Non mi sono mai sentito davvero amato.

Anzi, per tutti sarebbe stato meglio se io non fossi mai nato. Per mio padre, per il mio popolo.

Per mio fratello.

Già, mio fratello. Il fratello che avevo tanto sperato di avere, e che poi finii per odiare.

Odio.

Crebbi nell’odio, senza saperlo…repressi la mia rabbia.

La repressi, sì, nella speranza che tutto, un giorno, sarebbe cambiato.

Che qualcuno mi avrebbe sorriso con sincerità, senza dover sentire mai una voce familiare ma allo stesso tempo estranea, gelida dire:



Tu non esisti, per me. Equivali a zero.



Abbassare gli occhi.

Abbassarli, rimanere in silenzio.

Non avere il diritto di parlare.

E con dolore, una volta solo, domandarsi infine se davvero si esiste, in questo mondo.

In questo universo.



Volevo allontanare l’odio, nella speranza che tutto fosse solo un brutto sogno.

Un sogno da cui non mi ero ancora svegliato.

C e n t i n e L

scene 1



- Dream In A Sunny Day -





C’è un uomo.

Un uomo…nell’ombra.

E’ alto. Forte.

Mi parla…

Mi parla con tristezza…



“…Voi due siete completamente diversi.

Lui onorerà questa fiera razza, tu non potrai farlo.

No. Non potrete mai condividere lo stesso destino.

Lo so, è una verità difficile da accettare.

Perdonami, se puoi…ma il mio rango mi impone tutto questo.

Le nostre leggi, mi impongono tutto questo.

Il mio orgoglio.

Perdonami…

Perdonami, Centinel…”.



Buio. Tutto svanisce. E poi…poi la luce…

Tanta luce…

“Cen? Cen, svegliati…”.

La voce chiara e dolce di Tyon lo fece tornare lentamente alla realtà. Aprì gli occhi. Fili d’erba verde brillante gli sfioravano le guance, e un sottile dito di terra scura, all’orizzonte, divideva per un paio di chilometri l’infinita distesa azzurra del Mare di Quarren.

“Mh?”.

“Cen, ti eri addormentato di nuovo”.

La guardò per qualche secondo senza dire nulla, poi si mise seduto. Fece un lungo respiro, riempiendo i polmoni dell’aria frizzante di quella mattina.

“Sono un po’ preoccupata”, mormorò intanto lei, inginocchiata al suo fianco. “Ultimamente questa sonnolenza ti coglie spesso”.

Il ragazzo dai lunghi capelli color fuoco sorrise. Dalla corporatura muscolosa ma ben proporzionata, aveva la pelle chiara e due profondi occhi grigi, dal taglio un po’ allungato. Sembravano sempre persi in qualcosa di lontano, e malinconici.

“Non devi”, disse quindi, scotendo piano il capo. “Non voglio più che tu ti preoccupi per me, perché non ce n’è bisogno”.

Tyon abbassò il capo, un po’ imbarazzata. Non riusciva a sostenere quello sguardo per più di un paio di secondi…no, proprio non ci riusciva. Quanto si sentiva stupida…

“Ehm…stavi…stavi sognando?”, chiese, tentando di mascherare il suo stato d’animo. “Ti agitavi…”.

A quella domanda, Centinel rimase in silenzio. Per un po’ l’unica cosa che Tyon ebbe come risposta fu il soffio del vento, tiepido e leggero. Alcune ciocche dei suoi lunghi capelli argentati si alzavano nell’aria, mentre il disco del sole, sopra di loro, li scaldava, splendendo fra le due principali lune di Corel.

“Sì, stavo sognando”, mormorò poi, dopo più di un minuto.

Tyon annuì.

“Mi dispiace non poterti aiutare. Se solo potessi…se solo conoscessi l’antica arte della lettura della mente, io…”, iniziò a dire, ma il ragazzo la interruppe.

“Hai già fatto tanto per me. Tutti qui avete fatto tanto, per me…forse fin troppo. Non vi siete mai preoccupati di sapere chi ero…da dove venivo. Sai…”. Strinse le ginocchia al petto, sollevando gli occhi tristi al cielo terso.

Sembrò improvvisamente più piccolo, e innocente come un bambino.

“…alcune volte ho come il netto presentimento di non dover esserci, qui. Di non dover esistere. Come se fossi stato solo un errore…”.

A quelle parole, Tyon gli prese le mani, avvicinandosi di scatto.

“Smettila! Non dirlo…nemmeno per scherzo!”.

Centinel si voltò, accorgendosi dei suoi occhi viola pallido velati di lacrime. Le posò una mano sulla guancia.

“Scusami…”.

Lei scosse il capo, cercando di non piangere. Il ragazzo rimase per lungo tempo a guardarla, accarezzando lentamente la sua morbida pelle di un tenue azzurro perlaceo.

Tyon non poteva capire…come avrebbe potuto, dopotutto?

Lei possedeva tutto. Tutte le certezze, tutte le risposte. Ma lui…dopo cinque anni, ancora…non si ricordava nulla.

Nulla, se non il suo nome.

Centinel…

Aveva un così bel suono. Gli piaceva. Forse, era per questo che non l’aveva dimenticato, come invece era successo per tutti gli altri suoi ricordi. Ci aveva pensato spesso, a dire la verità. Già. Magari, tutto quello che aveva scordato l’aveva scordato proprio perché non si trattava di qualcosa di bello. E’ risaputo…si tende a rimuovere quello che causa dolore…si cerca di seppellirlo…di coprirlo, in tutti i modi…

Chi sono io? E da dove vengo?

Perché…perché sono qui?

Perché?

No…forse…è meglio non chiederselo…

Sì…sì, è meglio…


Passò per l’ultima volta una mano fra quei capelli di seta, poi si alzò. Tyon riaprì gli occhi, sorpresa dal suo brusco allontanamento.

“Dove…dove vai?”.

Centinel fece un grande respiro. Osservò il mare davanti a lui, vasto e brillante. Il cielo, la terra, e oltre. Un punto lontano, visibile solo allo sguardo dell’anima. Della sua anima.

“A pensare, credo”, rispose poi, con un tono di voce appena udibile. Guardò ancora verso Tyon, sorridendogli con la sua solita dolcezza velata di malinconia. Anche gli occhi, le cui iridi grigie assomigliavano a gocce argentate, sembrarono sorridere con le labbra.

Sollevò il mento e, leggero come un soffio, si alzò in volo dalla collina. Una volta sopra la valle iniziò quindi a scendere, dirigendosi verso un fiordo nascosto fra le scogliere più lontane, oltre alle spiagge di sabbia fine.

Senza dire una parola, lei lo seguì con lo sguardo, fino a che, diventato un punto minuscolo, Centinel scomparve dalla sua vista. Allora anche Tyon si mise piano in piedi, e la sua sottile figura, eterea come quella di un angelo, rimase così, in mezzo a quel prato, illuminata dal sole. Un sole caldo di una giornata bellissima.

Ti amo, Cen.

CONTINUA...