MAGGIO 1789

I raggi del sole possono essere davvero fastidiosi, quando insinuandosi tra le tue palpebre chiuse sembrano richiamarti alla realtà, e tirarti fuori dal dolce mondo dei sogni…
E' questo che pensava Oscar ogni mattina, all'alba di un nuovo giorno che chissà quale cambiamento avrebbe portato nella sua vita già abbastanza frenetica e difficile…
Ma d'improvviso si ricordò che quel giorno eccezionalmente non sarebbe dovuta andare al lavoro. I soldati della Guardia sarebbero stati un po' più liberi. E anche lei avrebbe potuto rilassarsi nella tranquillità di palazzo Jarjayes.
Rinfrancata si avvicinò alla finestra e sentì sulla sua pelle i raggi del sole di quel Maggio 1789 che la avvolgevano e la invitavano a uscire, a partecipare al tripudio della natura in primavera, lasciando da parte soldati, armi, guerre, sofferenze…
Abbassando lo sguardo, Oscar notò Andrè, a piedi nudi, nella fontana. Anche quella mattina, Andrè si era svegliato presto per andare a strigliarle il cavallo: era come se inconsciamente si fossero già messi d'accordo per andare a fare una cavalcata mattutina sulle sponde della Senna, e Andrè avesse interpretato questo accordo inconscio preoccupandosi di svegliarsi per prendersi cura del suo cavallo…
Andrè era contento di poter beneficiare lui solo per un giorno della compagnia del Comandante della Guardia Oscar François de Jarjayes. Lei era sempre così impegnata, così ambita da uomini e donne, così puntuale e precisa sul lavoro che sembrava che un servo non avrebbe mai potuto avvicinarsi a lei… e invece quel giorno lei era lì, alla finestra, pronta a condividere quell'unica giornata di riposo con l'unico uomo che potesse capirla, starle accanto, condividere ogni istante della sua vita…
Eppure Andrè non si era accorto che Oscar lo stava guardando dalla finestra. Aveva sentito il rumore delle tende scosse dalla brezza mattutina, ma gli ci volle un po' per identificare quell'ombra circondata dalla luce del sole come la donna che amava… ben presto avrebbe perso anche l'occhio destro… e per questo ci teneva moltissimo a godere della vista della bellezza di Oscar, della natura, della vita, prima che il colore e la luce delle cose si spegnessero per sempre dentro di lui…
Purtroppo invece Oscar cominciava a sospettare che Andrè non vedesse più bene, e del resto anche lui aveva dei sospetti sullo stato di salute del biondo Comandante… in quel mattino così gioioso e solare dunque si stagliava l'ombra del dolore e della preoccupazione, un'ombra che non si sarebbe cancellata neanche tentando di nasconderla dietro l'illusione di vivere una giornata come tutte le altre…
E infatti, come avveniva ogni qualvolta Andrè e Oscar avevano un po' di tempo libero, cavalcarono fino alla riva della Senna… nella quale all'età dei sei anni avevano rischiato di affogare… fino a quella radura dove a quattordici anni si erano presi a cazzotti come due maschiacci qualsiasi… e Oscar aveva deciso di restare per sempre un uomo, lasciando che le grida di Andrè che la invitavano a diventare una donna si perdessero nel vento e tra le fronde degli alberi.
Era sempre Oscar che andava avanti, e Andrè la seguiva, senza neanche sapere dove volesse andare e come volesse passare quella giornata… l'unica cosa che contava per lui era seguirla, sempre e comunque, e fu felice che lei l'avesse condotto in quel rifugio della loro giovinezza, nel quale le aveva preso la mano dopo averla tempestata di botte, rendendosi conto che ormai quella che provava per lei non era più solo amicizia…
Giunti lì, come avevano sempre usato fare, decisero di tirare un po' di scherma, e nonostante la natura quel giorno invitasse alla pace universale a all'amore tra tutte le creature, lì c'erano due uomini che come compagni di sempre si sfidavano pronti a dare il meglio di sé… perché nessuno dei due scherzava mai quando si fronteggiavano.
Eppure quel giorno Oscar si sentiva stranamente dolce. Impugnava un fioretto e saltellava con grazia sull'erba evitando gli affondi di Andrè, ma non c'era violenza, non c'era cattiveria nei suoi assalti. Nessun movimento inutile, nessuna perdita di controllo, solo eleganza traspariva dai suoi movimenti… ma tutto ciò non diminuiva la pericolosità della sua arma. Non era furiosa, come quella volta in cui aveva tirato di scherma con Andrè dopo che Fersen si era recato a palazzo Jarjayes manifestando il suo profondo dolore per quello che stava succedendo con Maria Antonietta… non era ironica come quando insegnava i primi attacchi alla piccola Rosalie… era solo dolce, calma, combatteva per allenarsi, per passare il tempo con un'occupazione per lei abituale, non doveva sfogare alcun risentimento né dare voce a qualche sentimento soffocato.
Nonostante il controllo perfetto che Oscar eseguiva su di sé e sul suo fioretto, per Andrè era diventato davvero un problema distinguere quale fosse la vera lama tra tutte quelle che il suo occhio stanco gli presentava… sembrava che fosse circondato da tanti coltelli sfocati pronti a colpirlo, e che questi si muovessero così velocemente da non poterli in nessun modo evitare… il polso di Oscar era troppo veloce per quello che ormai il suo occhio poteva percepire, e l'eccezionale grazia dei suoi movimenti era per lui minacciosa, rischiava di ferirlo, era qualcosa dalla quale non gli era facile difendersi.
Non fu difficile dunque che Andrè si stancasse subito di combattere: aveva fatto uno sforzo incredibile per evitare di essere ferito e di rivelare le sue difficoltà visive… senza contare tutte le volte in cui Oscar avrebbe potuto colpirlo e non l'aveva fatto…
Si distese dunque all'ombra di un ciliegio e lasciò che Oscar salisse a cavallo e galoppasse in riva alla Senna, accontentandosi di guardarla da lontano… il suo occhio era stanco, avrebbe dovuto tenderlo un po' chiuso, farlo riposare… e invece non riusciva a staccarlo da lei, dalla dea greca che correva tra gli spruzzi dell'acqua e le folate di vento… non poteva stancarsi di contemplare la vera bellezza che tra breve non gli sarebbe più stata concessa…
No, non poteva proprio fare a meno di osservare lo spettacolo di Oscar, con i suoi capelli biondi trascinati dal vento, la camicia bianca dalla scollatura ampia, la rossa fascia che le cingeva la vita… le gambe lunghe, esili, eppure perfettamente serrate lungo i fianchi del cavallo, nell'armonia della natura che sembrava accoglierla come una parte di sé… così come non potè non trasalire quando Oscar scese di sella ansante, stanca, provata da una breve cavalcata che in altri tempi sarebbe stata uno scherzo per lei…
Oscar sperò che Andrè non si fosse accorto della sua stanchezza, e si distese vicino al ciliegio, presso la riva della Senna che rifletteva i raggi del sole sulla sua superficie argentea… si distese lì, con le braccia incrociate dietro alla testa, cercando per quanto possibile di non pensare a niente, di non soffermarsi sulla stanchezza che provava dopo una breve corsa a cavallo, di non rievocare l'immagine di Andrè che non riusciva a vedere i fendenti della sua spada, che non riusciva a colpirla perché non poteva percepire i suoi movimenti…
Cercò di non ricordare quel maledetto giorno in cui si era tolto la benda coprendo l'occhio ferito con i capelli… con i suoi bellissimi capelli che non erano bastati a nascondere la luce, quel maledetto giorno in cui aveva accettato di perdere la vista pur di non perdere lei, per la quale avrebbe dato anche la vita…
Ma più si sforzava di non farsi assalire dai pensieri e più questi incalzavano e l'aggredivano insopportabili, e contrastavano con l'allegra natura che la circondava, che la irradiava con la sua luce senza curarsi del buio che regnava dentro di lei…
Andrè, che non riusciva a vederla bene ma la capiva benissimo anche quando dissimulava i suoi veri sentimenti ostentando un sicuro controllo delle sue emozioni, cercò di tranquillizzarla prendendo tra le labbra una fogliolina d'erba, e suonando la canzoncina che conosceva fin da quando era piccolo, che con la sua dolcezza era il sicuro rimedio ai momenti di tensione…. Contrariamente a quanto era successo quel giorno in cui Oscar si aspettava che Andrè dovesse convincerla su ordine di suo padre a indossare l'uniforme da Capitano delle Guardie, e gli aveva intimato di smettere di suonare quella canzone, questa volta sembrò apprezzare il suo gesto, e rilassarsi sulle note del vecchio motivetto…
Andrè continuò a suonare per evitare che Oscar cadesse di nuovo nella disperazione, per evitare che potesse soffrire, per evitare di rovinare quella che avrebbe dovuto essere per loro una giornata di gioia, quando il suo sguardo cadde su un magnifico cespuglio di rose bianche che, ironia del destino, era cresciuto proprio accanto a dove era distesa Oscar.
Notando tra i boccioli un fiore già sbocciato e nel pieno del suo splendore, Andrè si sentì assalito dal pensiero che quella rosa bianca non sarebbe mai stata sua, perché la sua amata avrebbe sposato un nobile, uno che poteva offrirle la ricchezza, un alto status sociale, il lusso e tutte le cose che rendono felici una donna… e lui, che cosa poteva offrirle? Non aveva niente di materiale, era solo un servo, non avrebbe potuto assicurarle un futuro felice… eppure aveva già dato un occhio per lei, e se qualcuno gli avesse chiesto di gettarsi nel fuoco, lui per lei l'avrebbe fatto…
D'istinto, senza pensarci, Andrè si mosse silenziosamente sull'erba e tese il dito per cogliere quella rosa e porgerla a Oscar, per riunire il perfetto splendore di un fiore e la bellezza matura di una donna, per manifestarle il suo affetto, per farla sorridere e dimenticare la tristezza…
Però, però… nel cogliere la rosa, Andrè non si accorse di una spina, una spina che pur nella sua crudezza non deturpava la bellezza del fiore, e si ferì…
Due gocce di sangue, scivolando dal suo dito, caddero sulla camicia bianca di Oscar e la macchiarono di rosso vivo: Oscar accorgendosene aprì gli occhi e di soprassalto si mise a sedere sull'erba. Stava già per rimproverare Andrè perché le aveva sporcato la camicia, ma il suo sguardo glaciale si sciolse quando lo vide contemplarsi la mano che continuava a perdere sangue e ripetere: - Scusami, Oscar, se ti ho sporcato la camicia… non mi ero ricordato… quanto sono pericolose… le rose bianche. -
Sentendosi in colpa per come era stata pronta a biasimarlo senza tener conto dei suoi sentimenti, Oscar prese la mano sanguinante di Andrè e se lo portò alle labbra, lasciando che il sangue colorasse di rosso la sua bocca pallida. Sentiva la preoccupazione per la sorte di Andrè trasformarsi in paura, paura di perderlo, paura di farlo soffrire ancora, di causargli altro dolore… sentiva che in quel mattino di maggio, il mese in cui sbocciano le rose, poteva accettare di essere una donna, ed esserlo accanto a lui, ricambiare il suo amore, sentire al suo fianco la gioia di vivere che aveva perso da tempo, e la voglia di combattere per i suoi ideali, piuttosto che per ossequio agli ordini ricevuti…
Sì, in quel mattino di maggio Oscar si rendeva conto di amarlo… di amare colui che l'aveva sempre difesa, che era sempre stato dalla sua parte, che aveva sopportato ogni sofferenza pur di starle vicino, che aveva saputo andare oltre il fatto che lei dovesse comportarsi come un vero uomo, e che l'aveva posta perentoriamente dinanzi alla sua femminilità con la frase "una rosa è una rosa anche se essa sia bianca o rossa… una rosa non sarà mai un lillà".
Ed ecco sul volto del Comandante Oscar scendere una lacrima di rimorso, per quello che avrebbe potuto essere e non era stato, per le sofferenze che gli aveva causato quando non conosceva i suoi sentimenti e quando si era ostinata a comportarsi come un uomo anche dopo averli conosciuti…
Ma Andrè non le chiedeva di scusarsi. Non aveva bisogno di perdonarla. Perché sapeva che lei l'avrebbe amato prima o poi, che era solo questione di tempo, che erano nati per unirsi. Cancellò quella lacrima accarezzandole la guancia, e la guardò con tanta dolcezza e tenerezza che Oscar, con lo sguardo impaurito di un cerbiatto che sente all'improvviso avvicinarsi i cacciatori, sussurrò: - Perdonami -, lo trasse a sé e lo baciò.
Uno stormo di uccelli si alzò in volo in quello stesso istante, mentre Andrè la abbracciava e la stringeva tanto forte da aver paura di farle male, perché finalmente era sua, perché la amava tanto da essere stato la sua ombra, e non poteva lasciarla andare, non poteva permettere che gli sfuggisse anche questa volta, come i petali di ciliegio portati via dal vento…
E Oscar provava per la prima volta un sentimento per il quale non c'è posto nel cuore di un soldato… si sentiva per la prima volta fortunata per essere nata donna, e perché poteva condividere questo momento d'amore con l'uomo che amava di più al mondo… era felice di sentire su di sé la sua pelle, il suo respiro, il suo corpo… al di là del fatto che lei fosse ricca e lui no, che lei fosse nobile e lui un servo, che lei fosse il Comandante e lui un soldato ai suoi ordini… ormai niente poteva dividerli.
E mentre il sole saliva in alto, tramontava, e quel giorno volgeva al termine, sulla riva della Senna dove vent'anni prima due quattordicenni facevano a pugni perché il ragazzino voleva convincere la ragazzina a essere se stessa e a non sforzarsi di essere quello che comunque non avrebbe potuto essere fino in fondo, un uomo e una donna nel pieno della loro maturità si univano al riparo delle fronde del ciliegio e dei cespugli di rose bianche, che nel mese di maggio fioriscono nobili e, consapevoli del loro destino, appassiscono in bellezza.

FINE