Insieme, verso la vita


Questa fan fiction nasce da un momento splendido della mia vita, uno dei più belli.. Era il '93 e con gli scout facemmo un campo a Bordeaux. Andammo con il pullman, Lucia ed io eravamo sempre appiccicate ai finestrini. Premetto: io non studiavo francese, Lucia si. Davanti al cartello che indicava "Arles", entrambe sussultammo, scambiandola per Arras, che è da tutt'altra parte… (che vergogna…) Ma per noi quello era ormai il posto delle rose bianche, dove Oscar e Andrè cavalcavano felici…Tutti ci siamo chiesti cosa avrebbero" i nostri eroi" fatto se le ferite non fossero state mortali. La mia ipotesi è che Oscar vada a curare la tisi al caldo sole della Provenza, posto di cui m'innamorai quel giorno e di cui ricordo i profumi. Arles non è Arras, ma nel cuore tutto è possibile…Così ho ipotizzato dei cugini della vecchia Marie, fermo restando che la mia attenzione ha cercato - nei limiti delle mie capacità - di volgersi alla difficile ricostruzione di una persona intimamente devastata, ma che non ha perso la forza e la voglia di vivere.

Agosto 1789

Per le strade c'era una gran puzza di bruciato e di polvere da sparo. Un odore acre, reso insopportabile dal caldo che sembrava pigiare contro il suolo quella massa di odori densi, coprenti, che non lasciavano traspirare e respirare, quasi turassero i pori della pelle per gravare gli uomini di un ulteriore affanno.
Bernard aveva provveduto a tutto: d'altronde era il braccio sinistro di Robespierre, e tutti avevano ammirato il coraggio dei cittadini Grandier e Jarjayes sotto la Bastiglia. Trovare una carrozza, contattare un servo dei Jarjayes che, compiacente, aveva riempito quattro casse con i beni della padrona non era un problema. Massima discrezione, per il resto - lo sapeva - i "ragazzi della Libertà" si aiutano sempre tra loro.
Vederli salire in carrozza era come ascoltare un inno alla vita, erano teneri e coraggiosi quei saluti bisbigliati.
-Mi raccomando Oscar, non è la prima volta che te lo dico: ci serve il tuo cervello. Dunque, guarisci in fretta…Abbiamo un'infinità di cose da fare, tutti insieme!-
-Guarirò prima di quanto vi aspettiate…- rispose con la voce bassa.
Era un inno alla vita, agli ideali di quelle giornate, vederli partire.
Belli e stanchi, innamorati di loro e della libertà, facevano tenerezza tanto erano smagriti. Andrè era ancora tutto fasciato, un braccio al collo e l'altro sulla spalla di Oscar, come per proteggerla..
Oscar sembrava una fata dei cieli, sembrava fatta di luce e d'aria…Era tanto pallida, aveva il fiatone, era debole ma luminosissima. Non era la luce dei suoi capelli di grano maturo, era una luce interiore. Aveva l'alone d'oro del coraggio, ma nei suoi limpidi occhi turchesi si leggeva la paura, lo sgomento: paura della morte, perché la tisi è infida e crudele ma paura anche della vita.. Come non capirla, povera Oscar? Forse la sua scelta era folle, o forse era naturale. Forse la sua vita era folle prima, pur nel naturale concatenarsi delle scelte. O forse è folle la vita stessa, è una follia naturale che tutti condividiamo…ma quanto coraggio, cara Oscar: non è da tutti ricostruirsi…Le guerre peggiori si combattono dentro di noi.
La carrozza partì e Bernard fece un gesto d'intesa al cocchiere, un ragazzetto smilzo che si dava sempre da fare per la libertà. Alzò il pollice, come si fa in America. Per loro voleva dire tutto: buona fortuna, mi raccomando di ricordarti le istruzioni, mai perdere la speranza…Il ragazzo ricambiò. Annie inseguì per un po' la carrozza e poi la guardò allontanarsi finché non fu un puntino negli immensi prati verdi dei suoi occhi.

Oscar era seduta in silenzio, con le braccia conserte e l'aria distaccata. Si sentiva strana, come fosse su un pianeta diverso. Forse era imbarazzo…eppure, quante volte era stata così, in carrozza, faccia a faccia con Andrè? Ma ora erano in una veste nuova, del tutto nuova e fortemente voluta da entrambi. In una nuova società e a prezzo della vita stessa. Ma una scelta richiede comportamenti conseguenti, e lei fino a poche settimane prima aveva gridato gli ordini brandendo una spada. Stranamente non capiva più come doveva comportarsi.
"Segui solo il tuo cuore" le aveva detto Andrè, mentre sdraiati fissavano un soffitto senza senso, mentre solo i loro baci avevano ormai un senso " il vero amore non è prevaricazione ma rispetto. Come potrei violare il tuo carattere? Come potrei desiderare che tu diventi ciò che non sei, quando io amo te?"
Si, avrebbe fatto così…amava troppo Andrè: le paure erano la logica zavorra di anni passati, di un'identità non più sua…Avrebbe fatto così, ma con calma…perché aveva ancora la testa sotto la Bastiglia, nelle orecchie il rombi dei cannoni, negli occhi il sangue…forse era la prima, vera battaglia che vedeva. O forse era la prima battaglia che reputava vera.
Andrè si mise a fischiettare un motivetto creato lì per lì, ruppe il silenzio e ottenne l'effetto che voleva: Oscar aprì gli occhi e alzò lo sguardo verso la fonte del suono. "Lo fanno i neonati, figuriamoci se non lo fa lei…" aveva pensato. Le sorrise, e con la mano picchiettò il sedile affianco al suo, per farle cenno di sedersi lì. Oscar lo guardò perplessa e incerta, con le sopracciglia tese e le labbra socchiuse.
-Beh? Che ti prende? Guardami bene, stai sbagliando persona…- disse Andrè con un sorriso dolcissimo - non sono Girodel, sono io…la sua voce era rassicurante come un abbraccio, e mentre
Sorrideva gli si illuminò quello sguardo di muschi e smeraldi, di foglie umide sotto il sole di Maggio: brillava della luce più buona e pulita, più rassicurante e innamorata. Quello sguardo le illuminò la mente, diradò le nebbie del passato che la rendevano incerta e confusa.
-…già …scusa…- sussurrò. Era lui, era proprio lui. Il suo Andrè. Era un piano di Dio così chiaro che si stupiva di non averlo letto anni prima..
Oscar cambiò posto - Scusa- disse tossicchiando
- E di che?- rise lui
- Come va il braccio?-
- Devo essere sincero?-
- Assolutamente si-
- Mi fa un male dannato. Ma è una sciocchezza, ormai. Devo guardare al futuro. Ci sono tante sfide da vincere, tanti problemi da affrontare…-
- Immagino che uno dei problemi sia io…- disse Oscar con voce falsamente vaga.
- Come hai fatto ad indovinare?! - Andrè lo esclamò schioccando le dita
- Cosaaa?! - gli ringhiò contro Oscar, con tutta quell'energia seria ed orgogliosa che faceva lampeggiare il suo sguardo.
- Mh…mh…ci caschi sempre! - ridacchiò Andrè - Stavo scherzando! Però…hai reagito bene, non sono un medico ma hai un'energia!!-
- Ora si che stai scherzando…Ma non sottovalutarmi, so perfettamente quello che pensi, Andrè. So che ho una bomba in corpo, e se scoppia questa volta finisce tutto per davvero…Ma non sono così egoista da permettermi il lusso di morire.- concluse con un sorriso sicuro, incrociando le braccia che pure le facevano un gran male.
- Io sono sicuro che guarirai, io me lo sento…Alcuni dicono che la tisi è mortale, e alcuni dicevano che la Bastiglia era inespugnabile. Farò di tutto per agevolare la tua guarigione, Oscar…Di tutto…Sei sempre quella che conosco e che amo. Senza questa grinta ti darei davvero per malata. No, tu sei sana come un pesce perché vuoi vivere. Perché tu hai scelto la vita.-
Guardarono fuori della carrozza. Un fiume si snodava scuro e pigro e una barca piatta vi scorreva sopra come un'anguilla. Le canne facevano penzolare le loro teste e il vento caldo entrava in carrozza con il suo carico di odori. Papaveri, umido, fieno, erba, fiori lontani, carne abbrustolita…tutto sembrava come orchestrato da un superbo profumiere. Non testimone del bianco collo di qualche dama, ma di qualcosa di corposo, dinamico, complesso…era il mondo, era la vita.

Ma il viaggio era lungo, e le tappe forzate. Faceva molto caldo ma Oscar spesso tremava, si copriva e si rincantucciava in un angolo come un cerbiatto smarrito. Stava male, era stremata ma voleva dimostrare che la su forza non l'aveva persa. Più che altro voleva dimostrarlo a sé stessa.
La notte tra il 24 e il 25 Agosto restò seduta senza chiudete occhio.
- Non sarebbe meglio che tu ti coricassi?-
- Io? E perché? Non stai mica parlando con una donnicciola!-
- Lo so perfettamente, per questo te lo dico. T'impegni così tanto a dimostrare che non lo sei da danneggiare la tua stessa salute…-
Oscar sorrise lievemente…non poteva nascondere nulla, ad Andrè!
- Non vorrei che tu credessi che, ricambiando il tuo amore, io sia diventata fragile…-
Andrè si voltò verso lo schienale e si coprì fino alla testa- tanto, con la vita che hai fatto, la tisi l'avresti presa lo stesso, anche se tu fossi stata un uomo- disse per spiazzarla, e ci riuscì. Dopo un attimo di silenzio riprese- e poi, credimi, le tue scelte ai miei occhi ti rendono ancora più bella e forte. Non penserei mai che tu sei cambiata, Oscar. Piuttosto dovresti ammettere che tu temi di diventare una copia di te stessa…Ma so anche che sei troppo intelligente per ascoltare questa paura. Cerca di riposare, piuttosto….Buonanotte -
Quella risposta tanto asciutta e saggia la lasciò con la bocca amara, incapace di replicare. Cercò di chiudere gli occhi, ma le ammonizioni paterne, le grida sotto la Bastiglia echeggiavano nella sua mente come fantasmi impazziti.

Viaggiando verso sud il paesaggio era sempre più lussureggiante, quasi paganamente vitale.
La mattina c'era una nebbia sottile, e tante farfalle si affacciavano alla carrozza, battendo due o tre volte le loro fragili ali, come facessero l'occhiolino, e riprendendo poi le loro danze. Molte erano bianche come una nuvola, altre più piccole e vivaci erano gialle come ginestre. Alcune, più rare. Erano lente e solenni, blu come la seta e con i bordi delle ali screziati di nero. In lontananza c'erano castelli antichi, con i merli scuri e le torri slanciate, boschi fitti e casette coperte di edera lucida. Prati enormi dove pascolavano pecorelle sparse come manciate di ciottoli bianchi e il frinire delle cicale era come un superbo coro di violini. Tutto questo alleggerì la loro stanchezza, per quel viaggio tanto lungo.
- Vorrei pensare solo al lato più bella della vita che ci aspetta…- disse Oscar guardando Andrè, e meravigliandosi ancora una volta di averlo al suo fianco -…e poi sai che averti vicino mi moltiplica l'appetito?!- esclamò cercando di sdrammatizzare la loro commozione.
- Ad Arles troverai pane per i tuoi denti!-
Oscar sorrise - Metafora azzeccata…In questo preciso momento sento in bocca il sapore di una delle torte che cucia la moglie di Paul…-
- Già…fuori sono brutte, sembrano mattoni, ma quando le tagli gronda giù un cuore di frutta…E ti ricordi i nipotini di Paul? Mi avevano "adottato" come papà…Li chiamavo "zecche"…chissà come saranno cresciuti..-
Oscar rise, ma le venne un attacco di tosse forte e la risata si trasformò in dolore, come se un rastrello le passasse impietoso nel petto. Era il tardo pomeriggio quando le salì la febbre. Nella vasta pianura la tavolozza dei colori passava dal verde al blu, la volta del cielo sembrava un magico sfumarsi di vapori, la striscia arancione che segnava i confini dell'orizzonte illuminò di luce riflessa le nobili, eleganti arcate di un acquedotto romano.
- I ruderi…domattina…saremo ad Arles…- mormorò Oscar
- Ma tu stai male! Non, non esiste. Ora ci fermiamo al primo villaggio e chiamiamo un medico.-
- No…ti prego…continuiamo…E' la fatica del viaggio…il dottore mi aveva avvisata..-
- Ma se poi peggiori?….Eri quasi rifiorita…Io…o cosa posso fare per te?-
- Devo solo sdraiarmi e coprirmi, così mi ha detto il medico…Ma respiro così male, sdraiata…lo farò comunque. Stai tranquillo Andrè, non sono così egoista da morire…- disse sistemandosi -e
- Ti chiedo perdono per tutte le volte che ho cercato di sembrarlo…-
- Aspetta - Andrè le afferrò il polso - è troppo terribile per me non poterti alleviare una sofferenza…Non ce la faccio a vederti così…appoggia la tua testa su di me, almeno respirerai meglio- parlò con tanta sincerità e amore che Oscar si intenerì - Dovresti essere più severo con me. Se ti comporti così, mi fai quasi sentire in colpa…- sussurrò sdraiandosi.
Andrè la guardava tristemente e le accarezzava i capelli. Quel corpo esile e flessuoso ora era abbandonato alla stanchezza, quel viso così delicato ed espressivo, un viso da Madonna seria e assorta, sembrava quasi implorare il tempo di scorrere presto, ma anche sfidare il male…Come avrebbe voluto far qualcosa per lei! Le ore di viaggio erano tante, Oscar si era raggomitolata verso lo schienale, con il viso sprofondato tra la gamba destra e il busto di Andrè. Ma i l'aveva vista così inerme e al contempo così forte, malata e sofferente ma per un fine mai così nobile. Per la libertà, per l'amore, per la vita.
- Sei sempre stato così paziente …hai aspettato anni che io riconoscessi di essere donna, di essere nata per l'uguaglianza e per la libertà …e io…guarda che guai ti do..- si lamentava ogni tanto, con la voce velata di rabbia e stanchezza che usciva scura dal cantuccio dove aveva rintanato il viso.
Le stelle si accendevano una ad una come se danzassero al frinire dei grilli.
- Non sono stato sempre così paziente come mi descrivi…- sospirò Andrè
- Alle volte ti ho fatto perdere io la pazienza…-
…Non è proprio questo…ecco…vedi per me …è un po' difficile dirlo a te, visto che conosco le tue reazioni…ma…Ecco, io sono stato il tuo primo uomo, vero?
- Che razza di domande! E' una battuta?- bofonchiò Oscar senza spostarsi
- No, sono serio.-
- Dovresti capirlo da solo di si…- la voce, che voleva essere burbera, uscì solo un po' più bassa, attutita dal suo cantuccio, dal tiepido nascondiglio che la sosteneva.
- Ecco…ti dispiace se…tu non sei ..stata la mia prima donna?- il buio copriva gentilmente il rossore del suo viso.
Non se l'aspettava ma Oscar rise, rise forte scaldando con il suo respiro la gamba su cui poggiava la testa. Poi tossì e riprese a ridere forte - Ma che stupidaggini dici? Forse il viaggio sta stressando anche te….Ah, ah…e, fammi sapere, chi sono le fortunate?-
- Non dovresti farmi queste domande…sai che mi imbarazzi…- mormorò Andrè, sincero come un bambino.
- E dai! Poi sei tu che hai scagliato il sasso…-
- Un co…contadina…e… una cameriera…-
Oscar rise più piano, di petto - Tre è il numero perfetto, no?-
Andrè rimase stupito da tanta naturalezza e spontaneità di Oscar - Ma davvero non ti spiace?-
- No- rispose, poi dopo un lungo silenzio con una serietà assoluta e distante, aggiunse - Anzi..-
Ad Andrè vene da ridere - Hai un diavolo per capello! Ora che fai? Sproni il mio orgoglio o straparli per la febbre? Tu sei sana come un pesce, Oscar, perché vuoi vivere. Si, tu hai paura ma vuoi proprio vivere.-
- Confesso. Ho paura. Il futuro è troppo diverso dal passato, anche se so di non sbagliare…Ma sono così confusa…-
Andrè, con un grande sforzo, la prese tra le braccia
- Ma…le tue ferite! -
- Ora non mi fanno male. Ti devo dire solo una cosa, e voglio guardarti negli occhi mentre te la dico. Tu, ora, sarai come il primo bocciolo di primavera, come il primo sole…Ti sentirai assediata dall'inverno, ne avrai paura ma poi…non preoccuparti. Brillerai splendida. Io sarò con te, non devi avere paura…-
Su quella frase, sussurata come un velo, Oscar riuscì ad addormentarsi. "Non devi avere paura" "Io sarò con te".
Più che la tisi a fustigarla c'era la lotta tra incertezza e coraggio, legami del passato e nuovi orizzonti, tutte cose che avevano trasformato il suo animo in un campo di battaglia.
All'alba la carrozza rallentò, c'era una piccola chiesa circondata da viti, una fontana di pietra e due donne che vi lavavano i panni, con le maniche arrotolate e i nasi arrossati dal sole. Salutavano i passanti, schizzando verso l'aria gocce d'argento.
Paul era fuori della locanda. Il cugino di Marie le assomigliava fisicamente. Basso, paffuto, aveva la testa lucida e due occhialetti sul naso. Dal suo tascone del grembiule occhieggiavano un sedano e una carota, e lui vi frugava nella disperata ricerca di una pezza per pulirsi gli occhiali.
Corse verso la carrozza.- Ragazzo …ragazzo…E' venuto ieri un tizio e ci ha spiegato tutto…Oh, Benedetto Padre ! E' tutto così bello!

Dal sonno assoluto e senza tempo, Oscar sentì voci di bambini, piene di entusiasmo. Aveva male alle ossa e il suo corpo sentiva un senso di rilassamento pesante, quasi opprimente. Ma la sua attenzione, all'improvviso desta, si volgeva verso i segni di vita come l'ago della bussola verso il nord.
Lenzuola fresche di bucato.. Profumo di fiori di campo. Aprì gli occhi seguendo un raggio di sole, che finiva contro un bicchiere e si frangeva in un arcobaleno.
Continuò a far correre i suoi occhi, chiari e stupefatti come cieli all'alba, incontrò due mani asciutte e tremanti…sollevò lo sguardo.
- Oh, creaturina mia! Figliola cara…- Era la moglie di Paul
- Rose…-
- Shhh, non parlare…mamma mia, ch3 guai…quando ho visto arrivare Andrè, tutto fasciato, che ti teneva in braccio come un pupazzo mi sono sentita…che dirti…allora è vero che il mondo sta cambiando…Sono felice che abbiate scelto noi, proprio noi, per ricominciare. Le tue scelte sono dure, ma coraggiose e ti fanno onore…
- Dov'è…?-
- Andrè è di sotto, quel caro figliolo…Un vero angelo in terra...Parla con Paul…vi troveremo una sistemazione, finché non guarirai…-


Ottobre 1789

"Per lunghi anni ho reputato la scrittura una forma di debolezza, l'urlo di chi non può gridare, il pianto di chi si sente sconfitto, la confessione dei propri errori. Pensavo che il militare dovesse agire e basta, nascondendo a se stesso i propri pensieri. Sbagliavo: non c'è nulla di più coraggioso che ammettere le proprie debolezze, vivere i propri sentimenti, le proprie paure, i propri interiori tumulti. Scrivendo, l'anima si oggettiva, si mette in parole, e forse si fa conoscere meglio. Anche se non è una debolezza o un errore- e ormai lo so - sento ancora nelle orecchie i rimbotti paterni, le risatine invidiose dei colleghi e la mia orgogliosa voglia di "fargli vedere con chi hanno a che fare"…Ho stipulato un trattato di pace con me stessa: come sentirò i morsi del passato aggredirmi, guarderò il viso di Andrè…Io lo amo, così tanto che voglio recuperare il tempo perso. Così tanto che ho paura che lui non possa rendersi conto di quanto. E spesso o paura di non riuscirmi ad esprimere. M aio lo amo, e questo cambia tutto. Ora sono davvero viva, con lui sono davvero Oscar. Non ci sono steccati, divisioni tra uomo e donna. Siamo tutti uguali davanti a Dio, tutte persone. La mia salute migliora. L'anno prossimo, in primavera andremo a Parigi…Combatteremo con Bernard, con la nostra verità, non userò il fucile né la spada ma la penna e la saggezza che la vita mi ha dato…
Ora Andrè sta guardando le stelle, infinitamente belle e impagabili come lui…Non ho male alle caviglie. Mi alzerò e andrò a dirgli che lo amo. E lo farò finché sarò in vita, libera e uguale, essere umano tra i tanti…Non vedo l'ora di rivedere Alain, i miei vecchi compagni…ma ora devo guarire, e poi tutto ciò che ho di più importante, ora sta guardando le stelle…quanto lo amo…Quanta voglia ho di camminare con lui nel mondo che costruiremo…Tra pochi giorni ci sposeremo, ma ho paura che non basti, che non possa mostrare a sufficienza l'immenso amore che provo per lui…
"

Oscar si alzò e si accostò ad Andrè, guardando fuori dalla finestra. L'aria era satura del profumo della pioggia., e le rondini correvano in picchiata verso terra per poi saltare su come frecce
- Conosceresti momento più bello?-
- Tutti quelli che passo con te lo sono -
- Posso solo dirti che ti amo, e ti respiro come l'aria…Non so cosa dirti di più-
- Sono felice così…ci sei, sei tu…Ti amo anche io, Oscar…Infinitamente…-

FINE