lo so… Lo so.” disse lui, annuendo. Un sorriso tenue sulle sue labbra.
“Ma tu…!?…” Oscar gli posò una mano sul petto. Voleva toccarlo, sentire che era reale. “Dopo tutto quello che è successo… Cosa provi per me?” aggiunse.
André la circondò con le braccia, attirandola a sé.
“I miei sentimenti per te non sono cambiati. Non potranno mai cambiare. Io ti amo, Oscar. Ti amo moltissimo.”
Il corpo solido di André era un rifugio sicuro, e lei si lasciò andare. Un’altra lacrima rotolò giù dalle sue ciglia, ma adesso sulle labbra le aleggiava un dolce sorriso.
“Era questo…. Era solo questo che desideravo sentirti dire!” mormorò.
André sentì il corpo di Oscar aderire al proprio. I capelli di lei gli sfioravano il mento. Si chinò impercettibilmente, e le sfiorò con le labbra la fronte. Percorse il suo viso in una carezza lieve, le cercò la bocca e -trovatala- con un sospiro la baciò.
Oscar rimase solo per un attimo immobile, poi circondò il collo di André con le braccia e socchiuse le labbra, rispondendo istintivamente al bacio. I suoi gesti erano ancora esitanti, e incerti, ma tutto il suo essere desiderava soltanto poter diventare una cosa sola con lui.
Quando infine, dopo un tempo che a entrambi era parso contemporaneamente lunghissimo e breve, le loro labbra si separarono, lei appoggiò la fronte sul petto di lui.
Sentiva il cuore di André battere, ed era una melodia dolcissima, alla quale faceva eco la risposta del proprio cuore. Quello era il suo destino. E in quel momento, stretta fra le braccia di André, lei si rese conto che solo allora si sentiva completa. Era così che doveva essere. Era così che era stato deciso dalle Parche fin dalla notte dei Tempi.
Con il respiro corto, André accarezzava il corpo di Oscar, dolcemente. Non era un sogno, ma la realtà. E lui aveva voglia di gridare al mondo intero la sua gioia, perché il suo amore era corrisposto, infine.
Oscar sentiva l’animo traboccare di mille sensazioni sconosciute e inebrianti. Gli porse nuovamente le labbra e il bacio che li unì allora fu come la scintilla di un incendio. Era per entrambi un desiderio troppo a lungo represso.
“Ti amo…!” sussurrò André contro la bocca di lei.
“Ti amo.” disse Oscar, felice di poter dire quelle parole che salivano dal più profondo del suo cuore.
Sopra di loro, nel cielo, migliaia di stelle splendevano tremule. Era una notte serena e vibrante di passione. E loro -le stelle- erano le sole testimoni dei voti d’amore eterno che stavano scambiandosi i due giovani amanti.


FINE