Andata e Ritorno


FIAMME E PRIGIONIA


Rosso. Era rosso. E divorava la sua casa. Le fiamme erano corse su per tutto il tronco del grande albero sul quale si trovava il talan della sua casa e stava bruciando tutto.
Nei suoi occhi si rifletteva il fuoco.
Tanti Elfi correvano terrorizzati, ma altri formavano una lunga linea che indietreggiava cercando di tener testa alla schiera degli Uomini e degli Orchetti.

Si era svegliata male quella mattina. Non era allegra, c'era qualcosa che la rendeva irrequieta e triste. Voleva piangere anche se non ne aveva motivo, ma sentiva che non aveva lacrime. Forse doveva bere di più, pensò che poteva disidratarsi, ma benché pensasse ciò per tirarsi su di morale non riusciva a sorridere.
Dopo la colazione prese un manto e scese velocemente le scale fino a terra. Assicurò la famiglia che sarebbe tornata presto, quel giorno non se la sentiva di stare in compagnia. Si guardò intorno per vedere se c'erano dei suoi amici nei paraggi, ma era troppo presto per incontrarli quindi, appena uscita dalla siepe che circondava la città si mise a correre.
Intorno alla sua città si apriva la grande foresta di Mellyrn, con i loro fiori gialli e la corteccia argentata. Le foglie frusciavano leggere al vento del mattino e le ultime gocce di rugiada cadevano dalle foglie delle piante più basse.
Gli alberi dalle foglie verde intenso sfrecciavano di fianco a lei mentre cercava di far lacrimare gli occhi con l'aria. Arrivò in una radura ansimando. Il venticello fresco sembrava voler giocare con i suoi biondi capelli. Non riusciva proprio a piangere, anche se l'aria le aveva inumidito gli occhi non riusciva a lacrimare.
Nel prato dove si era fermata c'erano dei niphredil, bianchi e lucenti, come le perle di una collana. Ne prese uno curando che le radici rimanessero nel terreno. Lo osservò e lo accarezzò. I leggeri petali bianchi erano morbidi e si mossero lentamente. Ad una folata di vento e uno di essi si staccò iniziando ad alzarsi verso il cielo trasportato dal vento.
Si alzò per riprenderlo quindi riprese a correre con il viso sempre volto verso l'alto. Quelli erano i suoi fiori preferiti e non ne avrebbe distrutto neanche uno. Sembrava un ragionamento da bambina, ma per lei era così anche se ormai era grande.
Corse per molto tempo e arrivò fino al Nimrodel. Il petalo procedette sulle ali del vento oltre il fiume noncurante della sua inseguitrice, ma lei si dovette fermare sulla riva e guardarlo allontanarsi.
Si fermò il fiore tra i capelli e salì agilmente su di un albero sulla riva. Uno scoiattolo le venne vicino e lei gli porse un pezzo di pane che si era quasi dimenticata di avere -Grazie per essere venuto- gli disse in elfico sedendosi a cavalcioni su di un ramo -Oggi non mi sono svegliata bene. Anche tu non sei come al solito. C'è una strana aria e l'atmosfera è pesante, ma questo succede ormai da tanti giorni.
Da prima che Dama Galadriel e Re Celeborn tornassero qui. Nessuno sa perché siano tornati, ma sono sempre stati strani e misteriosi.
Io almeno non li capisco molto. Tu li avrai visti saltando di ramo in ramo, vero ? Hai scoperto qualcosa ?- chiese all'animale guardandolo nei profondi occhi scuri. Questi le salì sulla spalla -Sono stanca. Credo che dormirò un po'- e detto questo chiuse gli occhi appoggiando la schiena al tronco.

Un grosso boato rimbombò nell'aria e si svegliò di soprassalto. Il cielo sopra di lei era scuro -Non può essere notte- si disse e fece per mettersi a sedere meglio, ma perse l'equilibrio e cadde nel fiume sotto di se.
Risalì a fatica sulla riva e guardò meglio il bosco. Del fuoco, che quando si era svegliata doveva essere lontano, si stava velocemente propagando incendiando gli alberi uno dopo l'altro.
Capì che, come diceva lei, non era notte, ma era il fumo denso e nero che rendeva il cielo scuro.
Le sembrò di sentire l'urlo di dolore della foresta e si appoggiò all'albero sul quale aveva dormito sentendosi il cuore pesante. L'urlo disperato di un essere bello, leggendario ed importante che stava per morire. Una freccia le graffiò la guancia passando di fianco a lei -Fermi, fermi ! Non è un nemico- disse una voce -Che ci fai qui ?-.
Li guardò e riconobbe uno degli Elfi che più stavano a contatto con Galadriel e Celeborn -Sono uscita per fare un giro- rispose facendosi avanti a capo chino. Si sentiva rimproverata.
-Giovane Elfo, hai sbagliato giornata, ma forse hai scelto anche quella giusta. Forse sei l'ultima che ha potuto correre per Lothlòrien-
-Haldir- lo interruppe uno dei soldati che stavano con lui -Scusa, ma credo non si sia tempo per le discussioni. La ragazza deve andare subito ai confini settentrionali del bosco o qui non potremo salvarla-
-Giusto Orophim. Come ti chiami ?-
-Anhel- rispose
-Giovane Anhel, devi andare dagli altri Elfi, hanno riunito a Nord molte famiglie. Non puoi rimanere qui perché è troppo pericoloso- detto questo si mise a correre seguito dagli altri compagni.
Il terrore si impadronì di lei e si strinse al tronco dell'albero. Il fuoco e il calore la avvolgevano e più passava il tempo più si sentiva soffocare dal fumo.

Avrebbe dovuto fare come le aveva detto Haldir, ma il suo pensiero volò fino a casa sua: chissà se si erano salvati.
Non poteva rimanere nel dubbio, non aveva il coraggio di salvarsi senza assicurarsi che nessuno fosse in casa. Si alzò a fatica e iniziò a camminare, ma andava troppo lenta. Il fumo la soffocava e il fuoco avanzava facendosi sempre più caldo.
Fece uno sforzo e corse piano, piano fino a casa.
Molti dei talan che stavano vicino al terreno era bruciati e quelli più in alto iniziavano ad incendiarsi.
SI guardava intorno con lo sguardo disperato, le sembrava di sentire i battiti mescolarsi al crepitio delle fiamme e agli urli. Pareva non vi fosse nessuno, ma il fuoco bruciava anche il terreno quindi fu costretta a salire le ripide scale. Quando fu più in alto vide che un gruppo di Elfi correva con gli archi in mano e si guardavano indietro. Si poteva leggere il terrore ne i loro occhi.
Tra le fiamme avanzavano delle figure scure che ancora non riusciva a distinguere. Pareva proprio che stessero scappando da quelli.
Un ramo incendiato si staccò dall'albero, ma per fortuna non le cadde addosso.
Una marea di Orchetti arrivò nella radura sotto l'albero sul quale stava salendo lei distruggendo tutto ciò che incontravano e sembravano divertirsi. Con la caduta del ramo i gradini sotto di lei erano stati distrutti quindi non aveva la possibilità di scendere e correre via, poteva solo salire sperando di trovare alcuni ponti intatti e non pericolosi per fuggire di albero in albero.
Sentì gli occhi inumidirsi e l'angoscia riempirle il cuore. Arrivata sul talan una freccia passò vicino a lei e le colpì la spalla. Barcollò emettendo un leggero lamento. D'un tratto sentì che avevano dato una colpo all'albero, poi ne sentì un altro e un altro ancora.
Guardò in basso e vide che degli Orchetti e degli Uomini con delle grosse asce cercavano di abbattere l'albero. Indebolito dalle fiamme non poté resistere a lungo e cadde facendosi spazio con la sua mole fra i rami degli altri alberi.
Arrivò a terra di schiena e rimase sdraiata e dolorante per un po'. Aveva troppa paura per aprire gli occhi, la sua casa, la sua terra si stava distruggendo sotto i suoi occhi. Ma lei avrebbe fatto qualcosa per farla tornare come prima. Pensò alla sua famiglia: a sua mamma e a suo padre, ma soprattutto ai suoi tre fratellini.
Sperava fossero tutti vivi. In questo caldo, pensò continuando silenziosamente a piangere, spero proprio che si siano salvati.
Ma i miei amici ?La mia vita è comunque bruciata tra questi alberi, come posso salvarmi e dove potrò poi continuare a vivere io non lo so.
Se mai riuscirò a sopravvivere tra queste fiamme tornerò qui e farò tornare la foresta come una volta. Questo fuoco non è normale, non può esserlo. Il fuoco è fatto per scaldare e per dare ristoro, non per uccidere o per distruggere come sta invece succedendo ora. Chi può voler Lorien bruciata ? Chi ha turbato la vita di questa terra ?

Mentre pensava questo due Uomini dall'aria minacciosa la presero in braccio strappandole la parte di freccia che rimaneva fuori dal braccio. Il dolore era così forte che le mozzò il fiato e non le diede la forza di urlare. Sperava di essere finita in buone mani, ma presto si accorse che non era così. La caricarono su di un carro pieno di Elfi e la incatenarono.
Non riconobbe nessuno dei suoi amici. Lothlòrien era grande e lei non conosceva tutti, ma nonostante ciò poteva capire che si sentivano come lei. Perduti e impauriti.
Il carro traballò e poi partì con il suo carico. Lei era seduta sul bordo del carro e rimase a guardare il bosco bruciare urlando e soffrendo come i cuori della gente che vi abitava.La sua casa rossa e rovinata, svanire pian, piano dalla sua vista.
Prima che il carro svoltasse intravide in mezzo ai grandi prati a nord di Lorien, fra i tanti Elfi che fuggivano, molti cavalieri. Uno di essi si fermò a guardare il carro con l'aria più triste che avesse mai visto. Era un Elfo anche lui, come tanti in quei prati, e lo guardò finché il mezzo non girò intorno ad una bassa collina e seguisse una strada sassosa.

Dopo ricordò poco di quello che successe. Probabilmente si era addormentata e quando si svegliò seppe che erano già passati tre giorni dalla loro partenza. Il carro correva veloce qualsiasi fosse il tempo e il paesaggio pareva sempre lo stesso.
Le dissero che avevano passato un valico tra le Montagne Nebbiose e che si stavano dirigendo a Ovest, ma nessuno degli Elfi era sicuro del loro destino.
Viaggiarono per molti giorni e man, mano alcuni di loro erano stati lasciati in varie zone. L'ultima tappa era Brea. Non aveva mai sentito parlare di un posto chiamato così e tutto quello che vedeva era nuovo per lei. L'osservare cose mai viste la aiutò a sopportare meglio il trattamento orribile che gli Uomini riservavano loro e la fame che la faceva sentire ogni giorno più stanca.
Li lasciarono tutti in un capannone di legno e spesso molti di loro uscivano da li scortati per non tornare più. Sapevano che venivano venduti.
Non parlò molto fino a quando arrivò un Uomo vestito di un mantello così consumato che era ormai impossibile capirne il colore originale. Non fu trattato bene e infatti finì con loro.
Appena arrivò si sedette di fianco a lei che ogni giorno si metteva vicino ad un buco della parete per guardare fuori.
Quando questi la guardò si accorse che non era vecchio,. Era giovane, con i capelli scuri e gli occhi neri come le tracce che lascia un fuoco quando è stato spento, ma in lui pareva esserci ancora un tizzone ardente e le sorrise. Era tanto che non vedeva nessuno sorridere -Somigli molto a una persona che conosco anche se questa aveva i capelli scuri- le disse, ma lei non capiva.
Egli la guardò per un po', poi, vedendo che non rispondeva, parve accorgersi che era un Elfo -Im Ernior (io sono Ernior)-
-Anhel- gli disse, sbalordita di sentir parlare la sua lingua da un uomo
-Perché sei qui ?- le chiese in elfico
-La mia casa è stata distrutta e presa dagli Orchetti e dagli Uomini-
-Allora consolati. Anche a me è toccata questa sorte, ma la mia casa non è stata distrutta perché serviva ai nostri nemici. Sei di Lothlòrien, vero ?-
-Si, ma perché me lo chiedi ?- ormai le sembrava assurdo che le chiedessero di dov'era. La cosa migliore sarebbe stato dire che non era di nessuna parte visto che ormai casa sua non esisteva e non era da nessun'altra parte.
-E' un niphredil quello che hai tra i capelli se non sbaglio- il fiore che aveva avuto il giorno dell'incendio era rimasto con lei e ancora non appassiva -Io vengo da un paese che sta ancora più a sud del tuo. Minas Thirit, questo è il suo nome. E' la capitale del regno di Gondor. Ora sono prigioniero di gente della mia stessa razza- sorrise guardando il soffitto pieno di ragnatele -Mi pare una situazione così buffa, ma infondo non c'è nulla da ridere. Spero solo che il mio Re si sia salvato. La Dama è viva ?- chiese Ernior
-Non lo so- rispose Anhel -Io ero nella foresta quando mi accorsi dell'incendio. Sono corsa a casa per vedere se la mia famiglia era scappata ed infatti era così, ma poi fecero cadere l'albero del mio talan e allora mi hanno catturato-.
Questi continuò a guardarla -Sei ancora una ragazza per la tua razza, vero ?- e lei annuì.

Non parlarono molto quel giorno. Quella sera Ernior si accorse della punta di freccia che era rimasta del braccio di Anhel, ma non vi era nulla che lo potesse aiutare ad estrarla e la spalla si arrossava sempre più.
Dopo alcuni giorni egli provò ad insegnarle qualcosa della Lingua Corrente -Il im dersal fer cumely, fe trithnor "come ti chiami?"-
-Come… ti chiami ?-
-Si. "Mi chiamo Anhel" Im Anhel-
-Mi chiamo Anhel-
-Io sono Ernior- e si mise a ridere. Quell'Uomo era strano. Riusciva a ridere anche in stato di completa schiavitù. Anhel lo chiamò Rétear che nella sua lingua voleva dire sorridente.
Uno di quei giorni gli altri Uomini lo presero minacciandolo. Anhel vide come lo trattarono male e le sembrò di soffrire con lui. Non le disse mai perché era schiavo anche lui e da quel giorno lei provò un paio di volte a fuggire, ma non ci riuscì.
Una mattina, quando l'alba stava per spuntare da dietro i colli si levò un grande fumo nel capannone e alcuni Elfi, capeggiati da Ernior, che erano tra loro avevano iniziato a lottare contro gli Uomini, mentre altri ne approfittavano per fuggire -Cogli quest'occasione- le disse Ernior aprendole un varco tra il fuoco -Cerca qualcuno di cui fidarti e vai alla tua casa per vedere com'è. Pianta quel fiore, so che se vuoi può resistere ancora- poi alzò il braccio indicandole con un pugnale rubato ai nemici l'orizzonte a oriente -Devi andare da quella parte. Devi superare delle montagne e allora forse riconoscerai il paesaggio intorno a te- ma la ragazza non accennava a muoversi -E' un lungo viaggio, è vero. Se hai paura prova con questo- le porse un piccolo flauto formato da tante piccole canne di legno tenute insieme ad una striscia di stoffa colorata di rosso e giallo -Era un regalo che ricevetti dalla Dama l'ultima e prima volta che andai a Lorien. La sua musica può mettere coraggio e allegria e ristoro e chi, meglio di un Elfo, potrà mai suonarlo ?
Anche se era una regalo per me, puoi prenderlo tu. Servirà di più a te che a me e poi, somigli molto alla persona a cui volevo più bene- le sorrise ancora
-Sadei Rétear Ernior (grazie sorridente Ernior)- gli disse.
Anhel si mise a correre senza dire più nulla, ma piangendo in silenzio e prendendo la direzione che le aveva indicato.

Non incontrò amici per il viaggio e lo fece tutto da sola.
Mangiò solo bacche che trovava per strada e suonò il flauto solo di notte prima di dormire. Lo chiamò Rétear come l'Uomo che glielo aveva dato. Rétear la aiutava a riprendere coraggio per camminare e alla sua musica le tornava in mente il suo sorriso. Le pareva strano, ma ora pensare a lui le faceva venir voglia di ridere.
Spesso incontrava Uomini con armature scure e Orchetti che viaggiavano solo di sera, ma lei era un Elfo e quindi abile nel non farsi vedere.
Passò le Montagne Nebbiose in molti giorni perché a volte nevicava.
Non sapeva da quanti giorni stava camminando. La ferita al braccio le bruciava sempre più, ma forse ci stava facendo l'abitudine. Il suo vestito era leggero e bianco. Adatto a mimetizzarsi nella neve, ma non alla temperatura, senza contare che ormai era bruciato e rovinato.

Quando arrivò finalmente giù dalle Montagne camminò in pianura e dopo molti giorni incontrò il Grande Fiume, l'Anduin.
Sapeva che passava a est di Lothlòrien, ma non sapeva se la foresta ora fosse a nord o a sud.
Prese la direzione del Sud seguendo le rive del fiume, ma prima di ripartire si immerse nelle sue acque che, anche se non erano come quelle dei ruscelli di casa sua, almeno potevano pulirla un po' della polvere della strada e dai segni neri del carbone e del fuoco.
Quando si bagnò la spalla sentì subito un senso di sollievo.



Armel nu dir
Der im nodirat
Visfel friendel dertil nur dir
Armel nu dir
Di flerin silnidur cad
Fi thorlien gilmen nu dir
Lorien



Su queste frasi costruì una melodia con Rétear che non era allega, ma nemmeno triste e malinconica. Solo rilassante e nostalgica.
Alternando il canto alla melodia del piccolo flauto camminò ancora per alcuni giorni.
Vide infine, lungo all'orizzonte, una vasta collina grigia, ancora un po' di passi e sarebbe arrivata a casa. Noncurante del pericolo si mise a suonare più forte ed ad una sua nota ne tornava un'altra uguale che rimbalzava sulla collina lontana.
Quando arrivò camminò a lungo tra bassi tronchi carbonizzati e alcuni ancora fumanti. Verso il tramonto giunse infine ai cancelli della città di Caras Galadhon della terra di Lothlòrien la città dei Galadhrim.
Dormì sotto i rametti che rimanevano a formare un contorno marrone la dove prima vi era l'alta siepe che faceva come da mura intorno alla città tempo prima… quando la città vi era ancora ovviamente.

Il giorno dopo in cielo splendeva il sole giallo e luminoso, ma il cielo pareva colorato di un azzurro triste.
Anhel si svegliò e uscita dal suo nascondiglio respirò profondamente l'aria che pareva ancora limpida e pulita. Guardò la collina e cercò di immaginare di nuovo gli alti Mellyrn dai fiori gialli e dalla corteccia argentata. Cercò di pensare a elanor e niphredil quando si girò verso la distesa di cenere dove prima vi era la foresta. A quel pensiero si ricordò del suo niphredil e si mise a vagare per la distesa di tronchi neri e rami tagliati. Arrivò fino in cima alla collina della sua città e li scostò tizzoni ancora accesi, cenere e rami carbonizzati. Scavò un poco nel terreno e vi rimise il fiore.
Sapeva che era senza radici e che quindi non sarebbe sopravvissuto a lungo, ma pensò che forse era meglio se correva a prendere dell'acqua se ancora il Nimrodel passava per quella terra devastata.
Vagò a lungo perchè senza gli alberi non riusciva ad orientarsi e finalmente lo vide.
Era ormai una striscia di acqua e lasciava all'asciutto la maggio parte del suo letto, ma aveva conservato tutta la sua bellezza e le sue acque erano ancora limpide. Non aveva nulla per portare l'acqua e se ne accorse solo in quel momento. Non poteva fare nulla per casa sua. Nulla per aiutarla.
Si sentì di nuovo angosciata, come quando era in casa sua con le fiamme che divoravano l'albero. Pianse a lungo in piedi, davanti al Nimrodel.
Scorreva gorgogliando allegramente. Sembrava quasi che non sapesse nulla di quello che era accaduto intorno a lui. L'acqua correva da una sasso all'altro.
Lo guardò e poi si asciugò il viso. Forse ancora qualche aiuto lo poteva dare. Pensò intensamente a com'era una volta il fiume, cercò di ascoltare il suo rumore, lo scorrere dell'acqua. Come solo gli Elfi sono capaci sembrò entrare in contatto con lo spirito di quel fiume:


Luy elge scerbilrob rei Yares tesla



L'acqua fluì più rapidamente e man mano che passava il tempo scorreva sempre più tortuosa:


Luy elge scerbilrob rei yares tesla


Finalmente l'acqua riempì tutto il suo antico letto e tornò a formare il fiume Nimrodel come lei lo conosceva.
Si rimise in cammino verso la collina quando vide che un albero era rimasto intatto.

Un Mellyrn si ergeva ancora con tutta la sua altezza bellezza e maestosità. Non era bruciato da nessuna parte se non due foglie che crescevano sui primi rami. E anche un po' dell'erba intorno a lui era ancora verde e fresca.

Il giorno dopo ritornò sulla collina per riprendere niphredil e lo portò ai piedi di quell'albero. Ai suoi piedi spendeva come una stella solitaria. Era anche vicina al fiume e quindi poteva portargli dell'acqua.
Anhel aveva capito che albero era quello che aveva trovato. Il giorno dell'incendio era salita per spegnere alcune foglie che stavano per incendiarsi. Sperava così di salvare l'albero anche se il fuoco l'avrebbe attaccato da altre parti. Vi era rimasta conficcata la freccia tirata da Haldir e contro il suo tronco lei si era stretta per la paura del fuoco.
Solo non capiva come mai non si era incendiato. Tutto intorno a lui era stato rovinato e bruciato, solo lui era rimasto com'era prima.
Mentre stava facendo un giro per vedere se vi fossero altri alberi rimasti vivi come quello, suonava Rétear cercando di comporre una melodia leggera che potesse correre sulle ali del vento e portare conforto a tutta la terra di Lothlòrien. Sentì d'un tratto degli zoccoli che avanzavano lenti e smise di suonare nascondendosi dietro un gruppo di rami secchi e rimase a guardare chi potesse essere.
Sperava fosse Ernion, venuto ad accertarsi che lei fosse arrivata, ma, con suo grande stupore, chi arrivava non era un Uomo bensì un Elfo.


Continua...