K&K
Capitolo 15
RITROVARTI


…Oppure hai iniziato a dire e fare cose che non voglio nemmeno provare a ipotizzare…
La frase pronunciata da Jude continuava a ripetersi nelle orecchie di Kris. Senza tregua. Una volta, due, tre…
Quante probabilità ci potevano essere? E poi…tutto si incastrava alla perfezione…il suo mal di testa, l'amnesia, l'atteggiamento di Price…tutto era possibile…ma…ma…
Tutto poteva anche non essere tale. Già…erano solo ipotesi…ipotesi.
"Non conta più nulla…", si disse però, a bassa voce. Camminava lungo il marciapiede, lentamente, senza far caso a chi incrociava, a chi urtava. Stretta nella giacca a vento blu, nel freddo di quell'autunno, Kris non sembrava accorgersi del mondo esterno. Ormai, lo capiva sempre di meno. E desiderava solo una cosa, in quel momento…nascondersi, sparire. Confondersi tra gli altri. Confondere Kristian, ma anche Kristine. E sparire.
"…non voglio più nemmeno saperlo…la verità non cambierebbe le cose".
Affondò le mani nelle tasche. Non si era mai sentita così confusa. Confusa dalle sensazioni, dai pensieri, dalle persone. E anche adesso, non era in grado di definire ciò che sentiva. Tristezza? Amarezza? Forse, ma non era così semplice. No, decisamente no.
Ora…ora lo poteva percepire chiaramente. Pesante come un macigno, Kristian gli opprimeva il cuore.

Infilò la chiave nella serratura della porta di casa. Chissà se Alex era già rientrato…ultimamente, il tempo che suo fratello trascorreva all'università era aumentato. Da un certo periodo, infatti, era completamente immerso nello studio, una cosa non certo da lui, visto che negli anni del Liceo era sempre stato uno studente più o meno discreto. Insomma, Kris ricordava bene come Alex Grover non fosse certamente quello che poteva esser definito un "secchione". E adesso, improvvisamente, la cosa che faceva più spesso era invece dare esami su esami.
"Dovrei prendere esempio da lui", mormorò, pensando al proprio rendimento scolastico con un filo di vergogna. Entrò nell'ingresso, e dopo aver richiuso l'anta, si sfilò la giacca.
Il salotto era deserto. E perfettamente in ordine, anche. Probabilmente suo fratello non era ancora ritornato, allora…
Diede un'occhiata in cucina, anch'essa lucida come uno specchio. Addentando una mela, uscì, dirigendosi quindi verso il piano superiore. Un'idea più che allettante era quella di chiudersi in camera, per dormire almeno dodici ore filate.
"Ecco, per l'appunto…dovrei studiare, ma non credo proprio che avrei la forza di tenere gli occhi aperti sulle equazioni goniometriche…", borbottò Kris a se stessa, reggendosi al corrimano della scala con gli occhi socchiusi per la stanchezza.
Arrivata circa alla metà dei gradini, però, si bloccò.
"Quindi…alle 20.45? Ok…allora…ti raggiungeremo lì. Certo, appena Kris arriva glielo dico, sarà qui a momenti. Senti…".
La voce di Alex, dopo un attimo di esitazione, si incrinò improvvisamente. Suo fratello era al telefono con Nicole, senza dubbio. E, senza dubbio, stavano parlando di una certa persona…
"*Keith…", sussurrò Kristine, portandosi una mano alle labbra. "Arriva…arriva stasera?".
A quella notizia, d'impulso, fece per correre a chiedere maggiori informazioni a suo fratello, ma dopo qualche istante cambiò idea. Certo, lei era felicissima del ritorno dell'amica, aveva aspettato quel momento da anni, ma…Alex…lui…
L' ho molto delusa. Per lei sarò rimasto il quattordicenne egoista e viziato che ha conosciuto, e lo sarò per sempre.
Adesso che sta per realizzare il suo più grande desiderio, per me non c'è più posto…
Kristine chiuse gli occhi, addolorata. Perché…perché si era tenuto tutto dentro? Perché…non si era mai confidato con lei? Se solo lo avesse saputo…forse…non avrebbe sofferto per cinque anni, da solo…
Potrebbe anche avermi dimenticato, contando, poi, che in tutto questo tempo non ha mai chiesto una volta di me…
Mi sembra una prova sufficiente per dimostrare che non ne ha mai avuto bisogno.
Keith è forte, sa cosa vuole, l' ha sempre saputo…
E io sono solo uno stupido bambino viziato che non ha mai dovuto lottare per avere ciò che desiderava.
Suo fratello era una persona meravigliosa, la migliore del mondo…e lei era assolutamente certa che anche Keith lo sapesse. Se Alex aveva agito così, era stato solo per paura di perderla…
"Lui sa quanto sono importanti i tuoi sogni…lo sa, Keith…", pensò tristemente, gli occhi castani lucidi.
Alzò la testa. Poteva vedere il profilo di suo fratello, chino sul telefono. La bocca serrata, lo sguardo preoccupato, i folti capelli che gli ombreggiavano la fronte…quel giorno, parevano incredibilmente chiari, quasi dorati. Era così strano. L'immagine di Alex alcune volte lasciava stupita Kris. Non sapeva spiegarne esattamente il motivo, ma…spesso, in lui poteva percepire un qualcosa di angelico, di trasparente, puro. Sembrando fragile, così fragile da far quasi tenerezza.
Keith, invece, era talmente diversa da lui…combattiva, determinata, sicura. Ombrosa, a volte, ma mai triste. Kris non riusciva a ricordare una sola volta in cui l'aveva vista piangere, non una. Era così buffo…entrambi, sia Keith che Alex, potevano essere paragonati a creature ultraterrene, anche se l'uno era l'opposto dell'altra. Ma proprio per questo, si equilibravano.
Chissà…chissà se sarebbe stato possibile ritornare come ad un tempo? Loro quattro…lei, Alex, Keith e Nicole…insieme…le risate, quella serenità che da tempo non aveva più provato, che nessuno di loro aveva più provato. Serenità che lei non riusciva quasi a ricordare.
Era durata così poco…pochissimo, in quella vita che sembrava portare via tutto…e sempre troppo in fretta.
E quella sera…sarebbe tutto finito, o ricominciato? Non poteva saperlo. Nessuno avrebbe potuto dirlo, prima del ritorno di Keith.
"…io non so se riuscirò ad affrontarla…Sì, sì…Nicole, hai perfettamente ragione. Sì…uff, è che…è passato così tanto tempo…".
Il ragazzo sospirò ancora. Si passò una mano fra i capelli, poi la abbassò, mettendola nella tasca del cappotto nero che ancora indossava.
"Certo", continuò poi, con tono abbattuto, rassegnato. "Ci vediamo a Narita per le 20.30, all'ingresso. Va bene, a più tardi".
Riposizionò il cordless sul sostegno, senza dire più nulla. Dopo alcuni secondi si appoggiò al muro con un lento movimento, fissando l'apparecchio.
"Kei…".
Socchiuse gli occhi, senza accorgersi che qualcuno stava salendo le scale. Solo quando Kris giunse all'ultimo gradino, Alex si girò di scatto verso di lei.
"K…Kris…non…ti ho sentito rientrare", esclamò preso alla sprovvista il ragazzo, guardando la sorella con la paura che potesse avere ascoltato la conversazione. Tentò di sciogliere il nodo che gli si era formato in gola, poi sorrise.
Lei, vestita stranamente con dei jeans femminili, aderenti, e un lupetto blu oltremare, avanzò verso di lui con le mani dietro la schiena, allegra.
"Ehilà fratellino! Che succede? E' strano trovarti a casa così presto…con chi stavi parlando?".
Alex, un po' sorpreso ma sollevato, tentò di sembrare di buon umore. Riuscire ad essere spontaneo era, però, una vera impresa…in particolar modo con sua sorella. Erano un libro aperto, l'uno per l'altro.
"Beh…", iniziò, non sapendo esattamente come comunicarle la notizia. "Mi ha…telefonato Nicole. Sembra che la nostra Keith ritornerà stasera da Londra, per fermarsi un mesetto circa in Giappone, e…".
"Ma è fantastico!", esclamò con un grido Kris, senza lasciarlo finire. "Sul serio sarà qui stasera? Quando?".
"Per le ventuno, circa, a Narita".
"Benissimo! Allora dobbiamo prepararci in fretta per essere là in tempo!". Entusiasta, Kris sorrise ad Alex, poi lo superò, per dirigersi verso la propria camera. Ad un tratto, però, si fermò. Si girò di nuovo.
"Ehi! Che ne dici di passare a comprare degli *obanyaki, prima di andare all'aereoporto? Sono sicura che Keith non vede l'ora di mangiare qualche dolce giapponese, dopo cinque anni di cucina inglese! Però questo significa che dobbiamo uscire ancora prima…". Alex guardava la sorella con un sorriso appena accennato, forse contagiato dalla sua allegria. Invece, dopo aver chiuso per un attimo gli occhi, il ragazzo si rivolse a Kris.
"Sai tutto, non è vero?".
Lei, che stava per aprire la porta della sua stanza, a quella domanda si bloccò. Un po' era sorpresa…ma, dall'altra parte, sapeva benissimo fin dall'inizio che recitare la parte della Kris "ignara ed entusiasta" non le sarebbe riuscito bene. E comunque, in ogni caso, ci aveva provato.
"Sì, lo so. Da un po' di tempo".
Alex spostò ulteriormente lo sguardo. Ci fu silenzio per qualche secondo.
"Kris…mi disprezzi per quello che ho fatto? Ho…ecco, ho bisogno di saperlo", chiese con un mormorio.
Kristine si avvicinò a lui e, arrivatagli davanti, cercò i suoi occhi. Era chiaro. Alex si sentiva meschino per come si era comportato, per come aveva deluso Keith. E ora, arrivato il momento in cui si sarebbe dovuto confrontare nuovamente con quel passato che per anni aveva tentato di dimenticare, aveva paura. Paura di deludere ancora qualcuno, paura di non poter più correggere gli errori che aveva commesso…e lei poteva capirlo fin troppo bene. Il peso delle proprie azioni, purtroppo, spesso diventa insostenibile. Spesso, si è costretti a cedere…si è costretti a mostrarsi. A mostrarsi…
"Perché dovrei disprezzarti? Hai fatto ciò che ti ha detto il cuore. Tu volevi molto bene a Kei…lo so. E' naturale che non volessi lasciarla andare. Se fosse capitato anche a me, con chi amavo…beh, mi sarei comportata allo stesso modo", disse Kris dolcemente.
Ma Alex non sembrava volesse ascoltarla.
"E'…è tutto finito…", sussurrò.
"No!". Kris si aggrappò al bavero del cappotto del fratello. Perché…aveva così poca fiducia?
Il ragazzo fece una breve, amara risata.
"Sono sicuro che si sarà felicemente fidanzata con un londinese intellettuale e preciso…magari già laureato in qualche incredibile facoltà…".
A quella frase, Kristine fissò Alex accigliata. Lasciò violentemente la stoffa, poi, con freddezza, riprese a parlare.
"E' questo che pensi di Keith? Credi veramente che abbia potuto dimenticarti così per scegliersi un altro senza pensarci due volte?".
Alex non parlò, ma lei attese la risposta senza aggiungere nulla.
"Non uno qualunque", disse lui infine, avvicinandosi alla ringhiera della scala.
"Cosa vuol dire?".
"Non…uno come me. Ma qualcuno alla sua altezza".
Kris guardò Alex senza capire, e solo dopo un po' comprese cosa intendesse. Ma certo…era questo il motivo dell'incredibile impegno che suo fratello stava dimostrando nello studio…voleva essere all'altezza di Kei? Essere…degno di lei? Alex…si era sentito inferiore…ora…ora era tutto chiaro…
La ragazza scosse il capo, poi alzò le braccia, aprendole.
"Non dimostrerai mai il tuo amore con dei voti alti a degli esami!", gridò, facendo alcuni passi avanti. "Se vuoi davvero che Keith capisca che tu sei l'unico ragazzo che potrà mai starle accanto, dovrai fare ben altro! Il valore di una persona non dipende certo da cose del genere, anzi…mi stupisco che tu possa aver ragionato in un modo tanto stupido!". Kris riprese fiato, poi continuò, cambiando però tono.
"Alex…", disse piano, giungendo di fronte al fratello. Lo guardò. I suoi occhi verdi erano velati di pianto, il bel viso contratto dalla tensione. La ragazza allungò una mano, stringendo quella del giovane fra le sue dita, che chinò il capo.
"Kris…mi dispiace. E' evidente che non sono per niente un buon fratello. Dovrei…dovrei darti il buon esempio in tutto, dovrei poterti consigliare e aiutare, essere forte e starti vicino, ma…credo di non sapere fare nessuna di queste cose…". Alex, dopo aver tentato inutilmente di cacciare indietro le lacrime, iniziò a piangere silenziosamente.
Senza dire una parola, Kris lo strinse. Non aveva mai abbracciato Alex in quel modo. Anzi, di solito era sempre stato lui a consolarla…ma vedere il fratello in quello stato, così vulnerabile e sfiduciato, non poteva lasciarla indifferente. Era talmente strano, talmente triste…qualcosa che mai avrebbe pensato sarebbe potuto succedere, ma che, invece, era successo. In fondo, anche Alex era un essere umano, una persona che provava dei sentimenti, e che poteva sbagliare, soffrire. Come tutti. Già…proprio come era successo a lei, moltissime volte. E adesso, forse, era venuto il momento che fosse lei ad aiutare chi, nel corso della sua vita, le era stato vicino come nessun altro. Si allontanò dalla spalla del ragazzo.
"Non è assolutamente vero. Ascolta…per diciassette anni tu mi sei stato accanto, e sei stato il fratello migliore che avessi mai sperato di avere. Sei una delle persone più importanti per me, sei un punto di riferimento, e lo sarai sempre. Non ho potuto mai contare né su mamma, né su papà…ma solo su di te". Gli sorrise, guardandolo negli occhi.
"Non sarà certo quello che è successo tra te e Kei a farmi cambiare idea…e poi, per una volta, i ruoli cambieranno. Quella che non è mai stata forte sono io, tu non mi hai mai chiesto nulla. Per tutto questo tempo, mi hai nascosto molto bene quello che era successo, e adesso voglio fare di tutto perché tu possa essere di nuovo felice. Agli errori si può rimediare, e la soluzione per il tuo è molto più semplice di quanto sembri. E io so che la conosci anche tu, basta solo un po' di coraggio…".
Stese l'indice della mano destra, appoggiandone la punta sul petto del fratello.
"…e io so che ce l' hai, qui dentro".
Il ragazzo guardò la sorella, forse un po' sorpreso dalle sue parole. Dopo qualche secondo alzò anche lui una mano, posandola sulla testa di Kris.
"Grazie, piccola", mormorò affettuosamente.
Kristine ricambiò il suo sguardo, augurandogli, in quel momento, che tutto si risolvesse nel miglior modo possibile…se lo meritava. Senza dubbio, Alex si meritava questo e altro.
"Prego. Ma devi promettermi che lotterai fino alla fine per riconquistare Keith!", esclamò, strizzandogli l'occhio. "D'accordo? Ti voglio vedere combattivo, passionale e convincente!".
Alex Grover si lasciò scappare una piccola risata. Quanto adorava sua sorella…
Da quando erano arrivati a Fujisawa, sembrava essere diventata un'altra. Più decisa, più bella. Forse anche più silenziosa, e nell'ultimo periodo molto malinconica. Ma certamente, in ogni caso, molto matura. Kristine, in pochi mesi, aveva subito un radicale cambiamento…per motivi che, forse, si sarebbe decisa a confessargli presto. Ma fino a quando non fosse stata lei a parlare, spontaneamente, lui non le avrebbe più chiesto nulla. Ormai Alex aveva capito che quella in cui Kris si trovava, qualunque fosse, era una situazione in cui voleva andare avanti da sola, con le sue sole forze.
"Spero solo che anche tu non debba soffrire per troppo tempo da sola come ho fatto io…", pensò, guardandola. Poi, diede un'occhiata all'orologio al polso, cercando di distogliere la mente dal passato.
Ogni cosa sarebbe finita bene. Sì, ogni cosa, per tutti…doveva convincersene.
E, soprattutto, doveva guardare al futuro. Solo a quello.
"Direi che è davvero meglio darci una mossa, che ne dici? Se no rischiamo di fare tardi!", esclamò con un sorriso.
La ragazza annuì, sorridendogli a sua volta, felice di vederlo, finalmente, più sereno. Kris, adesso, era sicura che suo fratello avrebbe fatto di tutto per riavere l'amore di Kei. Ne era assolutamente convinta.
E Alex, prima di andare a prepararsi, non poté fare a meno di abbracciarla, un'altra volta.

Appoggiata ad un pilastro dell'ingresso dell'aeroporto di Narita, Nicole guardava verso le porte a vetri automatiche, a pochi metri da lei. Ormai sarebbero arrivati a momenti.
"Ehi, eccola lì!", sentì infatti poco dopo, alla sua destra.
Kris e Alex stavano camminando velocemente nella sua direzione. La prima sembrava tranquilla e serena, mentre il fratello era chiaramente teso. A quanto pare, non era riuscito a tranquillizzarsi nemmeno un po'…
"Oh, ciao ragazzi", disse Nicole, sorpresa . "Ma…siete qui da molto? Magari ho sbagliato a darvi l'orario…".
"Oh, no, no!", esclamò Kris, agitando una mano. "Siamo noi che siamo arrivati in anticipo…così ho chiesto ad Alex di accompagnarmi a fare un giro nell'aeroporto, per passare il tempo. Ci sono un sacco di negozi interessanti…non c'ero mai stata".
"Ah, capisco. Trovato qualcosa?".
"Mh, no, purtroppo. Però abbiamo comprato degli obanyaki per Kei!".
"Oh, bene! Sono certa che se li divorerà…mi ha detto che la cucina giapponese le è mancata".
A quel punto, nessuno disse più nulla. Anche se il brusio continuo di sottofondo nell'ambiente, le chiamate dei voli e i messaggi diffusi dagli altoparlanti riempivano le teste dei ragazzi, sembrava che nell'aria aleggiasse un silenzio opprimente. Alex fissava il pavimento lucido senza alzare gli occhi, Nicole e Kris invece si guardavano, tentando di trovare qualcos'altro di cui parlare per rendere l'attesa meno snervante.
Ma proprio quando la ragazza dai lunghi capelli rossicci stava per proporre ai due di andare a prendere qualcosa al caffè dell'aeroporto, una voce femminile annunciò l'arrivo del volo di Keith, proveniente da Londra. Alex alzò di scatto la testa, girandosi verso la vetrata da cui si potevano vedere le piste.
Kris lo guardò tristemente, poi si avvicinò a lui.
"Coraggio".
Il fratello rimase immobile, come se non avesse sentito nulla. Scrutava l'esterno, l'asfalto grigio, il cielo nuvoloso. Alcuni aerei, appartenenti a varie compagnie, erano posteggiati in file ordinate a qualche decina di metri dalle finestrature, altri stavano lentamente percorrendo determinati percorsi, un altro, in lontananza, rollava rumorosamente su una pista di decollo, pronto ad alzarsi in volo. Alex restò così per molto tempo, e sua sorella non osò dirgli altro. Solo una decina di minuti più tardi il gruppo si spostò davanti all'uscita del volo.
Passò parecchio tempo. "Ma quando arriva?", mormorò Kris con uno sbadiglio. Continuava ad arrivare un fiume interminabile di persone, ma, di Kei, nemmeno l'ombra.
Nicole, appoggiata alla ringhiera di metallo, guardò la ragazza.
"In effetti, è strano che non sia ancora qui…però, magari le sue valigie sono in ritardo…chi lo sa".
"Aspetteremo". Kris alzò le spalle, rassegnata.
"Mi è…venuta una sete incredibile. Scusatemi, vado al bar un attimo a prendere qualcosa", esclamò ad un tratto Alex, dietro di loro, girandosi e scomparendo in mezzo alla folla. La sorella fece per raggiungerlo, ma Nicole la fermò, afferrandole un braccio.
"Lascialo andare. Credo che non ce la faccia più a reggere la tensione. E' meglio così".
Kristine sospirò. "Ok…".
Le due ritornarono a controllare l'uscita. La gente si stava ormai diradando, e solo ogni tanto qualcuno oltrepassava le porte.
Passarono un altro paio di minuti, e proprio quando Kris aveva ormai perso ogni speranza, davanti a lei e Nicole comparve una ragazza dal viso familiare, con al seguito un carrello carico di bagagli di ogni tipo e dimensione. Sembrava stanca, e si stava guardando intorno un po' spaesata. Abbastanza minuta, magra, era alta forse poco meno di Kris, il viso dalla pelle chiara era circondato da lucidi capelli neri, e le ciocche scalate le sfioravano le guance. Lo sguardo, dagli incredibili occhi azzurri, era dolce ma allo stesso tempo penetrante, sicuro, quasi fiero. Il naso piccolo finiva a punta, e le labbra, sottili, erano coperte da un velo di rossetto scuro. Nessuno avrebbe mai detto che aveva solo diciotto anni, e il vestito blu che indossava sotto ad un'elegante giacca beige mettendo in risalto le belle gambe dalle caviglie sottili, non sembrava certo suggerirlo. Ai piedi, aveva delle comode ma femminili scarpe scure, con un tacco medio.
Appena la riconobbe, Nicole si portò le mani alla bocca, soffocando un grido di gioia. Gli occhi le si riempirono improvvisamente di lacrime. Erano cinque anni che non vedeva Keith…cinque interminabili, lunghi anni. Sembrava così diversa, così adulta, eppure…eppure era sempre la stessa. Anche con una sola occhiata, anche se era ancora distante, Nicole seppe che era rimasta come l'aveva lasciata. Era sempre lei, sì, la sua sorellina. La piccola, forte, coraggiosa Kei.
"Keiiith!" gridò Kris, alzando un braccio per farsi vedere dalla ragazza, dopo aver capito che l'amica, di fianco a lei, non sarebbe riuscita a parlare ancora per un po'. "Kei, siamo qui!!".
Sentendo quella voce, la ragazza bruna si voltò nella loro direzione, e dopo pochi secondi le vide tutte e due. Agitò la mano, sorridendo.
Camminò il più velocemente possibile, spingendo il carrello, e dopo aver girato intorno al corrimano in metallo, abbandonò i bagagli per correre ad abbracciare sua sorella e Kristine. Nicole si gettò su di lei, piangendo ormai apertamente.
"Kei…", mormorò, stringendola. Non avrebbe mai creduto di poter commuoversi. Forse, però…forse non si era mai resa conto di quanto sua sorella le fosse mancata…e solo adesso, rivendendola, aveva potuto capirlo davvero…
"Su, Nicky, non fare così", disse invece l'altra dolcemente, affondando il viso nei profumati e folti capelli della ragazza. Le accarezzò il capo.
"Sono tornata, sorellina".
Glielo disse piano. Aveva una voce molto particolare, dal timbro un po' basso. Carezzevole ma profonda come quelle appartenente alle cantanti dei piano bar, che raccontano quei blues tremendamente belli e struggenti. Sì, la voce di Keith Henger era così. Soft, rassicurante, e calda come una coperta.
Kris, un po' in disparte, rimase ad osservare in silenzio le due amiche. Era veramente, sinceramente felice per loro. Dopo tutto…tutto quello che avevano passato…dopo la loro difficile vita…l'una era per l'altra la sola cosa rimasta. Ed era evidente quanto si volessero bene. La cosa strana era che sembrava fosse Keith a fare da madre alla sorella, nonostante fosse più piccola di lei di dieci anni. Ma forse, dopo quello che aveva saputo da Nicole, non avrebbe dovuto stupirsi più di tanto dell'incredibile forza della piccola Kei. Una forza immensa, che sapeva trasmettere. Ed era questa la cosa più importante.
"Su, adesso smettila, o allagherai Narita!", esclamò in tono scherzoso la ragazza, allentando l'abbraccio e guardando negli occhi Nicole, che intanto stava cercando di asciugarsi le guance.
"Ok, ok…mi sono ripresa, non preoccupatevi", disse poi lei, alzando finalmente la testa e mostrando un bel sorriso alla sorella. Keith, mettendo le mani nelle tasche della giacca, rise.
"Ah ah, non credevo fossi di lacrima facile, Nicky. Non ti riconosco più, e sono passati solo cinque anni!".
"Mh, in effetti, credo di essere peggiorata…".
"Sì, di sicuro!".
"E tu? Sembri un'altra!".
"Ma dai…forse sarà l'aria londinese…ho sentito che fa sempre questo effetto!".
"No, sul serio! Sei cresciuta tantissimo…siamo sicuri che non ci sia stato nessun errore? Guarda che ti rispedisco indietro!".
Le due scoppiarono nuovamente a ridere. Poi, ricordandosi che non aveva ancora salutato Kris, Keith si girò verso di lei. Lontana dalle altre, la ragazza non aveva avuto il coraggio di interrompere le sorelle. Beh, doveva ammetterlo…un po' si era commossa anche lei.
"Kristine…", disse Keith, avvicinandosi. "Sei proprio tu? Dio mio…". Allargò le braccia, e Kris fece altrettanto.
Rimasero abbracciate per un po'. Una volta sciolta la stretta, Kei prese le mani dell'amica fra le sue.
"Tu sì che non ti riconosco…ma…cosa hai fatto hai capelli?".
A quella domanda, Kris si strinse nelle spalle, un po'imbarazzata.
"Si nota subito, eh?".
L'altra sorrise. "Ecco…hai sempre tenuto moltissimo alla tua folta chioma…eh eh. Ero convinta che non te li saresti mai tagliati. Però stai veramente bene, devo ammetterlo. Sembri più grande".
"Ahh, io sembro più grande, eh? Tu assomigli a una perfetta lady inglese!".
"Ah ah! Non cominciare anche tu!".
Mentre Kris e Keith chiacchieravano, Nicole andò a recuperare il carrello dei bagagli.
"Sbaglio o queste valigie sono il doppio rispetto a quando sei partita? Che hai fatto, hai svaligiato mezza City?".
Kei ridacchiò. "Ma no! Semplicemente un sacco di cose non mi servono più, e in altre non ci entro da tempo ormai…eh eh. Così ho pensato di riportarle a casa. E poi sai che sono una frana a fare le valigie, credo di avere occupato il doppio dello spazio necessario! Beh, sì, comunque ho fatto parecchio shopping, se volete saperlo!".
"Davvero?? Spero che tu ti sia ricordata di noi, allora!", esclamò Kris allegra, attaccandosi ad un braccio della ragazza.
"Ma certo! Ho mille souvenir da distribuire a tutti!".
"Che bellezza!".
"Eh eh, come potevo scordarmi di voi?".
Continuarono a parlare. Nessuna delle tre si era però accorta di chi, già da parecchio tempo, le stava osservando senza dire nulla, distante qualche metro. In piedi, due bibite in lattina nelle mani, Alex Grover guardava in particolar modo una di loro.
Kris si girò prima delle altre, avvertendo qualcosa.
Anche se Alex era lontano, la ragazza vide brillare i suoi occhi di lacrime.
"Ke…Keith". Solo un sussurro. Ma che lei udì lo stesso.
Anche le due sorelle si voltarono. Nicole trattenne il fiato, scambiando un'occhiata con Kristine. Lei fece un breve cenno con la testa. Il momento era arrivato…
Gli occhi color cielo di Kei si mossero lentamente. Poi, arrivati a incrociare quelli di Alex, si fecero più tristi.
"Sei tu".

La luce delle candele illuminava fiocamente il viso di Oliver Hutton, che, appoggiato con i gomiti sul tavolo, fissava perso in chissà quali pensieri le fiamme dorate che si agitavano piano davanti ai suoi occhi. Intorno a lui, un parlottare sommesso, tintinnii di posate, bicchieri e una discreta musica da camera riempivano l'aria.
"Scusami", disse ad un tratto una voce. Holly alzò lo sguardo, sorridendo alla ragazza dai corti capelli scuri che, fasciata da un corto abito rosso dallo scollo a v, si stava sedendo di fronte a lui, dopo aver avvicinato la sedia al tavolo.
"Certo che voi donne ci mettete sempre un secolo in bagno", la prese in giro il ragazzo.
Patty rise. "Ma pensa, e da quando ti lamenti per queste cose? E poi…'voi donne'…come se avessi avuto a che fare con l'intero genere femminile!".
"Oh, beh…".
"Dai, lascia perdere…mmh, piuttosto, da quando sei così romantico?".
"Uh?". Hutton arrossì di colpo. "Hem…per…perché?".
La ragazza si guardò intorno. "Perché? Mi hai invitata fuori a cena in questo ristorante stralusso…a lume di candela…e la cosa è davvero molto strana…non è che mi stai nascondendo qualcosa?".
Il capitano della New Team, per l'occasione vestito in giacca e cravatta, girò la testa, fingendosi offeso.
"Uff…non ti nascondo nulla. Per una volta mi comporto come dovrebbe fare un vero fidanzato…e per te ci deve essere per forza qualcosa sotto…".
"Ahhh, vedi che ammetti che non sei romantico? 'Per una volta'…".
"Patty, ma possibile che stasera devi ripetere tutto quello che dico? Non…".
"Però sono tanto felice". Glielo disse sporgendosi in avanti di una decina di centimetri, sfiorando una delle candele accese.
Holly la guardò, rendendosi conto di stare notevolmente sudando. Da…da quando Patty sorrideva in un modo così dolce?
"Accidenti…". Deglutì.
Resi luminosi dalla luce delle candele, guardò i suoi occhi scuri, grandi quel tanto che bastava per perdercisi. Guardò il suo lungo collo bianco, circondato da una sottile catenina dorata…le spalline sottili dell'abito, e…e anche quella scollatura vertiginosa…beh, ecco…forse non lo era affatto, o forse…solo un pochino, ma…ma…la verità era che Holly non si era mai davvero reso conto di quanto Patty potesse essere…femminile. Incredibilmente femminile. E sensuale…
Ogni suo gesto, quella sera…
Ogni suo gesto…era così…così…
Così…
Fortunatamente per Holly, in quel momento, il cameriere arrivò di fianco a loro. Con grande cura, appoggiò davanti ad ognuno un piatto colmo di ogni tipo di antipasto.
Il ragazzo abbassò di colpo lo sguardo, rimanendo in silenzio, sempre più in imbarazzo. Per quanto si sforzasse, si sentiva sempre un perfetto imbecille in certe situazioni…lo doveva ammettere. Molte volte avrebbe voluto poter chiedere consiglio a Julian, che di sicuro ne sapeva molto più di lui su questo genere di cose, le ragazze e tutto il resto…
"Possibile che tutto mi vada meravigliosamente bene solo sui campi da calcio?", pensò.
Patty, intanto, accortasi dello stato d'animo di Holly, rideva fra sé e sé. Tornò ad appoggiarsi allo schienale della propria sedia. Sapeva bene quanto il suo ragazzo fosse impacciato nelle questioni di cuore…non per niente aveva dovuto aspettare parecchi anni prima che si svegliasse, e si rendesse conto che oltre al pallone esisteva anche lei. Poteva considerarsi senza dubbio una santa…però, dopotutto doveva ammettere che adesso le cose stavano decisamente migliorando.
Diede un'occhiata all'ambiente intorno a loro, poi al candeliere posto in mezzo alla tavola…infine, al suo calciatore prediletto, davanti a lei. Il grande Oliver Hutton, la rivelazione del calcio giovanile, un fuoriclasse a livello mondiale…in giacca e cravatta. Certo che, nonostante tutto, faceva la sua figura.
Ridacchiò. Mh, sì, forse ne era valsa la pena aspettare tanto. Decisamente.
Sorrise ancora, compiaciuta, decidendo di evitare, per ora, discussioni che avrebbero potuto mettere il povero Holly troppo in crisi. Ci sarebbe stato tempo per migliorare quel piccolo aspetto della loro relazione…e molti, molti altri aspetti…
"Mh, sembra buono", disse quindi, cambiando volontariamente discorso. Hutton rialzò lo sguardo su di lei, sorpreso.
"Eh?".
"Quello…quello che hai nel piatto, Holly".
"Ah…già…".
I due iniziarono a mangiare. Patty cercò di trattenersi per non scoppiare a ridere un'altra volta, riuscendoci anche se con molta difficoltà. Beh…insomma, meglio ridere che piangere, alla fin fine. E poi, quando Oliver si imbarazzava diventava distratto e imbranato. Era un vero e proprio spettacolo stare a guardarlo…
Nel prendere il sale, infatti, rovesciò la bottiglia dell'acqua. La ragazza si coprì la bocca con una mano.
"Scusa…". Holly tentò di rimediare al danno, ma senza grandi risultati.
"Ehm…no, nulla…".
Dopo un attimo di smarrimento, il capitano della New Team riprese in mano la forchetta. Calò il silenzio per alcuni minuti.
"Senti…come vanno le cose in squadra?".
Una domanda qualunque perché ci fosse un qualunque dialogo…tutto ciò che riguardava il calcio o la New Team produceva un sicuro effetto su Hutton. Questa era una delle poche cose di cui era sicura…
A quella domanda, però, il ragazzo si incupì inaspettatamente.
"Beh…".
Patty addentò una tartina. Strana reazione, pensò.
"E' successo qualcosa che non so?", chiese.
"No…non proprio, però…".
"Però?".
"Ecco, sono preoccupato per alcuni dei ragazzi".
"Ah…". Patty lo guardò, sinceramente sorpresa. Sembrava proprio preoccupato.
Lui sospirò, poi bevve un sorso d'acqua.
"Non capisco cosa stia succedendo. Ecco…Benji è diventato scostante, freddo, silenzioso. Tom, invece…beh, lui è sempre giù di morale, e distratto. Infine, Kristian, dalla partita con la Artic, è diventato insicuro, lento nei movimenti, pensieroso. E lui e Benji non si parlano praticamente più, mentre prima erano così amici…è chiaro, fra quei tre c'è qualcosa non va".
"Mhh…". La ragazza appoggiò una mano al viso, giocherellando con un lembo della tovaglia con l'altra.
Era la prima volta che gli capitava di vedere Holly in pensiero per qualcuno della squadra. Oh, beh, alcune volte i ragazzi potevano essere sfiduciati e abbattuti per una partita andata male, e lui puntualmente riusciva a risollevarli con solo poche parole d'incitamento, ma…in questo caso la questione era molto differente. Per problemi di tipo personale, Holly, il grande capitano, non poteva fare molto.
"Un po' di tempo fa mi avevi detto che Tom non stava troppo bene, in effetti", proseguì quindi. "Anche a me non sembrava il solito".
"Già. Ma non poteva dirmi niente, quella volta…uff, non mi piace vederlo così".
Patty allungò un braccio, stringendo le dita del ragazzo fra le sue.
"Senti…penso che abbia delle buone ragioni per non dirti nulla".
"Sì, lo so…".
Rimasero per un po' in silenzio. Oliver guardava la mano di Patty sulla sua, che, senza quasi accorgersene, si ritrovò a tenere stretta più saldamente. La manager della New Team ebbe un sussulto. Forse Holly si sentiva impotente, incapace di fare qualcosa per aiutare i suoi amici…e questa era una situazione completamente nuova per lui. Una situazione che non riusciva a reggere, perché non poteva capire.
"Non puoi pretendere di poter risolvere sempre tutto", mormorò così, cercando di guardarlo negli occhi. "Ci sono cose che Tom, Benji, Kris devono sistemare da soli…tutti abbiamo dei problemi personali, che non possiamo o non vogliamo condividere con gli amici. Spesso lo si fa anche per non farli preoccupare, o perché non potrebbero comunque fare nulla".
Hutton sospirò nuovamente, poi fece un lieve sorriso.
"Forse…hai ragione".
Anche Patty sorrise, soddisfatta. Beh, almeno a qualcosa la sua presenza serviva, pensò. Tirare su di morale Holly, una cosa piuttosto rara, ma che a quanto pare poteva anche succedere.
"Mhh, che ne dici di ordinare il primo?", esclamò con voce allegra, aprendo il menù che il cameriere aveva prima appoggiato di fianco a loro. Sì, sembrava che Holly stesse meglio, adesso. E anche lei era decisamente risollevata. Un Holly malinconico e preoccupato non era il vero Holly…e per un attimo doveva ammettere di essere stata presa dal panico.
"Vediamo…".
Ma il ragazzo non si era mosso. Presumibilmente, stava continuando a fissarla.
Patty alzò gli occhi dai fogli plastificati. Che cosa gli era preso adesso?
"…Holly?".
Senza dire una parola, il capitano della New Team si sporse lentamente verso di lei e, dopo aver spostato il candeliere alla sinistra del tavolo, la baciò. La baciò a lungo.
"Grazie…", le mormorò poi, staccandosi di pochi centimetri e non smettendo di guardarla.
L'altra, non sapendo bene se essere profondamente shockata o felice come una pasqua, si limitò a balbettare una breve risposta.
"P…prego".
Sì, Oliver Hutton stava proprio migliorando. E sapeva anche stupirla, qualche volta. Piacevolmente stupirla.


*NOTE

obanyaki: focacce dolci farcite di marmellata di fagioli azuki, prima cotte al vapore e quindi arrostite su una piastra.

Il nome di Keith Henger: non l'ho detto nei capitoli precedenti, e in realtà non so nemmeno se lo dirò in modo chiaro nei prossimi. In molti credo che si saranno chiesti come mai la sorella di Nicole ha un nome maschile, perché in effetti 'Keith' lo è. Il fatto è che il suo personaggio è nato dal nickname di una mia cara amica, che lo usava perché così si chiamava la sua rockstar preferita (credo che in molti indovineranno chi è…^^;). Quindi l'ho lasciato così…perciò potete pensare che Keith, sorella di Nicole, abbia in realtà un altro nome, come Katherine, che poi ha deciso di abbreviare facendosi chiamare Keith (Kate non le piaceva! ;P).


FINE 15° CAPITOLO