K&K

CAPITOLO 4
IL NOSTRO RICORDO

Dopo quella domenica, le giornate di Kris si fecero sempre più intense. La mattinata e parte del pomeriggio la passava naturalmente a scuola, e, tornata a casa, aveva solo un paio d'ore per studiare e per riposarsi. Dopodiché, doveva correre al campo per allenarsi fino a tardo pomeriggio insieme al resto della squadra. Dopo aver mangiato, verso le nove di sera, vi ritornava poi per gli allenamenti speciali supervisionati da Price e Becker.
Era una vita sicuramente molto faticosa, e Kris se ne rese conto alla fine della prima settimana, quando, quel sabato, arrivò come sempre, trafelata ma puntuale, per gli allenamenti di potenziamento.
Il campo, deserto, era illuminato solamente dai quattro grossi fari posizionati agli angoli del campo; l'erba era bagnata a causa della breve pioggia di quel pomeriggio, e Kris respirava a pieni polmoni quel fresco e piacevole odore di umido sospeso nell'aria senza suoni della notte.
Percorse un tratto del perimetro del rettangolo verde per arrivare davanti alla porta che portava agli spogliatoi, aspettandosi di trovare Price e Becker fermi ad aspettarla lì davanti, come ogni sera.
Con sua grande sorpresa, però, si accorse che non c'era nessuno.
"Strano...", si disse guardandosi intorno. "Dove saranno? Cavoli...forse avrei dovuto dare loro almeno il mio numero di cellulare...per rintracciarmi casomai fosse successo qualcosa...".
Sospirò. "Fra l'intensità degli allenamenti e la paura di essere scoperta non ho per niente pensato a questo genere di cose...uff...", pensò Kris sedendosi su una delle panchine a fianco. "Vorrà dire che me ne dovrò tornare a casa subito per questa sera...ora però sono stanca morta...mi riposerò un momento...", disse ad alta voce, stiracchiando le braccia verso l'alto e appoggiandosi allo schienale.
Ad un tratto la porta dello spogliatoio si aprì, facendo trasalire Kristine, che saltò in piedi spaventata.
"Kristian!"esclamò Tom Becker. "Credevo di non essere riuscito ad arrivare in tempo e che tu te ne fossi già ritornato a casa...per fortuna sono risalito a controllare...mi stavo già cambiando per andarmene...".
Kris rimase per qualche istante senza parole mentre il ragazzo, davanti a lei, la guardava con la maglietta della squadra buttata su una delle spalle nude, con indosso solo i pantaloncini bianchi della divisa e gli scarpini neri.
"Beh? Che c'è?", disse Becker avvicinandosi. "C'è qualcosa che non va, Kris?".
La ragazza, rossa in viso, si girò immediatamente dall'altra parte, portandosi le mani alle guance. "N - no, no! Nulla...", rispose impacciata, cercando di nascondere l'imbarazzo. "Piuttosto...come...come mai sei da solo stasera?".
Tom si infilò la maglietta. "Vedi, sono tornato qualche minuto fa dalla casa di Price...in questa settimana ha sforzato nuovamente troppo la gamba, e per questo motivo non potrà allenarti per i prossimi giorni. Ha bisogno di riposo assoluto, o almeno è questo che mi ha detto Freddie. Quindi...". Sorrise. "...penso che dovrai accontentarti di un solo allenatore per un po'!".
Sorrise nuovamente, e Kris sentì una fitta al cuore. Sapeva che se solo avesse potuto abbracciarlo nelle vesti di Kristine, non l'avrebbe più lasciato...
"Non preoccuparti...non mi lamento di certo, Becker...", mormorò, guardandolo dolcemente.
Tom le rivolse uno sguardo stupito, e immediatamente la ragazza si rese conto di essersi lasciata trasportare dai sentimenti.
Sperò che i suoi occhi non l'avessero tradita: abbassò la testa, e senza aggiungere alcuna parola iniziò a camminare verso una delle porte.
Il numero 11 della New Team restò invece in piedi, fermo nello stesso punto. Poi, lentamente, si girò a guardare il compagno di squadra.
"Kristian...", disse.
Kris si voltò. "...Sì?"
Anche se erano distanti ormai parecchi metri e Becker era immerso nella penombra, la ragazza capì che Tom la stava guardando negli occhi.
"Forse...forse ti sembrerà una sciocchezza, ma ho l'impressione di averti già conosciuto", disse lui, avanzando di qualche passo.
Kristine trattenne il respiro. "Oh, cavoli...lo sapevo...", pensò allarmata, mentre il ragazzo si avvicinava a lei.
Si schiarì la voce, cercando di rimanere calma. "Ehm...davvero? Beh...no, non penso...mi ricorderei di te...forse...forse mi stai confondendo con qualcuno che mi somiglia...".
Tom si fermò accanto a lei. "Beh...sì...forse hai ragione...sai, è da quando ti ho visto la prima volta che...che il tuo aspetto mi dà una forte sensazione di deja-vù...e pochi secondi fa ho creduto per un attimo di ricordarmi...".
Kris teneva lo sguardo abbassato, il cuore che le batteva all'impazzata. "...di...ricordarti cosa?", disse piano.
Becker fece per finire la frase, per poi rinunciarci con un profondo sospiro. "No...niente, niente. Lascia perdere...".
Il ragazzo si allontanò, per andare a procurarsi i palloni da utilizzare nell'allenamento in un angolo del campo. Kris lo guardò camminare, ringraziando dio che il tutto fosse finito lì...
"Tom...", disse a bassavoce dirigendosi fra i pali. Tirò fuori i guanti di Price. "Non sai quanto vorrei poterti dire la verità, ma...". Se li infilò con decisione, prima uno, poi l'altro. "...ma adesso c'è qualcosa di più importante a cui devo tenere...".
Aspettò quindi che il ragazzo tornasse, preparandosi ai tiri che avrebbe dovuto parare quella sera. Alzò la testa, per guardare il cielo ormai scuro. "Possibile che Tom si ricordi ancora di me? In fondo...".
Immersa nei suoi pensieri, Kris non sentì la voce di Becker gridarle di fare attenzione alla palla che aveva appena tirato, che si stava dirigendo a tutta velocità verso l'angolo della porta opposto a quello a cui Kris era vicina.
La ragazza vide la sfera solo all'ultimo momento, ma grazie a un poderoso colpo di reni riuscì lo stesso ad afferrarla prima che questa si insaccasse in rete.
Con il pallone stretto al petto, Kristine riaprì gli occhi, ma che subito dopo socchiuse a causa della forte folata di vento che le stava ferzando il viso. Riusciva a vedere l'ampia distesa di corta erba verde davanti a lei ondeggiare lievemente. Si rialzò, passandosi una mano sui pantaloni sporchi di terra.
"Ehi, Tom! Credevi di riuscire a farmi goal cogliendomi in un momento di distrazione? Eh eh...mi dispiace, ma come vedi ho parato il tuo tiro senza problemi...", disse Kris sorridendo vittoriosa al ragazzo che, lentamente, si avvicinava a lei.
Ma Becker non stava sorridendo. Il suo viso era contratto in un'espressione di incredulità mista ad un velo di tristezza...gli occhi color nocciola erano fissi su Kristine, che a sua volta lo guardava senza capire.
"Becker...cosa...".
Tom avanzò ancora di qualche passo, fermandosi a pochi metri dalla ragazza.
"Ora ricordo...Kristine. Tu sei Kristine di Kyoto".
Il portiere della New Team pensò, per un attimo, di non aver ben capito ciò che Becker aveva appena detto. Poi, scorgendo il suo cappello bianco in terra, appena dietro al ragazzo, comprese immediatamente quello che era appena successo.
Si tolse un guanto, e portò la mano alla testa: i suoi lunghi capelli castani le scendevano sulle spalle e ai lati delle guance, sfiorandole la pelle.
Il vento le aveva strappato via il cappello senza che se ne accorgesse.
Tom aveva scoperto il suo segreto...e si era ricordato di lei.



Il vento continuava a soffiare, scompigliando i capelli di Kris che, immobile, guardava disperata Tom, anch'egli fermo davanti alla ragazza. Nessuno dei due riusciva a dire una parola.
Poi, finalmente, Kristine abbassò gli occhi da Becker. Ormai non c'era più niente da fare. Tanto valeva spiegargli come stavano le cose...
"Tom..." iniziò a dire, la voce che le tremava. "Mi...mi dispiace. Non volevo ingannare nessuno. L'occasione si è presentata e...e l'ho colta al volo. Volevo assolutamente giocare con voi...non ho pensato a ciò che avrebbe comportato tutto questo. Perdonami...". La ragazza continuava a fissare il terreno. Non sarebbe più riuscita a guardarlo negli occhi...
Il giocatore della New Team rimase in silenzio. Poi, dopo essersi avvicinato ulteriormente a Kris, la abbracciò improvvisamente, tanto che la ragazza, colta alla sprovvista, rimase senza fiato.
"Sì, sei proprio tu...", mormorò Tom, stringendola. "...non avrei mai pensato che un giorno...ti avrei rivista. Tutte...tutte le volte che ripartivo con mio padre...accettavo sempre, alla fine, di lasciare amici e compagni di classe, per seguirlo in giro per il mondo. Ma non ho mai sofferto come nel giorno in cui me ne andai da Kyoto...dove avevo conosciuto te...Kristine".
Kris non si mosse. La sua guancia era appoggiata alla spalla di Becker, e la ragazza riusciva quasi a sentire il battito del suo cuore. Avrebbe voluto rimanere così per sempre...
Ma, purtroppo, poco dopo Tom la allontanò da sé, per cercare il suo sguardo nei due occhi castani, lucidi di lacrime. Ora più di prima, però, Kris non sarebbe riuscita a sostenere lo sguardo di Becker.
"Tom...non sapevo...che tu facevi parte della New Team...per me...è stata una sorpresa ritrovarti qui. Comunque...". Sorrise, senza rendersi conto di essere diventata rossa. "...sono felice di averti incontrato".
Becker sorrise a sua volta, un sorriso dolcissimo che però Kris non riuscì a vedere.
"Anch'io...e ti posso assicurare che non ti devi scusare di nulla. Non so perché tu non mi abbia detto la verità subito...ma...avrei dovuto in ogni caso capirlo che quel formidabile e agile portiere di nome Kristian eri in realtà tu, Kristine. Una volta...me l'avevi detto...".
"Detto...detto cosa?".
"Che un giorno o l'altro avresti fatto anche carte false per poter realizzare il tuo piccolo sogno".
Kris alzò un po' gli occhi, sorpresa. Tom non si era mai scordato di lei, e di ciò di cui, in quel breve ma intenso periodo, avevano parlato...
"Allora non sei arrabbiato?" disse lei con un po' di timore.
"Ma certo che no! Come potrei? So bene quanto credi in quello che fai...sei sempre stata coraggiosa e decisa, Kristine. Ho pensato molte volte a te, dopo che ripartii da Kyoto. Sapevo che saresti riuscita sicuramente a diventare tutto quello che volevi. Sei una ragazza in gamba...come ce ne sono poche". Tom avvicinò una mano al viso della ragazza, sollevandolo.
"Non hai motivo quindi di non guardarmi negli occhi...e neanche di piangere".
Kristine sentì le dita di Becker alzarle il mento. Suo malgrado, si ritrovò a guardare in faccia il ragazzo.
"No...no...è che...non credevo che tu...capissi perché vi ho ingannato. E nemmeno...che ti ricordassi di me". Fece un profondo sospiro, lasciando poi che le lacrime le scendessero finalmente sulle guance, libere.
"La verità è che mi sei mancato", disse con la voce rotta da quel pianto di liberazione.
Tom si trattenne dall'abbracciarla nuovamente, limitandosi ad accarezzarle i folti capelli castani, per lungo tempo tenuti nascosti dalla ragazza. Un senso di infinita nostalgia lo assalì.
Continuò a passarle le dita fra i capelli. "Anche tu. Ho potuto stare con te solo per poco tempo, ma in realtà eri diventata la più cara amica che avessi mai avuto. Un'amica che adesso ho ritrovato e...". Esitò. No, per ora era meglio non dire nulla.
"...e che non voglio più perdere", preferì concludere.
Kris si asciugò le guance. "Grazie. Sai, in questi ultimi tempi non posso dire di avere molto fortuna con gli amici, nei rapporti sociali in generale e...beh, soprattutto con la mia famiglia...".
Becker la guardò tristemente. "Hai sempre lo stesso problema con i tuoi genitori, vero?".
La ragazza sospirò. "Già...adesso sto iniziando a sforzarmi di capire il loro atteggiamento. Ma loro...ecco, non penso proprio che loro capiranno mai il mio".
Ci fu qualche secondo di silenzio assoluto. Il vento si era calmato, e al sua posto aveva iniziato a soffiare una brezza quasi tiepida, piacevole. I due ragazzi iniziarono a camminare lentamente per il campo, l'uno di fianco all'altra.
"Sai, quando ti sei presentata come Kristian Grover, al momento non ero riuscito a ricordarmi dove avevo già sentito quel cognome...solo poco fa, quando ti ho riconosciuta, ho capito ogni cosa. Eri per forza Kristine Grover...figlia dei proprietari della catena di alberghi Grover...". Si girò a guardare l'amica, comprensivo. "Sono certo che i tuoi genitori abbiano a cuore la tua felicità più di quanto pensi...".
Kris mise le mani nelle tasche dei pantaloni. "Una persona, qualche giorno fa, mi ha detto la stessa cosa...ma sai, è difficile da accettare quando tua madre e tuo padre ti costringono, ad esempio, a lasciare la città dove hai vissuto per una vita, insieme a tutti i tuoi amici...".
Becker alzò lo sguardo al cielo. "Kristine...nessuno può capirti più di me...fin da quando ero piccolo, ho dovuto dire addio a moltissime persone, come ben sai. Ma non ci potevo fare nulla...scegliendo di vivere con mio padre, avevo accettato, di conseguenza, di seguirlo ovunque...gli volevo bene...anche se ad ogni partenza soffrivo, non mi sono mai pentito di essere rimasto con lui. Ma forse...forse il tuo caso è un po' differente...".
Kristine scosse la testa. "No...in questo hai ragione...i miei hanno deciso di venire qui per lavoro...ma vedi, penso che ci sarebbero state anche altre possibilità. Avrebbero potuto, ad esempio, lasciare l'amministrazione del nuovo albergo in mano a qualcun'altro...e invece hanno voluto dirigerlo personalmente...è questo che non mi va giù...".
Il ragazzo preferì non dire più nulla sull'argomento. Ma Kris continuò.
"...comunque, non è solo la questione del trasferimento...sono anche i mille pregiudizi che hanno verso tutto e tutti...il loro stile di vita...l'ambiente in cui vivono e nel quale vogliono farmi vivere...ma io mi sento un'altra persona, capisci? Voglio essere libera di fare quello che voglio...come diventare portiere della New Team, ad esempio!".
Becker la guardò. "E scommetto che loro non lo dovranno mai scoprire, non è vero?".
"Già".
Tom non disse nulla per qualche secondo.
"Sai..." riprese, poco dopo. "...di certo quello che hai fatto non è legale, ma io sono con te. Non intendo dire nulla...questo segreto un po' mi peserà sicuramente sul cuore, ma nel tuo gesto non c'è niente di male. Tenti solo di realizzare un sogno, non è così? E poi...penso proprio che sarai il miglior portiere di questo campionato, Kris...ho molta fiducia in te", disse lui sorridendole.
La ragazza abbassò gli occhi, imbarazzata. "Grazie...ma di sicuro non riuscirò mai a raggiungere il livello di un campione come Price...".
"Lo ammiri molto, vero?".
"Moltissimo. E' sempre stato il mio modello da seguire...purtroppo, essendo una ragazza, non avrò mai le possibilità che invece si presentano, in questo sport, ai ragazzi. Per questo, come dici tu, sto tentando di realizzare il mio sogno in questo modo. Anche solo per un campionato".
"Capisco. Rivelerai la verità alla squadra, alla fine di tutto?".
Il viso di Kristine si rattristò improvvisamente. "Beh...ancora non lo so...potrebbero sentirsi traditi, e io non voglio...forse...forse sparirò semplicemente, senza farmi più vedere...anche se non sopporto l'idea di dire addio a Hutton e agli altri...sai...già mi sto affezionando a tutti loro...era da tanto che non sentivo vicino tanti amici".
Tom annuì silenziosamente. Capiva bene quello che Kristine voleva dire. L'aveva provato anche lui, moltissime volte...
"Hai ragione...sono persone fantastiche. Io le conosco da molto tempo...e soprattutto Holly...sa essere un vero amico". Tom sorrise al pensiero di tutto quello che, nel corso degli anni, aveva passato insieme ad Hutton.
"In ogni caso..." . Si fermò, voltandosi verso la ragazza. "...per adesso non pensarci. Dimentica i problemi, e vivi il presente fino in fondo. Assapora ogni momento...vedrai che non te ne pentirai. Impegnamoci insieme per portare la New Team alla vittoria...sono sicuro che ce la faremo. E poi, adesso non sei più sola. Ci sono io con te".
Kristine guardò dolcemente il ragazzo. "Certo. E ti ringrazio tanto...".
Camminarono fino agli spogliatoi. Kris era veramente molto stanca, tanto che, ad un certo punto, quasi cadde a terra per la debolezza. Per fortuna Tom la prese al volo per le braccia, sostenendola. La guardò preoccupato.
"Penso proprio che tu non ti regga più in piedi, dopo una settimana simile", le disse quindi Becker, aiutandola a sedersi su una delle panche.
Kristine si portò le mani alla testa, appoggiando i gomiti sulle ginocchia. "In effetti ho paura di non riuscire a sostenere questo ritmo per molto tempo...non ho che un'ora scarsa per riposarmi ogni giorno...e poi la scuola...lo studio...e mio fratello. Prima o poi sono sicura che verrà a conoscenza di quello che gli tengo nascosto. Sai...è un tipo molto apprensivo, protettivo nei miei confronti...non so più cosa inventarmi per giustificare, ogni sera, l'ora a cui rientro. E la mia casa è dall'altra parte della città...".
Chiuse gli occhi, e Tom si sedette accanto a lei. "Stai facendo molti sacrifici, Kris. Non sono più tanto sicuro che...".
Ma la ragazza lo interruppe, agitando una mano. "No, no...non dire altro. Ho sbagliato io a dirti queste cose...non preoccuparti. Ce la farò. Mi costerà molto questa vita, ma ne varrà la pena. Sono forte...molto più di quanto pensi".
Becker la osservò. Fece per dire qualcosa, quando Kris, improvvisamente, si rialzò.
"Oh, cavoli, a forza di parlare, alla fine, stasera non mi sono allenata!", esclamò, apparentemente piena di energia.
Si girò verso l'amico. "E' tutta colpa tua! Se Benji lo sapesse!", disse, fissandolo accigliata. Dopo un istante, però, scoppiò a ridere.
"Mi sa che davvero hai bisogno di una bella dormita...", le rispose il ragazzo, divertito. "Per stasera, Kristine, basta così...è meglio!".
Kris però continuava a ridere.
"Forza...ti accompagno. Non è bello che tu ritorni ogni sera a casa da sola...d'ora in poi verrò sempre con te. Anche i mezzi pubblici non sono molto affidabili...".
La ragazza rise ancora per po', poi si zittì. Senza incrociare il suo sguardo con quello di Tom, ad un tratto si aggrappò a lui. Nascose il viso nel petto del ragazzo, stringendolo come se non volesse più lasciarlo andare.
"Ehi, Kris...tutto bene?" disse Becker circondandole le spalle con un braccio.
Lei, con gli occhi semichiusi, sorrise. "Sono così contenta di averti ancora vicino...per me...significa molto".
Tom la strinse forte. "Non sai quanto significhi per me...", pensò, guardandola.



Dopo che Tom si fu vestito, i due lasciarono il campo. Pochi minuti dopo erano già sull'autobus.
Tom sperava che fossero saliti su quello giusto...Kristine, infatti, troppo stanca per continuare a parlare, si era sorretta al ragazzo per tutto il tragitto dal campo fino alla fermata del mezzo. Adesso, in uno stato fra il sonno e la veglia, era seduta di fianco a Tom, la testa appoggiata al vetro.
"Kris...dovresti dirmi dove abiti...", mormorò a bassa voce Becker all'orecchio della ragazza.
Lei, per tutta risposta, si strinse nelle braccia conserte, pronunciando poi lentamente il proprio indirizzo.
"Beh, speriamo almeno che sia quello giusto", si disse quindi Tom ridendo.
L'autobus viaggiava a velocità moderata, e procedeva per il tragitto senza fretta. Quella sera era completamente vuoto, e loro due erano gli unici passeggeri. Anche se era sabato, poi, in giro non c'era un'anima viva. I lampioni lungo i marciapiedi illuminavano tristemente le vie, creando con la loro luce soffusa un forte senso di solitudine mista alla nostalgia per qualcosa che non c'è più. Tutto appariva vago, come sospeso nel tempo.
Sembrava che il mondo si fosse fermato...ma per Tom, il silenzio di quella notte di fine estate era più bello di mille parole. Un silenzio pieno di ricordi, un silenzio dolce e caldo rotto solo dal respiro regolare di Kris, che dormiva tranquilla rannicchiata sul sedile di quell'autobus deserto, col sorriso sulle labbra.


FINE 4° CAPITOLO