K&K

CAPITOLO 3
UNA GABBIA DORATA


Alex sentì la porta sbattere. Appoggiò i piatti sul tavolo, dirigendosi verso l'ingresso.
"Ah, sei tu...ho preparato il pranzo. Vieni a mangiare", disse quindi dopo aver gettato un breve sguardo alla sorella, che, distrutta, era appoggiata al muro della stanza per cercare di riprendere fiato.
"A...arrivo...", mormorò Kris togliendosi il cappello e la giacca della tuta e buttandoli sul divano del salotto.
Raggiunse il fratello in cucina. Alex era in piedi davanti al lavandino, di spalle, che sbucciava lentamente delle carote. Kris si sedette al tavolo apparecchiato, osservando per qualche secondo il contenuto del suo piatto prima di prendere in mano la forchetta. Si fermò nuovamente.
"Cos'hai, Alex?", disse improvvisamente alzando la testa.
Il ragazzo rimase immobile. "Cos'ho? Niente. Cosa dovrei avere, scusa?".
"Smettila. So benissimo che sei arrabbiato. Ti conosco...".
Per qualche istante il silenzio più totale regnò nella cucina. Poi, posando rumorosamente il coltello che aveva in mano sulla superficie metallica del lavello, Alex si girò.
"E' da due settimane che sparisci ogni giorno per interi pomeriggi, vestendoti sempre con quell'orribile tuta...e poi raccogli i capelli per nasconderli sotto ad un cappello, ritorni a casa in uno stato tra lo shockato e il sognante e subito dopo ti rinchiudi in camera senza dirmi cosa ti è successo...mi fai preoccupare da morire, esci sempre e non ti porti mai via il cellulare, non so mai come rintracciarti e in teoria io dovrei tenerti d'occhio visto che sono il fratello maggiore e i nostri genitori non ci sono mai...e poi hai il coraggio di chiedermi che cos'ho?".
Kris ascoltò quel fiume di parole senza dire nulla, conscia del fatto che Alex aveva perfettamente ragione. Troppo presa dagli ultimi avvenimenti che le erano capitati, non aveva pensato che le persone intorno a lei, e primo fra tutte suo fratello, avrebbero potuto notare qualcosa di strano nel suo comportamento. Ma, d'altra parte...
"Non posso certo spiegare ad Alex quello che mi è successo...se gli dicessi che mi fingo un ragazzo per poter giocare nella New Team non so proprio come reagirebbe...", pensò Kris abbassando lo sguardo pensierosa.
Il fratello si avvicinò al tavolo. Improvvisamente, sbattè entrambe le mani sul piano di legno, facendo tintinnare piatti e bicchieri e scuotendo Kris dai suoi pensieri. La ragazza lo guardò stupita.
"Beh, mia cara, almeno uno 'scusa' sarebbe gradito!", esclamò Alex fissandola infuriato.
Kris lo fissò a sua volta, poi sospirò, sorridendo. "Scusa, fratellino. Prometto che non ti farò più preoccupare".
Il ragazzo la scrutò negli occhi ancora per qualche secondo, per poi scostarsi dal tavolo. "Brava".
Ritornò verso il lavandino.
Nonostante quello che poteva sembrare, Kris sapeva che non bastava quell'unica frase per rassicurare Alex...decise quindi di rivelargli solo una parte di verità. La sola che, d'altronde, sarebbe riuscita a confessare.
"Ehm...vedi...è che in questi ultimi tempi...vado tutti i giorni ad assistere...agli allenamenti della New Team...", mormorò, timorosa.
Kris attese la reazione del fratello, preparandosi al peggio. Alex non aveva mai compreso la sua passione per il calcio, ma probabilmente solo perché influenzato dalle idee dei loro genitori, totalmente contrari all'interessamento della loro unica figlia ad uno sport normalmente praticato solo da maschi. Anzi, la madre e il padre di Kris erano addirittura convinti che una ragazza non dovesse pensare a nessun tipo di sport...Kris detestava questi stupidi pregiudizi, allo stesso modo in cui detestava i suoi genitori. Certo, non poteva dire di odiarli. In fondo restavano pur sempre sua madre e suo padre, ma...il loro modo di pensare era troppo diverso dal suo. Da questo punto di vista le avevano sempre tarpato le ali, e non le avevano mai lasciato la libertà di decidere da sola, nemmeno nelle scelte personali.
Quando, a Kyoto, Kris aveva iniziato a giocare a pallavolo, c'erano voluti mesi prima di riuscire a convincere i suoi...beh, in realtà non li aveva convinti. Dopo una furiosa litigata, aveva semplicemente deciso di non ascoltarli.
Purtroppo, qualche anno più tardi, fu costretta a lasciare per sempre la sua squadra, in cui era entrata con tanta fatica, insieme a tutti i suoi amici, per trasferirsi a Fujisawa...con grande gioia, ovviamente, dei suoi genitori.
Proprio per questo motivo, adesso, Kris non poteva permettere che tutto si rovinasse un'altra volta. Non voleva più discutere, non voleva più che qualcuno gli negasse di credere nei suoi sogni...anzi, di vivere i suoi sogni.
Alex per un po' non disse niente. Poi, girandosi verso la sorella, fece un largo sorriso.
"L'avevo sospettato, sai?" disse tranquillo.
Kris rimase per un attimo spiazzata dalla risposta, che sinceramente non si aspettava.
"...Davvero?".
"Sì...era fin troppo evidente. Sapevo anch'io che qui si allenava la New Team...e ho pensato che, di certo, anche tu ne eri venuta subito a conoscenza. E così...non mi è stato difficile fare due più due...", disse. Poco dopo la sua espressione diventò seria.
"Sta' tranquilla, non dirò nulla a mamma e papà. So bene che ti proibirebbero di passare il tuo tempo ad assistere agli allenamenti della squadra. Personalmente anch'io non la trovo una cosa molto costruttiva, ma...". Kris gli lanciò un'occhiataccia.
"...ma, in fondo, è solo grazie alla New Team se adesso hai riacquistato un po' di serenità. Quando abbiamo lasciato Kyoto, eri davvero triste. Inconsolabile, direi. Adesso, invece...". Alex la guardò con affetto. "Sembra che il calcio sia davvero la tua vita".
Kristine restò in silenzio, piena di gratitudine per il fratello. Nei momenti di maggior sconforto, in quelli difficili, e durante i contrasti con i loro genitori, Alex l'aveva sempre sorretta e aiutata. Le era sempre stato vicino, e adesso, ancora una volta, era diventato suo complice...
"Grazie, Alex", disse.
"Figurati, sorellina. Ma...".
"Ma?"
Il ragazzo si avvicinò a lei, e agitando minacciosamente il coltello con il quale stava sbucciando le carote, esclamò: "Se però qualche bel giocatore della New Team si azzarda a metterti le mani addosso, ti assicurò che farò in modo che non possa più toccare un pallone per tutta la sua vita!".
I due si fissarono un momento, per poi scoppiare a ridere insieme.
"Esagerato! Non devi preoccuparti di questo...vestita da ragazzo, penso che nessuno di loro mi noterà...", disse quindi Kris riprendendo in mano la forchetta abbandonata poco prima accanto al piatto.
Alex sospirò, e, sedendosi di fianco alla sorella, appoggiò i gomiti al tavolo, sorreggendosi la testa con le mani. "Beh, questo è vero...ma non si sa mai...più che altro...la mia paura è che un altro stupido...beh, possa farti soffrire, come è già successo in passato. Quando ti innamori di qualcuno, l'amore che doni a questa persona è totale, sincero, profondo...ma vedi, molte volte questi tuoi sentimenti non vengono ricambiati allo stesso modo...e finisce che tutti se ne approfittano di te, per poi abbandonarti.
Purtroppo questo non ti è capitato una sola volta, e io lo so quanto dolore hai dovuto provare...quindi...ora...io mi preoccupo solo per te, capisci? Non voglio che questo ricapiti ancora...".
Kris voltò la testa di scatto. Becker...
"...Beh...", disse agitata, cercando di parlare normalmente. "...cosa...cosa ti fa pensare che io mi debba innamorare per forza di un giocatore della New Team?".
Alex alzò le spalle. "Beh...nulla, in realtà. Però, sai, con tutti quei ragazzi belli e atletici..." disse, facendo poi una risatina.
"Eh eh...scusa...scherzavo...comunque...". La guardò negli occhi. "Spero di non dovermi preoccupare di nuovo...Kris. Solo questo".
La ragazza sostenne il suo sguardo per alcuni secondi, per poi tornare a mangiare. "Non lo farai...te lo assicuro".



Kris salì in camera. La prima giornata di allenamenti era stata davvero dura...anche se sapeva bene che quello era stato solo l'inizio. Avrebbe dovuto resistere per tutto il campionato, e comunque fino a quando Benji non si fosse completamente ristabilito.
"Terrò duro", promise a se stessa iniziando ad abbassare la cerniera della tuta e dirigendosi verso la porta del bagno. "La forza di volontà di certo non mi manca...".
Immediatamente, però, si fermò.
Si girò verso il letto, sul quale era appoggiata una grossa scatola bianca.
"No...ancora un'altra volta...", mormorò lentamente, fissando l'involucro freddamente. "Avevo detto loro che non ci sarei più andata...ma allora non lo vogliono proprio capire!", gridò, lanciando rabbiosamente un pugno sul muro.
Sulla porta comparve Alex.
"Sapevo che la tua reazione sarebbe stata questa...ecco perché non te lo volevo dire".
Kris alzò la testa. "Beh, l'avrei saputo comunque, no?".
"Già".
I due rimasero in silenzio per qualche secondo. Poi, all'improvviso, Kristine afferrò uno dei cuscini che erano sul letto, per lanciarlo violentemente contro una parete.
"Non possono costringermi! Mi sono stancata!".
"Kris...lo sai che questa volta non puoi rifiutarti...".
"Questa volta? Ma se li ho sempre accontentati! Anche se sanno benissimo quanto odio gli stupidi ricevimenti che organizzano, e la loro fissazione di coinvolgermi nei loro affari...e poi sai meglio di me che fanno sempre di tutto per farmi conoscere ricchi quanto insopportabili giovani imprenditori! Mi usano come se fossi uno strumento, e puntualmente mi comprano un vestito da sera ovviamente firmato...".
Sì fermò per riprendere fiato. Aveva gli occhi lucidi di lacrime, ma si impose di non piangere davanti al fratello.
Alex la guardava tristemente. A differenza della sorella, era sempre stato meno ribelle di lei nei confronti dei loro genitori, anche se doveva ammettere di aver disapprovato più di una volta certi loro atteggiamenti.
"Mi dispiace, Kris...stasera c'è l'inaugurazione del nuovo albergo...sai quanto mamma e papà tengono alla nostra presenza...ci saranno molte persone importanti, potenziali soci per i Grover. Dovremo fare di tutto per far fare una bella figura alla nostra famiglia...lo capisci, non è vero?".
La sorella lo fissò furiosa. "No che non capisco! Mi sembra che siamo già abbastanza ricchi o mi sbaglio?".
Alex la guardò a sua volta, cercando di farla ragionare. "Kris, lo fanno per noi", disse lentamente.
A quelle parole, Kristine si avvicinò al ragazzo, fino a che non arrivò a pochi centimetri da lui. "Forse avrai anche ragione, ma ho sempre creduto che 'avere una famiglia' e 'voler bene ai propri figli' volesse dire soprattutto 'presenza all'interno dell'ambito famigliare'! Fin da quando eravamo piccoli, non ci sono mai stati in casa...mai una gita insieme, una vacanza...solo il loro lavoro, i loro affari. Siamo cresciuti fra baby sitter e domestici, e adesso...adesso che siamo capaci di badare a noi stessi ci usano solo quando fa comodo a loro...e questo è insopportabile!".
Alex ascoltò pazientemente lo sfogo della sorella. Per molte cose aveva perfettamente ragione...non poteva certo biasimarla. Era stato difficile per entrambi, ma soprattutto per Kris, crescere da soli...forse era per questo motivo che Alex si era sempre sentito in dovere di stare il più vicino possibile a lei, molto più di un semplice fratello maggiore.
Sospirò, avvicinandosi alla porta. "E' per stasera alle nove. Io fra poco esco per andare all'albergo ad aiutare Nicole e gli altri ad organizzare la serata...tornerò prima delle sette per cambiarmi, e poi andremo insieme. Ciao, Kris".
Il ragazzò uscì dalla camera della sorella. Kristine rimase immobile, gli occhi fissi sul pavimento. Dopo qualche istante, sentì la porta dell'ingresso sbattere, segno che Alex se n'era andato.
Subito dopo si buttò sul letto, disperata, finalmente libera di piangere.
"Li odio!", urlò, dando sfogo a tutta la sua rabbia, e stringendo i lembi delle lenzuola fra le mani. "Adesso...li odio davvero!".



Nonostante tutto, quella sera Kris si preparò per andare al ricevimento insieme ad Alex. Non sapeva bene perché, alla fine, aveva deciso di farlo...forse per suo fratello, o forse per evitare che i suoi genitori pensassero che fosse occupata a fare altre cose.
In questo modo, cioè, avrebbe potuto nascondere al meglio il "portiere Kristian" della New Team. In quel momento, era infatti l'unica cosa veramente importante...per mascherare la verità, sarebbe stata disposta a fare qualsiasi cosa. Anche ad assecondare il volere dei suoi genitori.
Si mise le scarpe, e avvicinandosi allo specchio si ricontrollò per un'ultima volta.
"Come odio dovermi vestire così", si disse fissando infastidita la sua immagine riflessa. "Questa non sono io...".
Di certo l'elegante vestito nero da sera sbracciato che indossava era molto differente dai comodi abiti sportivi che utilizzava normalmente...lungo fino ai piedi, aveva un unico spacco a lato, che arrivava fino a metà coscia. Il collo era circondato da un sottile filo d'oro, e i capelli castani, raccolti sulla nuca, erano fermati da un fermaglio con dei piccoli brillanti.
"Su, coraggio Kris...", mormorò quindi rassegnata, afferrando la borsa e il cappotto con una mano guantata. "...passerà anche questa odiosa serata, alla fine, come tutte le cose...".
Qualcuno bussò alla porta. "Sei pronta?", domandò Alex, fuori dalla stanza.
Kris comparve improvvisamente davanti ai suoi occhi, aprendo subito l'anta. "Certo".
Il ragazzo la guardò sbalordito, fischiando per l'ammirazione.
"Cavoli, sei proprio bellissima. E' un peccato che tu non ti vesta mai così...".
Kris gli lanciò un'occhiata storta. "Ah, ma ti prego...io detesto questi abiti...e poi, scusa, quando potrei vestirmi così? Di certo non a scuola, e nemmeno per uscire durante la giornata...".
Alex alzò le spalle, un po' deluso. "Beh, io dicevo così per dire...d'ora in poi non ti farò più nessun complimento...", disse, avviandosi nel corridoio. Kristine lo raggiunse. "Dai...anche tu sei bellissimo con questo completo. La cravatta ti fa apparire molto distinto...".
I due uscirono di casa ridendo, e solo una volta saliti sulla Mercedes ferma davanti al cancello, mandata dai genitori, ritornarono seri.
"Non volevo costringerti a venire, Kris...", disse Alex, una volta partiti, girandosi a guardare la ragazza, che, di fianco a lui, guardava assente fuori dal finestrino.
"No...figurati, non mi hai di certo costretta. Ho solo deciso di venirci e basta", mormorò lei senza muovere la testa.
Il ragazzo fece per aggiungere qualcosa, ma poi, abbassando gli occhi dalla sorella, capì che sarebbe stato inutile continuare quella discussione. Si appoggiò alla schienale, sospirando. "E' sempre così...", pensò tristemente guardando, con aria stanca, oltre al vetro dell'auto. "...Kris si sente sempre come un animale in gabbia. Un animale imprigionato che cerca la propria libertà...".
Il viaggio durò una ventina di minuti. L'albergo dei Grover era situato a qualche chilometro dalla costa, su una piccola altura, circondato da uno splendido giardino. La costruzione, altissima, dominava l'intera zona, e chiunque la guardava rimaneva intimorito di fronte all'imponenza del lussuoso hotel, riservato infatti solo a vip e a ricchi personaggi politici.
La Mercedes si fermò davanti all'immenso ingresso, illuminato da alti lampioni scuri. Una piccola folla di giornalisti era appostata lì vicino, in attesa, probabilmente, dell'arrivo di qualche personaggio famoso che avrebbe partecipato al ricevimento.
Kris e Alex scesero dalla macchina, camminando con passo spedito davanti alle telecamere e alle macchine fotografiche. Erano ormai abituati a quell'entrata in scena, che si ripeteva puntualmente ad ogni ricevimento e ad ogni festa organizzata dai loro genitori.
Varcarono le due altissime vetrate d'ingresso, che si aprirono silenziosamente al loro passaggio. Di fronte a loro si presentava una grande sala dal pavimento lucido simile a marmo, che rifletteva ogni oggetto e figura presente nella hall. Tre luminosi lampadari, dalla lavorazione elaborata e ricercata, pendevano dal soffitto a cassettoni dalla forma esagonale, che ricordavano quasi le cellette di un alveare.
Kris e Alex si avvicinarono al lungo banco di legno scuro situato in fondo alla sala, dove, dietro ad esso, due distinti signori vestiti con degli eleganti completi blu osservavano, seri e composti, l'ingresso delle persone nell'hotel.
"Salve Mike", disse Alex rivolgendosi al primo dei due, un tipo sulla quarantina con un paio di spessi occhiali dalla montatura argentata. "Per caso siamo in ritardo?".
Il buffo omino accennò un piccolo sorriso nel momento in cui riconobbe i due ragazzi. "Ah, signor Alex...signorina Kristine...I vostri genitori attendevano con impazienza il vostro arrivo. E' da parecchi giorni che non vi vedono, mi è stato detto...in ogni caso non siete in ritardo...gli ultimi ospiti sono arrivati solo pochi minuti fa...".
Alex sorrise, e, dopo aver salutato Mike, prese per un braccio Kris, che, in disparte, stava fissando il pavimento silenziosamente.
"Su...cerca almeno di sorridere...", le bisbigliò quindi il fratello non appena furono entrati in un secondo salone, molto più grande della hall, situato alla destra di questa.
Un lungo tavolo, che circondava tre lati della stanza, era ricoperto da ogni tipo di piatto, fra dolci, antipasti, aperitivi, vini, bevande di ogni genere, bicchieri di cristallo trasparente e immensi vassoi...decine e decine di persone elegantemente vestite affollavano lo spazio intorno alle tavolate, parlando animatamente, mentre una piccola orchestra, in un angolo, creava il sottofondo musicale.
Kris si strinse al braccio di Alex. "Altro che sorridere...solo vedere questa gente mi fa venire l'angoscia", mormorò la ragazza cercando di mantenere la calma. "E se penso a...", fece per continuare, ma in quel momento qualcuno la chiamò.
I due fratelli si girarono. Una bella signora dai corti capelli neri un po' mossi, leggermente truccata e con un lungo vestito azzurro li guardava sorridente; di fianco a lei un alto signore con uno smoking nero e sottili baffi scuri teneva in mano due bicchieri di vino rosso.
"Eccovi, finalmente! Oh, Kristine, sapevo che quel vestito ti sarebbe stato d'incanto...", esclamò la signora avvicinandosi, allargando le braccia per stringere a sé Kris. Ma la ragazza si liberò subito da quell'abbraccio, scostando infastidita il viso profumato della madre da sé.
"Ciao", disse solo abbassando lo sguardo, con voce incolore. "Spero che vi siate divertiti in questa settimana...".
Alex si voltò a guardare la sorella che, ostinatamente, continuava a comportarsi come sempre. "Kris...".
Il signor Grover si schiarì la voce, cercando con gli occhi lo sguardo della figlia. "Cara, lo sai che non ci assentiamo per divertirci...", disse con una voce profonda e un po' roca.
"...è proprio questo il problema...", mormorò Kristine voltandosi dalla parte opposta, con un leggero sorriso sarcastico sulle labbra. "...ma tanto non lo capirete mai".
La signora Grover si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. "Hai detto qualcosa, scusa?".
"No, no...nulla", rispose la ragazza, scomparendo in mezzo alle persone addensate al centro del salone, mentre l'orchestra attaccava con un motivo veloce e ritmato. Era meglio allontanarsi subito, prima di scoppiare...
"Ma...Kris! Dovevo presentarti delle persone! Accidenti...ma si può sapere che cos'ha sempre quella ragazza? Alex...per caso è successo qualcosa che non sappiamo?", disse preoccupata la madre dei due ragazzi prendendo un bicchiere di vino dalla mano del marito.
Il ragazzo si passò una mano fra i capelli castani, sospirando. "No...non è successo niente. Forse...è solo un po' stanca, tutto qua...".
Il signor Grover corrucciò la fronte, guardando il figlio. "E' stanca? E per cosa dovrebbe essere stanca? La scuola è appena ricominciata...". La madre di Alex si associò al marito. "Già...non è che...per caso si è di nuovo iscritta a qualche club sportivo, o magari a una palestra? Sa bene che non sopporto che una ragazza come lei corra, salti e sudi...".
Alex le lanciò un'occhiataccia, sorprendendosi ancora nel sentire che razza di idee avevano in testa i suoi genitori, specialmente sua madre. Forse era stata una fortuna, dopotutto, che lui e Kris non fossero stati cresciuti da lei...perlomeno avevano evitato di diventare snob e viziati, incredibilmente noiosi e pieni di mille pregiudizi.
"Non fa nulla del genere, mamma, tranquilla...volevo dire che sarà solo un po' in ansia per il ritorno a scuola...", rispose quindi il ragazzo cercando di sembrare sincero. Si girò."Beh...ora è meglio che vada a vedere dove si è cacciata!".
Detto questo, Alex si allontanò dai suoi genitori per confondersi tra la folla di invitati, proprio come aveva fatto la sorella pochi minuti prima. Di certo non moriva dalla voglia di essere presentato a mille uomini d'affari e a ricche signore per tutta la serata... era quella infatti l'occupazione preferita da sua madre e suo padre ad ogni ricevimento che organizzavano o al quale erano invitati. Sua sorella, naturalmente, la detestava...
Alex attraversò la sala superando gruppi di persone che chiacchieravano animatamente e coppie danzanti, fino ad arrivare davanti alla grande tavolata imbandita, ricoperta da ogni tipo di piatto e stuzzichino che si potesse immaginare.
Sorrise, mentre con una mano prendeva un piccolo panino da un vassoio. "Ecco l'unica cosa positiva di queste feste...".



Intanto Kristine, salita sulla terrazza dell'hotel per allontanarsi il più possibile da quell'ambiente che non sopportava, osservava silenziosamente il curatissimo giardino sotto di lei che circondava l'edificio. Immerso ora nel buio della sera, era illuminato qua e là solo da qualche lampione: gli ultimi grilli estivi diffondevano il loro canto nella tiepida aria notturna e Kris, appoggiata coi gomiti sul davanzale della balconata, chiuse gli occhi, per ascoltare quel sommesso e tranquillizzante mormorio.
"Aah..qui fuori va molto meglio", disse a se stessa con il viso fra le mani, rilassandosi finalmente dopo quel pomeriggio di nervosismo e tensione. "...qui dove non ci sono né i miei, né quegli insopportabili snob che non voglio nemmeno conoscere...".
In quel momento qualcuno, dietro di lei, mosse un passo avvicinandosi al davanzale di pietra rosata. Kris si voltò.
"Sapevo che non saresti rimasta per più di cinque minuti in mezzo a quella gente", disse una bella ragazza dai capelli rosso scuro, un po' mossi e con un corto tubino nero, venendole incontro sorridente. Arrivata di fianco a Kris, la guardò con aria stupita.
"Beh...sinceramente non pensavo nemmeno che saresti venuta", continuò quindi.
Kristine le sorrise tristemente. "Oh, Nicole...se fosse stato per me ti assicuro che non mi avresti vista stasera...".
"E per cosa sei venuta allora?".
"Beh...per...no, ...no...niente", mormorò Kris stringendosi nelle braccia.
Nicole volse i grandi occhi castani verso un punto lontano all'orizzonte, rimanendo in silenzio per qualche secondo. Poi, dopo un grande sospiro, sorrise.
"Hai accontentato Alex, non è così? L'ultima volta mi avevi assicurato che non avresti più partecipato a nessun ricevimento dei tuoi...e invece...".
"Già. Ma questa volta è davvero l'ultima. Sai, mi sono decisa a venire anche per un mio motivo personale, ma adesso sono giunta alla conclusione che non era affatto necessario...mah, forse cercavo solamente una ragione per ascoltare mio fratello...non volevo che ci rimanesse male. Lui non è come me...non è capace di dire di no ai miei...".
Nicole buttò dietro alla spalla una ciocca di capelli rossi, girandosi per guardare Kris negli occhi.
"Non è che forse non volevi deludere nemmeno i tuoi genitori?".
Kristine la fissò, spalancando gli occhi. "Ma nemmeno per sogno! Non mi importa niente di quello che pensano di me...e poi, figurati! Non si sono mai preoccupati né di me né di Alex!" esclamò quindi, allargando le braccia.
"Io non penso, Kris".
Le parole di Nicole rimasero come nell'aria per qualche istante, per poi arrivare a Kris che, con una mano appoggiata sulla fronte, guardava il proprio braccio appoggiato sul davanzale, il viso immobile. Sentiva uno strano nodo formarsi lentamente in gola, bloccandole il respiro.
"E' che...loro non capiscono. Non hanno mai capito. Pensano di farmi il bene maggiore lavorando come dei matti, guadagnando sempre più soldi...ogni giorno di più...ma io non l'ho mai voluto, e penso nemmeno Alex. Volevo solo...ho sempre voluto...solo dei genitori. Che mi leggessero delle favole la sera, o mi accompagnassero a scuola, o...o facessero una vacanza con me...non ho mai chiesto molto, in fondo. Tutto questo non è niente per me...feste, soldi, vestiti firmati...niente vale come una vera famiglia. Capisci ora perché sono arrivata ad odiare questa gente? Questo tipo di vita? Mi sento come imprigionata...imprigionata in qualcosa di costruito, di falso...non è quello che desidero. Mia madre e mio padre non riescono a capire quali sono i miei sogni...le mie aspirazioni...le cose che voglio fare...che desidero davvero!".
Nicole guardava comprensiva Kris, che, coprendosi il viso con una mano, iniziava a piangere silenziosamente.
Si accostò a lei, circondandole le spalle con un braccio. "Non abbatterti, piccola. Ti capisco, sai? So cosa è significato per te stare da sola, e crescere senza dei punti di riferimento...per fortuna Alex ti è sempre stato vicino. Ma...alcune volte pensa a chi non è fortunato come te...pensa a chi non ha nulla, oppure a chi non ha neanche una famiglia. Sono queste le persone che soffrono veramente...".
Si fermò un attimo, abbassando gli occhi. "E poi, ti assicuro che dietro a quell'apparenza un po' superficiale i tuoi nascondono moltissimi lati positivi...parlo per esperienza, Kris. Ormai li conosco molto bene, anche se lavoro per loro solo da cinque anni. E' vero...molte cose non riescono a comprenderle, certi atteggiamenti nei tuoi confronti sono sbagliati, ma...sicuramente ti vogliono un gran bene, come tutti i genitori verso i propri figli, del resto. Adesso, come dici tu, credono di fare il meglio per te e Alex, assicurandovi una futura e solida sicurezza economica...ma un giorno capiranno i loro sbagli, e vedranno in te quello che non avevano capito prima. Vedrai...per adesso, cerca di accontentarli dove è possibile e, anche se questa vita ti va un po' stretta, stringi i denti e sopportala. Intanto, insegui i tuoi veri sogni con caparbietà e coraggio, mettici passione ed entusiasmo...e non mollare.
Sicuramente, alla fine, quando conquisterai ciò che hai sempre voluto, tutti si renderanno conto di qual è la vera Kris. E saranno orgogliosi di te...specialmente i tuoi genitori".
Kris scostò la mano dal viso, e guardò l'amica, con gli occhi ancora lucidi.
"Nicole...", riuscì a dire, anche se il nodo le stringeva ancora la gola.
La ragazza le sorrise, piena d'affetto. Allora Kristine le buttò le braccia al collo, per stringere una persona che era sempre stata per lei come una sorella maggiore, o una seconda madre.
"Grazie", mormorò quindi, affondando il viso fra i folti capelli di Nicole che, intanto, le accarezzava rassicurante la testa. "Ora...sto molto meglio", disse poi Kris guardandola, visibilmente risollevata. "Potrei anche riuscire a tornare là dentro", aggiunse indicando la vetrata dietro di loro.
Scoppiarono a ridere. "Sì, forse è meglio ritornare in sala...altrimenti Alex potrebbe pensare che sei fuggita!", disse Nicole avviandosi verso le scale che riportavano al piano di sotto.
Kris la raggiunse, prendendola sottobraccio. "No, impossibile! In questo momento sarà troppo occupato a mangiare...".
"Sì, hai ragione!".
Continuarono a ridere fino a che non ritornarono nel grande salone. Kris adesso era realmente più serena, anche se sapeva bene che quel discorso non avrebbe potuto cambiare nel concreto il rapporto fra lei e i suoi genitori...almeno per il momento.
In ogni caso, ora sapeva come avrebbe dovuto comportarsi.
E, per quanto riguarda i suoi sogni, beh...quelli non li avrebbe mai abbandonati. E in particolar modo uno.
"Ma la vera lotta per realizzarlo inizia domani...", pensò, piena di rinnovato coraggio. "Un giorno...sarete fieri di me...".


FINE 3° CAPITOLO